CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII legislatura

Asl di Lanusei: si potrebbero pareggiare i conti se non fosse troppo elevato il numero dei ricoveri. Non c'è sintonia coi medici di base. Il manager Italo Fancello sentito dalla Commissione Sanità.


Cagliari, 28 novembre 2001 - Ha, in Sardegna, il tasso più alto di ospedalizzazione e fra i più alti in Italia l'Asl 4 di Lanusei: il 220 per mille, sessanta punti in più della media regionale (160 per mille). Una anomalia che condiziona la spesa di una piccola azienda che copre un territorio di 59 mila abitanti in una zona, l'Ogliastra, con viabilità difficile e molte richieste che arrivano dalla periferia (Urzulei, Talana, Seui). I 17 miliardi di deficit con cui si prevede di chiudere il bilancio 2001 è poca cosa rispetto a buchi mastodontici (pensiamo ai 215 miliardi della Asl 8 di Cagliari), ma è ancora tanto perché la sanità è arretrata. "Siamo indietro", ammette il direttore. Italo Fancello, che ha esposto alla Commissione Sanità (presidente l'on. Noemi Sanna, An), in audizione,  la situazione generale, aggravata, appunto, dall'ospedalizzazione, "eccessiva e impropria". Senza questa anomali si potrebbe seriamente pensare di chiudere il bilancio in pareggio sempre che non si puntasse a migliorare la qualità dell'assistenza ad una popolazione che - lo dicono le cronache - invecchia con cadenze da record e pone perciò una serie di problemi specifici, come la necessità di potenziare e rendere autonoma la cardiologia, ora afferente alla medicina generale, con un reparto di 11 posti letto di cui 3 di unità coronaria, vista la frequenza delle patologie negli anziani e istituire un modulo di oncologia con 6 letti. Ma il problema sui ricoveri facili è forte una eredità di un vecchio modello culturale, che i medici del territorio non collaborano a rimuovere: Una medicina di base "distratta" non facilita un percorso virtuose nel quale all'ospedale si ricorre solo quando se ne avverte il bisogno.

Nella razionalizzazione dei servizi entra in gioco l'equilibrio fra pubblico e privato perché Lanusei è la sola Asl della Sardegna dove le due forme di assistenza quasi si equivalgono: 137 posti letto dell'ospedale civile e 80 della casa di cura Tommasini di Jerzu, che, peraltro, starebbe per togliere le tende e trasferirsi a Tortolì. Consenso dato dal precedente direttore generale su richiesta dell'assessorato regionale."Il progetto è idoneo" è stata la risposta. Ovviamente - assicura Fancello - è ancora tutto per aria; non si parla di convenzione, "non c'è né impegno, né responsabilità dell'azienda sanitaria". Solo un via libero generico che modifica ulteriormente il quadro.

Un problema assillante è costituito dal "tasso di fuga", cioè dei malati dell'area che si fanno curare in altre Asl. Fra i motivi la mancanza di specialisti nel territorio. Le distanze sono notevoli, i paesi decentrati. Trovare medici disposti al servizio è improbabile. "Ci vorrebbero incentivi; ma per gli incentivi occorrono risorse finanziarie. Che non abbiamo". E' un circolo vizioso dal quale la sanità pubblica non riesce a uscire. Con un'ulteriore aggravante: nel rapporto col privato la sanità pubblica sembra perdente, "perché qui è in ritardo nelle strutture e nelle attrezzature". Cala la fiducia dell'utenza, nella cui percezione comune il privato dà maggiori garanzie. "Noi - sottolinea Fancello - tentiamo l'azione di recupero", ma ci vogliono investimenti adeguati. Non è solo una questione di posti letto ("siamo molto al di sotto dei parametri introdotti dal decreto tagliaspesa. Non andiamo oltre il 3,6 per mille", precisa il manager dell'Asl. Senza l'apporto della sanità privata Lanusei scenderebbe al 2 per mille) ma di qualità dell'assistenza.

Ad esempio è necessario prevedere un "modulo" per oculistica e otorino, la cui mancanza determina un forte esodo di malati con costi superiori ai 2 miliardi. Nel riordino dei posti letto sarà istituita l'astanteria (obbligatoria) per il pronto soccorso (4), sarà attivato il day hospital (14) e altrettanti posti letto sono previsti per l'attività intra moenia dei sanitari. L'assunzione di un fisiatra preannuncia l'attività di un reparto (15 letti) di lungodegenza e riabilitazione. Ma qui si fermano i programmi e sarà giocoforza "comprare all'esterno alcuni servizi". C'è la possibilità di chiedere l'aumento dei posti letto, "ma preoccupa il fatto che l'espansione possa non coincidere con il miglioramento dei servizi". Spendere di più non significa una qualità migliore.

Piccole Asl non crescono o, perlomeno, faticano molto. Bisogna puntare sugli investimenti e sull'adeguamento delle strutture per essere competitivi. Ma anche all'interno dell'Asl il discorso è complesso, perché lo sforzo è inutile se mancano i manager di reparto e non esiste un coordinamento efficace. Si rischia di disperdere le risorse, le poche disponibili.

Fancello critica anche il documento della giunta regionale: "E' incompleto. Indica linee guida per l'ospedale, non per il territorio", dove, invece, è elevata la domanda".

Ma questo, ammette, è un discorso ancora più complesso e lento da realizzarsi


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