CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII legislatura

Le regioni chiedono "maggiore spazio" nella nuova Costituzione europea. La Sardegna rilancia il tema dell'insularità


Poitiers, 2 dicembre 2002 - Le regioni europee, tutte, indistintamente, vogliono contare di più nella "Nuova Europa", chiedono con forza che il loro ruolo, i loro diritti, vengano inseriti nella nuova Carta costituzionale europea, alla quale stanno lavorando i "grandi saggi", la speciale commissione presieduta da Giscard d'Estaing. Lo hanno detto tutti i componenti l'ufficio politico della CRPM, la Commissione europea delle regioni periferiche e marittime, presieduto dal presidente della giunta toscana, Martini, del quale fa parte il presidente del Consiglio regionale, Efisio Serrenti, riunitosi a Poitiers per esaminare il futuro della stessa Unione Europea, che sta per aprirsi ad altri dieci Paesi dell'est europeo.

Nel nuovo ordinamento istituzionale comunitario, hanno "denunciato" molti rappresentanti delle oltre 150 regioni europee della CRPM, quale sarà il ruolo delle regioni, quali i loro compiti, i loro poteri, quali possibilità avranno di rappresentare, nell'ambito europeo, le giuste esigenze, le speranze, i bisogni delle loro popolazione?

Sino a qualche tempo fa la speranza di incidere, realmente, nelle scelte politiche comunitarie era "viva e fondata", anche alla luce dell'attenzione mostrata, per questi delicati problemi, dal vicepresidente Giuliano Amato. Da qualche tempo le cose sono decisamente cambiate e sembra che numerosi Stati "abbiano dato disposizioni ben precise alle loro delegazioni: sminuire il ruolo delle regioni".

Le possibilità di avere un ruolo incisivo, nella Nuova Europa, sono drasticamente diminuite, sono messe in dubbio le conquiste ottenute negli anni scorsi, grazie anche all'impegno europeistico di molte regioni periferiche, marittime, di quelle meno progredite.

"Certamente non è il caso di rassegnarsi", hanno però detto molti componenti l'ufficio politico della Commissione. "Occorrerà intensificare la nostra pressione nei confronti dei Governi nazionali, ha detto nel suo intervento Efisio Serrenti, anche per dare contenuti concreti alla "nostra insularità", uno status penalizzante, riconosciuto negli ultimi trattati europei, al quale non è stata ancora pratica attuazione, neppure dal Governo nazionale".

D'altra parte, la situazione dell'Unione sta cambiando velocemente. L'ormai imminente allargamento ad altri dieci Stati creerà situazioni di "grande disagio", perché gli interventi dell'obiettivo 1, ma anche dell'obiettivo 2 e di tutti gli altri programmi, anche strutturali, finanziati dalla UE, che dovranno essere estesi anche alle "nuove regioni dei nuovi Stati soci", in che modo potranno essere attuati? Da quali strutture burocratico-amministrative? Applicando quali delle diverse e difficili direttive europee? Quali benefici produrranno? Non si avranno, forse, ripercussioni negative nella altre regioni, che non hanno ancora raggiunto uno sviluppo stabile?

"I problemi sono davvero difficili da affrontare, ha detto anche Serrenti. Si sentono pareri discordanti, si ha la sensazione di una certa stanchezza, quasi di una rassegnazione nel difendere i diritti delle regioni, specialmente di quelle periferiche ed insulari. Devo dire, però, che la CRPM ha accolto in pieno le proposte che la delegazione sarda ha sempre portato avanti, con forza, per ottenere il riconoscimento del fattore insularità come handicap obiettivo e naturale. Ora la battaglia è esclusivamente politica, visto che negli ultimi trattati l'insularità è sempre stata equiparata ai fattori penalizzanti che permettono la permanenza nell'obiettivo 1. Bisogna, comunque, tener presente che nel 2006 difficilmente gli interventi comunitari seguiranno le linee attuali. Dobbiamo guardare avanti, molto più lontano, trovare nuove soluzioni politiche, nuovi interventi che permettano alle regioni meno favorire di riacquistare competitività e di ridurre le loro distanze, i loro divari, rispetto a quelle realmente ricche ed evolute".

Dai lavori dell'ufficio politico, comunque, sono emerse le "richieste forti" che le regioni porteranno avanti, per essere inserite a pieno titolo e con tutti i loro diritti, nella Carta costituzionale europea. Ma le regioni chiedono anche che la Nuova Europa attui reali "politiche di sussidiarietà", di coesione sociale, riescano a diventare i "realizzatori" degli interventi comunitari, interventi che dovranno essere realizzati in settori differenti da quelli "tradizionali".

Perché investire somme sempre più ingenti, nel sostegno delle produzioni agricole e non in programmi in grado di modificare, realmente, la situazione sociale degli agricoltori o di coloro che vivono nelle campagne? Non è una ipotesi di poco conto, specialmente per la Sardegna e le altre regioni meridionali italiane, alle prese con una atavica arretratezza strutturale del settore, incapaci di produrre in termini economici. In buona sostanza, i rappresentanti delle regioni "economicamente più evolute" hanno sollevato dubbi sulle scelte che la Commissione europea continua a fare. Ma quando la Comunità sarà di 25 Stati, quando la Commissione europea sarà scelta in un, possibile, diverso scenario politico, quali saranno le future scelte, in chiave di interventi strutturali o di sostegno economico-sociale alle regioni, le cui condizioni sono ancora profondamente differenti?

I fondi comunitari saranno destinati al sostegno del reddito o a migliorare la qualità della vita? I finanziamenti europei saranno erogati attraverso le strutture nazionali, o saranno "assegnati" direttamente alle regioni, che ne controlleranno e garantiranno, quindi, l'utilizzo ed i risultati ottenuti?

"In queste condizioni, ha commentato Serrenti, è difficile prevedere che l'Ue possa crescere uniformemente. L'Europa a due velocità sarà estremamente penalizzante anche per la nostra società, ancora non in grado di tenere il passo di quella bavarese o lombarda".

La Sardegna, la classe politica sarda, nei prossimi mesi, dovrà, quindi, "provare ad occuparsi" di problemi che adesso sembrano ancora lontani, ma che stanno diventando, sempre di più, di drammatica attualità, per lo sviluppo ed il futuro anche della "nostra regione". (mc)


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