CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII LEGISLATURA

PROPOSTA DI LEGGE N. 406

presentata dai Consiglieri regionali

LAI - FADDA - DETTORI - IBBA - DEMURU - BALIA - BIANCU - CALLEDDA - CUGINI - DEIANA - DORE - FALCONI - GIAGU - GRANELLA - MARROCU - MASIA - MORITTU - ORRU' - PACIFICO - PINNA - PIRISI - PUSCEDDU - SANNA Alberto - SANNA Emanuele - SANNA Gian Valerio - SANNA Salvatore - SCANO - SECCI - SELIS - SPISSU

il 29 gennaio 2003 

Indirizzi generali e realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali


RELAZIONE DEI PROPONENTI

La Legge 8 novembre 2000, n. 328 è stata correttamente definita legge-quadro e riforma dei servizi socio assistenziali.

Durante la tredicesima legislatura il parlamento italiano infatti ha realizzato un provvedimento atteso da oltre cento anni. Con successive modifiche ed integrazioni la Legge Crispi del 1890 ha rappresentato il riferimento per le politiche assistenziali del nostro paese. Ciò rappresentava un impedimento alla piena attuazione del principio di uguaglianza sostanziale sancito dalla Costituzione, essendo la stessa Legge del 1890 impostata secondo una logica assistenzialista e per questo lontana dall'esigenza di promuovere la persona come soggetto detentore di diritti e, quindi, come depositaria delle attenzioni di tutta la comunità.

Vi sono state nella Costituzione repubblicana fondamentali innovazioni che, nel tempo, hanno faticato a tradursi in vere realizzazioni sostanziali. La definizione di un sistema universalista di servizi, gestito attraverso un complesso apparato prevalentemente centralizzato, ha mostrato un vasto carico di inefficienze che si è tradotto in sprechi di risorse pubbliche e in progressive sperequazioni nell'accesso ai servizi: cittadini con redditi e condizioni sociali non elevate che si trovavano ad ottenere gli stessi servizi di altri cittadini i quali vivevano condizioni sociali ed economiche decisamente migliori. Si era sviluppata una consolidata pratica del fare parti uguali tra disuguali, che veniva vissuta dalle categorie più deboli come somma ingiustizia.

È stata la presa d'atto che il sistema universalista centralizzato non poteva più reggere e doveva adattarsi alle trasformazioni avvenute nell'organizzazione del lavoro. Definendo in sé il passaggio ad un'altra epoca.

La tutela dei diritti non più inserita in un percorso parallelo a quello del lavoro, ma bensì come fondamentale "riserva" della persona nelle differenti fasi della sua vita e nelle differenti condizioni, deve però prendere atto della complessità e della progressiva frammentazione del corpo sociale. Le stesse esigenze sociali si sono differenziate e sempre più spesso si parla di "nuove povertà", che riguardano non solo la sfera delle disponibilità monetarie, ma piuttosto stati dell'essere che coincidono con la crescente solitudine delle persone nell'epoca delle solidarietà minute, del venir meno delle appartenenze. La stessa coesione sociale deve perciò essere re-interpretata e per farlo è necessario promuovere la partecipazione delle risorse della società civile, nei modi e nelle forme che questa è in grado di esprimere. Per questi motivi la Legge n. 328 del 2000 istituisce un sistema integrato di interventi e servizi sociali, piuttosto che rinnovare e rimodulare un apparato centralizzato in grado di produrre servizi assistenziali attraverso provvedimenti per categorie, interventi monetari, politiche riparatorie, invece che preventive, per se stesse basate sulla filosofia del "rimedio" anziché su quella della promozione.

È stato scritto che il livello e la qualità dello sviluppo va di pari passo con i diritti sociali che una collettività è in grado di garantire. Attraverso la promozione della persona e della sua responsabilità, la legge intende distribuire su tutto il territorio nazionale una rete di garanzie e di interventi resi omogenei dalla definizione dei livelli essenziali di assistenza stabiliti dal Ministero del welfare e quindi in grado di costituire l'universalità nell'accesso alle prestazioni.

È un processo importante quello che si intende attivare con la presente proposta di legge.

Con la definizione di un percorso partecipato, gli enti locali, il terzo settore, i sindacati, gli utenti, le famiglie e le loro organizzazioni, potranno programmare una rete di servizi definita all'interno di ambiti territoriali stabiliti dalle singole municipalità in forma singola o associata, con preferenza per queste ultime, costruita secondo il metodo dei piani sociali di zona, stringendo insieme l'integrazione socio-sanitaria e prevedendo un sistema di finanziamento plurimo che non esclude le forme di autofinanziamento dei soggetti che vi partecipano.

La Sardegna con il proprio Statuto autonomo manteneva competenza propria nell'ambito dei servizi sociali, ancora prima che la Legge Costituzionale n. 3 del 2001 modificasse il titolo V della Costituzione impostando in senso federale l'intero ordinamento.

Con la legge regionale n. 4 del 1988 si impostava, secondo una filosofia fortemente innovativa, un sistema di servizi socio-assistenziali, attribuendo ai comuni la titolarità nella programmazione dei servizi sulla base degli indirizzi del piano regionale socio assistenziale. Già quella legge, prevedendo l'istituzione di un apposito registro degli istituti ed organismi privati, attivava procedure di delega al privato sociale della produzione dei servizi attraverso il metodo del "contracting out".

Lo stesso volontariato viene riconosciuto come attore fondamentale nella risposta al bisogno e nella creazione di migliori condizioni di coesione nei territori e per questo incentivato ed integrato nel sistema dei servizi sociali.

Con la presente proposta di legge si fanno salvi gli aspetti positivi della legge regionale n. 4 del 1988 e si allarga a tutta la società civile il processo di programmazione dei servizi, attraverso la progettazione sociale nei piani di zona, accentuando in questo modo il processo di integrazione fra comuni e di attenzione ai territori.

Si conferma quindi l'innovatività e la capacità anticipatrice della legge 4 del 1988 e la si innova con i principi della riforma nazionale introducendo principi di sussidiarietà orizzontali e verticali di valenza essenziale, attraverso l'organico collegamento fra gli interventi assistenziali e quelli sanitari.

Il Titolo I descrive i principi, i diritti e i compiti con la descrizione dei rispettivi doveri di istituzioni e soggetti erogatori, in relazione ai diritti esigibili dai cittadini utenti.

La proposta di legge che qui viene illustrata parte dal concetto di diritto del singolo cittadino e della famiglia, intendendo con questa precedenza una visione del sistema che pone al centro il diritto della persona, quella "riserva" esistente in base al diritto di cittadinanza, di avere condizioni di vita adeguate e diritto alla scelta del proprio tenore di assistenza.

Solo in secondo luogo la legge definisce i soggetti che hanno il compito e l'obbligo di garantire che quel diritto possa essere esercitato, in base ad una responsabilità crescente in rapporto alla vicinanza con il soggetto che ha il diritto.

Vengono così definiti i compiti dei soggetti istituzionali partendo dai comuni, passando per le province e concludendo con la regione.

I comuni hanno il compito della gestione e dell'organizzazione attraverso l'innovativo piano di zona, le province del coordinamento, la regione della programmazione generale e della definizione degli standard del sistema, al fine di garantire omogeneità e uniformità.

La novità di una regione che non spende direttamente, ma che si dedica al compito alto di programmazione e verifica, rappresenta una innovazione che anticipa un processo di cambiamento istituzionale che rafforza, nei ruoli di spesa e realizzazione, le istituzioni più vicine e verificabili dai cittadini-utenti.

Un altro elemento di novità, che raccoglie e, se possibile, rafforza gli effetti della legge nazionale, è il ruolo e il compito del terzo settore che viene chiamato alla concertazione dei piani di zona e riconosciuto, in quanto aggregazione di cittadini, come soggetto erogatore privilegiato.

Il Titolo II - Strumenti attuativi - descrive le modalità e gli strumenti di realizzazione e di attuazione del sistema integrato attraverso la definizione del finanziamento, le modalità di accreditamento, gli strumenti come la Carta dei servizi sociali, il sistema informativo, la relazione annuale e il piano regionale. Inoltre definisce e specifica lo strumento dei piani di zona, gli obiettivi, e le modalità partecipative per attuarlo. Viene data importanza ai compiti di concertazione delle politiche in capo alla regione come soggetto programmatore.

Il Titolo III - Tipologia degli interventi e dei servizi sociali - definisce il sistema integrato in termini di interventi specifici, che vengono descritti come diritto da soddisfare e nella modalità di erogazione, suddivisi in interventi e servizi di prevenzione e promozione sociale e attività socio assistenziali. Viene inoltre definito con precisione il modello di intervento dell'assistenza privata all'interno del sistema integrato.

Nel Titolo IV, il contributo del volontariato vuole essere il riconoscimento specifico dell'importanza di quella forma di intervento solidale e di gratuità che si esprime con il volontariato. La distinzione necessaria con il terzo settore è legata al fatto che il volontariato non è soggetto economico, erogatore innovativo di servizi in alternativa allo Stato e al mercato; è invece, come lo definiva il Luigi Di Liegro, profetico direttore della Caritas romana negli anni 90, lì dove lo Stato non ha ancora visto il bisogno. È anticipatore solidale e gratuito e per questo può svolgere una funzione essenziale nella formulazione dei piani di zona e nella definizione delle priorità provinciali e regionale del sistema, come nella definizione di criteri e standard minimi. Nello stesso tempo è l'origine e la radice delle forme di terzo settore che si assumono compiti di erogazione di servizi. Per questo ne va accompagnata l'evoluzione all'interno di regole certe.

Il Titolo V contiene le norme relative all'istituzione del fondo regionale per il sistema integrato, quelle per il regolamento di attuazione della legge e la norma di abrogazione della legge regionale n. 4 del 1988.

