CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII legislatura

Primo incontro dei Parlamenti delle Regioni insulari della Calre: conclusione della sessione pomeridiana


Cagliari, 2 maggio 2003 - Anche le isole Azzorre "hanno ancora bisogno di un trattamento particolare dall'Unione europea" perché "le scarse risorse e le deboli capacità" creano grosse difficoltà a programmi di sviluppo. Perciò le Azzorre "vogliono essere considerate, nella nuova Costituzione europea, regioni ultraperiferico". Lo ha dichiarato il signor Fernando Manuel Machado Menezes, presidente di quella assemblea legislativa, intervenendo nella fase conclusiva dei lavori del primo incontro dei parlamentari delle regioni insulari della Calre, in corso di svolgimento a Cagliari.

Il parlamento delle Azzorre, ha aggiunto, partecipa "di tutto cuore" alla battaglia per il riconoscimento della condizione di insularità, che "crea problemi comuni". L'allargamento dell'Unione è "una sfida straordinaria", che crea "inquietudine e problemi", ma è una sfida da raccogliere perché porta con sé molti elementi "positivi e sostanziali per la nostra crescita economica e sociale".  C'è, tuttavia, una condizione da rispettare: mettere tutti i cittadini europei, anche quelli "dell'isola più piccola e sperduta", nella condizione di partecipare a costruire il nuovo soggetto politico,

Per Salvo Flores, vice presidente dell'assemblea regionale della Sicilia, è indispensabile che la nuova Costituzione europea "tenga conto della peculiarità delle regioni insulari" riconoscendo i deficit strutturali che esse hanno rispetto ad altre regioni. Ma per raggiungere questo obiettivo è necessario un confronto diretto con l'Unione e con le istituzioni comunitarie (in particolare Parlamento europeo e Comitato delle Regioni) e un peso diverso nei confronti della Conferenza intergovernativa.

Ci sono settori per i quali è necessario intervenire. Essi sono:gli aiuti di Stato, la fiscalità e gli incentivi finanziari, l'agricoltura e la pesca, l'intervento aggiuntivo con un Fondo specifico riservato a settori penalizzati, con particolare riguardo ai trasporti.

Sugli aiuti di Stato, le Regioni che erano intervenute (come la Sicilia) istituendo incentivi alle imprese per compensare il maggior costo dei trasporti, hanno dovuto fare marcia indietro per la decisione della Commissione di riconoscere tali benefici solo alle regioni ultraperiferiche. Di fronte a questo atteggiamento di esagerata prudenza, "bisogna - ha aggiunto Flores - unire le forze per ottenere il dovuto riconoscimento".

Altro campo "da esplorare" è quello della fiscalità. La Commissione predica la concorrenza leale fra imprese, ma non si preoccupa delle condizioni strutturali di svantaggio che "vietano la concorrenza leale". Molti interventi perequativi in realtà si trasformano in uno strumento inverso. Flores ha ricordato come un conto sia la distanza geografica (fra Maastricht e Lampedusa è di 2700 km), ed un altro conto è la distanza commerciale (che sale, sempre tra i due riferimenti, a 4800 km). Se la Commissione prende in considerazione il primo dato, penalizza qualunque tipo di attività legata al trasferimento di merci.

Sempre in materia di fiscalità, c'è un altro nodo da sciogliere: quello dell'integrazione di Regioni che hanno dimensioni superiori ad alcuni stati comunitari, ai quali è riconosciuto un ruolo negato alle altre. E' indispensabile perciò una camera di compensazione che attenui le differenze.

Fra le ipotesi da prendere in considerazione, la creazione di un Fondo comunitario aggiuntivo al Por e al Porn, che, utilizzando le somme non spese dagli Stati membri, le destini alla realizzazione di infrastrutture attraverso una gestione diretta, che non va intesa come una diminutio capitis degli Stati e delle Regioni beneficiarie, ma piuttosto lo strumento "per eliminare le difficoltà operative che si riscontrano nel territorio".

Anche la pesca delle Regioni insulari merita una attenzione diversa rispetto a quella atlantica, e la Commissione ne deve tenere conto separando gli interventi destinati ai grandi porti commerciali rispetto a quelli per i porti minori.

Sollevare su queste materie riflessioni e preoccupazioni diventa, alla vigilia dell'allargamento ad Est dell'Unione, una legittima precauzione. Con l'ingresso, nel 2004, di 10 paesi si modifica il profilo "della vecchia Europa", non solo sotto il profilo culturale, ma soprattutto sotto il profilo economico. Il reddito medio pro capite calerà del 13 per cento e ci vorranno vent'anni perché i nuovi Stati membri raggiungano il livello di un paese medio. Questa situazione ha riflessi immediati sull'espulsione dall'Obiettivo 1 di Regioni che, per effetto del dato statistico, diventeranno più ricche rispetto alla media, pur rimanendo povere. Nasce allora l'esigenza, più volte sottolineata, che non sia il pil a determinare la permanenza nell'Obiettivo 1, ma una serie di riferimenti che comprendano tasso di disoccupazione, insularità, distanza commerciale. Senza queste correttivi c'è il ragionevole rischio che la politica di coesione, uno dei capisaldi dell'Unione europea, sia accantonata  creando ulteriori squilibri. La battaglia delle regioni insulari sarà dunque quella di evitare un duplice isolamento: a quello geografico si aggiungerebbe quello politico e sociale fra popolazioni che non dialogano fra loro.

Ultimo intervento della sessione, quello di Raimondo Pusceddu, vice presidente della Commissione Politiche Comunitarie del Consiglio regionale della Sardegna e componente del Congresso delle Regioni. Pusceddu ha citato la "profezia" di chi (Ralf Dahrendorf) sosteneva che l'obiettivo dei paesi dell'Est non era quello "di unirsi all'Ovest", ma di "partecipare all'Europa". Un progetto solenne che si sta realizzando ed è destinato a modificare "profili culturali, economici e sociali". Ma l'impatto non sarà senza conseguenze per le Regioni insulari, il cui futuro europeo non è legato "a quanto si perderebbe o riguadagnerebbe in termini di fondi strutturali", ma, piuttosto, al ruolo che sarà ad esse riconosciuto e alla conseguente attuazione della politica di coesione.

Precisato che, per non soccombere alla globalizzazione è necessario riaffermare il senso dell'identità sentendosi "contemporaneamente autonomisti ed europei", Pusceddu  ha sostenuto chela governance non deve mortificare le funzioni dei vari livelli istituzionali, ma esaltare le potenzialità in una logica di cooperazione. E' probabile che l'allargamento generi difficoltà per le realtà periferiche e insulari (cala, con le nuove adesioni, la percentuale delle popolazioni interessate al riconoscimenti di questi diritti) ed è altrettanto probabile che si allarghi la forbice della disparità di sviluppo. Né basterà il phasing out per compensare l'uscita dall'Obiettivo 1. La nuova Europa dei 25 sarà - senza una politica di confronto serrata e decisa - un'Europa sempre più continentale (10 Stati non avranno sbocco sul mare) e le regioni insulari soffriranno di una maggiore "vulnerabilità politica". Questo spiega la decisione di alcune regioni insulari di non entrare nella Comunità o, una volta entrate, di decidere l'uscita.

Da queste considerazioni nascono le premesse di una battaglia comune per evitare l'isolamento, in senso fisico ed economico. Un passo decisivo in avanti sarà (se ci sarà) il riconoscimento alla Regioni insulari titolari di potestà legislativa di una autonoma rappresentanza  in seno al Parlamento europeo, oltre alla realizzazione di una serie di strumenti destinati ad accrescere cooperazione interregionale e transfrontaliera, il partenariato, il decentramento delle responsabilità in materia di gestione finanziaria e di controllo dei programmi europei (a.d.).


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