CONSIGLIO REGIONALE DELLA
SARDEGNA
XIV LEGISLATURA
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ASSEMBLEA STRAORDINARIA PER LA CRISI ECONOMICA DELLA SARDEGNA
Comunicato N° 1 - Intervento della Presidente del Consiglio
On Claudia Lombardo
Cagliari, 15 luglio – L’assemblea straordinaria che ha visto convenuti l’intero
Consiglio regionale, i Parlamentari sardi, tutte le parti sociali del lavoro e
dell’impresa, i rappresentanti dei comuni e delle province è stata aperta
dall’intervento della Presidente Claudia Lombardo.
L’unica strada per la ripresa economica passa per la rinascita e il
consolidamento del settore industriale nella nostra terra.-ha esordito la
Presidente- Nessuna dismissione o smantellamento, semmai un rilancio strategico
dell’industria sarda attraverso un piano di sviluppo integrato che eviti il
baratro di una monocultura imprenditoriale che tanti danni ha già provocato
nell’Isola. La Sardegna non può vivere di solo turismo e agricoltura, come
qualcuno velleitariamente è portato a pensare. Ma deve guardare a uno sviluppo
armonico dove tutte le componenti che determinano una economia di successo sono
costituite dalla presenza contemporanea e integrata di un tessuto produttivo
fatto di industria, attività imprenditoriali, artigianato, commercio e, appunto,
turismo e agricoltura. Se vogliamo guardare al futuro con speranza e ottimismo
dobbiamo puntare su un modello economico che nella diversificazione delle
attività trovi il suo punto di forza ed equilibrio. Dico questo, e mi preme
sottolinearlo, non perché provengo da un territorio, il Sulcis-Iglesiente, a
elevata densità industriale, ma in quanto da sempre fortemente convinta del
ruolo insostituibile dell’industria in una economia di successo. D’altronde
proprio il mio territorio fornisce la dimostrazione tangibile del fallimento
delle politiche derivanti da una monocultura. Si è passati dal minerario al
metallurgico, nella vana speranza che puntando tutto su un settore ci saremmo
potuti risollevare. Oggi il Sulcis-Iglesiente si trova a pagare un caro prezzo
per queste scelte dissennate. Non è casuale la scelta di tenere questa assemblea
presso il Consiglio Regionale, il parlamento dei sardi, simbolo di unità del
nostro popolo, massima espressione della nostra democrazia. Il popolo sardo deve
avere la percezione che qui si sono schierati: il Governo dei sardi, l’Assemblea
regionale, i parlamentari, i rappresentanti degli enti locali, le associazioni
degli imprenditori e di categoria, l’Università e il mondo sindacale, per fare
un fronte comune a difesa di diritti storici che vanno ben oltre il contingente,
che vede in crisi un comparto produttivo per noi di vitale importanza, per
assumere una connotazione di rivisitazione dei rapporti competenziali tra la
Regione e lo Stato. Oggi noi siamo qui per inserire, nel contesto più vasto di
una vera e propria Vertenza Sardegna, la volontà dei sardi di rinegoziare un
nuovo patto con lo Stato centrale che veda la soddisfazione di storiche annose
rivendicazioni che tanto negativamente incidono sul nostro sistema economico e
produttivo. Non c’è più tempo per dilatare ulteriormente un confronto che, al di
là delle migliori intenzioni con le quali il Governo centrale intende affrontare
la Questione Sarda, deve risolversi sulla base di fatti e atti concreti sui
quali fondare il mantenimento degli attuali livelli occupazionali del settore
produttivo isolano. I numeri dell’industria in Sardegna non sono certo positivi:
sono circa 2800 le persone che usufruiscono di ammortizzatori sociali, 6270 i
posti di lavoro persi nell’ultimo anno e 7000 i dipendenti a rischio. E’ chiaro
che il quadro delineato indica uno stadio di sofferenza ormai prossimo al
collasso. Se vogliamo preservare la nostra cultura industriale e, magari,
potenziarla per rilanciare il ruolo strategico dell’Isola al centro del bacino
occidentale del Mediterraneo negli scambi commerciali con i continenti africano
e asiatico, deve essere chiaro a tutti che neppure un solo posto di lavoro di
quelli attualmente garantiti dall’Industria deve andare perduto. Questa è una
pregiudiziale che poniamo a capo, come priorità assoluta, della vertenza che ci
vedrà impegnati durante il confronto con il Governo centrale. Noi non possiamo
permettere che la nostra terra paghi un prezzo ancora più alto di quello già
insopportabile che abbiamo sinora sostenuto.
Nel contempo dobbiamo prendere coscienza che questa gravissima emergenza deve
imporre a tutti una nuova assunzione di responsabilità nella consapevolezza che
la Sardegna e i sardi potranno essere salvati solo da se stessi. Non possiamo
attenderci regali da nessuno. Non possiamo, dunque, dividerci sugli indirizzi di
governo e politici ma, dobbiamo sempre affermare un comune sentire nel difendere
i diritti storici del Popolo sardo che come tale è una “entità indivisibile,
unica e irripetibile”. Tutte le volte che si è raggiunta una unità
autonomistica, il nostro popolo ha vinto battaglie vitali per il proprio futuro.