TESTO DEL PROPONENTE

 

TESTO DELLA COMMISSIONE

TITOLO I
PRINCIPI, DIRITTI E COMPITI

Art. 1
Principi generali e finalità

1. La Regione Sardegna, in applicazione dei principi costituzionali e nel quadro di un organico sistema di sicurezza sociale, teso a garantire condizioni di vita adeguate alla dignità di ogni cittadino, nonché a favorire il libero sviluppo della persona umana e la sua partecipazione sociale, culturale, politica ed economica alla vita della comunità di appartenenza, con la presente legge, provvede ad assicurare alle persone e alle famiglie l'accesso ad un sistema integrato di interventi e servizi sociali, per garantire la qualità della vita, la pari opportunità, la non discriminazione e i diritti di cittadinanza e, inoltre, per prevenire, eliminare o ridurre le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia per il proprio territorio. Disciplina, altresì, e organizza il settore dei servizi socio-assistenziali, in conformità con quanto previsto dai principi generali stabiliti dalla Legge 8 novembre 2000, n. 328.

 

 

Art. 2
Programmazione, organizzazione e gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali

1. Le funzioni di programmazione, promozione ed organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali competono ai Comuni, alle Province ed alla Regione come definito dall'articolo 6 dello Statuto della Regione Sardegna, dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dalla presente legge, secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell'amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali.

2. I Comuni, le Province e la Regione, nell'ambito delle rispettive competenze, sulla base dei principi costituzionali e dello Statuto della Regione autonoma della Sardegna, agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. Tali organismi sono definiti di seguito "terzo settore".

3. Alla gestione ed all'offerta dei servizi provvedono i cittadini tramite i soggetti del terzo settore, i soggetti privati o direttamente le stesse istituzioni competenti.

4. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha tra i suoi scopi la promozione della solidarietà sociale attraverso la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari e delle loro organizzazioni, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata.

5. La presente legge promuove la sua applicazione e la verifica dei suoi scopi attraverso la partecipazione attiva dei cittadini ed il contributo delle organizzazioni sindacali, delle associazioni sociali e di tutela degli utenti per il raggiungimento dei fini istituzionali di cui al comma 1.

 

 

Art. 3
Diritto alle prestazioni

1. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha carattere di universalità.

2. Hanno diritto di usufruire delle prestazioni e dei servizi del sistema integrato di interventi e servizi sociali i cittadini italiani e, nel rispetto degli accordi internazionali, con le modalità e nei limiti definiti dai commi successivi, anche i cittadini di Stati appartenenti all'Unione europea ed i loro familiari, nonché gli stranieri, individuati ai sensi dell'articolo 41 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

3. I soggetti in condizioni di povertà o con limitato reddito o con incapacità totale o parziale di provvedere alle proprie esigenze per inabilità di ordine fisico e psichico, con difficoltà di inserimento nella vita sociale attiva e nel mercato del lavoro, nonché i soggetti sottoposti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria che rendono necessari interventi assistenziali, accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni erogati dal sistema integrato di interventi e servizi sociali.

4. I parametri per la valutazione delle condizioni di cui al comma 3 sono definiti dai comuni, sulla base dei criteri generali stabiliti dal Piano nazionale di cui all'articolo 18 della Legge n. 328 del 2000.

5. I soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, sono tenuti a realizzare il sistema di cui alla presente legge che garantisce i livelli essenziali di prestazioni, ai sensi dell'articolo 17, e a consentire l'esercizio del diritto soggettivo a beneficiare delle prestazioni economiche di cui all'articolo 24 della Legge n. 328 del 2000, nonché delle pensioni sociali di cui all'articolo 26 della Legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, e degli assegni erogati ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della Legge 8 agosto 1995, n. 335.

6. Gli erogatori dei servizi e delle prestazioni sono tenuti, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, della Legge 7 agosto 1990, n. 241, ad informare i destinatari degli stessi sulle diverse prestazioni di cui possono usufruire, sui requisiti per l'accesso e sulle modalità di erogazione per effettuare le scelte più appropriate.

7. Hanno altresì diritto di usufruire degli interventi socio-assistenziali i profughi, gli stranieri e gli apolidi residenti nel territorio regionale, nel rispetto delle norme statali ed internazionali vigenti.

8. Gli interventi socio-assistenziali si estendono inoltre alle persone occasionalmente presenti o temporaneamente dimoranti nel territorio regionale, che si trovino in situazioni di bisogno tali da richiedere interventi non differibili e non tempestivamente attuabili dai competenti servizi delle altre Regioni o dello Stato estero di appartenenza.

9. Sono fatte salve le norme statali vigenti in materia di domicilio di soccorso.

 

 

Art. 4
Princìpi per la programmazione degli interventi e delle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali

1. Per la realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, in forma unitaria ed integrata, la Regione adotta il metodo della programmazione degli interventi e delle risorse, dell'operatività per progetti, della verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni, nonché della valutazione di impatto di genere.

2. I soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, provvedono, nell'ambito delle rispettive competenze, alla programmazione degli interventi e delle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali secondo i seguenti principi:

a) coordinamento ed integrazione con gli interventi sanitari e dell'istruzione nonché con le politiche attive del lavoro e della formazione;

b) concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, tra questi ed i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, che partecipano con proprie risorse alla realizzazione della rete, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale nonché le aziende unità sanitarie locali per le prestazioni socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria comprese nei livelli essenziali del Servizio sanitario nazionale.

3. I soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, per le finalità della presente legge, possono avvalersi degli accordi previsti dall'articolo 2, comma 203, della Legge 23 dicembre 1996, n. 662, anche al fine di garantire un'adeguata partecipazione alle iniziative ed ai finanziamenti dell'Unione Europea.

4. I Comuni, le Province e la Regione, nell'ambito delle rispettive competenze, promuovono azioni per favorire la pluralità di offerta dei servizi garantendo il diritto di scelta fra gli stessi e per consentire, in via sperimentale, su richiesta degli interessati, l'eventuale scelta di servizi sociali in alternativa alle prestazioni economiche, ad esclusione di quelle di cui all'articolo 24, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), della Legge n. 328 del 2000, nonché delle pensioni sociali di cui all'articolo 26 della Legge n. 153 del 1969, e successive modificazioni, e degli assegni erogati ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della Legge 8 agosto 1995, n. 335.

 

 

Art. 5
Compiti dei Comuni

1. I Comuni sono titolari delle funzioni amministrative concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale e concorrono alla programmazione provinciale. Tali funzioni sono esercitate dai Comuni adottando sul piano territoriale gli assetti più funzionali alla gestione, alla spesa ed al rapporto con i cittadini, secondo le modalità stabilite dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. 

2. Ai Comuni, oltre ai compiti già trasferiti a norma del decreto del Presidente della Repubblica 19 giugno 1979, n. 348, ed alle funzioni attribuite ai sensi dell'articolo 132, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, spetta, nell'ambito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli articoli 13 e 14, l'esercizio delle seguenti attività:

a) la programmazione, progettazione, realizzazione del sistema locale dei servizi sociali a rete, l'indicazione delle priorità e dei settori di innovazione attraverso la concertazione delle risorse umane e finanziarie locali, con il coinvolgimento dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 3;

b) l'erogazione dei servizi, delle prestazioni economiche ulteriori rispetto a quelle disciplinate dall'articolo 17 e dei titoli di servizio di cui all'articolo 17 della Legge n. 328 del 2000, nonché delle attività assistenziali già di competenza delle province;

c) l'autorizzazione, accreditamento e vigilanza dei servizi sociali e delle strutture a ciclo residenziale e semiresidenziale a gestione diretta o dei soggetti di cui all'articolo 2, comma 3, secondo quanto stabilito ai sensi dell'articolo 7, comma 3, lettera f);

d) la partecipazione al procedimento per l'individuazione degli ambiti territoriali, di cui all'articolo 6, comma 2, lettera a);

e) la definizione dei parametri di valutazione delle condizioni di povertà di cui all'articolo 3, comma 3, ai fini della determinazione dell'accesso prioritario alle prestazioni e ai servizi.

3. Nell'esercizio delle funzioni di cui ai commi 1 e 2 i comuni provvedono a:

a) promuovere, nell'ambito del sistema locale dei servizi sociali a rete, risorse delle collettività locali tramite forme anche innovative di collaborazione per lo sviluppo di interventi di auto-aiuto e per favorire la reciprocità tra cittadini nell'ambito della vita comunitaria;

b) collegare programmi e attività dei soggetti che operano nell'ambito di competenza, che realizzano attività volte all'integrazione sociale e le intese con le aziende unità sanitarie locali per le attività socio-sanitarie e per i piani di zona;

c) adottare strumenti per la semplificazione amministrativa e per il controllo di gestione atti a valutare l'efficienza, l'efficacia ed i risultati delle prestazioni, in base alla programmazione di cui al comma 2, lettera a);

d) coinvolgere i soggetti di cui all'articolo 2, commi 3 e 4, nella definizione dei criteri di valutazione di qualità ed efficacia dei servizi e formulare proposte ai fini della predisposizione dei programmi;

e) garantire ai cittadini i diritti di partecipazione al controllo di qualità dei servizi.

4. Nel rispetto delle modalità previste dai commi precedenti è affidato ai Comuni l'esercizio delle funzioni socio-assistenziali concernenti:

a) i servizi di accoglienza della prima infanzia;

b) la gestione dei centri di aggregazione sociale e di pronto intervento;

c) la gestione delle strutture residenziali e semi - residenziali;

d) l'erogazione degli interventi economici a qualsiasi titolo corrisposti;

e) l'erogazione degli interventi socio-assistenziali a favore dei soggetti portatori di handicap;

f) l'erogazione degli interventi socio-assistenziali a favore degli emigrati connessi con la prima sistemazione dei lavoratori emigrati di cui all'articolo 2, punto 2), della legge regionale 7 aprile 1965, n. 10, e successive modificazioni;

g) l'erogazione degli interventi per soggiorni climatici;

h) l'assistenza domiciliare a qualsiasi titolo corrisposta;

i) gli interventi previsti dall'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 19 giugno 1979, n. 348.

