CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII legislaturaIl ruolo della Sardegna nei confronti dell'Unione Europea. Una "riflessione" del presidente Serrenti
Cagliari, 5 luglio 2002 - La riforma del Titolo V della Costituzione ha riconosciuto alle Regioni una "piccola soggettività internazionale". Il ministro La Loggia, recentemente, ha elaborato un disegno di legge per adeguare il nuovo ordinamento costituzionale alle realtà regionali ed ha previsto che le Regioni partecipino alla formazione dei provvedimenti europei all'interno di una delegazione governativa, che si presenti ai partner europei con una posizione unitaria. Una "interpretazione" che, probabilmente, soddisferà le regioni italiane economicamente più forti, ma non certamente la Sardegna.
Il presidente del Consiglio regionale, Efisio Serrenti, esaminando i nuovi rapporti che potrebbero esistere e che devono esistere tra l'Isola e la Unione europea, ha affermato che: "le Regioni non avranno una voce autonoma se non dentro la delegazione, il cui capo, alla fine, porterà là dove si decide una sintesi unitaria delle posizioni espresse. Normalmente, la sintesi dei diversi interessi è un'ottima cosa ed è un buon metodo, usato, per dire, nelle conferenze dei presidenti dei Parlamenti regionali e dei presidenti di Regione. Ma forse non c'era bisogno di cambiare la Costituzione per istituire una commissione che riunisse le Regioni a discutere di provvedimenti europei".
Personalmente, ha affermato il presidente Serrenti, sono del parere che alla Sardegna una "soggettività" di questa fatta non basti: deve avere la possibilità di partecipare autonomamente e - va da sé -nelle materie di sua competenza esclusiva alla formazione delle decisioni europee che la riguardano. C'entra la sua peculiarità, naturalmente, che ne fa una Regione a statuto speciale e che definisce la sua una "questione nazionale", come la quasi unanimità delle forze politiche, la cultura e la società sarde riconoscono. E c'entra la stessa Costituzione repubblicana che conviene sul diritto della Sardegna (così come delle altre Regioni speciali) a godere di "forme e condizioni particolari di autonomia".
Una posizione largamente condivisa in Europa. Il presidente dell'Assemblea regionale ha aggiunto: sia i lander tedeschi sia le nazionalità storiche iberiche, ma non solo queste entità, diciamo speciali, da tempo rivendicano sia all'interno degli stati di appartenenza sia direttamente con l'Europa di poter essere interlocutrici dirette dell'Unione.
Nel dibattito politico, che si è aperto sulla Nuova Costituzione Europea, questi temi sono stati affrontati. Ma, ha concluso il presidente Efisio Serrenti, qualcuno avanza l'idea di un "catalogo delle competenze", ripartite fra l'Unione, gli Stati, le Regioni. Voci molto deboli, se paragonate a quelle che riescono a sollevare gli Stati, già angosciati dall'aver delegato sovranità verso l'alto per pensare di doverne delegare anche verso il basso. Voci che rischiano di essere ancora più infiacchite se tutte le regioni europee, che sentono di averne diritto, non si uniscono per rivendicare una "soggettività internazionale" sì piccola, ma piena. Sarebbe un primo passo per quella Europa delle regioni e delle nazionalità che, sola, è in grado di colmare quel deficit di democrazia di cui la costruzione dell'unità del continente oggi soffre.
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