Ed è proprio questo il momento di esaltare la ritrovata unità di tutte le
componenti politiche, sociali e culturali che sinceramente credono in un
consenso popolare pieno, convinto e spontaneo a sostegno dell’azione del governo
sardo in un momento così delicato e difficile della nostra storia patria. La
nostra partecipazione all’Assemblea odierna dimostra che ci sentiamo
protagonisti e responsabili verso il nostro popolo e se la passione politica e
la difesa dei nostri ideali spesso porta a dividerci, oggi sono la Sardegna e
suoi destini futuri che ci devono unire. Per contrapporci a torti e ingiustizie,
mi riferisco anche a quanti nel passato attratti dalle agevolazioni e dai soldi
hanno impiantato attività in Sardegna per poi abbandonarle al proprio destino
una volta esauriti i fondi. Lasciando a noi un triste lascito fatto di
disoccupati e inutilizzabili cattedrali nel deserto, costituite dai siti
industriali dismessi. Cattedrali industriali che ormai, purtroppo
contraddistinguono la nostra terra al pari dei Nuraghi, tanto sono lontane nel
tempo le origini e il perdurare di una crisi che ha assunto risvolti endemici.
Oggi l’ENI non fa altro che perpetuare questa incresciosa tradizione. Ma
sappiano i vertici dell’Ente che non siamo più disposti a fare sconti a nessuno.
Se davvero le intenzioni sono quelle di una dismissione pretenderemo con
assoluta rigidità il rispetto dei protocolli. Prima fra tutti la procedura di
bonifica dei territori nei quali si svolge l’attività industriale dell’ENI per
una pronta riconversione di questo sito per destinarlo ad altre attività
produttive. Bonifica che dovrà avvenire attraverso l’impiego delle attuali
maestranze oggi impegnate nello stabilimento e totalmente a spese dell’Ente. La
chiusura dello stabilimento di Porto Torres, per quanto negli annunci
temporanea, è solo l’ultima di una lunghissima sequela di chiusure di attività
industriali che nei diversi livelli di responsabilità e differenti ruoli hanno
visto la classe politica sarda, unitamente alle categorie di lavoratori di volta
in volta interessati, ergersi a difesa degli accordi traditi. Ma quella di oggi
non può e non deve trasformarsi in una, passatemi il termine, ordinaria
straordinarietà. Non possiamo più permetterci di abbassare la guardia e dopo
tante belle parole e lodevoli intenzioni, arrenderci ai voleri di un destino
impostoci e mal tollerato. La situazione della nostra Isola è tale da non
poterci permettere più neanche la sola perdita di una singola busta paga. I
sardi hanno già pagato un prezzo altissimo in termini di solidarietà rinunciando
a diritti acquisiti in nome di una fratellanza che lega tutti i territori della
nostra Repubblica. Il G8 svoltosi a l’Aquila è l’ultimo recentissimo episodio.
Adesso pretendiamo che il governo centrale riservi alla Sardegna quella
attenzione che le è dovuta, innanzi tutto scongiurando la chiusura dello
stabilimento di Porto Torres e, poi, riaprendo i termini della Questione Sarda
che segni l’effettivo rilancio della nostra terra in termini economici, ma anche
sociali e culturali. Oggi sentiamo con forza l’esigenza e la necessità di
affermare la centralità della Questione Sarda nel panorama italiano per chiedere
che le problematiche che attanagliano il settore industriale della regione
vengano inquadrate all’interno di un’ottica di perequazione nazionale. Vogliamo
realizzare un nuovo modello economico integrato fra industria, agricoltura,
pesca, turismo e impresa per assicurare all’Isola una economia solida, duratura
e con prospettive di crescita future e spezzare le catene di un isolamento che
rischia di non essere più solo geografico ma anche culturale ed economico. E se
oggi il popolo sardo si trova idealmente tutto qui unito per evitare la sciagura
di un ennesimo scippo, lo fa con lo spirito di chi è ben consapevole che non sta
mettendo in atto un moto egoistico per chiedere indebiti privilegi, ma il suo
sacrosanto diritto a difendere le proprie inalienabili prerogative. La prossima
vertenza con lo Stato dovrà vedere la giunta regionale sostenuta da un grande
movimento di popolo per ottenere finalmente misure di eccezionale portata volte
al soddisfacimento di diritti storici che ancora vedono i sardi non uguali
rispetto agli altri cittadini della Repubblica. Ma sia ben chiaro: non stiamo
rivendicando misure di carattere assistenzialistico. Misure che nel passato
hanno dimostrato tutta la loro fallacità. Utili a risolvere solo parzialmente e
temporaneamente la crisi che sta strozzando la nostra economia. Noi vogliamo
poter contare su adeguati strumenti di governo della nostra economia per
determinare autonomamente le linee e gli indirizzi di un nuovo modello per il
Sistema Sardegna. Un modello che sia pensato, voluto e attuato dai sardi per i
sardi. Nel rispetto delle nostre specificità storiche politiche e culturali e
delle nostre potenzialità e vocazioni. Strumenti che sono già presenti nella
nostra legislazione regionale. Penso alla zona franca, attraverso la quale tutto
il sistema economico e produttivo sardo potrà avvalersi di un insieme di misure
e interventi per consentire all’attività di impresa di raggiungere livelli di
massima efficienza con il massimo grado di efficacia e in grado di auto
sostenersi e di reggere i livelli più alti della concorrenza dei mercati.
