CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURA

PROPOSTA DI LEGGE N. 129

presentata dai Consiglieri regionali

BARRACCIU - MELONI Marco - BRUNO - AGUS - CARIA - COCCO Pietro - CUCCA - CUCCU - DIANA Giampaolo - ESPA - LOTTO - MANCA - MELONI Valerio - MORICONI - PORCU - SABATINI - SANNA Gian Valerio - SOLINAS Antonio - SORU

il 6 marzo 2010

Norme per la promozione delle pari opportunità e delle politiche di genere

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RELAZIONE DEI PROPONENTI

Il mutare delle dinamiche della società, dei bisogni e delle aspettative della popolazione determina anche un'evoluzione delle pari opportunità e delle politiche di genere. Il moltiplicarsi e differenziarsi delle strutture familiari, il sostanziarsi del diritto di genitorialità e di paternità, la richiesta di una piena "società delle opportunità" da parte di una cittadinanza sempre più esigente richiedono nuove scelte politiche.

Le pari opportunità non riguardano le donne quali soggetti svantaggiati o discriminati, ma partono dall'assunto che la società è composta da una metà di uomini e una metà di donne e che le differenze tra i due generi devono essere riconosciute e valorizzate, anche al fine di rivitalizzare il dinamismo sociale che negli ultimi decenni, in Italia e in Sardegna, è piuttosto rallentato, con evidenti ripercussioni negative.

La riforma del titolo V della Costituzione ha attribuito alle regioni il compito di rimuovere, tramite proprie leggi, ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica, nonché quello di promuovere la parità di accesso alle cariche elettive (articolo 117/7). La presente proposta di legge individua dunque nella Regione un ente fondamentale per la lotta agli ostacoli che impediscono il raggiungimento della parità di genere nella vita sociale, culturale ed economica della Sardegna. Il riconoscimento del carattere trasversale delle politiche di genere rispetto all'insieme delle politiche pubbliche regionali, infatti, è la base per l'affermazione concreta della cittadinanza di genere, a sua volta presupposto di equità nei rapporti fra i sessi e del miglioramento del benessere sociale.

Al principio di parità si ispira la previsione dell'equa rappresentanza dei generi nelle nomine degli enti e degli organismi regionali effettuate dal Consiglio e dalla Giunta regionale, prevedendo anche una verifica annuale mirata a riequilibrare al 50 per cento la presenza di uomini e donne nel caso in cui il principio venga disatteso.

È un dato di fatto che l'Isola abbia uno dei tassi di natalità tra i più bassi d'Italia - e l'Italia il più basso d'Europa - e che gli effetti di tale negatività non siano relegati a settori isolati del nostro sistema economico o sociale. La maternità va salvaguardata, non si può pensare che una donna debba essere costretta a sacrificarla per soddisfare necessità o anche solo ambizioni lavorative o professionali. Riguarda dunque uomini e donne la questione della qualità della vita e la conciliazione tra la vita familiare, di relazione e lavorativa. Ecco perché questa proposta di legge individua un percorso che parte dal basso verso la ricerca di soluzioni condivise.

L'Europa ci ricorda di continuo - da ultimo l'ha fatto con una conferenza organizzata a Stoccolma lo scorso ottobre - che la parità è un fattore importante nel raggiungimento della crescita economica sostenibile di lungo periodo. È ormai dimostrato che la maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro produce un aumento generale dell'occupazione e contribuisce alla creazione di circoli economici virtuosi. Non solo si smentisce l'ipotesi pretestuosa che le donne rubano lavoro agli uomini, ma si prova che è invece la segregazione di genere nel mercato del lavoro a determinare inefficienze dal punto di vista economico in quanto contribuisce a una distorta e non ottimale allocazione delle abilità e dei talenti.

