CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII legislaturaLa cantina sociale di Dorgali: una positiva realtà in un settore che potrebbe essere trainante per l'economia sarda. La commissione Agricoltura esamina i problemi della viticoltura isolana
Dorgali, 11 dicembre 2002 - "Nel settore agricolo le cose non vanno molto bene, ci sono, però, delle eccezioni, che ci fanno sperare in un futuro migliore". Il presidente della commissione Agricoltura ed Ambiente del Consiglio regionale, Tonino Frau, al termine di una lunga visita agli impianti della cantina sociale di Dorgali, non nasconde la sua "meraviglia e soddisfazione, per i risultati raggiunti da questa Cooperativa, una realtà di grande importanza, e non solo per questa zona dell'isola.
La viticoltura è in crisi? forse perché mancano i prodotti di qualità, perché la dissennata politica degli espianti ha privato la Sardegna di troppe vigne e di una grande quantità di uve da trasformare in ottimo vino, da vendere nei più ricchi ed interessanti mercati mondiali.
A Dorgali le difficoltà le hanno superate, guardando lontano e facendo sacrifici. Oggi la Cantina, con quasi 250 soci (in 10 conferiscono, però, oltre l'ottanta per cento del prodotto), guarda con una certa fiducia ad un presente più tranquillo, ad un futuro più favorevole.
Questo autunno, con una vendemmia in leggero ritardo per le difficili situazioni climatiche, sono stati lavorati 18.400 quintali di uve, (il cannonau la fa da padrone, ma non mancano piccole, ma significative, quantità di merlot, cabernet souvignon, sangiovese, montepulciano, shira ed altri vitigni di gran pregio), che hanno permesso di ottenere 13.000 ettolitri di ottimo vino. "Che praticamente abbiamo già tutto venduto", dicono con soddisfazione, ma anche rammarico, amministratori e dirigenti della Cooperativa.
Per "andare bene" occorrerebbero 40mila ettolitri di vino, ogni anno, ottenuto con le più moderne tecniche, valorizzando un vitigno, il cannonau appunto, che può dare ottimi risultati da solo o con "uvaggi o tagli", decisi con sapiente maestria dall'enologo Nicola Pignatelli, ispirato dal direttore commerciale ("che tasta il polso dei grandi e piccoli clienti") Tatano Pira.
Una situazione che rispetta, probabilmente, quella dell'intera viticoltura sarda. Sono 19 i soci che superano gli 80 quintali di uva conferita, più di cento sono quelli che hanno un piccolo fazzoletto di terra, inferiore all'ettaro, dal quale ottengono prodotti particolari, di grande pregio, che permettono a questo complesso di proporre una gamma di vini (sei rossi, un rosato ed un bianco, anche questo ottenuto dal "solito cannonau, vinificato in bianco"), che hanno ormai un posto di prestigio nel panorama enologico nazionale.
La Sardegna ha grandi potenzialità, anche buone tradizioni, ma deve aprirsi al nuovo, riottenere quelle quantità necessarie per poter essere sempre presente sui mercati globali, con prodotti di livello, per soddisfare le richieste, crescenti, dei consumatori. "Una volta che manchi, perché non hai prodotti da vendere, vieni sostituito e per riconquistare un cliente che ti ha abbandonato devi fare i salti mortali, sforzi enormi, e non ci riesci quasi mai".
Un problema che investe tutti, che si può risolvere con scelte strategiche adeguate, con progetti di intervento moderni e razionali. Ma la situazione sarda è al limite del collasso, lamentano il presidente Paolo Mulas, il vice Bachisio Fancello, il tecnico che segue anche i vigneti di proprietà della cooperativa, Lino Fancello, uno dei maggiori conferenti privati, Giosuè Ligios.
Il piano nazionale di settore ha indicato, in 40 mila, gli ettari vitati in Sardegna, ma i recenti censimenti ne hanno accertato, come reali, 27 mila; per 6 mila ettari esiste la possibilità di un reimpianto programmato, per sostituire vigne vecchie ormai al limite dalla redditività. Ma con 13 mila ettari in meno, chiaramente anche le superfici sulle quali intervenire verranno, in sede nazionale, necessariamente ridotte.
Tra le altre cose, lamentano i produttori più evoluti, la Commissione nazionale (tecnici, quindi, o presunti tali, che dovrebbero ben conoscere i problemi della moderna viticoltura) ha escluso la possibilità di irrigazioni di soccorso, quanto mai necessarie nelle difficili condizioni climatiche che caratterizzano, ormai da troppo tempo, le calde estati sarde.
"Senza irrigazione di soccorso non si ottengono i necessari livelli qualitativi, dicono i tecnici di Dorgali. Non è tra l'altro vero che la poca acqua che riusciamo a dare alle nostre viti faccia aumentare le produzioni unitarie. Però è vero che, con gli interventi di soccorso, otteniamo prodotti eccellenti, che rispettano i rigidi canoni dei doc, e noi puntiamo proprio sulla qualità e sul riconoscimento della "denominazione di origine controllata" per conquistare nuovi, interessanti, mercati".
