CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII legislatura

Il presidente del Consiglio regionale, Efisio Serrenti, ha "aperto" i lavori dell'ufficio politico della Conferenza delle regioni periferiche e marittime (CRPM) europee


Cagliari, 15 aprile 2004 - Il presidente del Consiglio regionale, Efisio Serrenti, ha aperto i lavori dell'ufficio politico della CRPM, la Conferenza delle regioni periferiche e marittime, riunito a Cagliari. I lavori, che proseguiranno anche domani, si svolgono nel salone dell'hotel Mediterraneo, a Cagliari. Questo il testo del breve intervento del presidente dell'Assemblea regionale sarda.

Desidero, innanzi tutto, rivolgere al presidente Claudio Martini e ai membri dell'Ufficio politico della Conferenza delle Regioni Periferiche e Marittime, i saluti del Parlamento regionale della Sardegna, l'isola europea che ha il piacere di ospitarvi.

Quella di oggi e di domani saranno due intense giornate di lavoro con l'attenzione rivolta sia all'allargamento dell'Unione ai nuovi Stati, sia all'adozione del trattato per la Costituzione europea, sia, come è ovvio, ai buoni motivi delle rivendicazioni avanzate dalle regioni periferiche e marittime europee, oltreché ad un attento esame del III rapporto sulla coesione economica e sociale appena pubblicato.

La CRPM ha svolto un'importante azione di coordinamento e di iniziativa nel corso dei lavori della Convenzione europea, in vista della revisione dei Trattati dell'Unione.

Come rappresentanti delle Regioni interessate abbiamo espresso soddisfazione per l'accoglimento, da parte della Convenzione europea, delle proposte volte ad inserire in diversi punti del progetto finale di Trattato costituzionale la nozione di "coesione territoriale", quale obbiettivo che si affiancherebbe a quelli della "coesione economica" e della "coesione sociale" sanciti dal Trattato vigente.

Si tratta di un riconoscimento determinante per lo sviluppo futuro delle politiche europee destinate a quei territori particolari - come le isole, ma anche come le zone montane e quelle a bassa densità demografica - caratterizzati da condizioni geografiche o demografiche permanenti, che ne ostacolano un'effettiva integrazione nel mercato unico.

Il 6 aprile 2004, immediatamente a seguito della pubblicazione del III rapporto sulla coesione economica e sociale, come presidente della Commissione delle isole ho inviato al presidente del Consiglio dei ministri del Governo italiano, Silvio Berlusconi, al ministro Enrico la Loggia, al presidente della Commissione europea, Romano Prodi, al commissario europeo per la Concorrenza, Mario Monti, e al commissario Michel Barnier, che oggi salutiamo nella sua nuova carica di ministro degli Esteri della Repubblica francese, una nota con la quale ho espresso la nostra soddisfazione riguardo alla posizione assunta dalla Commissione europea nei confronti delle regioni geograficamente svantaggiate (isole, montagne e regioni a bassa densità di popolazione).

Sia la proposta di destinare risorse più consistenti a questi territori, sia quella di innalzare il limite massimo di partecipazione comunitaria nel quadro dell'obiettivo "Competitività e impiego" rispondono alle nostre aspettative. Resta evidentemente auspicabile che gli Stati membri vogliano accordare una dotazione finanziaria significativa finalizzata a questo obiettivo, in mancanza della quale tali proposizioni sarebbero di minima efficacia.

D'altro canto le proposte contenute nel III rapporto relative ai territori a svantaggi geografici necessitano di essere recepite da disposizioni di identica portata nel campo particolarmente importante degli aiuti di Stato.

Soltanto l'autorizzazione di massimali di aiuti più elevati per questi territori permetterà di compensare i maggiori costi legati alla loro minore accessibilità o alla loro bassa densità di popolazione. Ora, il Terzo rapporto rimane estremamente prudente su questo aspetto, poiché si limita a prevedere, per le regioni che non dovessero beneficiare dell'obiettivo "Occupazione e convergenza", il semplice rinvio alle regole applicabili nei differenti settori d'intervento.

Ho richiamato l'attenzione delle autorità comunitarie e dei Governi sul fatto che l'assenza di qualsiasi differenziazione tra le regioni a svantaggi geografici e gli altri territori dell'Unione europea condurrebbe a trattare in modo identico situazioni manifestamente diverse e che ciò introdurrebbe nella legislazione comunitaria un elemento di discriminazione, con potenziali riflessi negativi sulla coesione territoriale dell'Unione.

Ad esempio, un progetto intrapreso in una zona di montagna isolata e debolmente popolata della Corsica o della Sardegna, o ancora in un'isola minore del sud Egeo (tutte regioni ormai inserite nell'obiettivo "Competitività e occupazione") beneficerebbe di un identico massimale di aiuto rispetto ad un analogo progetto intrapreso a Milano, Parigi o Francoforte.

Ho fatto appello, dunque, alla Commissione perché, nel quadro delle future linee direttrici in materia di aiuti di Stato a finalità regionale, le regioni insulari beneficino almeno dell'art. 87, comma 3, lett. c). Nello stesso spirito, sembra indispensabile individuare, negli inquadramenti trasversali o ancora negli aiuti di Stato a basso limite, un differenziale significativo in favore delle isole.

Queste disposizioni potrebbero ispirarsi a quelle che la Commissione ha di recente confermato nel quadro degli aiuti di Stato ai Paesi membri europei implicati nella produzione, nella trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli (regolamento della Commissione [CE] N. 1/2004 del 23 dicembre 2003), laddove una maggiorazione del 10% del massimale previsto è accordato alle zone svantaggiate.

Aggiungo che nel caso delle regioni insulari, l'impatto di una tale misura sarebbe marginale in rapporto al volume totale degli aiuti di Stato, che la Commissione intende ridurre. Infatti, secondo i dati statistici disponibili, le popolazioni insulari non ricompresse nell'obiettivo di convergenza ammontano ad appena 3,5 milioni di abitanti, cioè lo 0,7% della popolazione dell'Unione europea dei 25.

A questa cifra si aggiungono i 2 milioni di abitanti di Madera e delle Canarie, ma queste regioni mi sembrerebbero più da ricomprendere nell'articolo 87, comma 3, lett. a) in ragione della loro ultraperifericità. Del resto non si vede come una maggiorazione dell'ordine 10% dei massimali previsti per questi territori, per i quali la minore competitività è notevole, potrebbe causare delle distorsioni significative sul funzionamento del mercato interno.

Credo per il momento sia giusto limitarmi a queste breve considerazioni e, nell'augurare a tutti i partecipanti un buon lavoro e un gradevole soggiorno, con piacere cedo la parola al presidente della CRPM, Claudio Martini.


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