Il Consiglio degli Stati membri dell'Unione europea ha stabilito, nel Trattato di Lisbona, il raggiungimento del 60 per cento del tasso di occupazione delle donne entro il 2010. Tale traguardo è lungi dall'essere raggiunto e, per molte donne, l'ipotesi del lavoro continua ad essere alternativa a quella della maternità. In Sardegna la maternità è, per le donne, la prima causa di abbandono del lavoro. La condivisione delle responsabilità genitoriali, di concreto introdotta in Italia dalla legge 8 marzo 2000, n. 53, e da diverse direttive che recepiscono la normativa europea, è un indirizzo ormai tracciato, sebbene tardi ad essere recepito soprattutto nel mercato del lavoro.

Il riconoscimento della cittadinanza di genere implica la previsione di un livello generale di pari opportunità che si declina nel concreto della vita quotidiana e risponde all'emergenza della discriminazione e della segregazione occupazionale, permettendo il pieno godimento di diritti, allo stato attuale solo formalmente indiscutibili. Si tratta di mettere in atto le strategie per poter a pieno titolo permettere al potenziale delle donne di esprimersi pienamente nel mercato del lavoro eliminando gli impedimenti di fatto, ovvero combattendo gli stereotipi utili a relegare le donne ai posti di minor pregio e remunerazione, e promuovendo un più equo equilibrio tra i diversi momenti della vita nel suo complesso e il lavoro.

Le piene opportunità vengono perseguite da questa proposta di legge attraverso un insieme coerente di azioni che individuano, a partire dai patti di genere territoriali, sistemi di gestione del tempo e dello spazio a carattere innovativo. Le province, gli enti locali e le compagini sociali - associazioni, enti, commissioni, organizzazioni sindacali, università, centri di ricerca attivi nei territori nel campo della parità di genere - possono, raccogliendo le istanze dal basso, formulare progetti che verranno coordinati all'interno dei piani territoriali e saranno finanziati dalla Regione.

Per coordinare la programmazione e i mezzi per l'attuazione della legge è istituito un tavolo regionale ed è posto in capo alla Regione l'obbligo di indire, annualmente, la Conferenza delle pari opportunità, in cui i soggetti istituzionali e della società civile si confrontano sulle priorità, obiettivi, risultati attesi e verificati.

La redazione del bilancio di genere diventa una norma generale. Attraverso il bilancio di genere le entrate e le uscite all'interno dei programmi, delle azioni e delle politiche di bilancio vengono considerate a seconda degli effetti che producono in maniera distinta sulle donne e sugli uomini.

Dopo la positiva esperienza registrata dal 1984 in Australia, l'analisi di genere dei bilanci pubblici è stata riconosciuta e raccomandata quale strumento obiettivo strategico da perseguire dalle Nazione unite, a seguito della Quarta conferenza mondiale sulle donne di Pechino, nel 1995. I destinatari ultimi dell'azione politica di governo non sono cittadini nell'accezione neutra o astratta del termine, ma uomini o donne dalle caratteristiche specifiche, e le politiche economiche non sono affatto neutre, ma producono effetti differenti sui diversi segmenti della cittadinanza.

Leggere i bilanci degli enti pubblici in chiave di genere corrisponde dunque a un'esigenza di trasparenza, democrazia e rendicontazione che va a vantaggio dell'intera collettività.

Strumento operativo della legge è il Piano regionale triennale per le pari opportunità e la cittadinanza di genere, attraverso il quale la Giunta regionale individua gli obiettivi di programmazione strategica e garantisce che l'obiettivo delle pari opportunità sia perseguito, in maniera trasversale, in tutti gli interventi pubblici.

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TESTO DEL PROPONENTE

 

Capo I
Oggetto, obiettivi ed azioni

Art. 1
Oggetto e principi

1. La presente legge attua il diritto alle pari opportunità fra donne ed uomini sulla base di quanto sancito dagli articoli 3, 37, 51 e 117 della Costituzione e secondo gli indirizzi dettati a livello nazionale e dalle istituzioni europee.

