CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII legislaturaLa Commissione Industria affronta il problema dell'Emsa: altri 150 miliardi di vecchie lire della Regione come contributo alla gestione liquidatoria. Sentito in audizione l'assessore dell'Industria, La Spisa. Verso la "chiusura morbida" gli ultimi impianti minerari?
Cagliari, 30 maggio - Centocinquanta miliardi di vecchie lire per traghettare l'Emsa verso un futuro denso di incertezze e soprattutto di equivoci. Ma "non ci sono alternative" per garantire gli stipendi ai lavoratori in attesa di trovare una soluzione al rebus. Il 7 dicembre prossimo si conclude la procedura di liquidazione che, per il momento, non ha prospettive: l'associazione temporanea di imprese (AtiSulcis) che doveva attuare il progetto di gassificazione ha gettato la spugna dopo il no ricevuto da Regione e Ministero delle Attività produttive a quasi tutte le richieste aggiuntive. Nel frattempo l'Ente minerario naviga senza timoniere, in una situazione "scandalosa e paradossale", come l'ha definita l'ex assessore dell'Industria, on. Pirastu (Fi), perché la nomina del nuovo liquidatore (il dottor Martucci) è stata bloccata prima dal Tar e poi dal Consiglio di Stato, che ha negato la sospensiva del provvedimento, sia la prima che la seconda volta (la Giunta aveva reiterato il provvedimento).
Il problema dell'Emsa, la cui liquidazione è costata sinora oltre 500 miliardi, "più di un intero Piano di rinascita", ha commentato l'on. Pinna (Ds), è ritornato all'esame della Commissione Industria (presidente l'on. Rassu, Fi) che deve dare il parere sul disegno di legge presentato dall'assessore La Spisa sul contributo, di 150 miliardi di vecchie lire, alla gestione liquidatoria che non c'è. Una situazione davvero poco chiara.
L'on. Pirastu, che ha presentato un'interpellanza "per conoscere chi è il responsabile della mancata costituzione nei giudizi (promossi dal predente liquidatore, l'ing. Colomo, cui Tar e Consiglio di Stato hanno dato ragione) della Regione" dando luogo a un "gravissimo inadempimento" che ha arrecato "notevole danno" e per il quale si chiedono "provvedimenti, anche disciplinari", ha sottolineato le responsabili dei legali che assistono la Regione, sui quali anche l'on. Granara (Fi), ha chiesto un'indagine.
Nel frattempo, svanito il progetto della gassificazione, negativo il giudizio sullo sfruttamento minerario della Nuova Silius, di una società francese (in ogni caso le quantità di materiale estraibile sono ridotte e la miniera va ad esaurimento entro cinque anni), bisogna trovare un percorso che garantisca dignità ai lavoratori e niente più salassi per il bilancio regionale, perché "in quei pozzi minerari, ha commentato l'on. Granara, le risorse non si estraggono, ma si buttano", ma, soprattutto, non si creino nuove aspettative, che sono "una presa in giro". Ed anche se per l'on. Pisano (Riformatori) non tutto del piano estrattivo regionale è da buttare (accomunando Nuova Mineraria Silius a Fluorsid si troverebbero forse gli equilibri economici), perché la fluorite ha una potenzialità economica, la soluzione più probabile sembra quella indicata dall'assessore dell'Industria, di un "accompagnamento lento" alla chiusura, che sarebbe meno traumatico e più oneroso di una chiusura rapida; non consentirebbe infatti di sfruttare gli investimenti fatti di recente, i quali promettono un debole profitto economico.
Ma se l'Enel non vuole più i carbone?, obietta qualche commissario. La Spisa smentisce: Enel e altre imprese autoproduttrici di energia elettrica sarebbero ancora interessate.
Il problema è, dunque, dare garanzie ai lavoratori, che, nel frattempo, conclusa per 300 la cassa integrazione, creano maggiori oneri. Di qui il provvedimento di legge, assunto prima della Finanziaria, per tamponare una situazione difficile. "Già a febbraio - dice l'assessore - la situazione si era fortemente appesantita". Difficile, del resto, pensare che un intervento da 150 miliardi di vecchie lire possa passare come un semplice atto finanziario. Considerate le implicanze, esso ha una chiara valenza politica. Giusto, allora, cercare di rimettere l'Emsa in linea di navigazione (La Spisa non ha escluso che possa tornare in carica il vecchio liquidatore, l'ing. Colomo, sulla cui sostituzione l'assessore ha aggiunto un diplomatico "no comment").
Quanto a un'altra delle società in discussione, la Progemisa, dovrebbe diventare "agenzia governativa" (altrimenti non avrebbe i requisiti previsti dall'Unione europea per gli appalti). Il progetto di legge relativo è all'ordine del giorno del Consiglio.
Giochi fatti per la Carbosulcis? Sembra di si; non c'è alcun industriale che voglia imbarcarsi nel progetto di gassificazione e nonostante il governo reputi i giacimenti di carbone "una risorsa strategica del paese", la prospettiva della chiusura lenta sembra inevitabile. Del resto la Comunità è indulgente per il settore del carbone e dell'acciaio e orientata a non rilevare eventuali infrazioni derivanti dal finanziamento di attività di dismissione.
Ma qui si pone il problema dei lavoratori, che l'on. Rassu richiama perché, senza aspettare le calende greche, si trovi una soluzione. Alcuni vanno in pensione ma per chi resta è possibile prevedere una sistemazione negli enti pubblici del territorio? A chi propone iniziative alternative (l'on Pinna ricorda 35 miliardi disponibili per favorire la nascita di nuove iniziative) si oppone lo scetticismo di chi, invece, ritiene che quel territorio abbia scarse prospettive di conversione e comunque sono richieste soluzioni definitive per lavoratori che hanno vissuto per troppi anni l'incertezza dietro l'uscio. (a.d.)
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