CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII LEGISLATURA

    PROPOSTA DI LEGGE NAZIONALE N. 13

presentata dai Consiglieri regionali

MASIA - BALIA - IBBA

il 13 gennaio 2003

Modifica del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, recante disposizioni sul "Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della Legge 23 ottobre 1992, n. 421" e successive integrazioni e modificazioni, e nuove norme in materia di pagamento dell'Imposta Comunale sugli Immobili (ICI) sulle aree da assoggettare a Piani attuativi nei Piani Urbanistici Comunali


RELAZIONE DEI PROPONENTI

La presente proposta di legge nazionale intende regolare il pagamento dell'Imposta Comunale sugli Immobili (ICI) sulle aree da assoggettare a Piani attuativi nei Piani Urbanistici Comunali.

Presupposto dell'imposta, istituita a decorrere dal 1993, è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività di impresa.

Ai fini dell'imposta di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, recante disposizioni sul "Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421":

a) per fabbricato si intende l'unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano, considerandosi parte integrante del fabbricato l'area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza; se il fabbricato è di nuova costruzione è soggetto all'imposta a partire dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione ovvero, se antecedente, dalla data in cui è comunque utilizzato;

b) per area fabbricabile si intende l'area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell'indennità di espropriazione per pubblica utilità (l'articolo 5 bis del decreto legislativo n. 333 del 1992 convertito nella Legge n. 359 del 1992 ha introdotto, infatti, ai fini della determinazione della indennità di espropriazione per pubblica utilità, il concetto di "edificabilità" di fatto accanto al concetto di "edificabilità di diritto o legale").

Sono considerati, tuttavia, non fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai soggetti indicati dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 504 del 1992 sui quali persiste l'utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l'esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura e all'allevamento di animali.

Il comune, su richiesta del contribuente, attesta, attraverso il cosiddetto "certificato di destinazione urbanistica", se un'area sita nel proprio territorio è fabbricabile in base ai criteri stabiliti dal decreto medesimo. Peraltro, nel caso dell'ICI, il certificato di destinazione urbanistica può non essere sufficiente, in quanto esso si limita a fotografare le destinazioni urbanistiche vigenti all'atto del rilascio del certificato stesso;

c) per terreno agricolo si intende il terreno adibito all'esercizio delle attività indicate nell'articolo 2135 del Codice Civile.

La fabbricabilità di un'area, pertanto, può risultare sia in via diretta (e cioè in considerazione del fatto che essa sia definita come tale in un piano regolatore) sia indirettamente, e cioè, pur in mancanza di un'esplicita sua destinazione alla fabbricabilità da parte degli strumenti urbanistici, in forza dell'esistenza di indici probanti nel senso della sua potenzialità edificatoria, quali, ad esempio, la sua ubicazione, le sue condizioni di accessibilità, lo sviluppo edilizio della zona, la presenza di opere di urbanizzazione, la sua adiacenza a reti viarie di collegamento con il centro abitato etc. Insomma, siamo davanti a una edificabilità di fatto derivante dalla vocazione di un'area al suo sfruttamento edilizio.

Ai fini dell'applicazione dell'ICI la nozione di edificabilità di fatto va utilizzata solo nell'ipotesi in cui l'area interessata sia priva di un piano regolatore generale o di un piano di fabbricazione, cioè quando sia assente il concetto di edificabilità di diritto.

Per quanto riguarda la fabbricabilità di diritto, cui si riferisce la presente legge, occorre segnalare come nei Piani Urbanistici Comunali le previsioni di sviluppo sono individuate attraverso zone di espansione urbana. Queste possono essere:

- zone residenziali (categoria C);

- zone industriali (categoria D);

- zone di servizi privati ovvero pubblico (categoria G);

- zone di insediamento turistico (categoria F).

Queste zone possono essere più o meno ampie, in virtù delle previsioni di sviluppo individuate dai singoli comuni e, per essere edificabili (e quindi utilizzate per l'uso cui sono destinate dallo strumento urbanistico) devono, seguendo le normative di Piano, essere assoggettate a Piani attuativi che definiranno le tipologie di intervento, gli indici fondiari, la grandezza dei lotti, l'ubicazione, le caratteristiche e le dimensioni delle reti viarie. Ma affinché le aree in questione possano essere edificabili a tutti gli effetti, secondo le previsioni del Piano Urbanistico Comunale, è necessario un altro passaggio: il Consiglio comunale darà attuazione al Piano solo in seguito alla stipula di una convenzione tra l'ente locale e il soggetto lottizzante, convenzione che garantisce il trasferimento delle aree e la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria.

Nei fatti accade però che tra l'approvazione del Piano Urbanistico Comunale e l'utilizzo di queste aree trascorrano diversi anni. La mancanza di un Piano attuativo, infatti, determina che un terreno possa essere classificato come edificabile (una classificazione di diritto che consegue dalla presenza di uno strumento regolatore) ma nei fatti non lo sia. Una discrepanza tra diritto e fatto (ma sarebbe meglio dire tra diritto e fatti) che si è verificata anche in diversi comuni della Sardegna dove si è arrivati a recedere dalle previsioni del piano urbanistico anche dopo vent'anni sulla base una diversa (e forse più corretta) interpretazione del reale fabbisogno di zone di espansione con lo sviluppo economico e con la crescita demografica.