Nessuna prosecuzione di politiche fatte di interventi pubblici a sostegno delle
attività produttive, ma potestà esclusive della nostra economia per consentire
al governo sardo l’adozione di un pacchetto di interventi che possano consentire
la nascita di un sistema imprenditoriale e industriale sardo integrato e
vincente. Da questa nuova coscienza deve nascere l’ulteriore consapevolezza che
la grave crisi che stiamo attraversando non è una difficoltà passeggera e di
poco momento. Da questa coscienza deve nascere la motivazione di un popolo che
oggi si erge per richiedere un confronto negoziale con lo stato ampio e
finalizzato a recuperare appieno il grave ritardo di sviluppo economico che la
Sardegna marca sia a livello italiano che europeo. Oggi dunque non sono riunite
le rappresentanze più significative del popolo sardo per limitarsi a chiedere
solo l’immediata riapertura dello stabilimento ENI di Porto Torres. Sarebbe un
grave errore limitarsi a questa miope visione strategica. Non possiamo limitarci
solo alla difesa dell’esistente, sapendo che in un futuro prossimo potremo dover
affrontare altre drammatiche emergenze fatte di altre possibili chiusure. Se
qualcuno pensa ancora che la nostra specialità sia un vantaggio la nostra
risposta non può che essere conseguente: oggi più che mai la Sardegna sente
l’esigenza di approfondire il senso di una legislazione differenziata per le
differenti esigenze del popolo sardo. Un nuovo patto con lo Stato che, fermo
restando il principio unitario in ordine alle finalità generali della
Repubblica, riconosca ai sardi un nuovo Statuto di Specialità che conferisca
tutti i poteri di autodeterminazione, con la capacità di emanare norme valide
nell’ambito regionale e con limiti di reciprocità concordati con lo Stato su
poche determinate materie. In tal senso avochiamo il potere di
autoregolamentazione per poter essere padroni del nostro futuro e della gestione
delle nostre incommensurabili e inalienabili risorse fatte di territorio,
ambiente, intelligenza e lavoro. Tutti noi qui presenti dobbiamo sentirci
investiti di un mandato più ampio e profondo che non si limiti alla difesa
dell’attuale, ma che partendo dalla drammatica situazione che attraversiamo
faccia sì che venga messo in discussione tutto il regime di rapporti che sino a
oggi hanno caratterizzato il confronto Stato-Regione, per validare le ragioni
storiche dei sardi attraverso un impegno del governo centrale teso alla
rivisitazione degli squilibri che oggi penalizzano l’Isola attraverso un
confronto paritario di reciproca soddisfazione. (R.R.)
Comunicato N° 2
Cagliari 15 luglio 2009 – Dopo il discorso di apertura della Presidente del
Consiglio regionale, Claudia Lombardo, sono cominciati gli interventi degli
altri convenuti.
Il primo a prendere la parola è stato il Segretario generale della CGIL, Enzo
Costa. Sottolineando che la crisi in atto è senza precedenti, che i posti di
lavoro persi negli ultimi mesi sono ben 34 mila e che il numero dei
cassintegrati è cresciuto dell’87 %, ha sottolineato che quanto fatto dall’Eni
che neppure una lettera di comunicazione ha inviato ai lavoratori ed al
sindacato è sen inaudito. Questa crisi rischia di cancellare 60 anni di
sviluppo. A dispetto di orgoglio e diritti, ha detto, in questo modo è trattata
la Sardegna. Ha ricordato che il G8 è stato di fatto scippato all’Isola senza
niente in cambio, ed ora deve intervenire il presidente del Consiglio dei
ministri per indurre il ministro Scaiola ad aprire un tavolo di confronto, cosa
che doveva essere fatto, come in passato, immediatamente. L’assemblea odierna è
importante, ha aggiunto, perché fa ripartire dal basso un movimento di
rivendicazione verso due obiettivi prioritari: l’apertura di un tavolo di
confronto a Palazzo Chigi, e lo stop alla decisione di smobilitazione dell’Eni.
E’ quindi intervenuto Mario Diana che ricordando che la rivendicazione indica
debolezza, ha affermato che dopo 60 anni occorre cambiare strategia e proporre
qualcosa di nuovo per lo sviluppo della Sardegna.Non basta “mettere pezze su
pezze”, e non necessariamente la ricerca assoluta dell’industria chimica è
vincente, occorre trovare soluzioni diverse.
