CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII LEGISLATURADISEGNO DI LEGGE N. 383/A
presentato dalla Giunta regionale
su proposta dell'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio, MASALA
il 18 dicembre 2002
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione
(Legge finanziaria 2003)
RELAZIONE DI MINORANZA
On.le COGODI
pervenuta il 25 febbraio 2003
I. Finanziaria disastrosa, maggioranza disastrata.
La proposta annuale (con proiezione triennale) di normativa finanziaria e di bilancio della Regione si usa chiamarla "manovra" proprio perché dovrebbe costituire concettualmente ed anche operativamente "il complesso delle operazioni necessarie per fare funzionare una macchina" (come da vocabolario). La "macchina" è ovviamente la Regione e le operazioni sarebbero da compiere necessariamente perché la primaria e più rilevante istituzione autonomistica sia messa in buona condizione per funzionare; cioè per cogliere pienamente le finalità pubbliche per cui esiste. Invece accade il contrario. La macchina rimane bloccata e quando è mossa viene portata nelle direzioni più disparate, improduttive e persino nocive per la società sarda. Il giudizio espresso da tutte le parti sociali, istituzionali e culturali di base (della produzione, del lavoro e dei servizi) costituisce un responso unanime di assoluta negatività sulla manovra proposta. Enti locali, sindacati dei lavoratori, associazioni di piccola e media impresa, artigiani e coltivatori, Università e Terzo settore, tutti, con diverso linguaggio, ma con identica motivazione, hanno espresso a più riprese una sostanziale riprovazione non tanto e non solo sulla entità delle risorse come partitamente distribuite, quanto piuttosto sulla qualità delle scelte d'insieme e sulla capacità della Giunta di delineare un percorso coerente ed accettabile che miri ad un vero progetto di sviluppo. Gli stessi pareri delle Commissioni consiliari di merito, al di là delle formali conclusioni, nella sostanza si esprimono negativamente in ordine alle diverse politiche di settore così come delineate nella manovra finanziaria.
L'economia sarda vive in questa fase una estrema contraddizione: conosce una relativa crescita quantitativa (che comporterà la prevedibile fuoriuscita dall'Obiettivo 1 ) e, nel contempo, è colpita pesantemente da ulteriori processi di disgregazione, di squilibrio esterno ed interno, di malessere, di crescente iniquità sul piano sociale e territoriale.
Il bilancio della Regione, anziché fungere da misura di riequilibrio (bilanciamento, appunto, dei bisogni e dei diritti sociali) opera invece come fattore di ulteriore discriminazione e come strumento di maggiore ingiustizia.
Questa manovra disastrosa è figlia di questa maggioranza politica disastrata: una maggioranza ormai divenuta "inqualificabile" rispetto ai canoni necessari dell'ordinamento democratico che implica, sì, numeri maggioritari, ma che implica nel contempo anche esercizio di responsabilità e rispetto delle regole politiche, istituzionali e morali che presiedono all'ordinato svolgimento della vita pubblica. Accade invece che alla vigilia dell'ingresso in Aula della manovra finanziaria non si sappia ancora se esista una maggioranza di governo e neppure di chi sia questa proposta di finanziaria (di quale Giunta e di quale maggioranza).
La "strategia del disordine", tristemente inaugurata dal centro-destra sin dall'avvio di questa legislatura, compie ora, verso la dirittura d'arrivo, una ulteriore, decisiva e per molti versi disastrosa accelerata. La logica perversa di tale strategia è: più cresce il disordine politico e istituzionale e meglio è per chi ha in mano gli strumenti per profittare della situazione; a coprire le magagne essi ritengono sia sufficiente la propaganda e l'uso spregiudicato dei sistemi mass-mediatici.
II. Ancora e solo bilancio di spesa. E le entrate?
Il bilancio regionale 2003 registra consistenti minore entrate e conseguenti tagli di spesa. Ciò deriva sia da riduzioni operate con la sua finanziaria dal governo nazionale (non era un "governo-amico"?) sia dalla persistente incapacità della Giunta regionale di curare anche minimamente una sana politica rivendicativa per avere riconosciuti in materia tutti i diritti di cui la Regione autonoma è istituzionalmente titolare: corretta applicazione del titolo III dello Statuto; operatività dell'art. 13 sul Piano di rinascita; rispetto dell'articolo 14 sulle proprietà immobiliari; intese istituzionali di programma; riequilibrio territoriale e settoriale, e quant'altro.
Per altro verso le entrate della Regione sono limitate anche dalla persistente carenza del gettito fiscale (base imponibile) risultante nel territorio isolano. Per diverse ragioni: a) per la debolezza strutturale della economia (a meno produzioni, meno reddito e meno transazioni corrisponde un minore gettito fiscale); b) per l'eccessiva presenza di non-lavoratori (disoccupati e inoccupati), i quali, qualora fossero percettori di reddito, sarebbero anche soggetti fiscali; c) per la nulla attività di prevenzione e controllo in materia di evasione ed elusione fiscale. La Sardegna figura, fra l'altro e da lungo tempo, ai vertici della graduatoria in materia di lavoro nero (oltre il 10% della forza-lavoro, più di 50 mila lavoratori non garantiti epperciò stesso non capaci di garantire alcun contributo fiscale).
