CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII legislatura

L'allargamento dell'Europa ad Est non deve penalizzare le Regioni dell'Obiettivo 1 prossime all'uscita. I criteri di assegnazione dei finanziamenti non possono essere limitati solo al Pil. Nella riunione di Corfù della Commissione Intermediterranea ribadita dalla Sardegna la necessità di difendere il principio di insularità. Preoccupazioni per l'agricoltura. Un progetto per il turismo (e per i trasporti).


Cagliari, 16 dicembre 2002 - L'allargamento a Est dell'Unione disegna nuovi scenari e sottolinea l'importanza del Mediterraneo. Ma esistono seri dubbi sulla consistenza degli aiuti che in futuro la Comunità assegnerà alle regioni deboli: l'annunciata uscita dall'Obiettivo 1 (2006), la riduzione delle risorse destinate dalla politica agricola comunitaria alla "vecchia" Europa, il nodo dei trasporti sono elementi che preoccupano le regioni periferiche, impegnate a difendere un ruolo niente affatto marginale. Di questi problemi si è parlato a Corfù, nel fine settimana scorso, nella riunione dell'ufficio politico della Commissione Intermediterranea, una delle quattro associazioni in cui si articola la Conferenza delle Regioni periferiche marittime (Crpm), alla quale aderiscono 130 Regioni europee, con qualche presenza (è il caso della Norvegia) al di fuori dell'Unione.

La Sardegna ha ribadito, in tale sede, la necessità di rimodulare gli interventi dell'Obiettivo 1 non limitandolo esclusivamente al Pil (attualmente il limite di accesso è costituito da un valore inferiore al 75 per cento rispetto alla media europea), di riconoscere l'insularità come handicap economico, di affrontare il problema dei trasporti come elemento decisivo nella politica turistica.

Nel 2006 saranno solo 11 (5 in Grecia, 3 in Portogallo, 2 in Spagna e !, la Calabria, in Italia) a vedere riconosciuto il sostegno comunitario dell'Obiettivo 1. In realtà non migliora l'economia delle Regioni escluse, ma si abbassa (per l'ingresso dei paesi dell'Est) la media del Pil. Insomma, non si diventa più ricchi, mentre cresce la fragilità delle regioni meridionali (resta basso il livello di istruzione, c'è diffusa carenza di infrastrutture, si riducono le performances competitive). A giudizio della Commissione Intermediterranea l'uscita dall'Obiettivo 1 potrebbe costituire un colpo di grazia.

Considerato che l'allargamento sposterà a Oriente il centro di gravità, nel periodo di transizione (che avvantaggia i nuovi ingressi) è necessario che alle Regioni mediterranee sia mantenuto un regime di finanziamenti che non si limiti al solo phasing out, una specie di "ammortizzatore" per rendere meno traumatica l'uscita, ma limitato nel tempo (due anni, di solito).

Poiché il bilancio comunitario rimane un vincolo insuperabile, bisogna fare i conti con attenzione. Ci sono situazioni ancora più critiche (l'iperperiferia: Canarie, Azzorre, Francia d'Oltremare), ma la situazione delle Regione del mediterraneo rimane difficile. Di qui, appunto, la necessità di valutare la salute delle singole economie regionali con altri indicatori oltre il Pil, ad esempio: il livello di istruzione e cultura; la capacità d'innovazione, la struttura produttiva. Evitare, insomma, che le Regioni siano classificate in base a numeri che spesso sono frutto solo di elaborazioni matematiche. Perché (è l'esempio di una Regione portoghese) ad un crescente spopolamento si oppone una crescita (matematica) del Pil pur essendo immutate (se non peggiorate) le condizioni di sviluppo. Il problema dell'Obiettivo 1 è, perciò, ha detto l'Ufficio politico della Conferenza, politico e non tecnico.

Due i temi da discutere nei prossimi appuntamenti della Commissione Intermediterranea: la politica agricola e un progetto comune per il turismo. L'agricoltura stringe la cinghia; un quinto delle risorse andrà ai paesi dell'Est. Il rischio non è solo quello di ridurre il sostegno a un settore economico da sempre in affanno, ma di abbassare il livello della qualità. Infatti se la battaglia del mercato si concentrerà sui prezzi, la concorrenza sarà a discapito della qualità. Di qui l'urgenza di fissare alcuni paletti (equilibrio dei redditi, efficacia della Pac, la politica agricola comunitaria, il suo decentramento a livello regionale secondo i bisogni territoriali).

Anche la pesca cerca regole comuni per mettere ordine al settore.

Sul turismo "incombono" le Olimpiadi di Atene (2004), occasione storica per vivacizzare un mercato che soffre di un'organizzazione spesso deficitaria (sotto accusa i tour operator, non sempre all'altezza della situazione) e dell'euro, che aiuta i mercati antagonisti. Il Mediterraneo propone un marchio di qualità e chiede una politica del turismo che è ancora assente a livello comunitario. Discorso, si è detto, che non può prescindere dai trasporti. Solo in questi ultimi tempi si cominciano a disegnare percorsi comuni che colleghino il Mediterraneo occidentale con quello orientale. L'aumento della domanda dei voli aerei è un dato sa cui partire, cercando di trovare un giusto equilibrio di mercato. La Sardegna, che ha una posizione geografica favorevole, potrebbe, da questa situazione, trarre benefici.

Un gruppo di lavoro porterà avanti le proposte da adottare - è stato ribadito - alle realtà locali. Considerato che il turismo rappresenta il 5 per cento del Pil europeo (che raggiunge il 15 per cento con l'indotto) e coinvolge 2 milioni di aziende, è necessario colmare la lacuna della politica comunitaria considerando che il turismo non è un bene di lusso, ma un bisogno per cittadini sempre più disponibili alla mobilità e agli scambi culturali. (a.d.)


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