CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII legislatura

I rappresentanti della Confcommercio, della Confesercenti e dei sindacati confederali confermano, davanti alla Sesta commissione, le "loro critiche e riserve" sulla manovra finanziaria della Giunta


Cagliari, 15 gennaio 2003 - La finanziaria ed il triennale 2003/2005, presentati dalla Giunta regionale, non tengono conto delle esigenze del settore terziario, trascurano le richieste e le giuste esigenze dell'unico comparto produttivo che, in Sardegna, può dare un consistente contributo al processo di sviluppo economico. Lo hanno detto, in sintesi, i rappresentanti della Confcommercio e della Confesercenti, Speziali ed Abis, le due associazioni di categoria che raccolgono la totalità dei piccoli e medi commercianti, degli operatori del settore dei servizi, alla Sesta commissione permanente del Consiglio regionale (Industria, artigianato, commercio, turismo e servizi), presieduta da Nicolò Rassu, impegnata nell'esame, per le materie di competenza, della manovra economica e finanziaria predisposta dalla giunta Pili.

In Sardegna operano 138 mila imprese produttive, il 48 per cento delle quali nel solo comparto del terziario; il 38 per cento del prodotto interno loro dell'Isola è frutto di queste attività, nelle quali sono occupati quasi 350 mila persone, sul totale complessivo di circa 500 mila occupati sardi. Eppure, il bilancio prevede interventi pari ad un decimo di quelli previsti per il comparto industriale, un ventesimo di quelli destinati al settore agricolo.

Una realtà importante, che può realmente incidere, anche profondamente, nel processo di sviluppo del sistema economico sardo. "Invece, hanno denunciato i rappresentanti di Confcommercio e Confesercenti, nei confronti di un settore di questa importanza, di questa dimensione, la classe politica sarda non mostra la dovuta e necessaria attenzione. I tagli hanno colpito, indiscriminatamente, tutte le voci che riguardano il comparto, unica eccezione positiva un leggero incremento dei fondi destinati alle incentivazioni. Per il resto, niente di nuovo, anzi".

Le leggi di settore, approvate da tempo, non sono operative e prive dei necessari finanziamenti; nei Por e nello stesso DPEF, il documento di programmazione che indica le linee di intervento a sostegno del sistema economico, per il commercio, i servizi, il turismo e l'artigianato non c'è molto, per non dire nulla; l'intervento per riqualificare e sviluppare le piccole imprese, nei centri storici, è stato finanziato con un miliardo di vecchie lire, una goccia nel mare delle reali esigenze. Gli accordi tra l'assessore ed i rappresentanti degli operatori turistici sono, praticamente, solamente un elenco di buone intenzioni. "Questa Giunta sembra incapace di programmare un reale sviluppo dell'importantissimo settore".

"Se si vuole puntare sul turismo, hanno aggiunto i rappresentanti delle organizzazioni di categoria, bisogna decidere quale modello scegliere. Si deve puntare sugli alberghi a cinque stelle, sul turismo sportivo, dei grandi eventi, culturale, congressuale o su un modello integrato? Le piccole e medie iniziative, in ogni caso di qualità, devono poter convivere con i grandi insediamenti? I sistemi turistici locali possono essere "trainanti" rispetto all'indotto, che può svilupparsi se la domanda è diffusa, costante, sostenuta? La continuità territoriale, che deve essere estesa almeno a tutti gli scali nazionali, è una carta sulla quale si deve realmente puntare?". Domande alle quali occorre dare risposte, in tempi brevi; così come si devono mettere a disposizione le risorse finanziarie necessarie per le attività dei consorzi fidi, dei fondi di garanzia rischi, delle associazioni di promozione e"di via", anche per i brillanti risultati ottenuti da questo tipo di "consorzio volontario".

Questa manovra economica, questo bilancio triennale, la conclusione alla quale sono giunti i rappresentanti delle numerosissime imprese del settore, invece è "estremamente penalizzante", è la prova che la Giunta, la Regione "hanno idee confuse anche sulle questioni marginali".

Servono, quindi, profonde modifiche. Certamente, la situazione finanziaria della Regione non permette iniziative di grande respiro, non consente di destinare notevoli somme a questo comparto, una"maggiore concertazione, però, permetterebbe di affrontare i problemi più spinosi (ad esempio la lotta agli abusivi) e di concordare, fissando modi e priorità, piani di riordino e programmi di intervento; coordinando idee ed iniziative, quindi, sarebbe possibile intervenire, con efficacia, a sostegno di tanti piccoli, meno piccoli, medi e grandi operatori economici.

La concertazione e scelte più tempestive ed oculate sono state sollecitate anche dai rappresentanti regionali delle confederazioni sindacali.  I fondi sono insufficienti, hanno detto Giovanni Matta, Michele Calledda e Giampaolo Diana (rispettivamente della Cisl, Uil e Cgil), è necessario, quindi, lavorare per accrescere le entrate. Occorrono nuovi accordi Stato-Regione, una diversa intesa con Governo per il rilancio del settore produttivo industriale sardo. Sono troppe le zone in crisi, eccessivi i licenziamenti e le chiusure degli impianti. "Se la chimica chiude, salta l'intero sistema produttivo sardo, hanno aggiunto i tre sindacalisti. L'esistente deve essere difeso, il Governo deve intervenire per evitare la crisi di altri settori, come quello lapideo, che rischiano di accrescere una crisi già gravissima".

Una situazione difficile, hanno aggiunto i tre rappresentanti sindacali, che non è giusto addebitare alla sola Regione. Occorrono infrastrutture, da realizzare con il concorso dello Stato e della Unione europea, sono necessari interventi tempestivi per rilanciare settori in difficoltà. Per la chimica, prima del definitivo smantellamento dell'apparato sardo, è necessario un accordo di programma, per estendere, anche alle industrie sarde, gli interventi speciali destinati alla siderurgia.

La giunta, quindi, deve rivedere questa manovra, priva di prospettive ed assolutamente insufficiente e deve ottenere, dal Governo, il rispetto dei numerosi accordi solennemente firmati in questi anni ed altrettanto solennemente disattesi. Le infrastrutture specialmente nella Sardegna centrale (Nuoro è all'ultimo posto, come infrastrutturazione complessiva, tra le province italiane), sono una esigenza prioritaria; la questione energetica, la battaglia per il Sulcis, la realizzazione del metanodotto gli altri obiettivi da raggiungere nel minor tempo possibile.

"Occorre una attenzione particolare, per una situazione che sembra quasi sottovalutata, hanno concluso i tre rappresentanti sindacali, e bisogna muoversi con grande celerità e decisione. Altrimenti la crisi, in Sardegna nell'industria siamo già al 15 per cento della forza lavoro complessiva, contro il 21 per cento della media nazionale, porterà alla completa e definitiva scomparsa del sistema industriale sardo". (mc)


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