5. I Comuni assumono gli obblighi connessi con l'integrazione economica per le persone residenti prima del ricovero per le quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali.

6. I Comuni mantengono le funzioni a favore dei sofferenti mentali, previste dalla legge regionale 27 agosto 1992, n. 15 e dalla legge regionale 30 maggio 1997, n. 20, e degli handicappati, previste dall'articolo 92 della legge regionale 28 maggio 1985, n. 12 e successive modificazioni.

7. I Comuni mantengono le funzioni amministrative concernenti la concessione e l'erogazione dei sussidi in favore dei talassemici, degli emofilici e dei linfopatici di cui agli articoli 1, 6 e 7 della legge regionale 25 novembre 1983, n. 27, quelle relative alla concessione ed erogazione dei sussidi in favore dei nefropatici di cui agli articoli 1 e 2 della legge regionale 9 maggio 1985, n. 11, come modificata dalle leggi regionali 25 luglio 1990, n. 30 e 14 settembre 1994, n. 43 e quelle relative al pagamento delle rette di ricovero per l'assistenza residenziale a soggetti handicappati già di competenza delle Aziende USL, a seguito della revisione di trattamenti riabilitativi precedentemente in atto.

8. I Comuni assumono le funzioni in materia di minori, di cui alla Legge n. 698 del 1975.

9. I Comuni assumono le funzioni in materia di audiolesi e non vedenti.

 

 

Art. 6
Compiti delle Province

1. Le Province sono titolari nel proprio ambito di competenza e concorrono, a livello regionale, alla programmazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali per i compiti previsti dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 267 del 2000, nonché dall'articolo 132 del decreto legislativo n. 112 del 1998, secondo le modalità definite dalla Regione che coordina il ruolo delle Province in ordine:

a) alla raccolta delle conoscenze e dei dati sui bisogni e sulle risorse rese disponibili dai Comuni e da altri soggetti istituzionali presenti in ambito provinciale per concorrere all'attuazione del sistema informativo dei servizi sociali;

b) all'analisi dell'offerta assistenziale per promuovere approfondimenti mirati sui fenomeni sociali più rilevanti in ambito provinciale fornendo, su richiesta dei Comuni e degli enti locali interessati, il supporto necessario per il coordinamento degli interventi territoriali;

c) alla promozione, d'intesa con i Comuni, di iniziative di formazione con particolare riguardo alla formazione professionale di base e all'aggiornamento;

d) alla definizione e all'attuazione dei piani di zona.

2. Le Province sono inoltre titolari delle seguenti competenze:

a) la determinazione degli ambiti territoriali e delle modalità e degli strumenti per la gestione unitaria del sistema locale dei servizi sociali a rete, da realizzarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, tramite forme di concertazione con i soggetti di cui all'articolo 2. Nella determinazione degli ambiti territoriali la Provincia prevede incentivi a favore dell'esercizio associato delle funzioni sociali in ambiti territoriali che possono coincidere con i distretti sanitari già operanti, di cui all'articolo 16 della legge regionale 26 gennaio 1995, n. 5, per le prestazioni sanitarie. Allo scopo sono destinate alle Province una quota delle complessive risorse regionali destinate agli interventi previsti dalla presente legge;

b) la definizione di politiche integrate in materia di interventi sociali, ambiente, sanità, istituzioni scolastiche, avviamento al lavoro e reinserimento nelle attività lavorative, servizi del tempo libero, trasporti e comunicazioni;

c) le azioni di assistenza tecnica agli interventi sociali da parte degli enti locali;

d) la promozione della sperimentazione di modelli innovativi di servizi in grado di coordinare le risorse umane e finanziarie presenti a livello locale e di collegarsi altresì alle esperienze effettuate a livello europeo;

e) la promozione di metodi e strumenti per il controllo di gestione atti a valutare l'efficacia e l'efficienza dei servizi ed i risultati delle azioni previste;

f) la tenuta dei registri provinciali dei soggetti privati e delle altre organizzazioni che partecipano alla realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali autorizzati all'esercizio delle attività disciplinate dalla presente legge, sulla base di indicatori oggettivi di qualità;

g) l'individuazione di eventuali progetti obiettivo da definire a livello provinciale.

 

 

Art. 7
Compiti della Regione

1. La Regione esercita le funzioni di indirizzo e coordinamento a livello regionale del sistema integrato di interventi e servizi sociali, tramite la definizione delle priorità, degli standard dei servizi e delle prestazioni e la verifica della attuazione a livello territoriale. La Regione disciplina l'integrazione degli interventi sociali con quelli sanitari secondo gli indirizzi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera n), della Legge 30 novembre 1998, n. 419 e di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001.

2. Allo scopo di garantire il costante adeguamento alle esigenze delle comunità locali, la Regione indirizza (il sistema) gli interventi sociali secondo le indicazioni di cui all'articolo 3, commi 2 e 5, del decreto legislativo n. 112 del 1998, favorendo, nell'ambito delle rispettive competenze, modalità di collaborazione e azioni coordinate con gli enti locali, adottando strumenti e procedure di raccordo e di concertazione, anche permanenti, per dare luogo a forme di cooperazione, con il coinvolgimento dei soggetti di cui all'articolo 2, commi 2, 3 e 4 della presente legge.

3. Alla Regione, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo n. 112 del 1998, spetta in particolare l'esercizio delle seguenti funzioni:

a) la definizione, sulla base dei requisiti minimi fissati dallo Stato, dei criteri per l'autorizzazione, l'accreditamento e la vigilanza delle strutture e dei servizi pubblici gestiti dagli enti locali o dai soggetti di cui all'articolo 2, commi 2 e 3;

b) la definizione dei criteri per la tenuta dei registri delle organizzazioni che partecipano alla realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali autorizzati all'esercizio delle attività disciplinate dalla presente legge, sulla base di indicatori oggettivi e della definizione di standard di qualità;

c) la definizione dei requisiti di qualità per la gestione dei servizi e per la erogazione delle prestazioni;

d) la definizione dei criteri per la concessione dei titoli di servizio di cui all'articolo 17 della Legge n. 328 del 2000 da parte dei comuni, secondo i criteri generali adottati in sede nazionale ed eventualmente integrati su base regionale;

e) la definizione dei criteri per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni, sulla base dei criteri determinati ai sensi dell'articolo 18, comma 3, lettera g), della Legge n. 328 del 2000;

f) il finanziamento dei piani per la formazione e l'aggiornamento del personale addetto alle attività sociali;

g) la determinazione dei criteri per la definizione delle tariffe che i comuni sono tenuti a corrispondere ai soggetti accreditati;

h) l'esercizio dei poteri sostitutivi, secondo le modalità indicate dalla legge regionale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 112 del 1998, nei confronti degli enti locali inadempienti rispetto a quanto stabilito dagli articoli 5, comma 2, lettere a), b) e c), e 14.

4. Fermi restando i principi di cui alla Legge n. 241 del 1990, la Regione disciplina le procedure amministrative, le modalità per la presentazione dei reclami da parte degli utenti delle prestazioni sociali e l'eventuale istituzione di uffici di tutela degli utenti stessi che assicurino adeguate forme di indipendenza nei confronti degli enti erogatori.

 

 

Art. 8
Ruolo del terzo settore

1. Il terzo settore costituisce l'espressione di autorganizzazione dei cittadini, essenziale per il ruolo e la rilevanza sociale ed economica. Esso partecipa alla concertazione dei piani di zona di quelli provinciali e regionali.

2. Per favorire l'attuazione del principio di sussidiarietà, i Comuni, le Province e la Regione favoriscono, a parità di condizioni, il terzo settore nella realizzazione ed erogazione degli interventi, nei modi previsti dalla presente legge. I Comuni, le Province e la Regione inoltre valorizzano e sostengono le forme di autorganizzazione degli individui e delle famiglie e ne incentivano la partecipazione al processo di definizione del sistema di cui alla presente legge.

3. I Comuni, le Province e la Regione, nell'ambito delle risorse disponibili in base ai piani di cui agli articoli 14 e 15, promuovono azioni per il sostegno e la qualificazione dei soggetti operanti nel terzo settore anche attraverso politiche formative ed interventi per l'accesso agevolato al credito ed ai fondi dell'Unione Europea.

4. Ai fini dell'affidamento dei servizi previsti dalla presente legge, i Comuni, le Province e la Regione promuovono azioni per favorire la trasparenza e la semplificazione amministrativa. Il Regolamento di cui all'articolo 38 disciplina il ricorso a forme di aggiudicazione o negoziali che consentano ai soggetti operanti nel terzo settore la piena espressione della propria progettualità, avvalendosi di analisi e di verifiche che tengano conto della qualità e delle caratteristiche delle prestazioni offerte e della qualificazione delle risorse umane.

 

 

Art. 9
Compiti del Sistema sanitario nella integrazione dei servizi sanitari e socio assistenziali

1. Il Sistema sanitario regionale, tramite le Aziende sanitarie, opera per la massima integrazione tra i servizi sanitari, socio sanitari e socio assistenziali, sia nello svolgimento dei servizi di diretta competenza sia partecipando direttamente al sistema integrato di interventi e servizi sociali.

