CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII LEGISLATURADISEGNO DI LEGGE N. 383/A
presentato dalla Giunta regionale
su proposta dell'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio, MASALA
il 18 dicembre 2002
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione
(Legge finanziaria 2003)
RELAZIONE DI MINORANZA
On.le Falconi
pervenuta il 21 febbraio 2003
I disegni di legge relativi alla manovra finanziaria 2003-2005, si presentano privi di un ragionamento strategico, di obiettivi politici precisi finalizzati alla realizzazione di un processo di sviluppo della nostra Isola, anche attraverso la qualificazione della spesa regionale.
La proposta della Giunta, pervenuta con un significativo ritardo all'esame della Commissione di merito, è priva di una adeguata concertazione con le organizzazioni datoriali, è frutto di limitati e parziali accordi con le organizzazioni sindacali, e non ha visto il coinvolgimento, nella fase preparatoria, del sistema delle autonomie locali, fatto senza precedenti nella nostra Regione, che ha mortificato il sistema istituzionale locale e ha privato la proposta legislativa di un positivo ed importante contributo delle rappresentanze elettive locali.
La disomogeneità con le dichiarazioni programmatiche del Presidente Pili si manifesta maggiormente se si rileggono alcuni tratti salienti del Documento di Programmazione Economica e Finanziaria: si è ben lontani dal tanto auspicato ciclo unico di programmazione, così come appare un lontano ricordo il più volte palesato strumento fortemente innovativo e particolarmente caro al presidente della Giunta: il project financing.
Le politiche di risanamento del bilancio regionale risultano assolutamente assenti: si raggiungerà entro il 2005 l'indebitamento massimo consentito con un rateo annuale di restituzione dei mutui contratti pari a 619 milioni di euro all'anno. Oltre c'è il collasso, la bancarotta.
Con la progressiva eliminazione dei controlli consiliari, risulta evidente la volontà di dilatare la discrezionalità della Giunta regionale nella gestione delle risorse, fra tutti la soppressione del bilancio di cassa rappresentato come un inutile fardello.
Tutto questo con la silenziosa complicità dei consiglieri della maggioranza di centrodestra.
Di tutto ciò che si annunciava in merito al processo riformatore per le politiche di sviluppo, le politiche ambientali, le politiche per le pari opportunità, le politiche di riequilibrio tra territori a diverso grado di sviluppo e per favorire la loro coesione nel contesto regionale, non esiste nella manovra di bilancio traccia alcuna.
I tagli previsti nella proposta originaria dalla Giunta per circa 320 milioni di euro (al lordo dell'inflazione) riguardavano per due terzi le attività produttive ed il lavoro, per un terzo il sistema delle Autonomie Locali.
Il maxi emendamento più volte preannunciato dalla maggioranza sui giornali, si è limitato a spalmare alcune decine di milioni di euro per lo più con consolidati criteri clientelari ad alcune amministrazioni comunali amiche ed in qualche azione mirata, quasi ad personam, senza nessun ragionamento organico, senza un equo criterio di riparto delle risorse pubbliche.
Tutto è accaduto nonostante la puntuale denuncia dei consiglieri del centrosinistra, preoccupati dalla deriva pericolosa assunta dalla manovra.
Brevemente, nel merito e per capi del disegno di legge finanziaria:
Capo I - Disposizioni di carattere finanziario e programmatico. I 7 articoli di questo primo capo evidenziano le difficoltà create da un indebitamento oramai a 5.834.636.000 di euro (sono compresi gli 83.000.000 di euro previsti dall'articolo 18, comma 1, relativi al rifinanziamento dell'articolo 19 della legge regionale n. 37 del 1998).
Il tentativo di snellimento di procedure si esaurisce con l'incauta soppressione del bilancio di cassa, la soppressione di alcune contabilità speciali (leggi 588 del 1962 e 268 del 1974, Piani di Rinascita), con l'accelerazione dei tempi nell'approvazione dei bilanci degli enti strumentali.
Con l'articolo 4 si raschia ulteriormente dai fondi di rotazione interessando fondi di leggi operative come la 51 del 1993, o la 66 del 1976, appena riapprovata dalla Commissione bilancio.
