CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURA

PROPOSTA DI LEGGE N. 5

presentata dai Consiglieri regionali

CAPELLI - OPPI - BIANCAREDDU - CAPPAI - CONTU Felice - MILIA - OBINU - STERI

il 1° aprile 2009

Modifiche alla legge regionale 29 luglio 1998, n. 23

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RELAZIONE DEI PROPONENTI

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 536 del 27 dicembre 2002, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge regionale 7 febbraio 2002, n. 5 (Modifica dell'articolo 49 della legge regionale 29 luglio 1998 n. 23), con la quale si consentiva l'esercizio dell'attività venatoria fino al 28 febbraio.

La Corte, dopo aver precisato che l'articolo 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, esprime "una esigenza unitaria per ciò che concerne la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ponendo un limite agli interventi a livello regionale che possono pregiudicare gli equilibri ambientali", e aver chiarito che la tutela dell'ambiente non può ritenersi una materia, essendo invece un "valore" costituzionalmente protetto, ha affermato che lo Stato, in funzione di quel valore, può dettare standard di tutela uniformi sull'intero territorio nazionale anche incidenti sulle competenze legislative regionali, ex articolo 117 della Costituzione.

Ora, afferma la Corte, sebbene la caccia rientri nella competenza esclusiva della Regione, nondimeno la relativa disciplina legislativa regionale, in base all'articolo 3, primo comma, dello Statuto, deve essere dettata nel rispetto dei "principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica" e delle "norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica", nonché degli "obblighi internazionali".

La circostanza che la recente riforma costituzionale si applichi anche alle regioni a statuto speciale, ove sia più favorevole all'autonomia, non implica, afferma ancora la Corte, che - qualora una materia attribuita dallo statuto speciale alla potestà regionale interferisca in tutto o in parte con un ambito ora spettante in forza del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione alla potestà esclusiva statale - la regione speciale possa disciplinare la materia (o parte di essa) riservata allo Stato senza dovere osservare i limiti statutari imposti alla competenza primaria delle Regioni, tra cui quelli derivanti dall'osservanza degli obblighi internazionali e delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali.

Quindi, ad avviso della Corte, la norma di cui all'articolo 18 della legge n. 157 del 1992 che impone il termine finale del 31 gennaio per l'esercizio dell'attività venatoria, deve essere considerata:
a) come norma di adeguamento agli obblighi internazionali;
b) come norma di grande riforma economico-sociale.

Alla luce di quanto ritenuto dalla Corte, gli interventi legislativi in materia di caccia, con modifica di norme esistenti o con introduzione di nuove norme, potranno essere legittimamente adottati dalla Regione Sardegna soltanto nel rispetto della finalità sottesa alle enunciazioni di cui ai punti sub a) e sub b).