2. Alle aziende USL competono direttamente le funzioni socio-assistenziali concernenti:

a) la prevenzione, la cura e la riabilitazione degli stati di tossicodipendenze ed alcolismo;

b) l'assistenza sociale alla maternità, infanzia, età evolutiva ed alla famiglia, di cui alla Legge 29 luglio 1975, n. 405, ed alla legge regionale 8 marzo 1979, n. 8;

c) la riabilitazione dei soggetti portatori di handicap;

d) la riabilitazione ed il reinserimento sociale dei sofferenti mentali;

e) l'assistenza familiare e la tutela psicoaffettiva dei minori ricoverati nei presidi sanitari pubblici e privati convenzionati di cui alla legge regionale 6 settembre 1983, n. 25.

3. Le aziende USL esercitano le funzioni di cui al comma 2 secondo le modalità definite dai piani di zona di cui alla presente legge. I piani di zona stabiliscono inoltre le modalità per la verifica sulla gestione dei servizi socio - assistenziali di competenza delle aziende USL.

4. Il riparto economico tra le competenze delle aziende USL locali e quelle dei Comuni è quello stabilito da d.p.c.m. 29 novembre 2001 sui livelli essenziali di assistenza sanitaria.

5. Il comma 3 dell'articolo 1 della legge regionale n. 5 del 1995 è sostituito dal seguente: "3. Le aziende USL partecipano alla stipula dei piani di zona del sistema integrato di interventi e servizi sociali. L'Unita sanitaria locale provvede a definire un apposito capitolo del proprio bilancio da destinare ai servizi sociali di propria competenza e all'integrazione socio sanitaria".

6. Il comma 1 dell'articolo 15 della legge regionale n. 5 del 1995 è sostituito dal seguente: "6. Il direttore generale dell'azienda-USL nomina il coordinatore dei servizi socio-assistenziali entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge".

 

 

Art. 10
Sistema di finanziamento delle politiche sociali

1. La realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali si avvale di un finanziamento plurimo a cui concorrono, secondo competenze differenziate e con dotazioni finanziarie afferenti ai rispettivi bilanci, i soggetti di cui all'articolo 1, comma 3, della Legge n. 328 del 2000.

2. Sono a carico dei Comuni, singoli e associati, le spese di attivazione degli interventi e dei servizi sociali a favore della persona e della comunità.

3. La Regione, secondo le competenze trasferite ai sensi dell'articolo 132 del decreto legislativo n. 112 del 1998, provvede alla ripartizione dei finanziamenti assegnati dallo Stato alle Province. La Regione in forma sussidiaria cofinanzia, tramite le Province, interventi e servizi sociali derivanti dai provvedimenti regionali di trasferimento agli enti locali delle materie individuate dal citato articolo 132.

4. Le spese da sostenere da parte dei Comuni e delle Province sono a carico, sulla base dei piani di cui agli articoli 13 e 14, delle risorse assegnate dal Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 59, comma 44, della Legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, nonché degli autonomi stanziamenti a carico dei propri bilanci.

 

 

TITOLO II
STRUMENTI ATTUATIVI

Art. 11
Autorizzazione e accreditamento

1. L'autorizzazione delle strutture e dei servizi è rilasciata dal Comune sulla base dei criteri generali della Legge n. 328 del 2000 e del regolamento di attuazione della presente legge. Con l'autorizzazione si ottiene l'iscrizione all'apposito registro e la possibilità di erogare servizi e beni.

2. L'accreditamento, rilasciato dal Comune sulla base dei criteri generali della Legge n. 328 del 2000 e del regolamento di attuazione della presente legge, è requisito indispensabile per l'acquisto di beni e servizi da parte del Comune effettuato mediante convenzione diretta o mediante titoli di servizio. Esso richiede i requisiti ulteriori rispetto a quelli necessari all'autorizzazione e consente di programmare lo sviluppo della qualità delle prestazioni sociali e facilitare i rapporti tra i soggetti erogatori di servizi e i cittadini, i servizi e le strutture socio-assistenziali e socio-sanitarie pubbliche e private operanti in Sardegna.

3. I Comuni provvedono a concedere autorizzazioni e accreditamenti provvisori, secondo quanto stabilito dal regolamento di cui al comma 2.

4. E' requisito obbligatorio per l'accreditamento l'elaborazione ed adozione, da parte dei soggetti gestori, di una carta dei servizi che disciplini i diritti degli utenti ed i livelli di conoscenza e partecipazione da parte delle famiglie degli stessi.

5. Sulla base del regolamento di attuazione della presente legge, la Regione, nell'ambito degli indirizzi definiti dal Piano nazionale ai sensi dell'articolo 18, comma 3, lettera e), della Legge n. 328 del 2000, disciplina le modalità per il rilascio da parte dei Comuni ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 3, delle autorizzazioni alla erogazione di servizi sperimentali e innovativi, per un periodo massimo di tre anni anche in deroga ai requisiti previsti.

6. I Comuni esercitano le funzioni amministrative concernenti autorizzazione e accreditamento, vigilanza sui servizi e strutture, avvalendosi dei servizi dell'Azienda USL e delle Province mediante un apposito organismo tecnico definito nel regolamento di attuazione della presente legge.

 

 

Art. 12
Carta dei servizi sociali

1. La Regione adotta lo schema-tipo della Carta dei servizi sociali, al fine di garantire l'informazione ai cittadini, la conoscenza dei diritti e dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, le responsabilità dei soggetti erogatori dei servizi e gli elementi di tutela della qualità degli interventi.

 

 

Art. 13
Piano regionale per il sistema integrato di interventi e servizi sociali

1. La Regione, per il perseguimento degli obiettivi indicati dalla presente legge e nel rispetto di quanto stabilito dall'articolo 18 della Legge n. 328 del 2000, provvede, d'intesa con le Province, alla predisposizione di un piano pluriennale degli interventi e servizi sociali, coordinato con il piano regionale sanitario, dall'articolo 1, comma 13, del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, e dall'articolo 40 della legge regionale n. 5 del 1995 e successive modifiche e integrazioni.

2. Il piano di cui al comma 1 deve essere annualmente verificato ed aggiornato con le medesime procedure di cui al comma 3, entro il 30 settembre di ogni anno, al fine di adeguarlo alle nuove eventuali esigenze e di ricostituirne l'estensione temporale.

3. Il piano, predisposto dall'Assessore regionale competente per materia, nel rispetto dei principi stabiliti dall'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica n. 348 del 1979, è approvato con deliberazione del Consiglio regionale.

4. Il piano regionale deve obbligatoriamente contenere:

a) la specificazione degli obiettivi generali e settoriali che si intendono realizzare nel periodo di riferimento del piano pluriennale, nonché le aree socio-assistenziali oggetto di progetti-obiettivo e di azioni programmatiche;

b) i riferimenti ai dati di carattere economico e sociale;

c) l'analisi delle risorse finanziarie e del personale disponibili;

d) l'analisi dei livelli di interazione e di integrazione con i programmi ed i progetti, regionali e locali, di altri settori di intervento;

e) i criteri e gli indirizzi ai quali devono riferirsi le Province e i Comuni per la formulazione dei Piani di zona;

f) l'ammontare delle risorse finanziarie destinate, a qualsiasi titolo, ad interventi nel settore, specificando le quote rispettivamente assegnate alle Province e ai Comuni;

g) gli indici e gli standard da assumere per la ripartizione del fondo socio-assistenziale individuati in relazione alle caratteristiche del territorio ed all'entità della popolazione residente e finalizzati al riequilibrio nella distribuzione delle risorse;

h) i requisiti di qualità e le modalità di verifica dei risultati nella gestione dei servizi e nella erogazione delle prestazioni.

5. Il piano regionale per il sistema integrato di interventi e servizi sociali deve altresì specificare le forme e le modalità di coordinamento da realizzare con i servizi sanitari, educativi, culturali, scolastici e con ogni altro servizio operante nel territorio della Regione.

6. Il piano pluriennale e gli aggiornamenti annuali sono predisposti sulla base delle indicazioni, delle proposte e delle richieste avanzate dalle Province, sentiti i Comuni, singoli o associati, nonché dalle aziende USL, in relazione alle funzioni loro attribuite ai sensi della presente legge, nonché dei pareri dei soggetti del terzo settore e del privato sociale, di cui all'articolo 2, commi 3 e 4, nell'ambito della stipula degli accordi di programma attuativi dei piani di zona.

 

 

Art. 14
Piani di zona

1. I Comuni, associati negli ambiti territoriali di cui all'articolo 6, comma 2, lettera a) della presente legge, a tutela dei diritti della popolazione, provvedono, nell'ambito delle risorse disponibili, ai sensi dell'articolo 4, per gli interventi sociali e socio-sanitari, secondo le indicazioni del piano regionale di cui all'articolo 13, a definire il piano di zona che individua:

a) gli obiettivi strategici e le priorità di intervento nonché gli strumenti e i mezzi per la relativa realizzazione;

b) le modalità organizzative dei servizi, le risorse finanziarie, strutturali e professionali, i requisiti di qualità in relazione alle disposizioni regionali adottate ai sensi dell'articolo 7, comma 3, lettera c);

c) le forme di rilevazione dei dati nell'ambito del sistema informativo di cui all'articolo 16;

d) le modalità per garantire l'integrazione tra servizi e prestazioni;

e) le modalità per realizzare il coordinamento con gli organi periferici delle amministrazioni statali, con particolare riferimento all'amministrazione penitenziaria e della giustizia;

f) le modalità per la collaborazione dei servizi territoriali con i soggetti operanti nell'ambito della solidarietà sociale a livello locale e con le altre risorse della comunità;

g) le forme di concertazione con i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2;

h) i servizi di competenza del sistema sanitario da integrarsi nel sistema degli interventi e dei servizi sociali, le modalità di erogazione e di valutazione.