Il deputato del Pd Paolo Fadda ha espresso apprezzamento per questa iniziativa,
andremo alla riapertura di un tavolo di confronto col governo. I parlamentari
sono pronti al fianco della Regione e delle parti sociali, anche se nelle
manifestazioni dei lavoratori è stata notata la scarsa affluenza di parlamentari
della maggioranza. Occorre avere come interlocutore il Governo e l’Eni deve
revocare il proprio provvedimento. Negli ultimi anni molte mobilitazione, ha
detto Fadda, ma pochi risultati: quasi un fallimento. L’opposizione non intende
strumentalizzare la crisi, ma chiede che si riconosca che non ci sono governi
amici.
Per il segretario regionale della Cisl, Mario Medde, per la prima volta dopo una
manifestazione sindacale il Consiglio si apre al mondo del lavoro. E’ questa una
occasione importante per il rilancio di iniziative autonomiste e federaliste
attraverso una nuova fase costituente. Occorre riaprire il confronto con lo
Stato in un nuovo scenario di federalismo solidale. L’incontro odierno è un
importante viatico per la Seconda Rinascita e deve andare oltre il contenzioso
con lo Stato per riaprire una nuova stagione del protagonismo dei sardi mettendo
da parte le logiche di schieramento e verso un nuovo Statuto.
Il capogruppo Pd, in Consiglio, Mario Bruno, ha ricordato che il momento
importante per la ricerca dell’unità pur nella diversità dei ruoli non deve far
dimenticare il passato recente, le promesse fatte e non mantenute in campagna
elettorale, le assicurazioni del Premier a favore della Sardegna che poi sono
risultate vane . Bisogna dire basta al “me ne occupo io dei vostri problemi” è
il momento di aprire la stagione del “ce ne occupiamo noi dei nostri problemi”.
In campagna elettorale sembrava tutto fatto, ma non è stato così. Il Governo
deve essere il nostro interlocutore. Occorre un progetto complessivo per la
Sardegna in una dialettica seria di confronto e di collaborazione.
Il deputato del Pdl Salvatore Cicu ha sottolineato l’importanza della occasione
odierna ricordando però che se vi è stato un “abbandono” degli operai sardi
questo risale agli ultimi 30 anni attraverso il sistema di sviluppo fallimentare
attuato. Occorre attuare un meccanismo di rottura col passato, la solidarietà al
mondo del lavoro si fa anche stando vicini alla Presidenza della Regione in
questo confronto con lo Stato. Avere trovato l’occasione e per un incontro col
Governo in pochi giorni è un grande risultato. La rincorsa degli ultimi 30 anni
è stata sempre con l’emergenza, ora occorre affrontare i problemi della Sardegna
riappropriandoci delle occasioni che abbiamo.
La segretaria regionale della Uil, Maria Francesca Ticca, ha sottolineato la
gravissima crisi affermando la necessità di un quadro di riferimento chiaro su
come affrontarla, e sul modo di delineare le scelte. Occorre por mano all’intero
progetto di sviluppo puntando su tre nodi di fondo: energia, ambiente,
trasporti. Si sta andando verso la desertificazione produttiva occorre
affrontare con urgenza la questione Sardegna in un contesto che esca dai confini
regionali.
Il capogruppo dell’Udc, Roberto Capelli, ha parlato di una costante nel
ritrovarsi uniti di fronte a queste emergenze E’ arrivato il momento di chiedere
allo Stato la riscossione dei tanti crediti. Nel 2000 già in Consiglio si
parlava di crisi industriale e della chimica, oggi è il 2009 e siamo allo stesso
punto. Si sono solamente messe delle “pezze” sui buchi, ma non si è affrontato
il problema complessivo e non si sono cercate vere alternative. Abbiamo
l’obbligo di creare le condizioni per lo sviluppo di una nuova impresa.
Gli interventi proseguono. (segue)
(lp)
Comunicato N°3 - L’assemblea straordinaria sulla crisi economica
e occupazionale: proseguono gli interventi. Beppe Pisanu: Prima viene la
Sardegna poi il centrodestra.
Cagliari, 15 luglio 2009 – Gli interventi sono proseguiti con Giacomo Meloni,
segretario regionale CSS che ha svolto la sua relazione anche in lingua
campidanese. Noi sardi – ha detto - dobbiamo insorgere per cacciare l’Eni che
tanti danni ha creato in Sardegna. Meloni ha aggiunto che è necessario
respingere con forza l’ipotesi di introdurre in Sardegna lo stoccaggio dei
residui nucleari e ha sottolineato l’esigenza di puntare sulla bonifica dei
territori e sugli investimenti nei settori della pesca, dell’artigianato, del
commercio. Il segretario regionale della CSS ha chiesto, inoltre, di rilanciare
la Legler e di valorizzare le intelligenze isolane.