Capo II - Interventi nel settore delle opere pubbliche. Il capo che si esaurisce con i venti commi dall'articolo 8 e che tratta esclusivamente materie inerenti un solo assessorato che continua ad operare senza una legge-quadro di riferimento.
La politica nel settore dei lavori pubblici si caratterizza da sempre, maggiormente in questa proposta, in una serie di interventi disorganici e clientelari che lasciano in capo a questo assessorato scelte discrezionali che mortificano la richiesta di trasferimento finanziario trasparente al sistema delle autonomie locali. Desta inquietudine il comma 3, che autorizza un'ulteriore spesa di 5 milioni di euro per completare uno stabilimento termale interessato più volte da consistenti finanziamenti, non sempre trasparenti.
L'autorizzazione alle spese, pure opportuna, di 29 milioni di euro per l'interconnessione del sistema idrico, senza nessun ritorno alla commissione di merito, evidenzia più degli altri commi dell'articolo 8 il tentativo di questa Giunta di bypassare le prerogative di indirizzo e controllo del Consiglio Regionale.
Capo III - Disposizioni in materia di attività produttive. La profonda insoddisfazione manifestata dalle organizzazioni sindacali, e ancora più marcatamente negativa dalle organizzazioni datoriali, non hanno indotto la Giunta e la maggioranza ad un significativo cambiamento di rotta nel sostegno alle attività produttive. Gli stanziamenti previsti per le legge di incentivazioni d'impresa hanno subito un consistente ridimensionamento e riguardano i settori vitali del nostro sistema produttivo: agricoltura, industria, commercio, artigianato e turismo.
Le risorse previste a valere sulla legge regionale n. 21 del 2000 sono assolutamente insufficienti, nonostante i consistenti residui non spesi.
Per l'industria si evidenzia una contrazione di 18 milioni di euro sulle leggi regionali n. 17 del 1993 e n. 15 del 1994. Nel settore commerciale, dopo anni di totale assenza di interventi agevolativi appaiono insufficienti i fondi destinati alla legge regionale n. 9 del 2002.
Il settore dell'artigianato, dimostratosi in Sardegna in particolare vivace espansione, subisce un decremento dell'8,5 per cento rispetto all'anno precedente.
Analoga sorte al turismo, nonostante venga sempre sbandierato come panacea dei mali economici e occupazionali della Regione Sarda.
Capo IV - Disposizioni in materia di lavoro, istruzione, cultura e sistema sociosanitario. La discussione di questo capo ha evidenziato la profonda crisi che caratterizza la maggioranza di centrodestra.
La soppressione dell'articolo 14 in commissione ha cancellato anche il tentativo di migliorare l'intervento regionale nel sistema formativo.
All'articolo 15, sulle disposizioni in materia di sanità e assistenza sociale, con un ulteriore incremento dell'8 per cento rispetto all'annualità precedente, appare evidente la spesa fuori controllo nel sistema sanitario.
Capo V - Disposizioni diverse. Sulle disposizioni diverse si istituisce un capitolo con la consistente dotazione triennale di 44 milioni di euro per studi di fattibilità di obiettivi strategici enunciati nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente Pili e mai chiariti.
Le disposizioni a favore dei comuni sono caratterizzate da interventi disorganici e non sempre giustificati.
Le politiche ambientali sono richiamate esclusivamente per memoria, mentre possiamo riscontrare nell'ultimo articolo 20, nei suoi 30 commi (15 sono emendamenti della Giunta regionale e della maggioranza), un vero e proprio assalto alle casse pubbliche che oggi fanno riflettere sulla necessità di avere ogni anno una legge finanziaria con questi requisiti.
Conclusivamente appare indispensabile proporre al Consiglio profonde modifiche che qualifichino la spesa regionale.
Il centrosinistra proporrà emendamenti migliorativi che nella Commissione non ha potuto o voluto proporre, a causa dell'atteggiamento della maggioranza, rivolto unicamente a ricomporre i dissidi interni allo stesso centrodestra e all'inserimento di norme di spesa al limite della tollerabilità finanziaria e legislativa.
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