CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII legislatura

D'Antoni al Congresso del PPS: federalismo, politica del lavoro e stato sociale.


Cagliari, 1 febbraio 2001 - D'Antoni guastafeste della Margherita? Il giudizio del segretario del Ppi sull'esordio in politica dell'ex leader della Cisl  "non è obiettivo né corretto", perché Democrazia europea si propone di aggregare le forze "eredi della dottrina sociale della Chiesa (la definizione è dello stesso D'Antoni - e orientate ad un umanesimo integrare che, per realizzare se stesso, chiede il rispetto verso gli altri". Una strada che il PPS vuole percorrere.

Ma la presenza di D'Antoni al congresso nazionale del PPS sabato scorso ad Alghero è probabilmente il segnale di un'intesa che deve essere collaudata e sulla quale si sono puntualizzate alcune condizioni. Prima, fra tutte, un federalismo compiuto che consente a ciascuno di decidere in casa propria, senza alcuna intromissione. In secondo luogo l'affermazione di quei valori che prevedono una società più equilibrata. "E' paradossale - ha affermato D'Antoni all'assise del partito popolare sardo - che i forti mutamenti prodotti da tecnologie e conquiste anziché elevare la qualità della vita ed accorciare le distanze fra ricchi e poveri, abbiano sortito effetto contrario aumentando i disagi e le distanze, omologando un mondo a due velocità". Regole, assetti, istituzioni vanno adeguati ad un modello di equità per evitare che la società abdichi ai suoi diritti. La disaffezione al voto è il segnale allarmante di una società in declino, che si affida al virtuale, e non partecipa alla politica (45 milioni di italiani la ignora i fatti e le regole) né vuol far conoscere la propria opinione (il 50 per cento non risponde ai sondaggi). L'assenza di un dibattito attento sui gradi tempi impoverisce di contenuti il rapporto logoro con le istituzioni e "un certo laicismo italiano non capisce né si sente interprete di certi valori".

Democrazia Europea non partecipa alla logica soffocante dei Poli, né vuol essere un cespuglio. Perciò chiede una legge elettorale diversa dai collegi uninominali "che presuppongono un bipartitismo perfetto". Le alleanze per vincere le elezioni si sono dimostrate improduttive, spesso un boomerang per la stabilità delle maggioranze.

Fra i punti "di una possibile sintonia" con il PPS l'attuazione di un federalismo compiuto, alla tedesca, partendo dalla trasformazione del senato in Camera delle Regioni; politiche del lavoro adeguate allo sviluppo delle realtà locali ("inutile e dannoso per la crescita del paese considerare alla pari il Nordest che non cresce per la mancanza di disponibilità di manodopera e il Sud che non cresce per la troppa disoccupazione") e il rifiuto a detestare gli utili reinvestiti, "che contribuiscono ad allungare le distanze fra le due Italie"; il pericolo rappresentato da un nuovo capitalismo che, dopo la fine dello Stato imprenditore, non ha trovato eredi autorevoli (poche le grandi imprese, moltissime le piccole e piccolissime) rischiando di trasformare l'economia di mercato in economia finanziaria con la conseguenza di  consegnare (è il caso di banche, telecomunicazioni, grande distribuzione) allo straniero.

Ma, soprattutto, la volontà di restituire alla politica un ruolo attivo, di partecipazione. "La porta al PPS è aperta", ha concluso D'Antoni, ma in una logica di reciproca parità e rispetto.


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