2. Il piano di zona, di norma adottato attraverso accordo di programma, ai sensi dell'articolo 27 della Legge 8 giugno 1990, n. 142, e successive modificazioni, è volto a:

a) favorire la formazione di sistemi locali di intervento fondati su servizi e prestazioni complementari e flessibili, stimolando in particolare le risorse locali di solidarietà e di auto-aiuto, il ruolo delle famiglie e delle loro organizzazioni, nonché a responsabilizzare i cittadini nella programmazione e nella verifica dei servizi;

b) definire criteri di ripartizione della spesa a carico di ciascun comune, delle aziende USL e degli altri soggetti firmatari dell'accordo, prevedendo anche risorse vincolate per il raggiungimento di particolari obiettivi;

c) prevedere iniziative di formazione e di aggiornamento degli operatori finalizzate a realizzare progetti di sviluppo dei servizi.

3. All'accordo di programma di cui al comma 2, per assicurare l'adeguato coordinamento delle risorse umane e finanziarie, partecipano i soggetti di cui al comma 1 nonché i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, e le IPAB (Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza), che attraverso l'accreditamento o specifiche forme di concertazione concorrono, anche con proprie risorse, alla realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali previsto nel piano.

 

 

Art. 15
Sistema informativo dei servizi sociali

1. I Comuni e le Province, con il coordinamento della Regione, costituiscono un sistema informativo dei servizi sociali per assicurare una compiuta conoscenza dei bisogni sociali, nonché dei dati e della situazione del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali. Ciò al fine di poter disporre tempestivamente di dati ed informazioni necessari alla programmazione, alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali, per la promozione e l'attivazione di progetti europei, per il coordinamento con le strutture sanitarie, formative e con le politiche del lavoro e dell'occupazione. Sono tenuti alla disponibilità di dati e informazioni tutti i soggetti che partecipano al sistema integrato di interventi e servizi sociali.

2. Gli obiettivi di cui al comma precedente sono supportati dall'Osservatorio per le politiche sociali istituito con legge regionale n. 8 del 1999 presso l'Assessorato dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale con compiti di studio, ricerca, informazione e assistenza tecnica agli enti pubblici e privati che operano nel settore. L'osservatorio opera con personale proprio o con la collaborazione di istituzioni pubbliche e organismi privati, finanziando studi e ricerche o attraverso l'assegnazione di borse di studio.

 

 

Art. 16
Rapporto annuale 

1. Il Presidente della Regione e l'Assessore competente presentano al Consiglio regionale un rapporto annuale sullo stato di attuazione della presente legge, sulla qualità delle prestazioni erogate, sui risultati acquisiti mediante gli studi e le ricerche effettuate ai sensi dell'articolo 15, sulla diffusione di fattori di rischio e sulla dinamica di fenomeni sociali di particolare rilievo nonché sul livello di sviluppo del sistema integrato a rete dei servizi sociali e del grado di coinvolgimento del terzo settore.

 

 

Art. 17
Concertazione degli interventi del sistema integrato di servizi sociali

1. I Comuni, le Province e la Regione, nelle rispettive competenze, per gli adempimenti relativi alla presente legge ed ai vari livelli territoriali, applicano il metodo della concertazione.

2. Partecipano alla concertazione i soggetti di cui all'articolo 2, commi 2 e 5, della presente legge, attraverso le proprie organizzazioni di rappresentanza.

3. Per l'integrazione dei servizi sanitari con il sistema integrato di interventi e servizi sociali, partecipano alla concertazione, ai vari livelli di competenza, le aziende USL.

 

 

Art. 18
Definizione del sistema integrato di interventi e servizi sociali e livelli essenziali delle prestazioni sociali

1. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali si realizza mediante politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure economiche, e la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l'efficacia delle risorse, nonché ad impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte.

2. Il sistema integrato di servizi sociali garantisce, qualunque sia l'organizzazione dei servizi e il territorio di riferimento, l'erogazione delle seguenti essenziali prestazioni:

a) servizio sociale professionale e segretariato sociale per informazione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari;

b) servizio di pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personali e familiari;

c) assistenza domiciliare;

d) strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociali;

e) centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario.

3. La Regione definisce le misure di contrasto della povertà, anche attraverso l'adozione di forme di reddito minimo garantito, a livello individuale o familiare, la cui erogazione è demandata ai comuni, tenuto conto di quanto stabilito nell'ambito del piano regionale degli interventi e servizi sociali.

4. Ferme restando le competenze del Servizio sanitario nazionale in materia di prevenzione, cura e riabilitazione, nonché le disposizioni in materia di integrazione socio-sanitaria di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, gli interventi di seguito indicati costituiscono il livello minimo delle prestazioni sociali erogabili sotto forma di beni e servizi secondo le caratteristiche ed i requisiti fissati dalla pianificazione, regionale e zonale, e con criterio di priorità, nei limiti delle risorse dal Fondo regionale, per gli interventi e servizi sociali, tenuto conto delle risorse ordinarie già destinate dagli enti locali alla spesa sociale:

a) misure di contrasto della povertà e di sostegno al reddito e servizi di accompagnamento, con particolare riferimento alle persone senza fissa dimora;

b) misure economiche per favorire la vita autonoma e la permanenza a domicilio di persone totalmente dipendenti o incapaci di compiere gli atti propri della vita quotidiana;

c) interventi di sostegno per i minori in situazioni di disagio tramite il sostegno al nucleo familiare di origine e l'inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare e per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza;

d) interventi per diffondere la prevenzione delle malattie sociali;

e) misure per il sostegno delle responsabilità familiari, ai sensi dell'articolo 16 della Legge n. 328 del 2000, per favorire l'armonizzazione del tempo di lavoro e di cura familiare;

f) misure di sostegno alle donne in difficoltà per assicurare i benefici disposti dal regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798, convertito dalla Legge 6 dicembre 1928, n. 2838, e dalla Legge 10 dicembre 1925, n. 2277, e loro successive modificazioni, integrazioni e norme di attuazione;

g) interventi per la piena integrazione delle persone disabili; realizzazione, per i soggetti di cui all'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, dei centri socio-riabilitativi e delle comunità-alloggio di cui all'articolo 10 della citata Legge n. 104 del 1992, e dei servizi di comunità e di accoglienza per quelli privi di sostegno familiare, nonché erogazione delle prestazioni di sostituzione temporanea delle famiglie;

h) interventi per le persone anziane e disabili per favorire la permanenza a domicilio, per l'inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare, nonché per l'accoglienza e la socializzazione presso strutture residenziali e semiresidenziali per coloro che, in ragione della elevata fragilità personale o di limitazione dell'autonomia, non siano assistibili a domicilio;

i) prestazioni integrate di tipo socio-educativo per contrastare dipendenze da droghe, alcol e farmaci, favorendo interventi di natura preventiva, di recupero e reinserimento sociale;

l) informazione e consulenza alle persone e alle famiglie per favorire la fruizione dei servizi e per promuovere iniziative di auto-aiuto.

4. Gli interventi del sistema integrato di interventi e servizi sociali di cui al comma 2, lettera c), sono realizzati, in particolare, secondo le finalità delle Leggi 4 maggio 1983, n. 184, 27 maggio 1991, n. 176, 15 febbraio 1996, n. 66, 28 agosto 1997, n. 285, 23 dicembre 1997, n. 451, 3 agosto 1998, n. 296, 31 dicembre 1998, n. 476, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, e delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, approvate con decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, nonché della Legge 5 febbraio 1992, n. 104, per i minori disabili. Ai fini di cui all'articolo 10 e per favorire la deistituzionalizzazione, i servizi e le strutture a ciclo residenziale destinati all'accoglienza dei minori devono essere organizzati esclusivamente nella forma di strutture comunitarie di tipo familiare.

 

 

TITOLO III
TIPOLOGIA DEGLI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI

PREVENZIONE E PROMOZIONE SOCIALE

Art. 19
Servizi di accoglienza per la prima infanzia

1. I servizi di accoglienza della prima infanzia integrano la funzione educativa della famiglia, concorrendo ad un armonico ed equilibrato sviluppo psico-fisico ed affettivo del bambino da 0 a 3 anni ed alla sua socializzazione. Essi operano secondo criteri di coordinamento e di raccordo con la scuola materna e con il sistema scolastico nel suo complesso.

2. Il piano regionale degli interventi e servizi sociali stabilisce:

a) le tipologie di intervento erogabili, in considerazione delle diverse realtà locali;

b) i limiti minimi e massimi di ricettività delle strutture e servizi;

c) i criteri di accettazione dei bambini;

d) le qualifiche professionali, l'entità del personale necessarie per garantire l'assistenza sanitaria e psico-pedagogica dei bambini, il livello di responsabilità e partecipazione delle famiglie alla gestione del servizio;

e) le modalità e la misura della contribuzione delle famiglie al costo dei servizi.

 

 

Art. 20
Centri di aggregazione sociale

1. I centri di aggregazione sociale promuovono iniziative ed attività di aggregazione culturale, ricreativa, sportiva e di informazione. Essi, in particolare, si configurano come strutture di sostegno e di socializzazione rivolte alla generalità degli utenti ed, in specie, agli anziani, ai minori, agli handicappati ed ai soggetti a rischio di emarginazione e costituiscono i punti d'incontro per la vita della comunità nonché le strutture di riferimento per l'assistenza domiciliare.

2. I centri possono comprendere servizi ed attività di ristoro e di segretariato sociale. Possono essere collegati con servizi a carattere culturale, scolastico, formativo e socio-sanitario.

3. L'ubicazione dei centri deve essere tale da assicurare l'integrazione con la rete delle strutture e dei servizi culturali e socio-sanitari del territorio e favorire la partecipazione alla vita di relazione.