Renato Soru (PD) pur apprezzando lo spirito di unità che ha caratterizzato
l’Assemblea ha sottolineato i ruoli diversi che esistono. L’Eni – ha affermato -
diversamente da quello che ci aveva assicurato ha deciso una chiusura tecnica.
Cosa sarebbe accaduto se questa chiusura fosse stata attuata quando era
presidente Renato Soru e premier Prodi? Ci sarebbe stata questa unità? L’ex
presidente della Regione si è chiesto cosa rimarrà di tutta questa discussione e
cosa arriverà a Berlusconi e Scajola. Per Renato Soru Berlusconi non può solo
“aprire tavoli” ma deve intimare all’Eni di non chiudere gli stabilimenti
isolani. Ormai tutto il settore industriale è in crisi nonostante le promesse
fatte dal centrodestra in campagna elettorale. Per questo, per Soru, il
presidente Cappellacci si deve dimettere. prima di concludere Renato Soru ha
ricordato che tra qualche mese ci sarà una scadenza importante e che la Sardegna
rischia di perdere ogni anno 1 miliardo e 600 milioni di euro.
Per Luciano Uras (Prc) l’assemblea rappresenta una novità e parte da un punto
chiaro: l’emergenza. Sono a rischio – ha detto Uras - 3500 buste paga, posti di
lavoro che non si potranno recuperare. Per l’esponente di Rifondazione
l’impianto di Porto Torres deve rimanere aperto e si deve avviare un confronto
su atti e progetti in modo tale che da questa crisi si possa cominciare a
uscire. Questa chiusura decisa dall’Eni – ha aggiunto - è frutto di una scelta e
non di un destino.
Salvatore Cherchi, presidente dell’Anci, ha detto che i sindaci dei comuni
interessati dalla crisi si trovano in una situazione di trincea perché sono
privi di strumenti che consentono di fronteggiare l’emergenza. Questa assemblea
è doverosa nei confronti della Sardegna anche se non risolutiva. Per Cherchi la
controparte non è l’Eni ma è l’azionista che deve rispondere di quello che fa
l’Eni. Quindi la controparte è il governo che non si può nascondere dietro il
fatto che la società sia quotata in borsa.
E’ poi intervenuto il senatore Beppe Pisanu. Siamo una regione debole e
marginale rispetto ai grandi processi economici e finanziari che si stanno
organizzando – ha detto - per questo il modo migliore di difenderci è quello di
unire le forze e la volontà. L’unità che stiamo costruendo è facile e incerta ma
è già preziosa. Sarà meglio coltivare e far crescere questa unità nel segno del
bene comune. Vorrei dire all’on. Soru – ha aggiunto - che questa “unità bambina”
va educata con amore e non si deve prenderla a ceffoni.
Pisanu ha detto di non farsi illusioni sull’esito di questa battaglia ma che non
si può avere successo se non siamo uniti. Noi sardi dobbiamo essere uniti nel
chiedere sostegno al governo nazionale. Questa richiesta ferma deve essere
affidata al presidente Cappellacci al quale chiediamo di andare avanti con
determinazione fino al punto di contestare fermamente il governo nazionale
perché – ha sostenuto - prima viene la Sardegna poi il centrodestra. Noi non
dobbiamo essere disposti a cedere neanche di un millimetro. (R.R.)
Comunicato N° 4 - L’emergenza non deve portare alla rassegnazione
Cagliari 15 luglio 2009 – Ha quindi preso la parola il Capogruppo dei
Riformatori in Consiglio regionale Pierpaolo Vargiu, che ha ricordato che
l’incontro odierno dovrebbe essere l’occasione per prendere coscienza del
disastro esistente nell’economia e della divisione politica sarda. A fronte
della consapevolezza identitaria sarda, fa riscontro tuttavia l’incapacità della
politica trovare unità ma è capace solamente a dividersi. Quando l’ex presidente
Soru chiese alla politica sarda di sostenere compatta a Roma la vertenza delle
entrate fiscali, ottenne una risposta positiva. Oggi si sta chiedendo la
medesima cosa. E’ necessaria una zona franca della polemica politica, secondo
Vargiu, in cui su alcuni temi non vi sia divisione. Cappellacci si propone come
presidente di tutti i sardi. I Riformatori pronti alla delega, che non è però
una delega in bianco.
Quindi è intervenuto Sandro Pilleri, della UGL, che ricordando come la decisione
dell’Eni è di fatto il preludio ad una chiusura definitiva, ha sottolineato che
è necessario comprendere quali iniziative sia necessario intraprendere. La
Sardegna ha già pagato un prezzo altissimo alla delocalizzazione delle imprese
chimiche. L’Eni parla di costi alti e perdite senza parlare dei profitti fatti
nell’Isola.
Per Massimo Putzu della Confindustria occorre riprendere e difendere l’accordo
di programma. Ha ricordato che bisogna impegnare e e spendere le risorse
finanziarie entro il 2013. L’Eni è il giocatore fondamentale per garantire il
rilancio degli impianti sardi. Sono necessarie risposte rapide e certe. La
Confindustria a fare sempre la sua parte.
