CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII LEGISLATURA

DISEGNO DI LEGGE N. 155

presentato dalla Giunta regionale

su proposta dell'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio, PITTALIS, di concerto con l'Assessore del lavoro, formazione professionale, cooperazione e sicurezza sociale, LURIDIANA

il 19 dicembre 2000

Valorizzazione e riconoscimento del volontariato sociale


RELAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE  

Il presente disegno di legge risponde alla necessità di riconoscere la crescita quantitativa, e ancor più quella qualitativa, che il volontariato ha registrato nel suo complesso da alcuni anni.

Grande è l'attenzione, anche da parte di alte cariche dello Stato, riservata al volontariato, e forte è la valenza politica che il volontariato ha assunto di fronte alle istituzionali nazionali.

Il cosiddetto "terzo settore" è costituito dall'insieme degli enti privati, formalmente costituiti, che svolgono un'attività produttiva (tipicamente di servizi: sanitari, educativi, assistenziali, ricreativi, culturali) con la finalità di servire al meglio un bisogno specifico di una categoria di utenti, anziché procurare un utile o un guadagno in conto capitale a dei proprietari.

Il dibattito sempre più intenso e l'interesse degli ultimi anni è probabilmente determinato dalla particolare congiuntura che l'Italia attraversa. L'alta incidenza del debito pubblico ed il bisogno di migliorare la qualità, l'efficienza e la quantità di molti servizi inducono a considerare sempre più necessario il passaggio da un sistema sociale esclusivamente o prevalentemente pubblico ad un sistema misto, dove accanto al servizio pubblico operino anche organizzazioni e imprese private, profit e no profit. In questo contesto al no profit viene riconosciuta una peculiarità specifica, quella di offrire qualità delle relazioni, efficienza del servizio e contributo alla costruzione di beni relazionali.

Le forme di organizzazione socioeconomica cui si fa in genere riferimento nell'ambito delle condizioni generali dell' "economia sociale", del "terzo settore" o del "terzo sistema" rappresentano oggigiorno una realtà economico - sociale tangibile. I cambiamenti strutturali dell'economia verificatisi negli ultimi due decenni hanno prodotto nuove organizzazioni del tipo di un'economia sociale creata per favorire le esigenze non soddisfatte delle persone e delle comunità locali e per compensare gli effetti della disoccupazione e dell'esclusione sociale che si fanno sentire sempre di più.

In Italia, nuovi regolamenti hanno stimolato la crescita dell'economia sociale, l'espansione del settore che non ha fini di lucro (2300 cooperative sociali per 38.000 posti di lavoro nel 1994 salite a 4800 cooperative con una forza lavoro di 108.000 unità nel 1998) rappresenta anche una politica importante per raggiungere le pari opportunità.

Il settore intende svilupparsi nei campi in cui è maggiore la richiesta di servizi alla persone (portatori di handicap, assistenza agli anziani ed alle persone svantaggiate) e contribuisce a promuovere una riconciliazione professionale tra lavoro e vita familiare.

Mentre un certo numero di nuovi servizi come quelli che si occupano della protezione ambientale sono suscettibili di trasformarsi in attività economicamente vantaggiose a breve e medio termine, altri servizi - soprattutto culturali e personali - continuano ad incontrare ostacoli connessi con il finanziamento della domanda. La loro persistenza fa sì che una parte dei finanziamenti necessari per il loro sviluppo sia ricercato al di fuori del mercato. Tali finanziamenti potrebbero essere giustificati solo se si tiene conto dei vantaggi che questi nuovi servizi creano alla società e ai risparmi che rappresentano (risparmi nella spesa per la sicurezza sociale, maggiore disponibilità di persone che possono entrare nel mercato del lavoro, riduzione della micro - criminalità, ecc.).

Oggigiorno il finanziamento necessario si trova spesso attraverso i programmi pubblici, soprattutto quelli che sono destinati ad attivare politiche occupazionali. Se il finanziamento di imprese intermedie che hanno lo scopo di reintegrare le persone attraverso il lavoro in base a politiche attive di occupazione può sembrare naturale, il fatto che esse creino anche posti di lavoro sostenibili dovrebbe consentire loro di accedere alle fonti normali di finanziamento delle imprese.

