CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII LEGISLATURA

PROPOSTA DI LEGGE N. 427

presentata dai Consiglieri regionali 

DETTORI - PACIFICO - BALIA - DORE - MANCA - PINNA - SCANO

il 13 marzo 2003

Politiche di sostegno alla famiglia negli impegni di cura verso i figli


RELAZIONE DEI PROPONENTI

Le famiglie costituiscono il tessuto della società, il fulcro dei legami che saldano i rapporti sociali a valori comunitari e che contrastano le forti spinte dell'individualismo e dell'egoismo.

La legge regionale 25 gennaio 1988, n. 4, ha parecchi riferimenti alla famiglia come luogo degli affetti, di prevenzione e cura dei figli e come risorsa residua da utilizzare a vantaggio dell'intera comunità.

I rapidi e complessi processi di trasformazione in atto nelle moderne società, soprattutto nelle aree metropolitane, hanno determinato profondi cambiamenti anche nelle dinamiche degli affetti e delle relazioni tra i sessi e tra le generazioni.

Oggi si assiste all'emergenza di nuove e più diversificate forme di famiglia e di convivenza, e a nuovi problemi, con mutamenti nei ruoli e nei rapporti genitoriali e di coppia.

Le condizioni sociali in cui oggi i genitori allevano i figli non sembrano favorevoli. Le prospettive economiche non sono buone e molti bambini vivono in condizione di scarsa sicurezza, violenza, incuria, disgregazione familiare e disfunzioni psichiatriche.

I fenomeni di trasformazione in atto nella famiglia e nei rapporti di coppia si evincono dall'incremento costante delle separazioni e dei divorzi, dalla diffusione della cosiddette famiglie di fatto e di quelle allargate, dal maggiore impegno dei padri nel rapporto con i figli e dalla assunzione da parte loro di ruoli tipicamente materni.

I genitori di questa generazione sono accusati di essere egocentrici o molto indulgenti verso i propri figli ed in effetti il fenomeno è abbastanza oscillante. Da un lato ci si dedica troppo ai figli al fine di controbilanciare tutto ciò che si pensa di non essere in grado di fare per loro, dall'altro ci si impegna poco a causa delle tensioni tra esigenze di famiglia ed esigenze di lavoro, per la mancanza di tempo, per l'incapacità di raggiungere l'obiettivo di essere genitori perfetti.

Per molte coppie prendere la decisione di avere o non avere figli è un problema difficile, non solo in termini economici, ma soprattutto psicologici ed è perciò diventata un'operazione complessa, perché gli elementi che occorre considerare sono molti e spesso difficili.

L'arrivo di un figlio, oltre agli aspetti economici legati alla spesa, provoca una modificazione nello stile di vita, soprattutto delle donne. La riduzione dell'attività lavorativa o addirittura la rinuncia ad essa, sia pure solo temporaneamente, soprattutto in un mercato del lavoro rigido come quello sardo, appare ormai un costo economico e psicologico che le donne non sono più in grado di sopportare.

I costi per allevare figli sono elevati, mancano i servizi per l'infanzia, gli asili nido e aiuti concreti per l'allevamento dei bambini, specie quando si tratta di madri sole. Queste ultime sono al limite della povertà in quanto per lo più vivono con la famiglia di origine, non hanno un lavoro né una abitazione propria e ciò significa mancanza assoluta di autonomia.

Esiste poi il problema delle famiglie separate, accompagnato spesso da forme di conflittualità e contenzioso, che non trova intorno a sé un ambiente in grado di fornire aiuto e supporto sia in termini culturali che di offerta di servizi nuovi rispetto alla specificità che esprime.

In questo contesto quindi va inserito il servizio di mediazione familiare che trova applicazione da alcuni anni in molti Paesi europei come Inghilterra, Belgio, Francia e Norvegia nonché negli USA dove è nato nei primi anni Settanta.

La mediazione familiare si occupa prevalentemente della riorganizzazione delle relazioni familiari per quanto attiene l'esercizio della genitorialità nella separazione e nel divorzio.

Le finalità principali offerte da questo tipo di servizio riguardano l'offerta ai genitori di un contesto strutturato in cui il mediatore possa sostenere i genitori nella gestione del conflitto a vantaggio della capacità di negoziare gli accordi; l'opportunità di favorire i genitori nella ricerca delle soluzioni più adatte alla specificità della loro situazione e dei loro problemi per tutti quegli aspetti che riguardano la relazione affettiva ed educativa con i figli.