Ben si comprende che il lassismo e l'immoralità in materia di fiscalità generale fa tutt'uno con la concezione privatistica, aziendalistica e consumistica della politica e dei servizi essenziali da garantire al cittadino (lavoro produttivo, istruzione, salute, informazione, partecipazione reale alla vita pubblica).
III. Non credito oculato - solo indebitamento cieco.
La sufficienza della base finanziaria è fattore indispensabile perché la Regione possa sostenere un progetto generale di sviluppo equilibrato e sano, di alta qualità sociale ed ambientale, di pieno utilizzo delle risorse umane e delle capacità produttive della intera società sarda. Per la reale promozione di un tale progetto di sviluppo, anche il ricorso al credito sarebbe espressione di saggezza e non di irresponsabilità: perché più occupazione, più produzione e più ricchezza distribuita vorrebbero dire anche più reddito imponibile epperciò stesso riequilibrio finanziario nello sviluppo e non più squilibrio nel sottosviluppo.
Accade invece il contrario: il governo del centro destra procede in questi anni a dilatare patologicamente l'indebitamento regionale, ma non per spese produttive quanto per emergenze e calamità (sempre più indotte da incuria e malgoverno) e da ultimo anche per sopperire ad esigenze di cassa (per ritardati trasferimenti obbligatori dello Stato). Un tale perverso meccanismo non solo indebita, ma impoverisce e avvilisce la Regione, rendendola strutturalmente incapace di provvedere alle primarie esigenze di carattere generale. E infatti di pari passo, mentre aumentano le disuguaglianze interne ed esterne, in Regione crescono esponenzialmente solo due voci: a) la spesa corrente e di apparato interno; b) le spese pubblicitarie.
a) Il costo della Regione, intesa come apparato suo proprio (spese di personale e di "funzionamento") supera abbondantemente i mille miliardi di lire/anno, la gran parte della spesa manovrabile di cui la Regione dispone. Il rischio prossimo venturo, se non viene invertita drasticamente la tendenza in atto, è quello di una Regione che consuma se stessa: di una "Regione - apparato" che espropria interamente una "Regione - comunità". L'inversione deve consistere proprio nel sostegno deciso e massiccio da accordare al lavoro produttivo, al lavoro verde, al lavoro ambientale, culturale e di servizio qualificato, al lavoro che impegna risorse per produrre ricchezza e benessere sociale generalizzato.
b) La stesse poche cose vengono chiamate nei modi più diversi: promozione, divulgazione, pubblicità istituzionale, sponsorizzazione, tutoraggio, monitoraggio, osservazione, studio e ricerca (… e tutto ciò a voler escludere il saccheggio del vocabolario inglese). Salvo pochissime epperciò ancora più lodevoli eccezioni quasi sempre si tratta di enormi bubboni nella corretta programmazione della spesa, ma anche e soprattutto nell'ordinato svolgimento della vita e della morale pubblica. Da agenzia di sviluppo la Regione è ridotta ad agenzia di pubblicità, ad agenzia immobiliare, ad agenzia commerciale, ad agenzia di convenzionamento esterno per ogni e qualsiasi attività riferibile ai suoi compiti ed alle sue funzioni.
IV. Progetto di sviluppo - Piena occupazione.
Una volta per tutte, l'impostazione del bilancio della Regione dovrebbe essere rovesciata. Non dovrebbe più dirsi: "mi ritrovo queste risorse finanziarie e prevedo di spenderle così …". Ma, al contrario: "ho censito questi bisogni sociali, ho riconosciuto questi diritti essenziali dei cittadini, ho individuato questi obiettivi giusti, epperciò destino a queste priorità le risorse di cui dispongo e rivendico le risorse che mancano e produco utilità sempre crescenti per realizzare in modo sicuro ed in tempi certi gli obiettivi di Rinascita della intera Società sarda". Allora si capirebbe meglio perché e come debbono essere eliminate dal bilancio molte spese improduttive, deve essere riqualificata la spesa, debbono essere selezionate e graduate le priorità, deve essere promossa la cooperazione internazionale, deve essere rifiutata la guerra e conquistata la pace, deve essere ricusato il "patto di stabilità" che altri hanno stipulato contro chi è in ritardo di sviluppo, perché chi è forte diventi sempre più forte e chi è debole rimanga sempre sufficientemente debole.
E ancora di più si capirebbe perché è semplicemente disdicevole:
- tentare di massacrare le politiche attive del lavoro (ipotizzando di ridurre di oltre la metà lo stanziamento annuo complessivo);
- puntare alla riduzione della spesa sociale e dei trasferimenti agli enti locali;
- indebolire le politiche di sostegno alla piccola e media impresa produttiva di beni e di servizi utili;
- assaltare i presidi di difesa dei beni comuni in campo ambientale, territoriale e culturale.
La contestazione radicale di questa finanziaria e di questa maggioranza pensa, ovviamente, ad un'altra finanziaria, ad un'altra politica, ad un altro governo, ad un'altra Regione sarda. Pensa, cioè, ad una Regione per davvero giusta e di appartenenza, alla pari, di tutti i sardi.
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