Una valutazione numerica del terzo settore italiano è viziata dalla mancanza di dati certi, ed ogni rilevazione non può che essere tendenziale. I dati relativi alle dimensioni del nostro terzo settore sono inferiori rispetto a quelli degli altri paesi occidentali, e questo per ragioni strutturali tipicamente italiane che si possono così sintetizzare:

- la presenza/assenza di una regolamentazione giuridica assolutamente insoddisfacente in quanta frammentata e stratificatasi nel tempo, un dato questo da abbinare alla presenza di procedure di riconoscimento istituzionale eccessivamente lunghe e burocratiche;

- la presenza diretta dello Stato e degli altri enti pubblici nell'offerta e produzione di beni e servizi nel campo del welfare;

- l'inadeguatezza del regime tributario che non agevola le organizzazioni attive nel terzo settore.

Infine non va tralasciato che esiste un dato in controtendenza: il tasso di crescita degli occupati del settore è superiore a quello degli altri paesi europei; un incremento destinato a continuare visto il progressivo superamento dell'attuale struttura dello stato sociale nonché la crisi del modello classico di svolgimento dell'attività economica.

Nell'ambito della Sardegna, pur in assenza di dati empirici sul fenomeno, si evince un notevole fermento nell'ambito delle organizzazioni sociali di volontariato e nella cooperazione sociale.

Per quanto concerne la componente del volontariato, sono stati censiti da diverse organizzazioni oltre 1200 organismi di volontariato, che correlati al dato stimato sul numero medio di associati indica un numero di circa 180/210 mila soggetti coinvolti a vario titolo (volontari, aderenti e soci, obiettori di coscienza, personale retribuito).

In relazione ai quattro settori, previsti dalla legge regionale n. 39 del 1993, in cui tradizionalmente le organizzazioni del terzo settore operano si distinguono:

- il settore sociale, che tendenzialmente rappresenta oltre il 60 per cento;

- il settore culturale in cui sono presenti club e associazioni di promozione e per il tempo libero;

- il settore legato ai diritti;

- il settore ambientale in cui sono ricomprese le associazioni che operano nel campo della salvaguardia ambientale e di tutela della natura e protezione civile.

Se si analizza la forma giuridica, la maggior percentuale è delle associazioni non riconosciute (63 per cento); segue quella di enti e associazioni riconosciute (24,9 per cento), mentre per quanto riguarda la loro distribuzione per area di intervento, nel settore assistenziale risultano attivi 193 organismi, 317 nel sociosanitario, 81 per il territorio - ambiente e beni culturali, 535 nel ricreativo - cultura e sport.

La nascita e lo sviluppo di almeno l'85/90 per cento delle imprese sociali attualmente operanti in Sardegna è successiva al 1988, anno del varo della legge regionale n.4 di riordino dei servizi socioassistenziali.

Tale indicatore testimonia la vitalità economico - sociale che può essere stimolata e sviluppata da interventi legislativi anche se non esclusivamente incentivanti.

TESTO DEL PROPONENTE

 

TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 1
Oggetto

1. Al fine di favorire lo sviluppo ed il potenziamento delle attività degli organismi facenti capo al terzo settore non aventi scopo di lucro, aventi sede in Sardegna, più in particolare delle cooperative sociali regolarmente iscritte all'Albo regionale di cui alla legge regionale 22 aprile 1997, n. 16 (Norme per la promozione e lo sviluppo della cooperazione sociale), le Società di mutuo soccorso di cui alla Legge 15 aprile 1886, n. 3818, delle Associazioni di volontariato iscritte al Registro regionale del volontariato di cui alla legge regionale 13 settembre 1993, n. 39 (Disciplina dell'attività di volontariato e modifiche alle leggi regionali 25 gennaio 1988, n. 4, e 17 gennaio 1989, n. 3), delle Associazioni riconosciute di promozione sociale, l'Amministrazione regionale è autorizzata a concedere:

a) prestiti agevolati per investimenti;

b) crediti agevolati di esercizio;

c) contributi per il rafforzamento dei fondi rischi delle cooperative e consorzi di garanzia fidi operanti a favore del settore. 

