CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII legislaturaIllustrati dal Centrosinistra alle organizzazioni di categoria gli emendamenti alla Finanziaria presentati a favore dell'agricoltura. L'indebitamento delle aziende al primo posto.
Cagliari, 20 febbraio 2001 - Più di 4.500 aziende sarde indebitate sino al collo, rischiano di soffocare. Molte potrebbero essere vendute perché sono arrivate alle terza o quarta asta ed il prezzo diventa appetibile anche per qualche speculatore. E sono fra le aziende di livello dell'agricoltura sarda avendo investito per migliorare le produzioni. Figurarsi il resto del panorama, desolato e preoccupante. Quello dell'indebitamente è il primo nodo da sciogliere per evitare uno sconquasso. E su questo punto il centrosinistra ha presentato un emendamento alla Finanziaria di 120 miliardi per interventi che attraverso piani di risanamento restituiscano alle aziende reddito e competitività sul mercato. Il pacchetto degli emendamenti, di cui quello citato è il principale, supera complessivamente i 300 miliardi e prevede interventi sul riordino fondiario, le infrastrutture, l'agricoltura biologica, la forestazione. La proposta del centrosinistra è stata presentata oggi alle associazioni di categoria per raccogliere ulteriori suggerimenti. Univoca la risposta: senza interventi decisi e la capacità di spendere le somme stanziate, l'agricoltura sarda non solo non va avanti, ma rischia di precipitare. Gli onorevoli Alberto Sanna, Siro Marrocu e Velio Ortu hanno illustrato i provvedimenti sottolineando come anche la minaccia della Comunità europea (che aveva bocciato il piano terricolo) può essere scongiurata proprio dal piano aziendale di risanamento, evitando cioè che l'intervento pubblico possa essere inteso come una distorsione di mercato. Quanto alle infrastrutture, la proposta è quella di consentire ai Comuni la possibilità di contrarre mutui garantiti dalla regione per piani di viabilità, elettrificazione, risorse idriche. Ma si parla anche di Consorzi di bonifica, che di questi tempi mandano agli agricoltori i saldi di vecchi consumi (bollette da decine di milioni, in grado di dare il colpo da kappaò alle disastrate economie aziendali) . A parte le polemiche sulla gestione dei Consorzi, non sempre esente da errori, la restrizione dell'acqua a un numero ridottissimo di aziende rispetto ai possibili utenti ripartisce in testa a pochi i costi generale rendendo troppo onerose le utenze. Emerge un quadro fatto di inquietudini (dalla minaccia delle banche al costo elevato dei servizi. "paghiamo l'acqua più cara d'Italia", ha affermato l'on. Marrocu) a creare le quali ha contribuito, in maniera determinante, la Regione con una legge che, non presentata tempestivamente e non sorretta presso la Comunità, è stata un vero boomerang. Al danno si aggiunge la beffa, perché ora la regione, su invito dell'Europa, chiede la restituzione dei contributi erogati per abbattimento degli interessi.
Se questa è la situazione, ha detto l'on. Ortu, non si capisce come la Giunta regionale abbia ridotto i fondi propri, compensati, è vero, da fondi comunitari più cospicui, i quali tuttavia hanno perduto quel criterio di aggiuntività che dovrebbe garantire il salto di qualità di un settore che versa in condizioni di grave arretratezza. Le associazioni di categoria (Cia, Col diretti, Lega cooperative, Unione agricoltori, e rappresentante sindacale dei lavoratori forestali) hanno confermato come il settore rischi il tracollo senza interventi concreti ed hanno posto l'accento sulla necessità che le idee trovino il modo di essere concretizzate. Il rischio di non spendere è ancora più dannoso, perché crea molte aspettative fra gli agricoltori. Di qui la necessità di intese tra le forze politiche, come è stato fatto per fronteggiare gli effetti della lingua blu. Fra le richieste avanzate e non prese in considerazione dagli emendamenti, la dismissione dei beni regionali (sono in vendita anche quelli sui quali cooperative o aziende agricole hanno apportato miglioramenti fondiari e produttivi) e la necessità di finanziare le macro organizzazioni commerciali del settore (4 miliardi spariti nel nulla) per aprire il mercato ai prodotti locali.
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