Essa si svolge in rigorosa autonomia dal contesto giudiziario e rientra nell'ambito degli interventi volti a promuovere le risorse e le competenze dei genitori e a prevenire il disagio dei minori.

Per tutte queste considerazioni occorre pensare a programmi e politiche di assistenza psicosociale e formativa per sostenere le famiglie nella cura ed educazione dei figli.

Si tratta di aiuti di natura monetaria e di servizi domiciliari e di sostegno educativo, di accoglienza, di mediazione familiare finalizzati a realizzare livelli di benessere per i singoli componenti delle famiglie sarde, tesi in modo particolare ad evitare che le madri e i padri che lavorano vivano il loro ruolo di genitori in modo stressante e angoscioso e nello stesso tempo mirati ad accrescere le responsabilità genitoriali verso i figli.

Noi crediamo che l'ente pubblico abbia il dovere di investire di più e meglio in attività e azioni di carattere preventivo, di aggregazione e interazione tra figli e genitori, che contribuiscano ad una maggiore libertà e responsabilità personale.

Ciò permetterebbe di ridurre i rischi a cui vanno incontro per esempio i figli di coppie separate, le madri sole, le famiglie multiproblematiche in cui è spesso presente l'abbandono scolastico, la piccola criminalità e allo stesso tempo si ridurrebbero i costi sostenuti dalla società per la cura ed il recupero di persone prive di identità e accompagnate da traumi e sofferenze dovuti al senso di abbandono.

I servizi sociali e sanitari si trovano ad affrontare in modo sempre più consistente dinamiche riconducibili a situazioni di carattere giudiziario o scolastico riguardanti la stessa utenza che chiede aiuto per l'insorgere dello stato di sofferenza e disagio psicosociale.

I pacchetti di azione di assistenza alle famiglie devono essere diversificati a seconda del tipo di famiglia, del reddito, del numero dei figli, dei costi per l'istruzione e la cura e dei costi per la casa.

Per la realizzazione di interventi anche di carattere residenziale e semiresidenziale si tratta di utilizzare al meglio risorse disponibili, case private di abitazione, edifici scolastici, non solo per ridurre e abbattere i costi di gestione, bensì per la costruzione e costituzione di interessi e legami tra le diverse istituzioni (famiglia-scuola) e la comunità. A tal fine è indispensabile il coordinamento, l'integrazione funzionale, dei diversi enti pubblici (Province, enti locali associati, comunità montane, ASL, provveditorato) con il privato-sociale.

TESTO DEL PROPONENTE

 

TESTO DELLA COMMISSIONE

TITOLO I
PRINCIPI GENERALI

Art. 1
Finalità

1. La Regione Sardegna, con riferimento ai princìpi stabiliti dagli articoli 30 e 31 della Costituzione, dall'articolo 1 della Legge 28 agosto 1997, n. 285, dall'articolo 5 del decreto legge 18 gennaio 1993, n. 9 convertito nella Legge 18 marzo 1993, n. 67, e dalla legge regionale n. 25 gennaio 1988, n. 4 (Riordino delle funzioni socioassistenziali), sostiene la corresponsabilità dei genitori, sugli impegni di cura ed educazione dei figli, riconoscendo l'altissima rilevanza personale e sociale della maternità e paternità.

2. Per conseguire tali finalità ed allo scopo di prevenire forme di disagio sociale e psicologico, la Regione favorisce e promuove programmi di intervento finalizzati:

a) alla diffusione dell'informazione-formazio-ne sulla responsabilità dell'essere genitore;

b) al supporto della persona singola, della famiglia e della coppia nell'assolvimento degli impegni genitoriali;

c) alla conoscenza e al sostegno dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.

   

Art. 2
Coordinamento delle politiche d'intervento

1. La Regione orienta i propri strumenti di programmazione al perseguimento delle finalità di cui all'articolo 1, potenzia le politiche del settore sociosanitario, adottando criteri tesi a garantirne il coordinamento, l'integrazione e l'unitarietà delle stesse e ne verifica l'attuazione.