2. La Regione riconosce il principio di cittadinanza di genere in tutte le politiche regionali e valorizza le differenze di genere nel rispetto dell'universalità dell'esercizio dei diritti di donne e uomini.

 

Art. 2
Obiettivi

1. La Regione, nell'ambito delle proprie competenze, persegue i seguenti obiettivi:
a) l'integrazione del principio della differenza di genere e della cittadinanza di genere in tutte le politiche pubbliche e nell'attività normativa;
b) la lotta contro gli stereotipi associati al genere;
c) la promozione e la difesa della libertà e dell'autodeterminazione della donna;
d) la promozione della qualità della vita di donne e uomini attraverso misure che conciliano i tempi e le modalità di lavoro, di relazione, di cura parentale e di formazione;
e) il perseguimento di una più equa distribuzione delle responsabilità familiari;
f) il sostegno all'imprenditoria, alla professionalità e al raggiungimento dell'indipendenza economica per le donne;
g) la promozione della partecipazione delle donne alla vita politica e sociale.

 

Art. 3
Azioni e progetti per la conciliazione vita-lavoro e le pari opportunità

1. La Regione promuove azioni volte al raggiungimento effettivo delle pari opportunità nella vita sociale, economica e familiare delle donne e degli uomini. In particolare incentiva progetti pilota volti a favorire:
a) la conciliazione delle esigenze familiari e lavorative di uomini e donne sperimentando nuovi modelli di organizzazione del lavoro e dell'orario di lavoro;
b) il riequilibrio delle responsabilità professionali e di cura tra donne e uomini;
c) l'incremento del ricorso ai congedi parentali da parte degli uomini ai sensi della legge 8 marzo 2000, n. 53 (Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città);
d) la lotta agli stereotipi di genere;
e) il superamento dei limiti, di carattere materiale, culturale e psicologico, che impongono alle donne scelte lavorative meno prestigiose, meno retribuite e con minori responsabilità rispetto alle scelte degli uomini;
f) il miglioramento della qualità della vita di uomini e donne negli spazi e nei tempi della città attraverso una più consona progettazione degli spazi e delle infrastrutture; dislocazione delle funzioni; programmazione dei flussi di mobilità; modulazione dei tempi d'uso delle attrezzature e dei servizi;
g) l'accessibilità ai servizi destinati alla cura, alla vita di relazione, alla crescita culturale e ricreativa;
h) l'armonizzazione dei tempi delle città tramite il coordinamento degli orari dei servizi pubblici e privati.

2. Le azioni di cui al comma 1 sono perseguite attraverso progetti predisposti da province, enti locali, organismi di parità, categorie economiche e sociali, associazioni anche in forma concertata; la Regione eroga contributi all'ente proponente o capofila per la realizzazione dei progetti.

3. I progetti sono coordinati a livello provinciale e sono presentati dalla provincia territorialmente competente alla Regione secondo le modalità indicate nel piano regionale di cui all'articolo 10. Le province possono elaborare piani territoriali di genere secondo le linee guida contenute nel piano regionale.

4. La Regione eroga, inoltre, finanziamenti a progetti proposti dagli organismi di parità, dalle associazioni, dai centri di ricerca e dalle università finalizzati allo studio, la conoscenza e la diffusione dei principi di pari opportunità, di non discriminazione e della differenza di genere. Tali progetti sono presentati dai soggetti ivi indicati alla Regione, che li approva nei tempi e con le modalità previsti dal piano regionale di cui all'articolo 10 e sono realizzati dai proponenti.

 

Capo II
Rappresentanza e partecipazione delle donne

Art. 4
Rappresentanza paritaria
negli organismi regionali

1. La Regione persegue l'attuazione del principio delle pari opportunità tra donne e uomini nella composizione dei propri enti ed organismi ed assicura che le nomine e le designazioni di spettanza del Consiglio regionale rappresentino entrambi i generi possibilmente nella misura paritaria del 50 per cento.

