CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII legislatura

Una proposta di legge "per il recupero e la valorizzazione del patrimonio architettonico realizzato con manufatti e tecniche costruttive in terra cruda" illustrata, in una conferenza stampa, dai consiglieri regionali Giampiero Pinna e Dino Pusceddu


Cagliari, 5 marzo 2004 - Mattone crudo dopo mattone crudo, la tecnica del ladiri, la terra cruda arricchita da paglia, messa in stampi ed essiccata al sole, ha caratterizzato la costruzione delle case di buona parte della Sardegna, almeno nei Campidani di Cagliari ed Oristano e nel Sulcis-Iglesiente. Una tecnica antica, nel secondo dopoguerra praticamente abbandonata, che recenti studi hanno pienamente rivalutato.

Le case di fango e paglia, con le caratteristiche coperture in legno, canne e le tradizionali tegole sarde sono risultate, infatti, le più "sane", le meglio coibentate, le più resistenti ai fenomeni sismici, anche se, fortunatamente, in Sardegna non si registrano terremoti.

Case vecchie, tradizionali, caratteristiche delle pianure e delle basse colline, dove la terra cruda ed i conglomerati naturali erano i materiali più comuni ed "a buon prezzo", almeno rispetto ai cantoni ed alle pietre lavorate, tipici delle altre zone più interne o montuose dell'isola.

Un patrimonio edilizio di grande interesse, almeno il 30 per cento delle case esistenti nei centri storici dei Campidani, della Marmilla, della Trexenta, del Sulcis Iglesiente e delle zone costiere del Sarrabus, che deve essere recuperato, valorizzato, così come recuperate e valorizzate devono essere le tecniche seguite per preparare i mattoni di ladiri, quelle utilizzate per costruire le vecchie case sarde. Anche perché, hanno ricordato i consiglieri regionali Giampiero Pinna e Dino Pusceddu (che con i loro colleghi Spissu, Morittu, Pirisi, Demuru, Orrù, Pacifico e Salvatore Sanna hanno presentato una proposta di legge su questo argomento), queste tecniche e questi materiali sono perfettamente ecocompatibili, hanno un limitatissimo impatto ambientale, permettono notevoli risparmi energetici, non provocano emissioni dannose, sono "decisamente bio-ecologici".

Questi molteplici aspetti positivi hanno, favorevolmente, colpito gli amministratori di alcuni comuni, che hanno dato vita alla Associazione nazionale città della terra cruda, con sede a Samassi ed alla quale aderiscono 25 soci di tre regioni: Sardegna, Marche, Abruzzo.

La sezione sarda di questa associazione, inoltre, ha avviato interessanti studi in materia, avvalendosi della preziosa collaborazione tecnico-scientifica del Centro di studi e ricerche sull'architettura regionale in terra cruda, costituito dal dipartimento di Architettura dell'Università di Cagliari.

Dalla fase [i]della ricerca, hanno detto i consiglieri regionali Giampiero Pinna e Dino Pusceddu, si deve passare ad una più diffusa ed incisiva azione di recupero e valorizzazione di queste tecniche costruttive. Sono necessari, a questo punto, interventi pubblici per ridurre i costi di produzione del ladiri, per favorire il recupero delle case esistenti e renderle, possibilmente, più accoglienti e funzionali.

Molti artigiani hanno avviato nuove attività e si sono anche aperti interessanti spazi di mercato. Con piccoli impianti, parzialmente meccanizzati, si potrebbero ottenere prodotti di ottima qualità a prezzi, tutto sommato, competitivi. La proposta di legge, presentata nei giorni scorsi, proprio per rilanciare e valorizzare queste tecniche costruttive, prevede l'istituzione di un catasto regionale del patrimonio di case in terra cruda esistenti nei diversi comuni della Sardegna. Ma il provvedimento, illustrato nel corso di una conferenza stampa, prevede anche iniziative concrete per recuperare "i saperi, le arti, le tecniche, le particolari professioni legati alla terra cruda".

La proposta di legge, hanno aggiunto i due consiglieri diessini, parlando anche a nome degli altri presentatori della proposta, non diventerà certamente legge in questa legislatura, ormai agli sgoccioli, ma "è una proposta, un impegno programmatico, che sarà presentato nella prossima, da quelli tra noi che ritorneranno in Consiglio". Un futuro programma di intervento, quindi, per recuperare quel patrimonio culturale, quel sapere tradizionale recentemente riscoperto e che si vuole valorizzare, in quel più vasto processo di riscoperta e rivitalizzazione delle tradizioni tecniche e culturali della Sardegna.

La proposta, in particolare, prevede che vengano destinati, nel triennio 2004-2006, dieci milioni di euro l'anno, per favorire e sostenere le attività economiche, in sede locale, capaci di realizzare cicli completi di produzione, distribuzione ed utilizzo dei mattoni in terra cruda.

Iniziative di questo genere, hanno anche aggiunto Pinna e Pusceddu, non richiedono grossi investimenti e gli interventi finanziari, anche attraverso i de minimis, potrebbero essere utilmente affidati agli enti locali.

I fondi regionali dovrebbero anche essere utilizzati per favorire interventi di recupero del patrimonio esistente, in particolare di quegli edifici, come i monti granatici, che hanno particolare e rilevante importanza sotto l'aspetto architettonico e storico-culturale, così come potrebbero essere incentivati nuovi interventi edilizi, pubblici e privati, che prevedano l'uso della terra cruda.

Il provvedimento, inoltre, ipotizza l'erogazione di contributi a fondo perduto pari al 60 per cento del costo complessivo del recupero, che potrebbe essere elevato sino all'ottanta per cento per i casi di interventi su immobili di particolare pregio; l'abbattimento, per almeno 10 anni, dell'imposta comunale sugli immobili (ICI) e degli oneri dovuti per il rilascio della necessaria concessione edilizia sono le altre "agevolazioni possibili".

La proposta è buona ed è stata accolta con favore dagli operatori del settore, dalle parti sociali, hanno concluso Giampiero Pinna e Dino Pusceddu, "piccole industrie sono, infatti, in grado di favorire nuova occupazione, di rilanciare produzioni tipiche ben presenti nel patrimonio tradizionale isolano". (mc) 


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