CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII legislatura

A rischio di fermata gli impianti chimici di Portotorres per l'inagibilità prolungata del pontile danneggiato dall'esplosione di capodanno della gasiera "Panam Serena". Autonomia per non più di tre settimane. Le Commissioni Ambiente e Industria hanno incontrato gli amministratori locali, i sindacati e i responsabili degli stabilimenti petrolchimici. Fermo no a qualunque ipotesi di dismissione.


Portotorres, 13 gennaio 2004 - Un sindacalista (Arnaldo Melissa, segretario Uil) l'ha definita una "esplosione fatale", l'occasione drammatica per riportare d'attualità i problemi della sicurezza del porto e non solo. L'esplosione di capodanno della nave gasiera che trasportava benzene per le industrie chimiche di Portotorres ha riproposto, infatti, la necessità di garantire un porto industriale efficiente fisicamente separato da quello commerciale. L'attuale promiscuità non garantisce nessuno e rischia di paralizzare tutta l'attività portuale con ricadute negative sull'economia del territorio e dell'intera Sardegna, visto che lo scalo turritano è un collegamento diretto e privilegiato col Nord Italia. Da alcuni giorni le navi attraccano di nuovo, ma i problemi restano, soprattutto per le industrie petrolchimiche Sindyal, Evc e Sasol, le quali, senza poter riceve la materia prima (il pontile danneggiato era stato messo sotto sequestro dalla magistratura, che ha tolto i sigilli proprio ieri; ma ora è in fase di valutazione il danno e per il ripristino ci vorrà del tempo), hanno un'autonomia di qualche settimana, poi dovranno fermare gli impianti. Con quali conseguenze lo ha detto l'ing. Antonio Appeddu, responsabile tecnico dell'Evc: l'emergenza è un conto, ma l'impatto a medio e lungo termine causato dall'esplosione non è stato valutato. Si temono vistosi effetti sul mercato considerato che il settore è in sovrapproduzione e la Sardegna è nel mirino, come vittima predestinata per riequilibrare il mercato. Se poi si tiene conto che il sistema produttivo sardo è integrato, se si ferma Portotorres le ripercussioni negli altri impianti - da Cagliari a Sarroch a Ottana - saranno inevitabili.

Impianti fermi non vogliono dire solo cassa integrazione, mobilità e lo spettro della riduzione dei livelli occupativi; ma vogliono dire anche problemi di mercato. "Se usciamo dal mercato non ci rientriamo più", ha detto Appeddu mettendo sul tavolo dell'incontro una preoccupazione di più al puro e semplice riavvio dell'attività del pontile per la movimentazione dei liquidi.

La visita a Portotorres delle Commissioni congiunte, Ambiente e Industria, effettuata oggi, è servita a mettere a fuoco la situazione, non solo l'emergenza, ma anche le conseguenze che la tragica esplosione (due le vittime) rischia di produrre. Per la sistemazione del pontile ci vorrà una cifra imprecisata ma rilevante. Dopo il dissequestro, i tecnici "di fama internazionale" della Sindyal, ha riferito il responsabile dello stabilimento, ing., Gianfranco Righi, hanno iniziato proprio oggi a valutare i danni, che, come in tutte le opere a mare, non sono soltanto quelli visibili. Non si fanno ipotesi sui tempi di ripristino fino a quando l'indagine non sarà ultimata. Ma si parla di settimane, tre, quattro, forse di più. Per 12 giorni il pontile era sotto sequestro; un periodo di tempo che "ha eroso l'autonomia degli impianti". Già fermo il fenolo per problemi di stoccaggio (il pontile serviva anche per movimentare le merci in uscita), è stata avviata la fermata degli elastomeri. Gli antri impianti Sinduyal (cracking, aromatici e politene) hanno materia prima per 20 giorni. Non dovrebbe essere a rischio l'attività della centrale, per la quale sono stati attivati approvvigionamenti alternativi.