2. L'Autorità per i diritti e le pari opportunità verifica, annualmente, che sia rispettata la percentuale di cui al comma 1. Nel caso in cui dalla verifica emergano sottorappresentanze di genere, l'organo in difetto è tenuto, immediatamente, a ripristinare il principio di parità dei generi.

 

Capo III
Attuazione delle politiche di genere e della cittadinanza di genere

Art. 5
Tavolo per il coordinamento
delle politiche di genere

1. È istituito, presso la Presidenza della Regione, il Tavolo per il coordinamento delle politiche di genere. Il Tavolo è presieduto dal Presidente della Regione o da un suo delegato.

2. Il Tavolo esamina e valuta la coerenza della programmazione regionale in relazione al raggiungimento degli obiettivi della presente legge ed è sede di coordinamento, confronto e proposta per l'attuazione delle politiche di genere. Promuove il coordinamento delle risorse regionali con quelle disponibili a livello locale, nazionale e comunitario destinate alle politiche di pari opportunità, conciliazione, inclusione e all'imprenditoria femminile.

3. I componenti del Tavolo sono nominati dal Presidente della Regione tra i soggetti che promuovono politiche per le pari opportunità. Ne fanno parte di diritto: la presidente della Commissione regionale pari opportunità, la Consigliera regionale di parità e l'Autorità per i diritti e le pari opportunità.

 

Art. 6
Bilancio di genere

1. La Giunta regionale, avvalendosi del Tavolo di coordinamento per le politiche di genere di cui all'articolo 5, redige il bilancio di genere e ne promuove la diffusione tra gli enti locali.

2. Mediante il bilancio di genere, la Regione:
a) compie il monitoraggio e valuta il diverso impatto prodotto sulle donne e sugli uomini dalle politiche di programmazione e bilancio e dalla ridistribuzione delle risorse in termini di denaro, servizi, tempo e lavoro sociale e domestico;
b) analizza la diversa incidenza che l'intervento pubblico ha, nei diversi settori, sulle donne e sugli uomini;
c) individua le priorità per il raggiungimento delle pari opportunità e indica i relativi strumenti ed azioni, contemplando anche un'eventuale riallocazione della spesa pubblica.

3. Il bilancio di genere precede la redazione del piano regionale di cui all'articolo 10.

 

Art. 7
Statistiche di genere

1. L'Osservatorio economico regionale garantisce l'adeguamento in termini di genere delle statistiche del programma statistico regionale e supporta il processo di formazione, controllo e valutazione delle politiche regionali in termini di genere.

 

Art. 8
Conferenza delle pari opportunità

1. La Regione organizza la Conferenza delle pari opportunità, sede annuale di verifica generale finalizzata al confronto e allo scambio di esperienze tra soggetti istituzionali, territoriali e della società civile che hanno tra i propri fini il raggiungimento delle pari opportunità fra donne e uomini.

 

Art. 9
Promozione della cultura di genere

1. La Regione in collaborazione con i comuni, singoli o associati e le province, ciascuno in relazione al ciclo dell'istruzione di competenza e d'intesa con le istituzioni scolastiche e con la Direzione scolastica regionale, promuove azioni positive per la diffusione della cultura di genere nelle scuole di ogni ordine e grado.

2. La Regione promuove e sostiene la parità di genere nell'ambito delle politiche formative, del lavoro e dell'occupazione; realizza corsi di formazione per la dirigenza e per il personale che gestisce risorse umane, al fine di formare personale qualificato per la valorizzazione delle diversità di genere.

3. La Regione persegue il principio delle pari opportunità in particolare nella formazione del personale delle organizzazioni sanitarie e forma personale capace di individuare e trattare le situazioni di violenza di genere.

 

Art. 10
Piano regionale per le pari opportunità e la cittadinanza di genere

1. Il Piano regionale per le pari opportunità e la cittadinanza di genere, di seguito detto Piano regionale, è redatto nel rispetto della Carta europea per l'uguaglianza e la parità delle donne e degli uomini nella vita locale elaborata e promossa dal Consiglio dei comuni e delle regioni d'Europa e dai suoi partner.