2. La Regione riconosce il ruolo primario degli enti locali e dei soggetti istituzionali, del privato sociale, dell'associazionismo e del volontariato; i soggetti non istituzionali concorrono alla realizzazione degli interventi previsti dalla presente legge attraverso la stipula di convenzioni con i Comuni singoli o associati, con le Province e le Comunità montane.

3. A tal fine e secondo le modalità previste dalle leggi regionali vigenti, la Regione promuove progetti degli enti locali, delle Province, delle Comunità montane e dei soggetti privati sostenendo in particolare quelli che hanno carattere di sperimentazione e innovazione sotto il profilo dei contenuti, dell'organizzazione e delle modalità di intervento.

   

Art. 3
Interventi

1. Gli interventi previsti dalla presente legge riguardano:

a) la riorganizzazione dei servizi socio-educativi riguardanti i minori e le famiglie impegnate nella cura di essi;

b) le attività di informazione sui diritti e doveri derivanti dalla normativa in materia di tutela e assistenza alle persone e alle famiglie con minori;

c) le attività d'informazione e formazione per i genitori e i componenti della famiglia in ordine alle problematiche familiari, alle convenzioni etiche e all'integrità psico-fisica delle persone;

d) le iniziative volte a favorire le pari opportunità tra uomo e donna e a promuovere una maggiore condivisione e responsabilità da parte del padre negli impegni di cura ed educazione dei figli;

e) le attività d'informazione, di consulenza, di accoglienza alle vittime di violenza sessuale e di assistenza in favore di donne e minori che subiscono maltrattamenti;

f) la qualificazione degli interventi d'informazione, consulenza e sostegno a coppie o famiglie che hanno problemi relazionali o che sono in fase di separazione;

g) la realizzazione e il potenziamento degli interventi informativi sociali e assistenziali a sostegno della volontà procreativa e a supporto degli impegni di genitori e a favore delle detenute;

h) l'aggiornamento e la formazione degli operatori impegnati e da impegnare negli interventi concernenti la famiglia, la maternità e l'infanzia;

i) la promozione di studi, ricerche e rilevazione di dati, inerenti le materie di cui alla presente legge;

l) le iniziative informative e formative e di sensibilizzazione rivolte a genitori e a giovani coppie, al fine di sostenere la loro funzione educativa;

m) il sostegno ai servizi sociali dei Comuni e alla loro integrazione.

2. La Regione inoltre promuove una conferenza periodica sulle famiglie finalizzata all'informazione, al controllo e alla verifica delle politiche attuate in materia, alla promozione del confronto culturale, politico e istituzionale sulla tematica familiare.

   

TITOLO II
SERVIZI ALLE FAMIGLIE, ALLA DONNA
E ALL'INFANZIA.
COMPETENZE DELLA REGIONE

Art. 4
Interventi socioeducativi per la prima infanzia
e l'adolescenza

1. Nell'ambito degli interventi di cui alla lettera a), comma 1, dell'articolo 3, la Regione promuove progetti, incentiva e sostiene iniziative e sperimentazioni degli enti locali destinati alla prima infanzia e all'adolescenza e tesi a:

a) garantire modalità organizzative e di accesso ai servizi tali da consentire una frequenza diversificata e fruizioni parziali o temporanee di essi;

b) potenziare gli asili nido nel territorio, anche attraverso convenzioni con soggetti privati senza finalità di lucro;

c) attivare, anche attraverso l'utilizzo delle strutture esistenti, spazi di convitto e di aggregazione con caratteristiche ludiche, educative e culturali per bambini, genitori e adulti con bambini;

d) caratterizzare complessivamente i servizi di cui alla lettera c) come centri educativi di territorio in grado di elaborare una pluralità di prestazioni ed una più elevata cultura dell'infanzia anche attraverso il coinvolgimento dei genitori, del volontariato e della comunità locale.

   

Art. 5
Centri per le famiglie

1. Al fine di sostenere gli impegni e le responsabilità dei genitori, la Regione promuove e incentiva le iniziative delle Province rivolte all'istituzione, in via sperimentale, di centri per le famiglie aventi lo scopo di fornire informazioni e consulenza, mobilitare e raccordare risorse pubbliche e private solidaristiche, favorire iniziative sociali di aiuto.