L'Evc fermerà a fine mese la produzione di Pvc, che è un prodotto-immagine per l'azienda. La Sasol - ha detto l'ing. Visco, responsabile tecnico - aveva già un impianto fermo "per difficoltà di mercato".  Il riavvio è previsto per febbraio, ma l'autonomia dell'impianto è di sole due settimane.

Un quadro tutt'altro che confortante quello offerto alle Commissioni regionali. I presidenti, on. Tonino Frau (Ambiente) e on. Nicola Rassu (Industria) avevano aperto i lavori, nell'aula consiliare, chiedendo che fossero i diretti interessati (amministratori locali, sindacalisti e imprenditori) a tracciare le linee di un disastro che ha soltanto aggiunto un'emergenza ad un grave problema. Entrambi hanno voluto sgombrare il tavolo da presunte incompatibilità tra chimica e ambiente: ci sono tecnologie e competenze che consentono la compatibilità. In ogni caso le fabbriche non si chiudono e la Regione vigilerà e si opporrà ad ogni azione che non garantisca la stabilità dell'occupazione. Chimica e porto sono due realtà consimili, strettamente connesse. Di qui l'urgenza di utilizzare le risorse che ci sono e trovarne altre per sistemare il porto commerciale e rendere stabilmente agibile quello industriale.

Ma le preoccupazioni della stabilità del lavoro rimangono: Piero Cossu, della Cgil, ha ribadito che il piano industriale Sindyal non offre prospettive per Portotorres. Il fatto che si considerino quegli impianti di Serie B (altrimenti sarebbero confluiti nella "parte nobile" dell'ex Enichem, la Polimeri Europa) fa temere in futuri "vuoti" nella produzione, con quel che ne consegue.

Anche la vendita delle aree Eni è sotto il segno del pericolo, perché per rilanciare la chimica occorrono nuovo impianti, ad alta tecnologia, e, per quegli impianti, ci vogliono nuove aree. Ci sono voci ricorrenti che si voglia sbaraccare: questo incidente potrebbe fornirne l'occasione…

Allora - ha detto Andrea Ruiu della Cisl - "evitiamo di dare un taglio emotivo al dibattito e non perdiamo di vista i problemi veri", ricordando che le prospettive di occupazione sono state clamorosamente smentite ("siamo al di sotto di un terzo delle assunzioni previste"), che la bonifica dei siti non va avanti e le infrastrutture non bastano a soddisfare alcuna esigenza. Il sindacato chiede che sia la Commissione tecnica governativa ed andare a Portotorres per discutere le prospettive di sviluppo.

Per la Fulc territoriale (Murgia) Portotorres ha troppi nemici, "dentro e fuori", sono frequenti gli "episodi di sciacallaggio" e troppo diversi i tempi dell'industria rispetto a quelli della politica. Ma il punto focale resta la sicurezza, "anche se il pontile dovesse restare chiuso qualche giorno di più", considerato che per pura fatalità non si è verificato, nell'incidente, un numero di vittime maggiori.

Delusione e amarezza sono emerse negli interventi di numerosi consiglieri comunali perché Portotorres, che ha ceduto i due terzi del proprio territorio fra Parco dell'Asinara e zona industriale, è stata dimenticata. Il bacino di lavoro riserva pochi spazi ai locali. Molte le promesse, pochi i fatti concreti.

Ma l'on. Rassu ha assicurato che le due Commissioni permanenti hanno una visione chiara del problema: l'industria deve rimanere e garantire gli attuali livelli, "altrimenti - ha concluso - sarebbero vanificatigli sforzi compiuti negli ultimi tre anni dalle forze politiche e sindacali". Riconosciuto anche il ruolo fondamentale del porto. Lo ha ribadito l'on. Frau, accogliendo l'invito a una "considerazione speciale" da parte della Regione, di questa struttura, avanzato dal sindaco Gilda Usai.

Successivamente la commissione ha effettuato un sopralluogo nella zona compromessa dall'incidente. (adel)


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