CONSIGLIO REGIONALE DELLA
SARDEGNA
XIV LEGISLATURA
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La qualità dell’apprendimento è il problema principale della scuola sarda. I nostri alunni studiano poco e studiano male. Con gli istituti comprensivi che inglobano le scuole materne si realizzerà una continuità scolastica utile a valorizzare gli alunni. Lo ha detto in audizione il dirigente scolastico Pietrella. I tagli del personale saranno compensati dai pensionamenti, soprattutto per il corpo insegnante.
Cagliari, 12 maggio 2009 - Scuola sarda in affanno, ma non nella
dimensione che si vorrebbe far credere. I tagli al corpo insegnante saranno
compensati dal massiccio pensionamento (1500 docenti andranno quest’anno in
pensione. Ci sarà anche un esodo, più ridotto, di dirigenti e personale non
docente). Lo ha detto il responsabile dell’ufficio scolastico regionale, Armando
Pietrella, in audizione all’Ottava commissione (Cultura, presidente l’on.
Attilio Dedoni). Argomento di grossa attualità e di minacciosa prospettive, la
scuola sarda, ha detto l’on. Dedoni, “non trova pace”. In realtà il numero dei
dipendenti “si asciuga” (Pietrella) per la diminuzione degli alunni, che in
talune realtà è marcata. Tuttavia, tenendo conto della condizioni particolari
del territorio (in particolare nelle zone interne e nei Comuni più piccoli) sono
state autorizzate una serie di deroghe che hanno consentito la sopravvivenza
delle classi. Sono state chiuse alcune scuola, “ma col consenso dell’ente
locale”.
In questi anni di magra, tuttavia, Pietrella ha detto che la Sardegna (alla
quale, in un futuro non lontano, permeato di federalismo potrebbe essere
affidata la totale competenza, anche economica) ha iniziato un percorso virtuoso
programmando una rete scolastica di tipo diverso che, adeguando l’offerta
formativa alle previsioni di sviluppo della società e dell’economia sarda, punta
sulla continuità formativa inserendo anche le scuole dell’infanzia nel primo
ciclo (sino alla terza media) e creando un continuum di 11 anni nel quale
stabilire, “indipendentemente dall’età anagrafica e dalla classe di
appartenenza”, di apprendere i fondamentali per valorizzare la personalità del
l’alunno, che nella scuola separata era un “soggetto sconosciuto”
Il problema “grave” della scuola sarda – ha detto Pietrella – è la scarsa
qualità dell’apprendimento”. I ragazzi studiano male, studiano “meno e male”
nonostante “classi sottodimensione”, di sette, otto alunni; numero, questo, che
dovrebbe favorire una robusta didattica. L’istituto comprensivo dovrebbe aiutare
i docenti a migliorare la qualità dell’insegnamento programmandolo nel lungo
periodo.
Recentemente i sindaci alcuni paesi della Barbagia hanno chiesto risorse
aggiuntive di organico per la realizzazione del tempo pieno. Ma non si possono
mantenere classi di cinque o sei alunni, che sono chiaramente in deroga. In
questo caso – ha spiegato il responsabile dell’Ufficio scolastico – bisogna fare
i conti con le risorse che si hanno a disposizione: raggruppando le classi, si
avrebbero senza difficoltà gli insegnanti necessari al tempo pieno. Non sono
tempi di vacche grasse e bisogna fare in modo che la scuola sappia fare le
economie necessarie senza modificare il profilo didattico. Mettendo insieme due
classi rispettivamente di sei e sette alunni se ne formerebbe una di tredici,
nella quale l’attività didattica sarebbe ampiamente salvaguardata; ma si
liberebbe anche un insegnate, da destinare al tempo pieno.
Il passo avanti, nella qualità, è dato dalla istituzione degli istituti
comprensivi (in Sardegna la percentuale era più bassa della media nazionale).
“Purtroppo molti alunni finiscono la scuola dell’obbligo quasi analfabeti, non
in grado di capire o trasformare uno scritto di 25 righe” ha detto Pietrella,
riferendosi a un test di valutazione in uso. Questo standard deve esse
modificato. L sufficienza promuove ma non è adeguata al futuro scolastico.
Quanto ai tagli del personale, “pochissimi insegnanti di ruolo saranno in
soprannumero” e il budget per le supplenze annuali (precari) sarà “uguale a
quello dell’anno scorso”. Non ci dovrebbero essere preoccupazione neppure per
gli insegnanti di sostegno, nonostante l’allarme dei sindacati di cinquecento
cattedre in meno. Ma i sindacati insistono: il saldo è negativo.
Si apre, invece, una vertenza col ministro per ottenere maggiori risorse per i
presidi, il cui numero è cresciuto con la stabilizzazione di chi aveva incarico
provvisorio. Le risorse del ministero sono ferme al marzo del 2007, “quando
c’erano oltre 200 presidi in meno”. I conti quadrerebbero riducendo gli stipendi
di 400 euro, “ma io – afferma Pietrella – non lo farò”. (adel)