4. Sono di competenza dei Comuni le funzioni amministrative relative alla concessione dei contributi agli enti gestori dei centri di servizi sociali disciplinate dalla Legge 17 novembre 1978, n. 68. Costituisce condizione di ammissibilità ai contributi previsti dall'articolo 2 della legge citata, l'adeguamento strutturale e funzionale dei suddetti centri alle disposizioni del precedente articolo sui centri di aggregazione sociale.

 

 

Art. 20
Centri di aggregazione sociale

1. I centri di aggregazione sociale promuovono iniziative ed attività di aggregazione culturale, ricreativa, sportiva e di informazione. Essi, in particolare, si configurano come strutture di sostegno e di socializzazione rivolte alla generalità degli utenti ed, in specie, agli anziani, ai minori, agli handicappati ed ai soggetti a rischio di emarginazione e costituiscono i punti d'incontro per la vita della comunità nonché le strutture di riferimento per l'assistenza domiciliare.

2. I centri possono comprendere servizi ed attività di ristoro e di segretariato sociale. Possono essere collegati con servizi a carattere culturale, scolastico, formativo e socio-sanitario.

3. L'ubicazione dei centri deve essere tale da assicurare l'integrazione con la rete delle strutture e dei servizi culturali e socio-sanitari del territorio e favorire la partecipazione alla vita di relazione.

4. Sono di competenza dei Comuni le funzioni amministrative relative alla concessione dei contributi agli enti gestori dei centri di servizi sociali disciplinate dalla Legge 17 novembre 1978, n. 68. Costituisce condizione di ammissibilità ai contributi previsti dall'articolo 2 della legge citata, l'adeguamento strutturale e funzionale dei suddetti centri alle disposizioni del precedente articolo sui centri di aggregazione sociale.

 

 

Art. 21
Servizi alla socializzazione dell'anziano

1. Al fine di favorire l'inserimento umano, sociale e culturale del cittadino anziano nella vita di relazione, i Comuni, nell'ambito dei piani di zona di cui all'articolo 14 della presente legge:

a) valorizzano i luoghi e le iniziative anche tradizionali di socializzazione e di contributo alla comunità, legati alle peculiarità locali;

b) promuovono intese e convenzioni per facilitare l'accesso a luoghi di ricreazione e di pubblico spettacolo, servizi culturali, servizi di pubblico trasporto ed ogni altro servizio in settori di rilevante partecipazione sociale;

c) individuano forme di impiego temporaneo degli anziani nell'ambito di attività socialmente utili, fatte salve le misure a favore dell'occupazione previste dalla legislazione statale e regionale.

 

 

Art. 22
Servizio civile delle persone anziane

1. La Regione, al fine di valorizzare il ruolo e la funzione che le persone anziane svolgono nella società, incentiva, anche tramite l'apporto delle associazioni di volontariato, la realizzazione di programmi di servizio civile delle persone anziane, con i seguenti criteri:

a) previsione delle modalità di impiego volontario delle persone anziane in attività e programmi di pubblica utilità, in relazione alle professionalità ed ai requisiti attitudinali necessari;

b) previsione di agevolazioni nella fruizione di servizi, a partire da quelli di trasporto e culturali, in relazione al tempo offerto alla comunità ed a fronte dell'attività prestata;

c) previsione di garanzie assicurative connesse allo svolgimento delle attività volontarie, contro gli infortuni e le responsabilità civili verso terzi;

d) concessione in comodato gratuito di aree o beni pubblici non utilizzati in analogia alle norme di cui alla legge regionale 13 settembre 1993, n. 39.

 

 

Art. 23
Promozione dell'inserimento lavorativo

1. I Comuni, le Province e la Regione si impegnano a promuovere l'inserimento od il reinserimento lavorativo di soggetti esposti a gravi rischi di emarginazione, con particolare riguardo ai soggetti istituzionalizzati.

2. A tale scopo gli enti di cui al comma 1 ed i soggetti del terzo settore, di cui all'articolo 2 commi 2 e 3, nell'ambito delle rispettive competenze:

a) promuovono iniziative destinate all'adeguamento delle capacità professionali in relazione alle potenzialità dei soggetti interessati ed alle esigenze del mondo del lavoro. Tali interventi sono inseriti nel piano regionale di formazione professionale.

b) promuovono e favoriscono l'inserimento lavorativo, anche a tempo parziale, erogando contributi alle imprese ed alle cooperative per l'adeguamento degli ambienti e degli strumenti di lavoro, ed assumendo, in collaborazione con queste, ogni altra iniziativa di sostegno e di incentivazione, compreso il concorso negli oneri sociali. Per le imprese artigiane e le cooperative di produzione con addetti o soci diversamente abili sono previste priorità nelle leggi regionali di incentivazione concernenti i rispettivi settori;

c) promuovono e favoriscono la costituzione di cooperative tra i soggetti di cui al comma 1;

d) assicurano, previe intese con la direzione aziendale, la presenza sul luogo di lavoro, ove si renda necessario e limitatamente al periodo indispensabile all'integrazione del soggetto nel lavoro, di operatori sociali con funzioni di supporto.

3. Per la realizzazione degli obiettivi indicati nel presente articolo le Province, nell'ambito delle proprie competenze, definiscono gli opportuni accordi con i competenti uffici dell'Amministrazione statale e regionale.

 

 

Art. 24
Vivibilità delle città

1. Per facilitare la vita di relazione dei portatori di handicap, i Comuni, nell'ambito dei piani di zona di cui all'articolo 14 della presente legge, promuovono i necessari interventi affinché gli edifici pubblici o aperti al pubblico, i mezzi di trasporto, i percorsi pedonali, le istituzioni prescolastiche, scolastiche e ricreative o comunque di interesse culturale e sociale siano costruite in conformità al decreto ministeriale 18 dicembre 1975, all'articolo 27 della Legge 10 marzo 1971, n. 118, e in osservanza della circolare del Ministero dei lavori pubblici del 16 giugno 1968, concernenti l'eliminazione delle barriere architettoniche.

2. Le amministrazioni pubbliche interessate apportano le possibili conformi varianti negli edifici costruiti o appaltanti o in via di edificazione.

3. I piani urbanistici e i regolamenti edilizi in contrasto con quanto previsto dal presente articolo dovranno essere modificati ed adeguati.

4. Per le medesime finalità di cui all'articolo precedente, i Comuni possono concedere ai soggetti con permanenti difficoltà di deambulazione contributi per l'acquisto di motoveicoli ed autovetture predisposte per la guida con patente di categoria B speciale o per il loro adattamento, in misura non superiore al 40 per cento della spesa ammissibile.

5. Il regolamento di attuazione della presente legge stabilisce:

a) l'elenco delle voci rientranti nelle spese ammissibili ai sensi del comma precedente ed i relativi criteri di valutazione;

b) i limiti di reddito per l'ammissione alla concessione dei contributi e le modalità di adeguamento annuale.

 

 

TITOLO IV
ATTIVITA' SOCIO-ASSISTENZIALI

Art. 25
Assistenza economica

1. Gli interventi socio-assistenziali di natura economica sono diretti ai singoli cittadini o ai nuclei familiari in condizioni economiche tali da non consentire il soddisfacimento dei bisogni fondamentali di vita, al fine di promuoverne l'autonomia.

2. Gli interventi possono essere eccezionali e straordinari o di carattere continuativo, sempre limitatamente al permanere della situazione di bisogno.

3. Con il regolamento di attuazione della presente legge, si definiscono le fasce di reddito e di disagio cui commisurare l'erogazione dell'assistenza economica e le modalità di adeguamento annuale.

 

 

Art. 26
Assistenza domiciliare

1. Gli interventi di assistenza domiciliare sono diretti ai cittadini ed ai nuclei familiari che, per particolari contingenze o per non completa autosufficienza, non siano in grado, anche temporaneamente, di garantire il pieno soddisfacimento delle esigenze personali e domestiche, al fine di salvaguardare l'autonomia dei cittadini e la loro permanenza all'interno del proprio nucleo familiare o nella propria residenza abituale.

2. L'assistenza domiciliare consiste in prestazioni di aiuto, da parte di personale in possesso dei requisiti di legge, per il governo della casa e per il soddisfacimento dei bisogni essenziali della persona e, se necessario, per consentire l'accesso ai servizi territoriali.

3. Gli orari, l'entità e la natura degli interventi di assistenza domiciliare debbono essere adeguati alle esigenze personali degli utenti.

4. Le prestazioni sanitarie di prevenzione, curative e riabilitative, erogate in forma coordinata od integrata, sono assicurate dai competenti servizi sanitari sulla base di protocolli stipulati dall'azienda USL territorialmente competente, con i Comuni o loro associazioni. I relativi oneri fanno carico al fondo sanitario regionale, nel rispetto delle previsioni del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001.

5. Possono inoltre essere previsti interventi di assistenza domiciliare per il supporto o la sostituzione temporanea del nucleo familiare di minori, interdetti ed inabilitati, con il consenso di chi esercita la tutela o la curatela, purché vi sia il parere favorevole della competente autorità giudiziaria.

6. I Comuni si impegnano a favorire, nel rispetto delle vigenti disposizioni di legge, la possibilità di impiego a tempo parziale del lavoratore dipendente che si occupa dell'assistenza di soggetti parzialmente o totalmente non autosufficienti facenti parte del proprio nucleo familiare.

 

 

Art. 27
Affidamento familiare dei minori

1. I Comuni esercitano le funzioni relative all'affidamento familiare dei minori previste dagli articoli 1 e seguenti della Legge n. 184 del 1983 mediante:

1) l'emanazione del provvedimento di affidamento nei casi e con le modalità indicate dall'articolo 4, commi 1 e 3, della legge citata;

2) la vigilanza sul rispetto, da parte dell'affidatario, dei doveri previsti dall'articolo 5 della medesima legge e delle altre prescrizioni contenute nel provvedimento di affidamento, informando tempestivamente l'autorità giudiziaria dei casi di inosservanza;

3) la cura dei rapporti tra la famiglia di origine e gli affidatari, anche in vista di un possibile reinserimento del minore nel nucleo familiare di provenienza;

4) l'assistenza agli affidatari, compresa l'assistenza economica necessaria per il mantenimento dell'affidato.

