CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XII legislatura

Convegno le Isole dell'Unione europea dopo Nizza. Saluto del presidente Efisio Serrenti


Cagliari, 23 febbraio 2001- Il presidente del Consiglio regionale, Efisio Serrenti, ha portato il suo saluto personale e quello dell'Assemblea regionale sarda ai partecipanti al convegno su "Le Isole dell'Unione europea dopo Nizza", che si è aperto questo pomeriggio all'hotel Mediterraneo di Cagliari:

Signore, signori,

è la prima volta, dopo il vertice di Nizza, che si parla del futuro delle Isole dell'Unione europea. E lo si fa proprio in Sardegna, dove, più di venti anni fa, è stata costituita la commissione delle isole della Conferenza delle regioni periferiche e marittime della, allora, Comunità europea.

Da quel lontano appuntamento nuorese sono trascorsi molti anni, ma gli aspetti particolari dell'insularità, i problemi delle loro tradizioni e peculiarità culturali, dell'ambiente, del lavoro, delle infrastrutture e dei trasporti sono, per molti versi, gli stessi che gravano ancora sulle regioni marittime e periferiche d'Europa.

La Sardegna, lo ricordo con orgoglio, è sempre stata protagonista attiva in tutte le azioni politiche avviate per realizzare, prima, la Comunità europea e per giungere, poi, al riconoscimento del principio dell'insularità, alla definizione dei programmi necessari per rimuovere le obiettive penalizzazioni, legate anche allo status geografico, che hanno rallentato i processi di crescita di molte regioni europee.

Se si è arrivati, con il trattato di Amsterdam e la successiva interpretazione autentica della conferenza di Nizza, a ribadire la necessità di azioni specifiche a favore delle regioni insulari, a motivo dei loro svantaggi strutturali, come dispone l'articolo 158 del Trattato della Comunità europea, parte del merito hanno anche i rappresentanti della Regione Sardegna che hanno fatto parte dei diversi organismi comunitari.

A questo proposito sento il dovere di ricordare la preziosa opera dell'amico e collega Mario Floris, attento a questi temi sin da quando era presidente del Consiglio, e l'appassionato contributo dell'amico Paolo Fois, per molti anni autorevole presidente della commissione consiliare per le Politiche comunitarie.

Dalle affermazioni di principio, però, ora si deve passare a nuove ed incisive misure di intervento.

Gli abitanti delle 21 isole europee, quasi 13 milioni, per inserirsi con uguali diritti e possibilità di crescita degli altri cittadini europei, nel complesso sistema del mercato interno, hanno necessità di particolari politiche di coesione economica e sociale.

Scelte da decidere ed attuare subito, perché nel 2006, quanto dagli attuali 15 Stati si passerà ai 27 previsti dalle nuove richieste di adesione, la popolazione crescerà notevolmente, di oltre il 35 per cento, mentre il prodotto interno lordo salirà di un modesto 5 per cento.

Una crescita insufficiente, per soddisfare le esigenze dei molti milioni di persone che entreranno a fare parte, a pieno titolo, nella Nuova Europa.

Otto dei dodici nuovi Stati, che si apprestano ad entrare nell'Unione, hanno, infatti, un reddito pro capite pari al quaranta per cento di quello medio comunitario; la metà di quello dei paesi europei meno prosperi.

Una situazione particolarmente difficile che l'Unione europea, nei suoi cinquanta anni di storia, non ha mai dovuto affrontare e che impone una profonda revisioni delle politiche comunitarie.

Sono necessarie misure specifiche più incisive, come recentemente ha ribadito anche il commissario Barnier nella sua Seconda relazione sulla coesione economica e sociale; un documento di grande importanza per il futuro delle isole e per lo stesso, inarrestabile, processo di integrazione europea.

Le regioni considerate in ritardo di sviluppo, che oggi godono di cospicui finanziamenti, dovranno contare su somme molto inferiori. Ma le isole, penalizzate anche dalla loro situazione geografica, non potranno affrontare e risolvere i loro problemi, che sono molto particolari e difficilmente superabili con i programmi di intervento tradizionali.