2. I centri svolgono in particolare:

a) censimento dei bisogni e dei servizi inerenti i compiti riguardanti la cura dei bambini e l'organizzazione della vita quotidiana della famiglia, con particolare attenzione ai nuclei familiari composti da un solo genitore convivente e a quelli aventi al loro interno bambini portatori di handicap;

b) la promozione e il coordinamento delle risorse necessarie per gli scopi di cui alla lettera a);

c) la promozione di supporti organizzativi e tecnici e l'erogazione di contributi economici a favore di famiglie e gruppi che realizzano iniziative di mutuo-aiuto in ordine all'impegno di cura e di educazione dell'infanzia;

d) l'informazione in ordine alla legislazione, ai servizi e alle risorse attinenti la condizione femminile, alle pari opportunità tra uomo e donna, al diritto di famiglia, alla maternità, alla paternità, alla condizione dell'infanzia;

e) la realizzazione di iniziative promozionali di studio e ricerca sulla condizione dell'infanzia, sulla prevenzione della violenza e dei maltrattamenti contro i minori, sulla condizione femminile e delle famiglie, alla corresponsabilità dei genitori negli impegni di cura verso i figli;

f) la realizzazione di attività di consulenza legale per le coppie e i singoli in difficoltà;

g) l'istituzione di un servizio di mediazione familiare che operi al fine di prevenire o attenuare i conflitti della coppia in difficoltà o in causa di separazione e il disagio minorile presente nell'ambito familiare, sociale, scolastico o conseguente a fatti di natura penale.

   

Art. 6
Istituzione dei centri

1. Per l'istituzione dei centri di cui all'articolo 5, la Giunta regionale emana, entro un anno dalla approvazione della presente legge, apposite direttive che individuino tempi di attuazione, criteri organizzativi e le modalità di coordinamento delle attività dei centri con quelle di competenza dei consultori familiari.

2. I Comuni possono deliberare la gestione in forma associata dei centri per le famiglie secondo le modalità di cui all'articolo 24 della Legge 8 giugno 1990, n. 142; in tal caso l'attività del centro rientra tra le competenze tecnico-funzionali del servizio sociale del Comune capofila o della Provincia qualora essa sia soggetto proponente con funzioni di coordinamento e compartecipazione.

3. I Comuni singoli o associati possono, ai fini della realizzazione delle attività del centro, stipulare convenzioni con soggetti non istituzionali, associazioni, fondazioni e istituzioni private, anche a carattere cooperativo, dotate o meno di personalità giuridica, che dimostrino di essere in possesso dei seguenti requisiti:

a) rappresentanza legale nel territorio regionale;

b) assenza di scopo di lucro;

c) fini istituzionali ricompresi nelle materie di cui alla presente legge;

d) svolgimento da almeno un anno di attività di informazione, consulenza e supporto ai singoli in ordine alle tematiche di cui alle lettere d) ed e) dell'articolo 5.

   

Art. 7
Interventi per problemi relazionali di coppia
e di famiglia

1. La Regione promuove e sostiene il potenziamento degli interventi psicosociali riferiti alle problematiche relazionali nei rapporti di coppia e di convivenza familiare che individuino percorsi per la ricomposizione delle relazioni familiari in vista o a seguito di una separazione o un divorzio.

2. In tal senso le Province e gli enti locali associati, nell'ambito delle attività relative ai servizi sociali, provvedono alla qualificazione e allo sviluppo degli interventi professionali di mediazione, consulenza e sostegno, in particolare per:

a) difficoltà relazionali nei rapporti di coppia e di famiglia, anche con riferimento a problemi di maltrattamento e violenza;

b) problemi educativi relazionali di comunicazione fra genitori e figli;

c) problemi di separazione e divorzio con particolare attenzione alle esigenze dei figli nei confronti della nuova configurazione familiare e al rapporto con il genitore non convivente;

d) problematiche educative, organizzative e di accudimento, riferite a situazioni familiari monoparentali volte alla responsabilizzazione di genitori, figli, collettività.

3. Le Province predispongono, a tal fine, specifici piani di aggiornamento per gli operatori impegnati nell'attuazione degli interventi di cui al comma 2, con criteri e metodologie finalizzati al miglioramento delle competenze di consulenza relazionale e in materia di diritto di famiglia.