2. Il Comune collabora con l'autorità giudiziaria nella preparazione, selezione e scelta degli affidatari avvalendosi del servizio per le attività psico-sociali dell'azienda USL.

3. Il Regolamento di attuazione della presente legge stabilisce i criteri generali per la determinazione della misura del contributo previsto dal comma 1, lettera d), del presente articolo.

 

 

Art. 28
Affidamento familiare di anziani, tossicodipendenti, interdetti e inabilitati

1. L'affidamento presso famiglie, persone singole o comunità di tipo familiare può essere disposto anche nel caso di anziani, tossicodipendenti, interdetti giudiziali ed inabilitati i quali non possono essere adeguatamente assistiti nell'ambito della famiglia di appartenenza, purché vi sia il consenso dell'interessato o di colui che esercita la tutela o la curatela nonché - per gli interdetti e gli inabilitati - il parere favorevole della competente autorità giudiziaria.

2. Alla fattispecie di cui al comma 1 si applicano le disposizioni dell'articolo 27.

 

 

Art. 29
Modalità di cooperazione con gli organi giurisdizionali nell'assistenza a minori

1. Il Comune coadiuva la competente autorità giudiziaria, nell'esercizio delle funzioni inerenti alla tutela dei minori, mediante:

a) la segnalazione dei casi di abbandono, di maltrattamento di minori o di cattivo esercizio delle potestà parentali sotto l'aspetto materiale e morale, di disadattamento di minori, nonché di ogni altra situazione che possa essere di pregiudizio per i diritti e gli interessi dei minori;

b) la vigilanza sull'osservanza dell'obbligo, da parte degli enti di assistenza che ricoverano i minori con pernottamento, di trasmettere, ogni semestre al giudice tutelare competente per territorio, l'elenco dei minori ricoverati od assistiti corredato delle notizie richieste dall'articolo 9, comma quarto, della Legge n. 184 del 1983;

c) lo svolgimento, su richiesta dell'autorità giudiziaria, di indagini ed accertamenti di ordine psicologico e sociale ai fini dell'autorizzazione al matrimonio di minori, dell'affidamento della prole nei casi di separazione dei coniugi e di scioglimento o di dichiarazione di nullità del matrimonio, dell'esercizio della potestà dei genitori, della pronuncia di decadenza dalla potestà o di reintegrazione in essa;

d) la collaborazione per accertamenti ai fini della dichiarazione dello stato di adottabilità, dell'affidamento preadottivo e dell'adozione, ai sensi del titolo II della Legge n. 184 del 1984 .

2. Le Province stipulano, con gli organi distrettuali della Giustizia minorile, accordi contenenti le condizioni e le modalità di collaborazione alle quali i Comuni devono attenersi.

 

 

Art. 30
Centri di pronto intervento

1. I centri di pronto intervento assicurano, in attesa della individuazione degli interventi più adeguati, il soddisfacimento temporaneo dei bisogni di alloggio, nutrimento e di altri bisogni primari a favore di minori o di soggetti non autosufficienti che abbiano lasciato la famiglia o non possano comunque ricevere in essa adeguata assistenza.

2. I centri accolgono gli utenti secondo le indicazioni del piano regionale del sistema integrato di interventi e servizi sociali, senza limitazioni di età, sesso o condizioni personali.

 

 

Art. 31
Servizi residenziali tutelari

1. I servizi residenziali tutelari sono costituiti dalle comunità alloggio e dalle comunità educative e di reinserimento sociale.

2. Le comunità alloggio sono destinate ad ospitare un ristretto numero di soggetti, anche bisognosi di assistenza continuativa, che non hanno la possibilità di vivere autonomamente presso il proprio nucleo familiare e non possono essere affidati a famiglie, gruppi parafamiliari, persone singole.

3. Le comunità alloggio sono insediate in strutture abitative ubicate in zone che consentano l'inserimento sociale degli utenti ed il razionale accesso ai servizi ricreativi, culturali e socio - sanitari presenti nel territorio. Le comunità alloggio possono inoltre essere insediate - in numero non superiore a quattro - presso strutture destinate a luoghi di incontro e di socializzazione, purché sia comunque garantito il diritto alla riservatezza dei soggetti assistiti.

4. L'inserimento in comunità alloggio è limitato al perdurare delle condizioni di cui al comma 2 e non può essere disposto senza il consenso del soggetto assistito o di colui che esercita la potestà parentale, la tutela o la curatela. Può inoltre essere disposto su provvedimento dell'autorità giudiziaria 

5. Le comunità educative e di reinserimento sociale sono destinate ad ospitare soggetti - in numero adeguato alle caratteristiche della struttura ed in grado di garantire l'efficacia del servizio - che abbiano intrapreso il programma di rieducazione e riabilitazione deliberato dalla competente autorità giudiziaria e che, dovendo scontare ulteriori residui di pena, siano ammessi alle previste misure alternative e siano assoggettati alla competenza del tribunale. Possono essere ospitati anche soggetti che, avendo commesso il reato tra i diciotto e ventuno anni, siano ammessi alle previste misure alternative alla detenzione dall'ordinaria magistratura di sorveglianza, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 26 luglio 1975, n. 354.

6. La Regione, al fine di costituire la gestione di tali comunità educative e di reinserimento sociale, assicura stanziamenti e contributi per la loro costituzione e gestione, attraverso uno specifico progetto obiettivo da inserire nel Piano regionale degli interventi e servizi sociali contenente modalità e criteri che, privilegiando la professionalità, l'esperienza, la qualità da parte degli enti gestori richiedenti, assicurino la conclusione del progetto educativo elaborato.

 

 

Art. 32
Servizi residenziali per le persone anziane ed inabili

1. Le strutture di accoglienza per le persone anziane e temporaneamente o permanentemente inabili sono:

a) la residenza protetta;

b) la residenza sanitaria assistenziale.

2. La residenza protetta svolge i compiti di accoglienza già attuati dalla comunità alloggio e dalla comunità protetta. Essa accoglie un numero di utenti non superiore a 16 ospiti autosufficienti o parzialmente non autosufficienti per ogni modulo, fino ad un massimo di 64 ospiti. Nel caso di organizzazione su più moduli deve essere assicurata un'articolazione della comunità tale da consentire una soddisfacente e non massificata vita di relazione, con l'impiego di tecnologie, strutture edilizie e risorse professionali adeguate.

3. Il regolamento di attuazione della presente legge stabilisce gli standard edilizi, organizzativi e professionali adeguati, nonché le modalità e i tempi di adeguamento delle comunità alloggio e case protette esistenti e funzionanti.

4. La struttura, l'organizzazione ed il funzionamento delle residenze sanitarie assistenziali sono stabiliti dall'apposita normativa regionale sulla materia.

5. Ai Comuni fanno carico, in base alle previsioni dell'articolo 18 della presente legge ed alle risorse disponibili:

a) i costi delle rette di accoglienza nelle residenze protette delle persone anziane o inabili prive di reddito o con reddito insufficiente, tenuto conto delle risorse personali e familiari dei richiedenti e secondo le modalità stabilite dal regolamento di attuazione della presente legge;

b) la quota alberghiera di ricovero nelle residenze sanitarie assistenziali, tenuto conto delle risorse personali e familiari dei ricoverati e secondo le modalità stabilite dal regolamento di attuazione della presente legge.

 

 

Art. 33
Autorizzazione all'esercizio dei servizi residenziali e semi-residenziali

1. L'apertura e la gestione di strutture socio-assistenziali destinate a servizi residenziali e semi-residenziali è subordinata al rilascio di un'apposita autorizzazione da parte del Comune territorialmente competente.

2. Il regolamento di attuazione della presente legge stabilisce:

a) i requisiti strutturali atti a garantire le funzionalità dei servizi nonché la sicurezza degli utenti e degli operatori;

b) i livelli di prestazione e la qualificazione del personale;

c) le procedure per il rilascio, la sospensione e la revoca dell'autorizzazione.

3. Il provvedimento di autorizzazione deve essere comunque emanato entro 60 giorni dalla data della richiesta; la mancata comunicazione del parere entro il termine predetto equivale ad assenso.

4. L'autorizzazione può essere revocata per il venire meno dei requisiti di cui al comma 2, lettere a) e b). La revoca è disposta con provvedimento motivato.

5. Il Comune verifica periodicamente la permanenza delle condizioni poste a fondamento dell'autorizzazione.

6. Possono essere finanziati anche gli interventi di adeguamento, ammodernamento e ristrutturazione delle strutture socio-assistenziali già in funzione per il rispetto degli standard fissati dal piano regionale degli interventi e servizi sociali e dal regolamento di attuazione della presente legge.

 

 

TITOLO V
ALTRI SOGGETTI PARTECIPANTI AL SISTEMA INTEGRATO DI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI

Art. 34
L'assistenza privata

1. La Regione, in applicazione dei principi sanciti dall'ultimo comma dell'articolo 38 della Costituzione, s'impegna ad attuare il sistema di cui all'articolo 18 garantendo, promuovendo e coordinando l'attività dei soggetti di cui all'articolo 2, commi 2 e 3, della presente legge, che operano nell'ambito del territorio regionale.

2. I soggetti privati di cui all'articolo 2, commi 3 e 4, che intendono stabilire rapporti di collaborazione con i Comuni, singoli o associati o con le aziende USL debbono aver preventivamente ottenuto l'iscrizione nell'apposito registro.