E’ poi intervenuta la Presidente della Provincia di Sassari Alessandra Giudici
che ha ricordato la crisi gravissima del Nord Sardegna e l’assenza di risposte
efficaci. L’allarme fortissimo oggi è per Porto Torres, un allarme non solo
economico ma anche sociale. Finora sono state lettera morta le promesse di dare
risposte alla crisi del Nord Ovest dell’Isola. La classe politica sassarese ha
mostrato grande senso di responsabilità ma non ha ancora avuto risposte e il
territorio intende giustamente reagire. Se il Presidente della Regione intende
prendere una ferma posizione su questi temi saremo al suo fianco, ha detto, a
prescindere dalle casacche politiche.
L’emergenza non deve portare alla rassegnazione, ha detto il capogruppo del Psd’Az,
Giacomo Sanna. La manifestazione dei giorni scorsi ha risvegliato gli animi ed è
emersa una volontà unitaria importante. Occorre la consapevolezza che una
riconversione del sistema produttivo non si fa dall’oggi al domani. Ma si può
partire dalle bonifiche dei siti industriali fermi e delle aree compromesse,
affidandole però non agli imprenditori di turno che giungono da fuori ma alle
imprese sarde. Occorre scegliere un nuovo modello di sviluppo e avere il
coraggio di cambiare.
Per Italo Senes dell’Api sarda, nonostante la crisi le piccole e medie imprese
stanno reagendo. Ciò che non va bene è perdere occasioni importanti come ad
esempio i vari progetti della programmazione negoziata. Occorre la forza di
rilanciare gli accordi di programma con una nuova forte vertenza.
Quindi il presidente dell’UPI, Roberto Deriu, che ha definito storica la
giornata odierna, ed ha ricordato che il declino economico si protrae ormai da
30 anni. Si tratta di una crisi strutturale a cui far fronte con riforme
strutturali. Il presidente chiede di stargli vicino in questa vertenza, ha detto
ancora, ma occorre che si costruisca un rapporto più stretto con le province, e
spiace che il presidente non abbia trovato la possibilità di incontrare l’UPI.
Comunque le province danno completa adesione alle iniziative che si
intraprenderanno per lo sviluppo sardo.
(lp)
Comunicato N° 5
Cagliari 15 luglio 2009 – Alla ripresa pomeridiana dei lavori, ha aperto gli
interventi il deputato del Pd, Guido Melis. L’apprezzamento per l’iniziativa è
stato sottolineato in esordio da Melis, che ha espresso la massima disponibilità
per ogni iniziativa utile a bloccare la decisione dell’Eni. La chimica non è
un’attività residuale, secondo il parlamentare né una monocultura produttiva. La
chimica di base ha ancora alti tassi di potenziale crescita, coinvolge altri
settori collaterali importanti, come la ricerca. Ma naturalmente non si parla
della chimica degli esordi. La chimica è un grande patrimonio industriale della
Sardegna, che con l’indotto e tutto il resto pesa per 5 o sei mila buste paga.
Non è vero che la chimica sia un’industria da relegare ora solo nel terzo mondo.
Si può comprendere la logica dell’Eni, ma non si capisce il Governo.
Per il senatore Mariano Delogu, ciò che angoscia è che si discute di posti di
lavoro, ma dietro ci sono migliaia di padri di famiglia, migliaia di madri,
migliaia di bambini su cui la decisione dell’Eni peserà. Certo la partita,
quando c’è di mezzo l’Eni, non è facile. Mi domando, ha aggiunto però Delogu, da
avvocato penalista: possibile che fra le pieghe delle migliaia di norme di legge
esistenti non sia in qualche modo configurabile come reato penale la
preannunciata chiusura di un impianto industriale con tutte le conseguenze anche
di carattere ambientale che ne conseguono?.
Per il capogruppo Idv in Consiglio, Adriano Salis, la Sardegna si trova
purtroppo sulla china di una gravissima emergenza. Il sindaco di Porto >Torres
ha in realtà avviato le procedure per denunciare i disastri prodotti dall’Eni.
Salis ha ricordato che anche se si volesse per motivi ambientali cancellare le
fabbriche chimiche in realtà non è possibile per le gravi conseguenze social.
L’accordo di programma del 1999, poi, parla chiaro: si tratta di un contratto di
natura costituzionale fra Governo e Regione.
E’ quindi intervenuto Mario Floris, consigliere regionale, leader dell’Uds, che
ha auspicato che si lascino da parte polemiche e strumentalizzazioni politiche .
Tante volte è stato denunciato il mancato mantenimento degli impegni da parte
dell’Eni. Ed i progetti alternativi alle dismissioni non sono mai decollati.