Una migliore distribuzione delle attività economiche, il cosiddetto sviluppo policentrico, può essere una efficace risposta a queste esigenze.

Anche perché l'eccessiva concentrazione delle attività produttive, circa la metà del reddito comunitario viene prodotto in una zona pari ad un settimo della superficie complessiva dell'Unione, provoca notevoli squilibri ambientali e sanitari, con notevoli ripercussioni di ordine economico e sociale.

La Seconda relazione sulla coesione, a questo proposito, sottolinea come l'attuale finanziamento dei fondi strutturali, probabilmente, non è in grado di portare ad una effettiva riduzione delle disparità regionali, che si aggraveranno ulteriormente quando l'Unione europea passerà a 27 Stati.

Per superare gli squilibri e rimuovere le cause che limitano lo sviluppo delle isole, secondo Barnier, serviranno politiche più efficaci ed incisive che Comunità, Stati e Regioni dovranno essere in grado di elaborare ed attuare, puntando a superare l'handicap dell'insularità, trasformandolo in un vantaggio competitivo.

Una sfida da vincere ipotizzando nuovi scenari di sviluppo.

La Sardegna, al centro del Mediterraneo, è in una posizione strategica, che le consente di svolgere il ruolo di cerniera tra l'Europa, i Paesi terzi del nord Africa, quelli del vicino Oriente. Così come un ruolo importantissimo può svolgere la vicina Corsica

Le due isole cugine, Sardegna e Corsica, possono essere uno snodo importante nel sistema delle reti transeuropee di trasporto; stazione intermedia del metanodotto tra il nord Africa e l'Europa, punto di partenza di quella autostrada telematica, che è stata studiata e progettata proprio nella nostra isola.

Credo, però, sia necessario puntare anche sulla valorizzazione delle risorse ambientali, sulla ricerca, sulla realizzazione di un sistema integrato sardo-corso per risolvere, definitivamente, il problema idrico della nostra regione.

Ambiente, ricerca, acqua sono infatti i tre elementi necessari per realizzare uno sviluppo eco-compatibile, che garantisca qualità della vita e notevoli possibilità di sviluppo.

La ricerca, in un ambiente incontaminato come quello sardo, può diventare realmente un volano dello sviluppo. La ricerca pura ed applicata non ha bisogno di grandi spazi, ma di laboratori ed istituti attrezzati. La rete telematica permetterebbe, agli studiosi sardi, di essere in costante collegamento con tutto il mondo scientifico. Risorse idriche adeguate alle esigenze di un turismo in costante crescita e di una agricoltura, che punta sulla qualità, sono fattori determinanti di sviluppo, che non possono e non devono  essere ulteriormente trascurati.

Le scelte della Unione, e la Sardegna deve essere messa in condizione di far sentire la sua voce anche nelle sedi europee, devono seguire queste direttrici. Il ministro Letta a proposito della metanizzazione dell'Isola, il riconoscimento della elevata qualità della ricerca sarda, in tutti i diversi settori dello scibile umano, le recenti iniziative promosse dalle società sarde che operano nel campo della intelligenza artificiale, confermano che queste sono proprio le strade da seguire.

Da cinquanta anni i sardi si battono per un grande traguardo ed hanno fattivamente contribuito a raggiungere le mete che sembravano anche irraggiungibili. Il prossimo traguardo è la rifondazione dell'Europa, un progetto nel quale crediamo e per la cui realizzazione ci impegneremo, con le stesse energie e lo stesso entusiasmo che i sardi hanno sempre messo quando hanno combattuto per la libertà, la democrazia, i diritti dei più deboli. Ora si devono sconfiggere i ritardi, le arretratezze, le nuove povertà.

Con l'aiuto di Dio, essenziale per coloro che credono, e l'impegno di tutti, possiamo farcela. Forza Paris.               


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