CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII legislatura

Disco rosso dell'Udr a Pili: o dimissioni o sfiducia. Ma i motivi sono da ricer-carsi solo nella necessità di rilanciare la politica regionale con strumenti a-datti a frenare la drammatica crisi economica che investe la Sardegna. I par-titi di centro autonomisti hanno chiesto di ridiscutere i programmi, ma sono stati ignorati. Non ci saranno elezioni anticipate; ci sarà sicuramente un'altra giunta per varare la legge elettorale e far fronte alle emergenze.


Cagliari, 5 luglio 2003 - Disco rosso per Pili. O un sussulto di dignità (leggi dimissioni) o la sfiducia. L'Udr lancia la sfida, dopo aver tentato più volte il dialogo per rilanciare un programma di governo capace di risollevare le sorti di un'economia in dissesto. Al presidente della giunta "è mancata l'intelligenza politica", si è chiuso "in un testardo isolamento", con un atteggiamento "messianico" che ha fortemente indebolito l'azione di governo.

Mariolino Floris attacca, "non per schiodare Pili", afferma, ma per costruire un progetto che consenta all'economia di crescere. Cita i dati (allarmanti) di Prometeia: la fiducia delle imprese nelle istituzioni sta crollando, la produzione e gli ordini peggiorano e le previsioni dicono che il trend non si modificherà; il Pil registra la crescita più bassa a quella del 1996 (uguale a zero), gli interventi fissi sono in diminuzione, l'agricoltura è in coma, l'industria si sta dissolvendo e anche le aziende leader sono in grave difficoltà. Ma nelle dichiarazioni del presidente Pili, va tutto bene, "la Sardegna è una specie di Eldorado" e ai 13 mila dipendenti espulsi  oppone i 13.200 avviamenti, per lo più lavoro indipendente, contratti di collaborazione e altre forme di "lavoro drogato".

In questo disastro annunciato, Pili continua nella politica "dell'uomo solo al comando", che se richiama il fascino del protagonismo di vecchie competizioni sportive, si rivela dannosa per i sardi e intollerabile per gli alleati, soprattutto per quei partiti di centro che non vogliono essere costretti "a un rassegnato immobilismo". Se il presidente convincesse Berlusconi a sciogliere i nodi dell'economia sarda anziché a mantenerlo a tutti i costi in sella, forse qualche beneficio ci sarebbe. Invece nulla si muove. Ferme anche le risorse finanziarie, che in altre regioni a statuto speciale rappresentano il 10 decimi dei tributi, mentre noi dobbiamo accontentarci di quote assai più basse.

Per l'Udr occorre un forte cambiamento, che dia un segnale all'esterno di quella rinnovata volontà di fare, che aveva caratterizzato i primi due anni dell'esperienza del centro destra. Permanere in questa situazione, ha aggiunto Floris, "porta la maggioranza al declino ed a perdere le elezioni". Quelle elezioni - ha precisato - che, nel 1999, nessuno aveva vinto, e il continuo richiamo ai 150 mila voti raccolti da Pili, come giustificazione di una leadership intoccabile, è "puro folclore", dal momento che Pili è stato eletto da una coalizione. Dovrebbe perciò rendere conto del suo operato ai partiti che hanno consentito di fare maggioranza, soprattutto quelli "nazionalistari e identitari": Udr, Sardistas, Pps e Nuovo Movimento.

L'invito al dialogo è stato ignorato, nonostante i ripetuti richiami.  Eppure - ha sottolineato l'on. Floris - "l'Udr è andato in soccorso del presidente quando la poltrona ha cominciato a traballare"; per tre volte ha evitato che cadesse, in Finanziaria, nella prima mozione di sfiducia, sulla surroga dell'assessore Ladu. Non è cambiato nulla, "l'uomo solo al comando" ha continuato a decidere per suo conto, spesso scelte poco felici, tutt'al più riferendo agli alleati delle scelte già fatte.

"Chiedevamo - ha detto ancora Floris - un piano di emergenza per l'economia; una concertazione con le forze economiche e sociali; un confronto critico col governo. Ora, in questa vicenda, ci sorregge solo l'ottimismo della fede".

Duro, il leader Udr, anche con Berlusconi, il cui diktat: o Pili o nuove elezioni, è offensivo; uno schiaffo che le forze politiche sarde non sopportano. La Sardegna ha uno statuto che garantisce autonomia ed ha un Consiglio regionale chiamato a decidere, che non si farà colonizzare. Ma quel diktat è anche un autogol, perché certifica il fallimento del governo, "che aveva suscitato, all'inizio, tante speranze", della maggioranza e "del suo delfino".

Per Floris, comunque, la crisi non porterà ad elezioni anticipate, primo, perché non si abbandona una barca che sta per affondare e la crisi dell'economia pretende di chiudere immediatamente le falle e consentire un minimo di navigazione ("non possiamo permetterci di perdere altri posti di lavoro"); secondo, perché "dobbiamo difendere le nostre peculiarità storiche e politiche" che non coincidono "col bipolarismo continentale".

Non sono mancate accusa alla giunta, "tollerante verso i grandi gruppi industriali che vogliono accaparrarsi la Sardegna", in vicende che registrano "troppe cose al buio, troppi atti non conosciuti, che noi non possiamo avallare".

Riferendosi al congresso regionale dell'Udc, in corso a Cagliari, Floris ha parlato "di molte affinità fra noi e loro", sottolineando, tuttavia, che faceva riferimento all'Udc nazionale. Affinità e intese esistono fra Udr e i partiti centristi, impegnati in una sorta di rivoluzione copernicana per sostenere la nascita e la coesione di una forte area di centro.

Se Pili sarà sfiduciato, ha detto, ci sarà un'altra maggioranza che consentirà di esprimere un governo. Su questo punto l'Udr non ha dubbi.

A chi ha domandato se, come è avvenuto per i tre "ribelli" di An, anche i tre consiglieri dell'Udr abbiamo avuto pressioni per restare nei ranghi, l'on. Mariolino Floris ha risposto, riferendosi a un vociferato intervento di Cossiga, che l'ex presidente "non farebbe mai cose del genere" che rappresentano "un'offesa all'intelligenza delle persone". (a.d.)


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