1) Con riferimento al primo le norme di pertinenza sono dettate dall'articolo 7.4 della direttiva del Consiglio delle comunità europee 2 aprile 1979 (79/409/CEE) e dall'articolo 2, lettera a), della Convenzione di Parigi del 18 ottobre 1950 per la protezione degli uccelli, resa esecutiva in Italia con legge 24 novembre 1978, n. 812.
L'articolo 7.4 della direttiva, dopo aver imposto agli Stati membri di vietare la caccia, nei confronti di tutte le specie, durante il periodo della nidificazione, della riproduzione e della dipendenza, testualmente dispone: "Quando si tratta di specie migratrici, essi provvedono in particolare a che le specie soggette alla legislazione sulla caccia non vengano cacciate durante il periodo della riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione".
Anche la Convenzione di Parigi, all'articolo 2, prevede che devono essere protetti "almeno durante il loro periodo di riproduzione, tutti gli uccelli e, inoltre, i migratori durante il loro percorso di ritorno verso il loro luogo di nidificazione ed in particolare in marzo, aprile, maggio, giugno e luglio".
La Corte di giustizia ha avuto più volte occasione di pronunciarsi sulla conformità di singole legislazioni nazionali alla disposizione dell'articolo 7.4 della direttiva n. 79/409, pervenendo alla conclusione della non conformità alla direttiva delle norme nazionali che consentono l'esercizio della caccia nel mese di febbraio senza aver concretamente verificato che ciò non sia di ostacolo ad una completa protezione della fauna selvatica.
In particolare, con la sentenza 7 dicembre 2000, ha giudicato non conforme alla direttiva comunitaria la legge francese n. 98-549 del 3 luglio 1998, perché consentiva lo scaglionamento dell'esercizio della caccia ad alcune specie durante il mese di febbraio.
Nell'occasione la Corte ha avuto modo di precisare (punto 43 della sentenza) che "le autorità nazionali non sono autorizzate dalla direttiva sugli uccelli a fissare siffatte date scaglionate in ragione delle specie di uccelli, a meno che lo Stato membro interessato possa fornire la prova, avallata da dati tecnico-scientifici appropriati a ciascun caso specifico, che uno scaglionamento delle date di chiusura della caccia non sia di ostacolo alla protezione completa delle specie di uccelli che da tale scaglionamento possono essere interessati".
Identico principio la Corte di giustizia lo aveva in precedenza espresso con la sentenza 19 gennaio 1994 in causa c-435/92, riguardante norme di legge della stessa Francia, e con la sentenza 17 gennaio 1991 in causa c-157/89, concernente la precedente normativa dello Stato italiano che consentiva la caccia ad alcune specie fino alla data del 10 marzo.
Con quest'ultima sentenza la Corte aveva condannato lo Stato italiano perché non aveva dato la prova, con pertinenti studi scientifici, che il protrarsi fino al 10 marzo dell'esercizio dell'attività venatoria non fosse di ostacolo alla completa protezione dell'avifauna, ovverossia che nel periodo considerato le specie cacciabili non fossero interessate dal fenomeno migratorio verso il luogo di nidificazione.
Per quanto riguarda la prova da fornire, la Corte ha chiarito che, non avendo lo Stato italiano prodotto specifici studi scientifici relativi al territorio italiano, "la Commissione può fare riferimento ad opere ornitologiche vertenti su un'area generale di distribuzione nella quale rientra lo Stato membro".
Dalle riportate pronunce emerge, quindi, che nella fissazione del calendario venatorio (o nella formulazione del presupposto testo di legge) l'Autorità competente, Stato o regione dotata di competenza esclusiva nella materia, deve supportare le scelte relative ai periodi previsti per l'esercizio della caccia - ed in modo particolare con riferimento al mese di febbraio (periodo nel quale maggiori sono le incertezze ed i contrasti di opinioni) - con puntuali studi scientifici relativi alle specie nei confronti delle quali potrà essere esercitata l'attività venatoria, tenendo conto delle specificità del territorio interessato.
La Regione Sardegna, quindi, al fine di dettare una disciplina conforme alle citate norme sovranazionali, dovrebbe promuovere degli studi scientifici sulle specie per le quali intende consentire la caccia oltre il 31 gennaio, al fine di accertare che le stesse, oltre il suddetto periodo di caccia, non siano interessate da fenomeni migratori, e più precisamente dalla migrazione verso il luogo di nidificazione; gli altri spostamenti migratori interni, volti alla ricerca di migliori condizioni di habitat (climatiche e nutrizionali), non vengono presi in considerazione dalla normativa comunitaria ai fini del divieto in argomento.
Simile indagine scientifica, da far eseguire da soggetti o organismi di indiscussa capacità e professionalità, appare particolarmente importante per la Regione Sardegna, stante la sua situazione di insularità, caratterizzata da specifiche peculiarità di fauna, di flora, di clima e di territorio.
Poiché il fenomeno migratorio è influenzato in modo particolare dall'andamento climatico e dalle possibilità di alimentazione che la flora offre nel periodo in questione, la durata del periodo nel quale consentire il prolungamento della stagione venatoria dovrebbe scaturire da uno studio specifico di personale qualificato, o apposito organismo, chiamato a valutare, con indagini sul territorio e nell'imminenza del periodo considerato (fine gennaio), la fattibilità del prolungamento della stagione venatoria al mese di febbraio.
In tal modo verrebbe assicurata quella attività di studio che la Corte di giustizia richiede per poter verificare che la caccia nel mese di febbraio non sia di ostacolo ad una completa protezione della avifauna.
Ove l'indagine scientifica dimostrasse che i fenomeni migratori, per le specie oggetto di attività venatoria, non iniziano durante il prolungamento della stagione di caccia, si può affermare che la norma regionale di proroga della caccia non dovrebbe essere ritenuta, dalla Corte costituzionale e dalla Corte di giustizia, in contrasto con la direttiva comunitaria.
Infatti la stessa Corte di giustizia, con la citata sentenza 17 gennaio 1991 in causa c-157/89, ha chiarito che non sussiste violazione della direttiva con riferimento a due specie, "la pettegola e il chiurlo", perché "la pettegola sorvola il territorio italiano solo a partire dalla prima metà del mese di marzo e ...il chiurlo ...a cavallo tra i mesi di marzo e aprile". Anche la Convenzione di Parigi, sulla protezione degli uccelli, non vieta l'esercizio della caccia nel mese di febbraio, limitandosi a richiedere l'imposizione di specifico divieto per i soli mesi da marzo a luglio.
In Sardegna quindi ben potrebbe essere consentita la caccia alle varie specie di tordo, alla beccaccia, al beccaccino e al colombaccio ove si dimostrasse che il ritorno al luogo di nidificazione di queste specie inizia alla fine del mese di febbraio, o comunque successivamente al termine ultimo della stagione venatoria.

