CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII legislatura

L'agricoltura mediterranea in ginocchio con la riforma della Pac. All'assemblea dell'ALE chiesto un intervento a sostegno delle produzioni agricole locali di alta qualità e valore aggiunto. Dal mutamento del clima un'ulteriore minaccia ad un settore decisivo per la nostra economia.


Alghero, 27 giugno 2003 - Dedicata alla riforma della politica agricola comunitaria (pac), approvata ieri a Bruxelles, i lavori dell'assemblea generale dell'Alleanza libera europea (Ale), la federazione che riunisce i piccoli partiti, a connotazione regionale e "identitaria", espressione, quasi tutti, di "nazioni senza stato". Argomento cruciale, quello dell'agricoltura, considerato che la riforma va in direzione della globalizzazione dei mercati e delle multinazionali, riduce i contributi finanziari (la torta, per giunta, va divisa anche con i paesi dell'Est della new entry, alcuni dei quali, come la Polonia, a spiccata vocazione agricola) e li separa dalle produzioni colpendo soprattutto i piccoli produttori che con gli aiuti comunitari fanno quadrare (faticosamente) i conti delle loro aziende. Non solo, ma ponendo come obiettivo finale il migliore orientamento al mercato (saranno aboliti i dazi, sarà incentivato il libero scambio senza sistemi di protezione), si finirà per fare il gioco delle grandi imprese. E' vero che gli aiuti diretti alle produzioni avevano determinato una quantità enorme di eccedenze; ma la correzione del sistema - ha detto Carlos Bautista, del partito andalucista, esponente del comitato agricoltura ne sviluppo rurale e membro della delegazione Ue per le relazioni con i paesi del Magreb - produrrà il progressivo abbandono dei terreni, disoccupazione e mancato approvvigionamento dei mercati locali.

E' vero che la nuova Pac con i tagli ai premi alla produzione, trasferisce fondi allo sviluppo rurale (rigidamente inteso nel senso della qualità, delle buone pratiche di coltivazione, nel rispetto del paesaggio e dell'ambiente; tutti ingredienti "forti" della nuova ricetta comunitaria); ma saranno gli Stati a decidere per proprio conto la percentuale dei tagli secondo un criterio di "rinazionalizzazione" che è un percorso inverso a quello voluto, sino a ieri, dalle politiche comunitarie.

Ci sarà una franchigia di cinquemila euro per le aziende, ma ci saranno meno aiuti per i piccoli e più possibilità di crescita per le multinazionali, in particolari per i grossi gruppi americani, che compreranno i prodotti dai paesi poveri "per un piatto di lenticchie", favorendo fenomeni di sfruttamento.

La Commissione europea non ha voluto avviare uno studio sull'impatto a livello settoriale che avrà la riforma della Pac. Si è limitata a uno studio macroeconomico dal quale si ricavano "valori statistici medi", come se si misurasse la temperatura corporea a un uomo che la testa in freezer e i piedi in un braciere, e poiché il valore medio è vicino alla norma, si certificasse che quell'uomo, con la testa congelata e i piedi ustionati, sta bene.

Come difendersi dalla minaccia di un'agricoltura "difficile"? Carlos Bautista ha indicato alcune soluzioni possibili: la necessità di rafforzare, "ogni giorno", i mercati regionali con produzioni di altissima qualità ed alto valore aggiunto; potenziare gli scambi fra Nord e Sud Europa e col bacino mediterraneo dell'Africa, dar luogo a una riforestazione massiccia per compensare l'abbandono delle coltivazioni, adottare la regola delle tecnologie av anzate e della formazione; orientarsi verso settori collegati, come l'agriturismo (l'esempio viene dall'Austria, dove il 25 per cento del fatturato agricolo proviene dall'agriturismo); puntare sui consumi rapidi di prodotti precotti (l'Europa ha un reddito elevato e le massaie sempre meno tempo di cucinare). Questa nuova agricoltura, che dovrà difendere sino in fondo le risorse genetiche autoctone, potrà creare  spazio ai giovani e alle donne se l'Unione europea riuscirà a controllare le produzioni ed a difenderne la qualità.

Ma sul futuro si addensano altre nubi, portate dai cambiamenti climatici. Siamo - ha detto Gesuino Muledda, ex assessore regionale dell'Agriucoltura, relatore del secondo intervento - avviati, senza ravvedimenti tempestivi e consistenti, verso un periodo di catastrofi. Estati più calde e inversi più freddi, piogge concentrate solo in pochi giorni ma di fortissima intensità, brusco passaggio dalla siccità alle alluvioni, la perdita di specie autoctone esigono rimedi e, questa volta, la politica deve essere più rapida delle previsioni degli esperti: in trent'anni infatti la classe politica deve trovare i rimedi per evitare i mutamenti climatici dell'area mediterranea.

Quanto alla riforma della Pac, Muledda ha denunciato il privilegio accordato alle produzioni continentali rispetto a quelle del sud Europa, l'assoluta mancanza di interventi per compensare la specificità delle isole, l'urgenza di evitare, in Sardegna, il pericolo di una "desertificazione umana", che sarà conseguenza dell'abbandono delle coltivazioni agrarie. Muledda ha ripetuto la necessità - indicata oltre un decennio dall'allora presidente della regione, il sardista Mario Melis - di creare un centro di ricerca per la climatologia, l'acqua, le sementi e tutto ciò che consente di difendere la identità dei luoghi (dal clima all'ambiente, alla società) dando origine, se occorre a rendere più produttiva la battaglia, ad un organismo distinto dalla Conferenza delle regioni ("dove i rappresentanti sono scelti da altri, non da noi") che possa partecipare al tavolo delle decisioni comunitarie.

Le strategie per l'emergenza della saluta animale sono state invece esaminate da Pasqualino Manca, medico veterinario e consigliere regionale del Psd'Az, il quale, ripercorrendo il lungo elenco di malattie infettive comparse in Sardegna negli ultimi 70 anni, che hanno richiesto una spesa notevole di risorse finanziarie non  sempre con successo, e di malattie parassitarie, ha denunciato una costante: i piani di eradicazione sono stati decisi fuori dalla Sardegna, con competenze improprie, nonostante l'isola vanti ricercatori e studiosi di prima qualità.

Si è trattato spesso di malattie approdate in Sardegna attraverso porti e aeroporti. Ma qui si sottolinea l'incongruenza che il servizio di controllo e prevenzione sia affidato al Ministero, con tre soli veterinari, che, in teoria dovrebbero tenere sotto controllo 40 navi e 200 aerei al giorno. Il servizio veterinario regionale (per la prevenzione, del resto, affidato a un amministrativo) non ha competenza e viene persino guardato con diffidenza dai ministeriali. (a.d.)


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