   

Art. 2
Fondi di rotazione

1. Per i fini di cui all'articolo 1, lettere a) e b), l'Amministrazione regionale è autorizzata a costituire a carico del proprio bilancio uno o più fondi etici di rotazione presso la Banca Popolare Etica S.c.a.r.l. con sede in Padova e presso le Società finanziarie promosse e facenti capo al movimento cooperativo sardo.

2. La gestione dei fondi è definita con apposita convenzione stipulata tra i soggetti di cui al comma 1 e l'Assessore regionale del lavoro, formazione professionale, cooperazione e sicurezza sociale di concerto con l'Assessore regionale della programmazione, bilancio, credito ed assetto del territorio.

3. Il tasso da porre a carico dei beneficiari, non può essere superiore a quello previsto dalla legge regionale 19 ottobre 1993, n. 51, e successive modifiche e integrazioni, a favore delle imprese artigiane.

4. L'oggetto e la durata delle agevolazioni, i massimali di intervento, le modalità di erogazione e controllo e più in generale le modalità operative dei fondi sono stabilite con apposita deliberazione delle Giunta regionale che definirà le direttive e criteri di attuazione.

   

Art. 3
Contributi per fondi rischi

1. Secondo quanto previsto dalla lettera c), dell'articolo 1, della presente legge, l'Amministrazione regionale è autorizzata a concedere contributi per il rafforzamento dei loro fondi rischi a favore delle cooperative o consorzi di garanzia fidi senza scopo di lucro promossi e costituiti dal movimento cooperativo sardo o costituiti fra gli organismi individuati nello stesso articolo 1.

2. I contributi di cui al comma 1 che sono erogati dall'Amministrazione regionale sono strettamente finalizzati a garantire totalmente i prestiti e crediti di cui agli articoli 1 e 2 della presente legge o concorrere a garantire, secondo le convenzioni in essere tra cooperative o consorzi di garanzia fidi e i vari istituti di credito, i prestiti erogati, per il tramite delle stesse cooperative o consorzi, direttamente, con capitali propri, dagli istituti di credito e banche a favore dei soggetti di cui all'articolo 1 della presente legge.

3. I rapporti tra l'Amministrazione regionale e le cooperative o consorzi di garanzia fidi saranno regolati da apposita convenzione da stipularsi tra tali soggetti e l'Assessore regionale del lavoro, formazione professionale, cooperazione e sicurezza sociale, di concerto con l'Assessore regionale della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.

   

Art. 4
Copertura finanziaria

1. Gli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge sono valutati in annue lire 1.500.000.000 (euro 774.685,35) e fanno carico alla UPB S10.035 del bilancio della Regione per gli anni 2001/2003 ed in quella corrispondente dei bilanci per gli anni successivi.

2. Agli stessi oneri si fa fronte agli 2001/2002/2003 con le seguenti variazioni del bilancio pluriennale.

In diminuzione

03 - PROGRAMMAZIONE

UPB S03.006 - Fondo per nuovi oneri legislativi di parte corrente mediante utilizzazione della riserva di cui alla voce 11 della tabella A allegata alla legge finanziaria

COMPETENZA

2001
euro 774.685,35
lire 1.500.000.000

2002
euro 774.685,35
lire 1.500.000.000

2003
euro 774.685,35
lire 1.500.000.000

CASSA

2001
euro 774.685,35
lire 1.500.000.000

In aumento

10 - LAVORO

UPB S10.035 - Interventi a favore della cooperazione

COMPETENZA       

2001
euro 774.685,35
lire 1.500.000.000

2002
euro 774.685,35
lire 1.500.000.000

2003
euro 774.685,35
lire 1.500.000.000

CASSA

2001
euro 774.685,35
lire 1.500.000.000