3. I richiedenti devono presentare domanda di iscrizione al Sindaco del Comune di appartenenza dimostrando di possedere i seguenti requisiti:

a) legale rappresentanza nel territorio regionale;

b) assenza di fini di lucro;

c) livelli di prestazioni e qualificazione del personale rispondenti agli standard individuati nel regolamento di attuazione della presente legge.

4. L'iscrizione è disposta automaticamente, salvo motivata esclusione, entro 60 giorni dalla presentazione della richiesta.

5. Il Comune deve accertare il possesso dei requisiti di cui al comma 3 e trasmettere, entro 30 giorni dalla presentazione della richiesta, il relativo parere al Presidente della Provincia; la mancata comunicazione del parere entro il termine predetto equivale ad assenso.

 

 

Art. 35
Il volontariato

1. La funzione del volontariato come espressione di solidarietà sociale, momento di partecipazione dei cittadini alla vita della comunità, manifestazione di impegno civile e di pluralismo, strumento per il raggiungimento di finalità di pubblico interesse è riconosciuta dalla Costituzione e valorizzata dai soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, della presente legge.

2. All'interno dell'organizzazione dei servizi socio-assistenziali le istituzioni favoriscono l'autonoma formazione e agevolano l'impiego e lo sviluppo del volontariato.

3. Ai fini della presente legge, le attività di volontariato consistono in prestazioni libere, gratuite e senza alcun fine di lucro che, all'interno delle strutture pubbliche o mediante strutture proprie, concorrono a prevenire, rimuovere od alleviare stati di bisogno, situazioni di emarginazione e carenze fisiche, o di altro genere, attraverso adeguati interventi nell'ambito socio-assistenziale.

4. Ai fini della presente legge per organizzazione di volontariato si intende ogni organismo liberamente costituito al fine di svolgere le attività di cui al comma 3, che si avvalga in modo determinante e prevalente delle prestazioni personali volontarie e gratuite dei propri aderenti.

5. Le associazioni di volontariato si fondano, a norma di statuto, sul precipuo apporto volontario, gratuito e personale dei soci. Di norma, le prestazioni fornite non debbono configurare rapporti di dipendenza contrattuale di chi le presta, né comportare un impegno a tempo pieno. Le cariche dirigenziali delle associazioni debbono essere ricoperte a titolo gratuito.

6. Le attività di volontariato concorrono all'attivazione della politica socio-assistenziale attraverso interventi integrativi rispetto a quelli attribuiti ai soggetti istituzionalmente titolari delle funzioni e della erogazione dei servizi.

7. Qualunque prestazione di lavoro volontario, sia continuativo che discontinuo, non può costituire titolo ai fini di eventuali inserimenti lavorativi o di avanzamenti di carriera.

 

 

Art. 36
Ruolo del volontariato

1. La partecipazione delle associazioni di volontariato alla programmazione e a tutte le altre attività concernenti il sistema integrato di interventi e servizi sociali si attua nel rispetto dei principi stabiliti dalla presente legge.

2. I rapporti dei Comuni, singoli o associati, nonché delle aziende USL con le associazioni iscritte nella sezione socio-assistenziale del registro regionale del volontariato sono regolati da convenzioni stipulate nel rispetto di quanto prescritto nel comma 3, nonché dalla partecipazione delle associazioni medesime alla predisposizione dei piani di zona di cui all'articolo 15, ed alla stipula del conseguente accordo di programma.

3. Le convenzioni, che fanno parte integrante dell'accordo di programma di cui al comma precedente, debbono prevedere:

a) il numero degli aderenti all'organizzazione stipulante impegnati nell'attività che si intende svolgere;

b) il tipo di polizza assicurativa da stipularsi a favore degli aderenti di cui alla lettera a), per la copertura di tutti i rischi, anche di terzi, derivanti dalla partecipazione all'attività ;

c) le modalità di notificazione delle variazioni dell'elenco di cui alla lettera a), nonché gli eventuali limiti numerici entro i quali le variazioni possono verificarsi;

d) il nominativo dei responsabili operativi dei volontari;

e) le norme concernenti le modalità di redazione della relazione annuale sulle attività svolte dai volontari, nonché quelle concernenti la redazione e la trasmissione dei rendiconti relativi alle spese per l'assicurazione, il trasporto, il vitto ed eventualmente l'alloggio dei volontari e la relativa documentazione probatoria;

f) le somme minime e massime entro cui deve contenersi ciascuna delle voci di spesa indicate alla lettera e) ed un criterio per il loro aggiornamento;

g) gli impegni di spesa assunti dai contraenti per l'espletamento delle attività oggetto della convenzione.

4. I soggetti titolari delle funzioni socio-assistenziali possono rimborsare, su richiesta delle associazioni di volontariato, le spese vive sostenute per l'esercizio dell'attività prestata.

5. Le erogazioni finanziarie da parte dei soggetti istituzionalmente titolari delle funzioni oggetto della convenzione avvengono dietro presentazione di rendiconto. Il ricorso ad anticipazioni non può superare il venti per cento dell'onere previsto.

6. Le convenzioni debbono altresì prevedere le norme che fissano la metodologia degli interventi e regolano i rapporti operativi fra il servizio pubblico ed il volontariato, definendo fra l'altro:

a) le modalità, per i volontari, di accesso e di uso del materiale, delle sedi e della documentazione dei servizi interessati agli interventi;

b) le attrezzature date in comodato alle associazioni di volontariato;

c) le procedure per la convocazione di assemblee congiunte degli operatori volontari e dei soggetti istituzionalmente titolari delle funzioni socio-assistenziali per la valutazione delle iniziative in corso.

7. Le convenzioni dovranno essere predisposte tenendo conto dello schema-tipo previsto dal regolamento di attuazione della presente legge. 

8. Le associazioni di volontariato che ricevono rimborsi o contributi pubblici ai sensi dei precedenti commi sono tenute ad assicurare, per la durata della convenzione, la pubblicità dei propri bilanci ed il riscontro dei risultati ottenuti in relazione alle risorse impiegate.

9. I Comuni, singoli o associati, e le aziende USL sono tenuti a trasmettere alla Giunta regionale, entro il 31 gennaio di ogni anno, una relazione in merito all'incidenza delle attività di volontariato nell'attuazione dei loro programmi, nonché i dati concernenti il censimento delle risorse di volontariato presenti nei rispettivi ambiti territoriali ed una valutazione sull'attività svolta e sulla qualità delle prestazioni erogate.

 

 

TITOLO VI
IL FONDO REGIONALE PER IL SISTEMA INTEGRATO DI INTERVENTI E SERVIZI SOCIALI

Art. 37
Fondo regionale

1. La Regione, per il conseguimento delle finalità indicate nella presente legge, istituisce nel bilancio regionale un fondo denominato "Fondo regionale per il sistema integrato di interventi e servizi sociali" distinto in due diversi capitoli di spesa, di cui uno riferito alle assegnazioni statali ed uno alle risorse regionali.

2. Il fondo opera a decorrere dal termine previsto dal regolamento attuativo della presente legge.

3. In tale fondo affluiscono i fondi assegnati alla Regione Sardegna nell'ambito del Fondo nazionale di cui alla Legge n. 328 del 2000, le ulteriori risorse integrative regionali, da determinarsi in sede di approvazione del bilancio annuale di previsione e le eventuali ulteriori risorse provenienti da altri soggetti pubblici o privati.

 

 

Art. 38
Ripartizione del fondo regionale per i servizi socio-assistenziali

1. Il Fondo regionale di cui all'articolo 37 viene ripartito annualmente fra i soggetti titolari delle funzioni socio-assistenziali con decreto dell'Assessore regionale competente per materia, su conforme deliberazione della Giunta regionale, previo parere della competente Commissione consiliare, tenuto conto delle indicazioni e dei criteri stabiliti nel piano regionale.

2. Il piano di ripartizione annuale indica specificatamente le quote destinate a spese di parte corrente, a spese in conto capitale nonché le quote destinate al finanziamento dei progetti obiettivo.

3. In deroga a quanto stabilito dal comma 1, le deliberazioni della Giunta regionale finalizzate alla ripartizione agli enti locali delle somme destinate a sussidi e rimborsi ai talassemici, a norma della legge regionale n. 27 del 1983, e successive modificazioni, ed ai nefropatici, a norma della legge regionale 8 maggio 1985, n. 11, e successive modificazioni, non sono soggette al parere della Commissione consiliare competente in materia di sanità e assistenza.

 

 

Art. 39
Regolamento di attuazione

1. Entro 60 giorni l'Assessore competente per materia predispone, sentita la competente commissione consiliare, il regolamento di attuazione della presente legge.

2. Il regolamento deve contenere esplicitamente:

a) gli standard di funzionalità e di organizzazione dei servizi e delle strutture socio-assistenziali;

b) le norme per la autorizzazione all'apertura e all'ampliamento delle strutture, l'accreditamento e gli strumenti attuativi della vigilanza su strutture e soggetti;

c) la definizione e la rivisitazione degli standard dei servizi e della professionalità degli operatori;

d) le norme riguardanti i servizi tutelari;

e) la tipologia di ciascun servizio e la relativa metodologia di intervento;

f) gli standard per l'attribuzione delle forme di assistenza economica e dei contributi per l'affidamento familiare di minori o di altri soggetti di cui all'articolo 27;

g) lo schema-tipo delle convenzioni con i soggetti delegati alla realizzazione ed erogazione dei servizi;

h) l'organizzazione dei registri e le relative modalità di funzionamento;

i) le modalità di erogazione del fondo per i piani di zona garantendo, in ogni caso, l'erogazione diretta dalle Province ai Comuni del 50 per cento del fondo secondo le norme di cui alla legge regionale n. 25 del 1993.

 

 

Art. 40
Abrogazione norme

1. A decorrere dalla data di adozione del regolamento di attuazione della presente legge viene abrogata la legge regionale n. 4 del 1988.