L’emergenza del settore chimico, ha ricordato Floris, incide fortemente sugli
aspetti economici e sociali, eppure in Sardegna sono presenti grossi interessi
di carattere internazionale. Se nell’emergenza immediata è indispensabile
sospendere il provvedimento dell’Eni che oltretutto è partecipato dallo Stato,
occorre tuttavia guardare alla prospettiva, ad un progetto di sviluppo basato
sulle peculiarità della Sardegna. I programmi regionale e nazionali devono
raccordarsi e tenere conto della mancanza di una vera infrastrutturazione
dell’Isola. Dai poli di eccellenza alla ricerca scientifica e tecnologica.
Occorre uscire dagli slogan e dai luoghi comuni e guardare alle cose concrete.
Per Marco Scalas, della Coldiretti, la solidarietà per i lavoratori è scontata,
ma la questione industriale che pure è gravissima deve essere affrontata di pari
passo con la questione agricola. certo non bastano agricoltura e turismo a
garantire lo sviluppo ma neppure solamente l’industria. Serve un atto di
coraggio nei confronti del Governo col quale affrontare la crisi industriale e
dell’agricoltura.
Il presidente della Commissione industria, Nicola Rassu, ha detto
pragmaticamente che non servono i discorsi ma i fatti concreti. Quando si è
uniti si è capaci di affrontare tutte le prove. Troppo comodo che oggi l’Eni,
che tanto ha lucrato dagli impianti sardi ora chiuda all’improvviso e se ne vada
.E’ un problema politico che genera un effetto a catena sull’intero sistema
produttivo sardo. Per questo si deve essere disposti se necessario di
contrastare anche il Governo.
Il rappresentante dell’Università di Sassari, Serafino Gladiali ha espresso
forte preoccupazione per l’area di Porto Torres e per tutta la Sardegna. La
chimica sarda negli anni 90 ha subito un processo di dismissioni che l’ha resa
molto redditizia ed ha reso profitti altissimi all’Eni che tuttavia a un certo
punto ha smesso di reinvestire gli utili nell’ammodernamento degli impianti
mettendoli fuori mercato. L’Eni non può adesso farsi forte di questo, ed una sua
eventuale uscita va attentamente contrattata.
Per Gianmario Garrucciu, della Confcooperative, l’epicentro del terremoto è
certamente Porto Torres, ma ad effetto domino, la crisi investe l’intero
apparato industriale regionale. Ecco perché è tanto più importante il vertice di
dopo domani a Roma. Non può accadere che l’Eni mandi a casa migliaia di
lavoratori, questo rende carico di aspettative quell’incontro.
Quindi il consigliere regionale del Pd, Marco Meloni, che ha ricordato le
ragioni per cui gli impianti sardi possono essere assai competitivi e redditivi.
Ma ormai è chiaro che l’Eni non vuole investire nella chimica, e non si capisce
perché si possa lasciar fare ad Eni ciò che vuole. Ecco perché il ritiro del
provvedimento di fermata deve essere immediato ma deve essere anche solo un
primo passo per un confronto con Eni stesso e con Governo. E’ necessaria la
coesione fra Governo e Regione, ha aggiunto Meloni, ma perché questa coesione ci
sia è necessaria anche maggiore sensibilità istituzionale. E quando Berlusconi
interviene sull’Eni perché dice gli è stato chiesto da Cappellacci, sbaglia: gli
è stato chiesto dalla Regione e dalle migliaia di lavoratori della Sardegna. Ha
quindi ricordato al Presidente in vista degli incontri di venerdì che il Tavolo
Sardegna era stato già preparato nel 2008 e una parte del lavoro è pronto.
Il dibattito prosegue.
(lp)
Comunicato N°6 - Con l’intervento del presidente della Regione
Cappellacci conclusa l’Assemblea straordinaria sulla crisi. Domani alle 10 si
riunisce il Consiglio regionale
Cagliari, 15 luglio 2009 – Con l’intervento del
Presidente della Regione Ugo Cappellacci si è conclusa l’Assemblea
straordinaria sulla crisi economica, convocata oggi , in Consiglio
regionale dalla presidente dell’Assemblea Claudia Lombardo e dal
presidente della Regione. “Sento il dovere di assicurare a questa
Assemblea – ha detto il presidente della Regione - che impegnerò
tutte le mie energie nello sforzo di rappresentare degnamente, a
partire dal tavolo istituzionale del 17 luglio, l’unità del Popolo
Sardo. Con questo non intendo declinare in alcun modo nessuna delle
responsabilità politico istituzionali che appartengono al Presidente
della Regione, ne tantomeno intendo appropriarmi di meriti che
invece vanno ascritti all’unità morale e politica dei sardi. Mi è
ben chiaro e penso sia chiaro a tutti che oggi noi non stiamo
decidendo delle fortune di una parte politica a discapito di altra,
ma del futuro di un popolo, del futuro del nostro popolo.
Il Popolo sardo in quest’ultima settimana ha ritrovato la via
dell’unità: unità nell’autonomia regionale per difendere il lavoro e
promuovere lo sviluppo della Sardegna.. Non si tratta di una
generica e indistinta unità che d’improvviso cancella tutte le
differenze politiche e mette alla pari tutte le responsabilità
sociali e istituzionali ma di una vasta spontanea e appassionata
convergenza sull’obiettivo comune di fronteggiare l’emergenza e
rilanciare lo sviluppo della Sardegna.