2. Il Piano regionale costituisce lo strumento della programmazione regionale in tema di pari opportunità. Il Piano regionale ha di norma durata triennale ed individua gli obiettivi di programmazione strategica, assicura che tutti gli interventi progettuali assumano come fattore trasversale l'obiettivo delle pari opportunità tra donne e uomini ed incoraggia comportamenti virtuosi e azioni positive anche fra gli attori istituzionali e socio-economici del territorio.

3. Il Piano regionale prevede:
a) indirizzi e priorità di intervento;
b) la ripartizione delle risorse per la programmazione degli interventi da finanziare a norma della presente legge, in coerenza con gli stanziamenti del bilancio regionale;
c) gli obiettivi ed i requisiti dei progetti previsti dalla presente legge, le modalità e i tempi della loro presentazione e i criteri di valutazione;
d) i progetti che la Giunta regionale intende realizzare direttamente;
e) gli indirizzi per la definizione di patti territoriali e accordi locali di genere.

4. Il Piano regionale si compone anche di una relazione che illustra:
a) lo stato di attuazione delle iniziative di cui alla presente legge;
b) le criticità emerse nella realizzazione degli interventi e gli eventuali correttivi apportati.

5. Il Piano regionale è approvato dalla Giunta regionale su proposta della Presidenza. Entro il 30 settembre dell'anno precedente a quello di inizio del periodo di riferimento, è trasmesso al Consiglio regionale per il parere della Commissione consiliare competente. Contestualmente al Piano regionale, la Giunta regionale trasmette alla Commissione consiliare il bilancio di genere di cui all'articolo 6. La Giunta regionale approva il Piano entro il 31 dicembre.

 

Capo IV
Disposizioni finali

Art. 11
Revoca dei finanziamenti

1. I contributi e i finanziamenti erogati ai sensi dell'articolo 3 sono revocati totalmente e le somme corrisposte sono recuperate, maggiorate degli interessi maturati a tasso ufficiale di riferimento, nel caso in cui vengano riscontrate:
a) dichiarazioni false;
b) mancata realizzazione dell'iniziativa per la quale il finanziamento è stato concesso;
c) destinazione dei finanziamenti per finalità diverse da quelle previste negli atti di programmazione regionale;
d) omessa rendicontazione.

2. I finanziamenti erogati sono revocati in parte in caso di mancata realizzazione di una parte del progetto o in caso di ritardo immotivato nell'attuazione dello stesso.

 

Art. 12
Norme transitorie

1. Il primo Piano regionale non contiene la relazione prevista all'articolo 10, comma 4.

2. Il bilancio di genere non è redatto per il Piano di cui al comma 1.

 

Art. 13
Norma finanziaria

1. Le spese previste per l'attuazione della presente legge sono valutate in euro 800.000 annui.

2. Nel bilancio della Regione per gli anni 2010-2013 sono apportate le seguenti modifiche:

in aumento

UPB S01.03.003 (DV)
Funzionamento di organismi di interesse regionale e di azioni finalizzate alla realizzazione delle pari opportunità
2010 euro 800.000
2011 euro 800.000
2012 euro 800.000
2013 euro 800.000

in diminuzione

UPB S08.01.002
2010 euro 800.000
2011 euro 800.000
2012 euro 800.000
2013 euro 800.000
mediante riduzione della riserva di cui alla voce 4) della tabella A allegata alla legge regionale 28 dicembre 2009, n. 5 (legge finanziaria 2010).

3. Le spese previste per l'attuazione della presente legge fanno carico alle suddette UPB del bilancio della Regione per gli anni 2010-2013 ed a quelle corrispondenti dei bilanci per gli anni successivi.

 

Art. 14
Entrata in vigore

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURAS).