CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII legislatura

Primo incontro dei Parlamenti delle regioni insulari membri della CALRE. La prima parte dei lavori


Cagliari, 2 maggio 2003 - Il futuro delle regioni insulari europee dotate di potestà legislativa, aderenti alla Conferenza delle assemblee legislative regionali europee (CALRE), è stato approfondito nel corso di un incontro di studio, che si è svolto nell'Aula del Consiglio regionale.

Un futuro che appare difficile, per i profondi cambiamenti che caratterizzano lo scenario europeo, perché la Convenzione europea, incaricata di elaborare la nuova Carta Costituzionale della "grande" Europa, sembra stia privilegiando l'ipotesi di dare vita ad una Unione di Stati nazionali, piuttosto che una Europa delle regioni (e dei popoli) come hanno sempre auspicato i federalisti più convinti.

Ma i rappresentanti delle regioni-isole dotate di potestà legislativa (in complesso le assemblee legislative regionali sono 74), hanno trovato punti comuni, sui quali battere per cercare di "contare di più" in una Europa dove rappresentano, con i loro tredici milioni di abitanti, poco più del 3 per cento dell'intera popolazione e poco più del 2,2 per cento del PIL complessivo.

Come riuscire ad incidere, però, in una Comunità che, con l'ingresso di dieci nuovi Stati (nove dei quali, seppur di matrice culturale europea, sino a pochi anni fa "avversari politici"), impone scelte profondamente diverse, radicalmente modificate rispetto a quelle sin qui seguite?.

Occorrono nuovi strumenti rappresentativi a livello comunitario? Si possono portare avanti battaglie comuni nelle sedi (CALRE, appunto, e CRPM, la Conferenza delle regioni periferiche e marittime) delle quali fanno parte le regioni presenti al Convegno di Cagliari? O non sarebbe il caso di dare vita ad un nuovo organismo, complementare e non alternativo a quelli esistenti, per proseguire la battaglia per far recepire il concetto di insularità nella nuova Carta costituzionale d'Europa? Queste, in sintesi, le ipotesi sulle quali si sono soffermati i presidenti delle assemblee legislative delle isole Aland, delle Azzorre, di Madeira, delle Canarie, delle Baleari, della Corsica (anche se l'isola francese non gode, ancora, di autonomia legislativa), della Sicilia e della Sardegna. Temi affrontati anche dal presidente della CALRE e del Consiglio regionale della Toscana, Roberto Nencini, dal sindaco di Cagliari, Emilio Floris, dal presidente della Giunta, Mauro Pili, intervenuti in apertura del convegno.

L'esigenza di un fronte comune, ma anche di una "Dichiarazione di Cagliari" che riaffermi "l'insularità", come causa oggettiva di diseconomie per le regioni marittime e periferiche, è stato il tema largamente condiviso, sul quale tutti si sono detti d'accordo, come unanimità è stata raggiunta sulla necessità di dare vita, proprio a Cagliari, ad un comitato del quale facciano parte le sette isole presenti all'incontro, con l'esigenza di "accogliere in questo nuovo organismo anche i rappresentanti di Cipro e Malta", per dare maggior peso ad un organismo che dovrà impegnarsi per fare in modo che il riconoscimento dell'insularità divenga realtà ed entri a fare parte dei "principi fondamentali" della Costituzione europea.

I problemi sono gravi, comuni, difficili da affrontare, ha detto nel suo breve cenno di saluto il sindaco di Cagliari. Ed Emilio Floris ha ricordato come le città, i comuni grandi o piccoli siano costretti ad affrontare e risolvere, tempestivamente, i "casi" dei loro cittadini, spesso senza averne i mezzi, le competenze. Un organismo politico comune permetterebbe, almeno, di far sentire una voce "forte" nel panorama politico europeo.

Una presenza comune, quindi più "autorevole", potrebbe permettere di ribaltare il concetto stesso di "isola", ha detto dal canto suo il presidente della Giunta. "Abbiamo troppo spesso lamentato i limiti che ci impone l'essere isola, ha aggiunto Mauro Pili, mentre dobbiamo ribadire anche la ricchezza, le possibilità che questa situazione geografica comporta". La penalizzazione reale, che frena lo sviluppo delle isole, ha detto ancora il presidente della Giunta, è, piuttosto, il fatto che gli Stati nazionali, l'Unione Europea non traducono mai in azioni pratiche le loro affermazioni di principio"

"Occorrono idee nuove, nuovi progetti, una maggior determinazione per far riconoscere i nostri diritti", ha detto ancora Mauro Pili ed anche l'uscita dall'Obiettivo 1, dovuta ad una pedissequa applicazione di dati statistici, non deve essere accettata supinamente. "Dobbiamo pretendere ed ottenere nuove scelte politiche, ha concluso il capo dell'esecutivo regionale, e dobbiamo far riconoscere "l'Obiettivo Isole" come scelta strategica in difesa delle nostre specificità e peculiarità".

Scelte che devono essere decisamente innovative, diverse da quelle che hanno caratterizzato le politiche e le rivendicazioni portate avanti da molti anni, ha detto il presidente del Consiglio regionale, Efisio Serrenti, il quale ha ricordato come le regioni marittime e periferiche siano state trascurate, ignorate, nel processo di elaborazione dei nuovi trattati europei. "Abbiamo sempre pensato ad una Europa dei popoli, delle Regioni", perché accettare supinamente una Comunità solamente economica rinunciando quasi a lavorare per realizzare una vasta Unione nella quale culture, storie, lingue e tradizioni ottengano il loro giusto riconoscimento, la loro necessaria tutela? "E' necessaria una ampia, forte, intesa tra le Assemblee legislative delle isole", per dare vita ad una Conferenza che possa "far sentite la nostra voce in sede europea", anche per incidere su quelle che sono le scelte che porteranno, nei prossimi anni, alla costituzione di una vasta area mediterranea di libero scambio, per evitare che gli Stati più forti decidano il futuro dell'Europa, condizionando con le loro scelte gli Stati, e le regioni, più deboli.

Il tema dell'allargamento, "ma è meglio considerarlo come la nascita di una Europa diversa" è stato affrontato, con qualche preoccupazione, dal presidente della CALRE, e del Consiglio regionale toscano. Le regioni insulari, ha detto anche Nencini, dovranno affrontare i problemi del riequilibrio economico-sociale, l'eliminazione delle frontiere interne, la protezione dei confini esterni, il rapporto tra democrazia e mercato, una politica estera comune, in quando le isole si trovano, sempre, in posizioni estreme strategicamente "molto delicate".

"Per contare, ha concluso Nencini, è necessario un organismo "forte ed unitario" che rappresenti la voce, le istanze, le esigenze delle isole, delle regioni marittime e periferiche.

La nascita di una "conferenza, di un consiglio permanente" seppur nell'ambito degli organismi esistenti (la CARLE, quindi e la CRPM), del quale facciano parte le Isole-regione presenti a Cagliari, compresa la Corsica, che non ha ancora potestà legislativa (ma il governo francese starebbe per concederle questo potere), del quale dovrebbero far parte anche Cipro e Malta, ha concluso il presidente Nencini, è una ipotesi di lavoro ottima e da realizzare nel minor tempo possibile.

Studiare l'ipotesi di organismi di collegamento, anche per l'importanza che la legislazione europea ha ormai assunto, il 70 per cento delle norme in vigore sono di origine comunitaria, sono i temi sui quali si sono soffermati Jean Didier Hache, segretario esecutivo della CRPM, e Angelo Parello, segretario della commissione intermediterranea della stessa CRPM.

Il problema dell'insularità, ha detto anche Hache, condiziona le scelte delle regioni marittime, che temono di perdere parte della loro autonomia. Ma anche abbandonare l'Unione, come hanno fatto alcune regioni atlantiche, non modifica "la obiettiva situazione di controllo" esercitata dalla UE. E' necessario, quindi, cercare di "ottenere disposizioni particolari" che tengano conto dei fattori dell'insularità e lavorare per ottenere il riconoscimento delle proprie tradizioni, delle proprie particolarità.

D'altro canto gli organismi europei, che rappresentano le regioni insulari e periferiche, sono sempre stati particolarmente attenti alle realtà insulari, grandi o piccole che siano. Venti anni fa, in Sardegna, la commissione delle Isole ha mosso i primi passi e molti risultati positivi sono stati ottenuti, proprio portando avanti, in modo unitario, le richieste di regioni che si consideravano "trascurate, emarginate" dalle scelte comunitarie. Bisogna cambiare, però, il sistema organizzativo regionale, ha concluso Parello, perché spesso nelle regioni meridionali, ad esempio, la preparazione appare inadeguata, manca un quadro territoriale adeguato per contrastare i "monopoli centrali".

La necessità di "una proposta concreta" per dare vita ad un reale e fattivo dialogo tra le regioni insulari, anche per confermare le decisioni prese, ad esempio a Madeira, è stato una dei temi forti sui quali ha incentrato il suo intervento Enrico Martial, responsabile delle relazioni comunitarie ed internazionale della CALRE, il quale ha ricordato che "una voce unica" è particolarmente necessaria, in questo delicato momento, "perché le Isole, le regioni marittime, devono far sentire la loro voce in sede comunitaria", per quanto concerne la riforma dei fondi strutturali, ma, specialmente, per il riconoscimento "dell'insularità", che deve essere ben presente nella nuova Costituzione europea. (mc)


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