A questo fine - ha aggiunto il presidente della Regione - noi
riteniamo ormai non più procrastinabile la necessità di aprire un
serrato confronto con lo Stato centrale per affrontare insieme quel
complesso di nodi storico, ambientali, economici e sociali che
formano nel loro insieme la Questione Sarda. Noi non possiamo più
accettare una logica che ci vede penalizzati da decisioni assunte
all’esterno e senza la nostra partecipazione. Un popolo senza lavoro
è un popolo sottomesso e incapace di decidere del proprio futuro
perché asservito alla necessità di sopravvivere. Noi qui oggi
vogliamo riaffermare il diritto della Sardegna al proprio benessere
in condizioni di reale equità rispetto alle altre popolazioni della
Repubblica. Vogliamo dire basta,una volta per tutte,alle logiche
assistenzialistiche fatte di interventi sporadici, utili solo a
gestire le emergenze, ma senza domarle. Noi vogliamo affermare il
nostro diritto di autoregolamentazione per il governo del territorio
e per l’elaborazione e l’attuazione delle politiche di sviluppo. Lo
diciamo con la convinzione che le ragioni sulle quali è fondata la
nostra specialità all’interno dell’ordinamento regionale della
Repubblica non costituiscono un indebito privilegio ma una
irrinunciabile conquista storica. Perciò essa non ha solo una
valenza limitata alla cornice istituzionale ma è la base
costituzionale e politica per rinegoziare qualsiasi contratto
pattizio con lo Stato anche in una prospettiva federale. La
peculiare comunanza di territorio, storia, lingua, cultura,
tradizioni condivise nei millenni dai sardi ha fatto si che le
nostre aspirazioni fossero nel tempo differenti e distinte da quelle
dei popoli del continente prima, della nazione italiana in seguito.
Siamo regione nella nazione, ma con tutto il patrimonio della
sardità. Come Presidente della Sardegna rivendico a buon diritto la
totale ratifica dei principi posti a capo della specialità. Quella
nostra è una specialità che, seppure all’interno dell’unità e
indivisibilità della repubblica italiana, non può essere lasciata al
solo giudizio del legislatore costituzionale, ma deve essere fatta
propria dalle istituzioni regionali, ancora prima, dal popolo sardo.
Siamo qui anche per affermare con convinzione piena che il nostro
modello economico deve abbandonare ogni suggestione o illusione di
sviluppo monoculturale. Noi non possiamo minimamente pensare che il
futuro economico dell’Isola possa fondarsi sul turismo, anziché
sull’artigianato, sull’agricoltura anziché l’industria. Sarebbe un
errore colossale. Il sistema Sardegna al quale rivolgiamo il nostro
sguardo è fatto di Turismo e agricoltura, di Industria e
artigianato, di servizi e impresa che interagiscano proficuamente.
Non possiamo privilegiare un comparto piuttosto che un altro.
Dobbiamo invece essere capaci di ripensare la struttura economica
della nostra regione partendo dai fondamentali: capitale umano,
ambiente, energia, trasporti, infrastrutture, credito e fiscalità
per governare concretamente i processi di sviluppo. La fermata degli
impianti programmata dall’ENI appare ancor più inaccettabile,
proprio perché infierisce su un’economia già duramente provata. Non
possiamo accettare che sia un’ impresa con forte partecipazione
statale a dare il colpo di grazia alla chimica ed all’intero
apparato industriale della Sardegna.
La Sardegna non può subire un’aggressione economica di tale portata.
L’ENI non è un azienda in perdita e, peraltro, si è lungamente
giovata delle risorse umane e materiali dei sardi. Non solo, ma ha
ripetutamente sottoscritto insieme allo stato documenti molto
impegnativi a sostegno della chimica sarda; documenti, dunque, in
netto contrasto con il preannunziato arresto del cracking di
Portotorres. Sento qui il dovere di dire al governo, ma anche
all’ENI e agli stessi vertici nazionali dei sindacati e della
CONFINDUSTRIA che una simile decisione oltre ad avere effetti
devastanti sull’economia regionale produrrebbe tensioni e
lacerazioni sociali a grave rischio anche per la sicurezza e
l’ordine pubblico.
Nel dibattito, inoltre, sono intervenuti Alessandro Zotti (confartigianato)
che ha detto che è necessario ampliare gli interventi per favorire
l’internazionalizzazione delle imprese; Benedetto Sechi (lega delle
cooperative) che ha chiesto maggiore chiarezza sulle decisioni da
prendere al tavolo nazionale; Gigi Picciau (Confagricoltori) che ha
auspicato l’unità di tutte le forze sociali e politiche; Giorgio
Piras (Cia) che è convinto che solo con l’autodeterminazione del
popolo sardo si può uscire dalla crisi; Gavino Sini (Unioncamere)
che ha parlato di sfiducia nelle istituzioni da parte della gente.