   

TITOLO III
INTERVENTI SOCIOASSISTENZIALI
PER LA MATERNITÀ E PER L'INFANZIA.
COMPETENZE DELLE PROVINCE
E DEI COMUNI

Art. 8
Programmazione socio-assistenziale

1. Nell'ambito del piano socioassistenziale di cui all'articolo 20 della legge regionale n. 4 del 1988, la Regione promuove il potenziamento, la qualificazione e la riorganizzazione degli interventi socioassistenziali a sostegno delle famiglie, anche di fatto, in situazioni di difficoltà sociale, degli impegni educativi e di cura del minore individuando uno specifico progetto-obiettivo "Famiglia".

2. I programmi comunali di intervento, di cui all'articolo 21 della legge regionale n. 4 del 1988, definiscono un analogo progetto-obiettivo che faccia anche riferimento ai servizi socioeducativi per l'infanzia e allo sviluppo di risorse e interventi promozionali a supporto della famiglia.

   

Art. 9
Finalità degli interventi socioassistenziali

1. In relazione agli obiettivi del piano socioassistenziale regionale, le Province e i Comuni associati attivano un sistema articolato di prestazioni socioassistenziali che assicuri il soddisfacimento delle essenziali esigenze di vita e favorisca il benessere psicofisico del bambino nel proprio ambiente familiare. 

2. Le prestazioni socioassistenziali devono tendere anche alla promozione dell'autonomia delle persone, al sostegno delle competenze di cura ed educazione dei figli e alla promozione della corresponsabilità dei genitori.

3. Al fine di realizzare le finalità di cui ai commi 1 e 2, le Province garantiscono la massima tempestività degli interventi onde evitare pregiudizio alla maternità e alla cura dei figli; promuovono l'attivazione e il coordinamento di tutte le risorse pubbliche, private, di volontariato e di mutuo aiuto impegnate per la tutela sociale della maternità e dell'infanzia, nel rispetto, in ogni caso, della dignità della persona e del diritto alla riservatezza.

   

Art. 10
Tipologia degli interventi socioassistenziali

1. Con riferimento alle finalità e alle modalità indicate nell'articolo 9, gli interventi socio assistenziali posti in essere dalle Province consistono, fra l'altro, nell'assistenza economica, nei prestiti sull'onore, nell'assistenza domiciliare a prevalente aiuto domestico, nell'assistenza di tipo socioeducativo, anche domiciliare, nella disponibilità di strutture residenziali per gestanti, donne sole o con figli e in soluzioni di accoglienza familiare.

2. L'assistenza economica consiste nella erogazione di contributi in denaro, continuativi o una tantum, in favore di gestanti in difficoltà nella prosecuzione della gravidanza, di persone sole o con figli e di famiglie con bambini, in condizione di non autonomia economica temporanea, comprensive anche di eventuali oneri per l'accesso ai sevizi socioeducativi per la prima infanzia.

3. I prestiti per l'onore consistono nella concessione, attraverso apposite convenzioni con istituti di credito, di prestiti a tasso zero secondo piani di restituzione concordati. L'onere degli interessi è a carico del soggetto erogatore; il prestito può essere concesso in presenza di situazioni temporanee di gravi difficoltà finanziarie a favore dei soggetti di cui al comma 2 ed in luogo delle erogazioni ivi previste finalizzate a dare opportunità di costruzione ed è finalizzato ad offrire l'opportunità di realizzare la propria autonomia economica e sociale.

4. L'assistenza domiciliare a prevalente aiuto domestico consiste nell'attività di aiuto a favore di famiglie con bambini, donne gestanti o madri che, per motivi sanitari, di pesante carico familiare o per problemi di tipo educativo, hanno difficoltà nell'assolvere gli impegni connessi alla vita quotidiana.

5. L'assistenza socioeducativa consiste nell'attivazione di piani di intervento in grado di garantire l'acquisizione e il miglioramento delle capacità educative dei genitori.

6. Le strutture residenziali sono finalizzate anche all'accoglienza temporanea di gestanti in difficoltà nella prosecuzione della gravidanza, di donne sole o con figli per le quali si sia resa incompatibile la permanenza nel proprio nucleo di convivenza anche a causa di maltrattamenti e violenza.

7. Le soluzioni di appoggio e ospitalità presso famiglie consistono nel ricorso a cittadini e a famiglie disponibili all'accoglienza temporanea o a forme diversificate di supporto in favore di gestanti in difficoltà nella prosecuzione della gravidanza, di donne sole o con figli con problemi di autonomia personale e di famiglie con problemi di emarginazione sociale.