Non sfugge, però, agli amministratori e ai cittadini proprietari di quelle aree (e neppure ai soggetti proponenti questa proposta di legge) che le nuove aliquote dell'ICI scattano dal giorno dell'approvazione del Piano urbanistico comunale.

L'imposta è determinata applicando alla base imponibile (il valore degli immobili) l'aliquota vigente nel comune (deliberata in misura non inferiore al 4 per mille, né superiore al 7 per mille e può essere diversificata entro tale limite). Ne consegue che l'imposta da pagare per le zone agricole è spesso molto bassa mentre per le aree identificate dal nuovo strumento urbanistico come zone di espansione urbana risulta essere di rilevante entità.

Molti comuni della Sardegna hanno previsto ampie zone di espansione urbana, centri di non più di 2000 abitanti con previsioni di sviluppo per 8000 abitanti, decine di ettari destinati a zone residenziali che non verranno mai utilizzati secondo la classificazione individuata dal piano urbanistico comunale. Le vittime sono quegli ignari cittadini che, allettati un tempo da ipotesi di speculazione edilizia, oggi si trovano a pagarne gli effetti negativi visto che sono costretti a versare nelle casse comunali l'imposta per un terreno che viene classificato come edificabile. Ma che, con tutta probabilità, non verrà mai edificato.

La presente proposta di legge intende riportare un po' di giustizia e di equità nell'applicazione dell'Imposta Comunale sugli Immobili, dato che nell'attuale previsione legislativa i cittadini sono spesso oggetto di inutili vessazioni da parte dei comuni. Poiché l'ICI si basa sulle rendite catastali delle aree, queste ultime devono ritenersi edifìcabili solamente dopo l'approvazione dei Piani attuativi e non al momento del via libera dei piani urbanistici comunali. Solo da quel momento si sancisce il riconoscimento di un valore diverso delle aree ottenuto anche per le urbanizzazioni rese disponibili e per l'immediata edificabilità. E solo da quel momento il contribuente dovrà pagare l'imposta prevista per un terreno classificato come edificabile.

Il valore delle aree edificabili è costituito dal valore venale in comune commercio al 1° gennaio dell'anno di imposizione, determinato avendo riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all'indice di edificabilità, alla destinazione d'uso consentita, agli oneri di eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche.

I terreni dovranno, pertanto, mantenere il valore posseduto prima dell'entrata in vigore del nuovo Piano urbanistico e la modificheranno solo quando sarà possibile ottenere la concessione a edificare, in seguito all'approvazione del Piano attuativo e alla firma delle convenzioni tra comune e lottizzanti.

Sulla base di queste premesse, la presente proposta di legge prevede, all'articolo 1, la sospensione del pagamento dell'imposta fino all'avvenuta stipula della convenzione tra ente locale e soggetto lottizzante/fino all'avvenuta approvazione del piano attuativo del PUC. In altri termini, l'articolo lascia in vita la destinazione d'uso precedente al PUC così come l'obbligo al pagamento della somma dovuta in base alla destinazione stessa. All'articolo 2 la presente proposta di legge prevede, invece, la possibilità per il contribuente che abbia ingiustamente versato l'imposta in misura superiore rispetto al dovuto (vedi art. 1) di ottenere il rimborso della somma versata e non dovuta (cui si aggiungono gli interessi nella misura legale) entro tre anni dal giorno dell'avvenuta stipula della convenzione del piano di attuazione tra l'ente locale e il soggetto lottizzante.

TESTO DEL PROPONENTE

 

TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 1
Sospensione del pagamento dell'ICI

1. All'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

"2 bis. E' prevista la sospensione del pagamento dell'imposta, quale sarebbe invece dovuta secondo la destinazione d'uso stabilita dal piano regolatore o, in assenza, sulla base dell'edificabilità di fatto, fino all'avvenuta stipula della convenzione tra ente locale e soggetto lottizzante fino all'avvenuta approvazione del relativo Piano attuativo. La sospensione del pagamento dell'imposta lascia in vita la destinazione d'uso dell'area preesistente rispetto al Piano Urbanistico Comunale; l'importo dell'imposta viene quindi determinato sulla base dell'ultima destinazione d'uso.".

   

Art. 2
Rimborso delle somme versate e non dovute

1. All'articolo 13 del decreto legislativo n. 504 del 1992, e successive modificazioni, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

"2 bis. Il contribuente può richiedere al comune al quale è stata versata l'imposta il rimborso delle somme versate e non dovute ai sensi dell'articolo 7, comma 2 bis, come novellato, entro il termine di tre anni dal giorno dell'avvenuta stipula del piano di attuazione tra l'ente locale e il soggetto lottizzante. Alle somme dovute al contribuente si aggiungono gli interessi nella misura legale.".