I grandi vini nascono nelle grandi vigne, e nei 63 ettari della "famosa" vigna di Isalle, il fiore all'occhiello della viticoltura nuorese, irrigazione a goccia, potature corte, di selezione, nuovi vitigni di varietà "internazionali" hanno permesso risultati di grande interesse. "La nostra vigna, di proprietà della Cooperativa, dicono Paolo Mulas e Lino Fancello, è diventata un prezioso ed ammirato laboratorio. Prima di qualunque nuovo impianto, viticoltori e tecnici vengono a vedere cosa stiamo facendo ed i risultati ottenuti sono la miglior promozione per i nostri programmi futuri".
Vicino ad "nucleo storico di Isalle" (il Cala Luna, grande bianco di cannonau è ottenuto solo con uve di quell'impianto), sono sorte altre importanti realtà: la cooperativa Rinascita, con i suoi 100 ettari, la cooperativa San Marco, di Galtelli, con altri 65 ettari, l'azienda Ligios con i suoi vecchi e nuovi impianti, sono realtà significative, che possono "consigliare scelte e decisioni coraggiose a tanti, giovani e meno giovani, che si sono riavvicinati alla cultura della vite e del vino".
Giovani e meno giovani, soci di cooperative o piccolissimi produttori, costretti a fare i conti, o meglio a scontrarsi, con decisioni e scelte politiche spesso incomprensibili. Perché le quote di reimpianto dei vigneti vengono vendute lontano dalla Sardegna? Sono una ricchezza che perdiamo, in valore assoluto ma anche per la impossibilità di rinnovare, di far crescere, il nostro patrimonio viticolo. La commissione Agricoltura del Consiglio regionale, ha ricordato il presidente Tonino Frau, da tempo ha approvato una proposta di legge, primo firmatario Tore Piana, con la quale si vieta la vendita delle "preziosissime" quote al di fuori del mercato sardo. Ma, oltre ai soliti proclami dell'esecutivo, il provvedimento non è stato ancora inserito nell'ordine del giorno dei lavori dell'Aula, quindi è ancora una "proposta interessante, ma semplicemente una proposta".
Investimenti importanti, come sono quelli necessari per impiantare un vigneto, chi se la sente di farli? ha chiesto qualcuno. I contributi arrivano a mala pena al 40 per cento (dal 50 per cento promesso vanno tolte le spese per la progettazione e l'IVA sugli acquisti dei materiali necessari); l'irrigazione di soccorso, se la vuoi te la paghi; i finanziamenti per l'aggiornamento tecnologico e le nuove attrezzature, necessari alle cantine per ottenere prodotti più ricercati ed in linea con le nuove richieste dei consumatori: "i vini in barriques saranno pure una moda, ma sono quelli che spuntano i prezzi maggiori", vengono concessi con discutibili criteri di economicità e fatturati realizzati; i progetti di miglioramento e per nuovi impianti, dopo i previsti sopralluoghi da parte dei tecnici, vengono dimenticati in chissà quale cassetto e, malgrado le promesse, i soldi non arrivano più. "In queste condizioni investe e spende chi proprio non ha niente di meglio da fare, ma certamente non tutti sono disposti a correre il rischio di saltare per aria inseguendo un sogno che, difficilmente, si realizzerà".
Peccato, concludono gli amministratori della cantina di Dorgali, perché lo scorso anno abbiamo chiuso con oltre 9 miliardi di vecchie lire di fatturato; probabilmente salderemo l'uva quasi a millecinquecento vecchie lire; diamo lavoro, direttamente, a molte persone (una quindicina abbondante) ed indirettamente ad almeno altrettante; garantiamo a tenti piccoli e piccolissimi produttori, ma anche a pensionati o a semplici appassionati della terra, una interessante integrazione al loro reddito, oltre a "presidiare le campagne" impedendo quel preoccupante fenomeno dell'abbandono dei terreni che, in tante altre parti dell'isola ha provocato notevoli, pericolosissimi episodi di degrado ambientale.
Storicamente, nelle campagne attorno a Dorgali si coltivavano quasi mille ettari di vigna, altrettanti se ne contavano nei centri vicini, molti altri nella lunga vallata che da Nuoro porta a Siniscola. "Certamente la Sardegna non diventerà un grande vigneto, hanno concluso Tonino Frau e gli altri consiglieri al termine del lungo sopralluogo in Cantina (Salvatore Granella, Pasqualino Manca, Velio Ortu, Alberto Sanna, Nello Cappai, Nanni Demuru), ma dove la vite ha sempre attecchito, dove ha dato frutti saporiti e profumati, dove ha permesso lavoro e ricchezza, nei territori vocati e dove esistono le condizioni climato-pedologiche favorevoli, perché non dobbiamo produrre i nostri meravigliosi vini?". Il mercato globale impone sfide difficili e scelte coraggiose, forse per la nuova vitivinicoltura sarda le decisioni intelligenti e coraggiose non sono più rinviabili. (mc)
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