   

Art. 11
Situazioni a grave difficoltà psicosociale

1. In attuazione delle finalità di cui all'articolo 10, le Province prevedono, attraverso piani di intervento, misure specifiche per situazioni personali e familiari che presentano gravi difficoltà sociali.

2. Sono considerate, tra le altre, situazioni di grave difficoltà sociale quelle in cui uno o entrambi i genitori, donne sole, gestanti o madri, presentano gravi problemi sanitari, psichiatrici, di tossicodipendenza, di grave emarginazione sociale o sono esposte a minacce di violenza o a maltrattamenti.

3. I piani di intervento, caratterizzati da una pluralità di risposte sanitarie e socioassistenziali, devono prevedere la massima tempestività dell'assistenza attraverso strumenti idonei ad evidenziare le situazioni di bisogno con rispetto, in ogni caso, della dignità della persona e del diritto alla riservatezza, previsti all'articolo 1 della Legge 31 dicembre 1996, n. 675. I piani devono inoltre prevedere un coordinamento tecnico da parte di uno dei servizi interessati.

4. Viene istituito, almeno in ogni capoluogo di Provincia, un centro di sostegno, soccorso e ospitalità per donne, anche straniere e detenute, con figli minori, vittime di violenza fisica o sessuale e maltrattamenti.

   

Art. 12
Integrazione degli interventi

1. Al fine di garantire la globalità e l'unitarietà delle prestazioni, la Provincia, nell'ambito dei compiti ad essa attribuiti dalla Legge n. 142 del 1990, assicura mediante appositi provvedimenti, l'integrazione e il coordinamento degli interventi sanitari con quelli socioassistenziali ed educativi.

2. Per la realizzazione a livello territoriale dell'integrazione di cui al comma 1, la Regione promuove e incentiva progetti sperimentali delle Province, Comuni e Aziende sanitarie locali e provvede alla ripartizione dei fondi relativi secondo le modalità stabilite nel Piano sanitario regionale e nel Piano socioassistenziale regionale.

3. I progetti di cui al comma 1 prevedono un'organizzazione coordinata dei servizi e delle attività sanitarie e socio assistenziali, educative e formative svolte a livello distrettuale e riguardanti la famiglia, la maternità e l'infanzia ed in particolare:

a) momenti unitari di programmazione e verifica delle prestazioni distrettuali sanitarie, socioassistenziali e formative;

b) tendenziale accorpamento degli interventi sanitari e socioassistenziali in una unica sede di erogazione;

c) iniziative comuni di aggiornamento professionale per gli operatori sanitari e sociali impegnati in tale ambito.

   

TITOLO IV
DISPOSIZIONI ORGANIZZATIVE

Art. 13
Esercizio delle funzioni socioassistenziali
a collocazione territoriale

1. Gli interventi di carattere sanitario sono attuati dal servizio per la procreazione libera e responsabile e per l'assistenza sanitaria alla maternità, all'infanzia, all'età evolutiva nell'ambito delle attività consultoriali.

2. Gli interventi a carattere socioassistenziale sono attuati dal servizio sociale dei Comuni e dalla Provincia.

3. Gli interventi socioassistenziali previsti dal comma 3 dell'articolo 10 sono gestiti dai Comuni singoli o associati e dalle Province nell'ambito della loro attività socioassistenziale.

   

Art. 14
Attività dei consultori familiari

1. I Comuni singoli o associati prevedono modalità di informazione e di consultazione in ordine alle attività dei consultori familiari rivolte ai cittadini, alle organizzazioni, alle associazioni, ai movimenti presenti sul territorio e impegnati nelle tematiche di cui alla presente legge.

   

Art. 15
Aggiornamento e formazione del personale

1. Con riferimento alle leggi regionali e agli accordi nazionali e locali, intercompartimentali e di comparto, sul personale del pubblico impiego, la Regione promuove l'aggiornamento del personale delle Province, dei Comuni singoli o associati impegnati nella attuazione degli obiettivi della presente legge.