2) Con riferimento alla seconda questione, ossia alla riconduzione del termine ultimo del 31 gennaio (previsto dall'articolo 18, comma 2, della legge n. 157 del 1992) per l'esercizio della caccia tra le norme di riforma economico-sociale, può osservarsi quanto segue.
La Corte costituzionale ritiene che la norma sulla delimitazione temporale dell'esercizio della caccia (al pari di quelle sulla individuazione delle specie cacciabili) debba essere considerata come norma di grande riforma economico-sociale perché è "rivolta ad assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili" per cui "risponde all'esigenza di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema per il cui soddisfacimento l'articolo 117, secondo comma, lettera s), ritiene necessario l'intervento in via esclusiva della potestà legislativa statale".
La qualificazione di norma di grande riforma economico sociale non deriva dal divieto in sé, ma dall'essere funzionale ad un certo risultato di grande rilevanza ed importanza per la collettività, risultato che, nel caso in questione, rappresenta un valore anche per la comunità soprannazionale, tanto da essere stato oggetto di specifica considerazione e regolamentazione da parte del legislatore comunitario.
La Corte costituzionale reputa che il termine del 31 gennaio per l'esercizio dell'attività venatoria, costituisca limite insuperabile per il legislatore regionale attesa la funzionalità dello stesso all'obiettivo predetto: assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili.
A simile conclusione è pervenuta sulla base delle risultanze degli atti di causa, in ragione del fatto che la deroga alla previsione legislativa statale non risultava "giustificata da alcun elemento peculiare del territorio sardo".
Il che equivale a dire che il prolungamento della stagione venatoria è stato autorizzato senza alcuna indagine scientifica sulla compatibilità di esso con la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e, più in particolare, perché non è stato previamente accertato che detto prolungamento non coincida con il periodo di ritorno al luogo di nidificazione degli uccelli, evenienza questa suscettibile di mettere in pericolo "la sopravvivenza e la riproduzione delle specie cacciabili".
A conforto della propria argomentazione la Corte costituzionale richiama la sentenza della Corte di giustizia 19 gennaio 1994 (causa c-435/92), nella quale viene ribadito che la scelta del legislatore nazionale di prolungare la caccia per alcune specie di uccelli migratori oltre il 31 gennaio deve essere "avallata da dati tecnico-scientifici appropriati a ciascun caso specifico". Ciò implica che per ogni specie deve essere rigorosamente accertato il periodo di riproduzione e di migrazione, al fine di evitare la violazione della direttiva comunitaria n. 79/409 che impone agli Stati membri di vietare la caccia "durante il periodo della riproduzione e durante il ritorno al luogo di nidificazione".
Risulta di tutta evidenza che la necessità di assicurare la sopravvivenza delle specie cacciabili non viene collegata, nel caso specifico, al fatto in sé di consentire un maggior numero di giornate di caccia, derivante dal prolungamento della stagione venatoria, bensì dal consentire l'esercizio della caccia "durante il ritorno al luogo di nidificazione" delle specie di selvaggina migratoria interessate dalla caccia nel mese di febbraio.
Infatti nessuna norma, nazionale o comunitaria, impedisce alla Regione Sardegna di prevedere un maggior numero di giornate di caccia, anche oltre quelle fruibili nel mese di febbraio, durante il mese di gennaio o negli altri mesi a partire dal 1° settembre. Del resto molte regioni d'Italia non limitano l'esercizio dell'attività venatoria al giovedì ed ai giorni festivi, ma prevedono anche tre giornate di caccia per ogni settimana.
Se l'esigenza fosse solo quella di limitare il numero di giornate di caccia, la pronuncia della Corte non sarebbe funzionale allo scopo, proprio perché ben potrebbe il legislatore regionale aumentare nei restanti mesi il numero delle giornate di caccia.
Pertanto, poiché la norma di legge regionale, che consentiva l'attività venatoria durante il mese di febbraio, non risultava supportata da alcuna indagine scientifica sulla assenza di migrazione verso il luogo di nidificazione da parte delle specie cacciabili, correttamente la Corte costituzionale ne ha dichiarato l'incostituzionalità.
Ciò tuttavia non significa che il legislatore sardo non possa riproporre una nuova norma, purché ciò avvenga in conformità alle indicazioni contenute nella sentenza n. 536/02 della Corte costituzionale, indicazioni che sostanzialmente coincidono con quelle contenute nelle citate sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, e cioè previa rigorosa indagine scientifica sulla assenza di migrazione verso il luogo di nidificazione delle specie di uccelli interessati dal prolungamento della stagione venatoria. Prolungamento che è stato ritenuto compatibile con la direttiva comunitaria sugli uccelli da parte della Corte di giustizia con riferimento alle due specie in precedenza indicate, la pettegola ed il chiurlo, e che non trova ostacolo nella convenzione di Parigi sulla protezione degli uccelli. Per quanto concerne il territorio della Regione sarda l'indagine scientifica dovrebbe essere condotta con riferimento alle specie di rilevanza venatoria locale, quali, ad esempio, le varie specie di tordo, la beccaccia, la pavoncella, il colombaccio.

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TESTO DEL PROPONENTE

 

Art. 1
Periodo di caccia

1. Il comma 1 dell'articolo 49 della legge regionale 29 luglio 1998, n. 23 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per l'esercizio della caccia in Sardegna), è sostituito dal seguente:
"1. Ai fini dell'attività venatoria nel territorio della Sardegna è consentito abbattere esemplari di fauna selvatica di cui all'articolo 48 nel periodo compreso tra la terza domenica di settembre ed il 31 gennaio dell'anno successivo, con le seguenti eccezioni:
a) cinghiale (Sus scrofa): dal 1° novembre al 31 gennaio dell'anno successivo;
b) selvaggina migratoria: dal 1° settembre al 31 gennaio dell'anno successivo;
c) tortora selvatica (Streptopelia turtur): dal primo giorno di settembre per un massimo di due giornate.".

 

Art. 2
Prolungamento dell'attività venatoria

1. Dopo il comma 1 dell'articolo 49 della legge regionale n. 23 del 1998 sono inseriti i seguenti:
"1 bis. In deroga a quanto stabilito nel comma 1, su conforme parere dell'Istituto regionale per la fauna selvatica, può, annualmente, essere autorizzato l'esercizio venatorio nei confronti di una o più specie migratorie, di cui sia stato accertato un consistente numero di esemplari, sino alla terza domenica di febbraio dell'anno successivo.
1 ter. L'Istituto regionale per la fauna selvatica può esprimere parere positivo al prolungamento dell'attività venatoria di cui al comma 1 bis, solo dopo aver verificato, anche con indagini sul territorio, che il periodo di estensione della caccia non coincida con quello di riproduzione ovvero con quello durante il quale avviene il ritorno al luogo di nidificazione e, comunque, che la suddetta estensione non possa, in alcun modo, pregiudicare la riproduzione o il ritorno al luogo della nidificazione delle specie cacciabili. A tal fine l'Istituto prende, tra l'altro, in considerazione la consistenza ed il buono stato delle specie e le condizioni climatiche ed ambientali.
1 quater. Allo scopo di una più completa ed esauriente valutazione della sussistenza delle condizioni per autorizzare il prolungamento dell'attività venatoria, le rilevazioni degli elementi di cui al comma 1 ter devono essere acquisite annualmente non prima del 15 gennaio che precede l'adozione del provvedimento di autorizzazione al prolungamento dell'attività venatoria, fatta salva la valenza a fini statistici degli elementi registrati nelle annate precedenti.".

 

Art. 3
Comitato scientifico regionale

1. Dopo il comma 5 dell'articolo 9 della legge regionale n. 23 del 1998 è aggiunto il seguente:
"5 bis. L'Istituto regionale per la fauna selvatica esercita le funzioni di cui ai commi 1, 1 bis, 1 ter e 1 quater dell'articolo 49, tramite un comitato scientifico nominato ogni cinque anni con decreto dell'Assessore regionale della difesa dell'ambiente. Il comitato scientifico è composto da cinque membri scelti fra ricercatori, docenti universitari o altre persone di comprovata esperienza, in possesso di specifica competenza in materie afferenti alla fauna, alla zoologia o all'ambiente, i quali eleggono fra di essi il presidente a cui spetta il coordinamento dell'attività dell'organo.".

2. Il comma 1 entra in vigore a decorrere dal 1° settembre 2009.

 

Art. 4
Entrata in vigore

1. La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Sardegna.