2. Al riguardo la Regione promuove e incentiva progetti sperimentali di aggiornamento che rispondano alle esigenze formative connesse ai diversi settori di intervento di cui alla presente legge. A tal fine la Regione può attivare collaborazioni con l'Università e avvalersi di enti o istituti pubblici e privati, nonché di soggetti istituzionali specificamente qualificati, operanti in materia di formazione professionale

3. La Regione può inoltre dare contributi a enti o istituti pubblici e privati nonché a soggetti non istituzionali, operanti in materia di formazione, specificamente qualificati, per ricerche, studi e sperimentazioni inerenti lo sviluppo della professionalità degli operatori impegnati nella realizzazione della presente legge.

4. In relazione a quanto previsto ai commi 1 e 2 del presente articolo la Provincia definisce un programma complessivo di attività di aggiornamento, dirette o convenzionate, che preveda in modo articolato obiettivi, contenuti e metodologie formative, tempi di attuazione e individuazione dei soggetti coinvolti.

5. Le Province esercitano le funzioni di coordinamento delle attività dei Comuni singoli o associati e delle Aziende sanitarie locali.

   

Art. 17
Conferenza regionale sulle famiglie

1. Al fine di acquisire elementi utili alla elaborazione dei programmi regionali delle materie disciplinate dalla presente legge, la Giunta regionale indice periodicamente una conferenza regionale sulle famiglie cui partecipano le Province, i Comuni, le aziende sanitarie locali, le Università, i soggetti indicati al comma 3 dell'articolo 6.

2. La conferenza ha il compito di:

a) discutere la situazione delle famiglie nel territorio regionale;

b) esaminare le politiche attuate e l'attività dei servizi, con particolare attenzione ai problemi emergenti;

c) esprimere orientamenti rispetto all'aggiornamento e alla ridefinizione delle politiche regionali e nazionali sulle famiglie.

   

Art. 18
Relazioni periodiche

1. La Giunta regionale, avvalendosi del contributo delle sezioni speciali di cui all'articolo 16 della presente legge, predispone e sottopone ogni tre anni al Consiglio regionale una relazione sullo stato di attuazione della presente legge.

   

Art. 19
Norma finanziaria

1. Le spese previste per l'attuazione della presente legge sono valutate in euro 4.100.000 per l'anno 2003 ed in euro 4.600.000 per gli anni successivi.

2. Nel bilancio della Regione per gli anni 2003-2005 sono apportate le seguenti variazioni:

In diminuzione

03 - BILANCIO

UPB S03.006 - Fondo per nuovi oneri legislativi di parte corrente

Cap. 03030 - Fondo speciale per fronteggiare spese correnti dipendenti da nuove disposizioni legislative (art. 30, L.R. 5 maggio 1983, n. 11, art. 4, L.R. 15 aprile 1998, n. 11, e art. 31, comma 2, lett. b) L.R. 15 aprile 1998, n. 12)

2003              euro                    4.100.000

2004              euro                    4.600.000

2005              euro                    4.600.000

In aumento

12 - SANITA'

UPB S12.066 - Cap. 12255/01 (N.I.) - Fondo regionale per i servizi socio- assistenziali e per il finanziamento dei progetti-obiettivo (artt. 20 e 46, L.R. 25 gennaio 1998, n. 4, art. 104, L.R. 30 maggio 1989, n. 18, art, 65, L.R. 22 gennaio 1990, n. 1, art. 2, L.R. 28 settembre 1990, n. 43, L.R. 27 agosto 1992, n. 15, L.R. 1 giugno 1993, n. 25, L.R. 14 settembre 1993, n. 43, art. 11, comma 1, L.R. 26 aprile 1994, n. 27, art. 57, commi 4 e 5, L.R. 15 febbraio 1996, n. 9, art. 42, L.R. 8 marzo 1987, n. 8 art. 35, comma 1, lett. z), L.R. 9 dicembre 1997, n. 32 e art. 4, 5, 9 della presente legge)

2003              euro                  3.900.000

2004              euro                  4.200.000

2005              euro                  4.200.000

Cap. 12001/14 (N.I.) - Spese per l'aggiornamento e la formazione professionale del personale degli enti locali nelle politiche di sostegno alla famiglia (art. 15 della presente legge)

2003               euro                   300.000

2004               euro                   400.000

2005               euro                   400.000

3. Le spese previste per l'attuazione della presente legge gravano sui citati capitoli del bilancio per gli anni 2003-2005 e sui corrispondenti capitoli di bilancio per gli anni successivi.