CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII LEGISLATURATESTO UNIFICATO N. 45- 53- 68- 202- 211/A
Tutela della salute e riordino del Servizio sanitario della Sardegna
Approvato dalla Settima Commissione il 6 luglio 2006
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RELAZIONE DELLA COMMISSIONE SANITÀ - IGIENE PUBBLICA - MEDICINA SOCIALE - EDILIZIA OSPEDALIERA - SERVIZI SANITARI E SOCIALI - ASSISTENZA - IGIENE VETERINARIA - PERSONALE DELLE UU.SS.LL.
composta dai Consiglieri
MASIA, Presidente - GALLUS, Vice Presidente e relatore di minoranza - COCCO, Segretario - PETRINI, Segretario - AMADU - FRAU - IBBA, relatore di maggioranza - LAI - LANZI - LICANDRO - LIORI - OPPI - PACIFICO - UGGIAS
Relazione di maggioranza
On.le IBBA
pervenuta il 17 luglio 2006
La Settima Commissione ha approvato a maggioranza, con il voto contrario dei gruppi di opposizione, nella seduta del 6 luglio 2006, un testo unificato dei progetti di legge n. 45, 53, 68, 202, 211 su "Tutela della salute e riordino del Servizio sanitario della Sardegna".
I progetti di legge, di cui si è deliberato l'esame abbinato, hanno ad oggetto sia norme di riordino del Servizio sanitario regionale (disegno di legge n. 202 e proposta di legge n. 45), sia norme relative all'istituzione dell'Agenzia regionale della sanità (proposte di legge n. 55, 68 e 211).
Nel corso dell'istruttoria la Commissione ha nominato una sottocommissione al fine di esaminare il disegno di legge n. 202 e la proposta di legge n. 45 nelle parti riguardanti aspetti comuni, seppure disciplinati in modo differenziato, e di pervenire ad una unificazione dei testi; si tratta, in particolare, degli aspetti aventi ad oggetto la definizione degli organi delle aziende sanitarie e le modalità di partecipazione degli enti locali alle attività di programmazione, indirizzo e controllo dei servizi sanitari; al termine dell'esame dei due progetti di legge la sottocommissione ha ritenuto di non arrivare a scelte definitorie rimettendo le stesse alla Commissione, la quale è pervenuta alla elaborazione di un testo unificato apportando ai progetti di legge in esame modifiche scaturite oltre che da una approfondita discussione, anche dal confronto con i soggetti sentiti in audizione e dai contributi da essi acquisiti.
Il testo unificato ridisciplina la materia già oggetto della legge regionale 26 gennaio 1995, n. 5 (integralmente abrogata dallo stesso), e della legge regionale 24 marzo 1997, n. 10 (abrogata parzialmente), adeguando la disciplina del Servizio sanitario regionale alla riforma del Servizio sanitario nazionale introdotta con il decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (Modifica del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modifiche e integrazioni).
Come è noto l'intendimento sotteso al decreto legislativo n. 229 del 1999, già in più parti modificato da decreti correttivi e sottoposto ad una nuova cornice istituzionale e normativa dovuta alla riforma apportata con la revisione del titolo V, parte II della Costituzione, era quello di addivenire ad un modello unico nazionale di erogazione dei servizi sanitari portando a compimento l'aziendalizzazione, affermando il reingresso dei comuni nelle funzioni di verifica e di programmazione dei servizi e introducendo un riequilibrio nelle modalità di competizione tra strutture pubbliche e private.
Attualmente, l'affermarsi di distinti modelli regionali di assistenza, assieme alla recente definizione dei livelli essenziali di assistenza, ha fatto emergere i nodi finanziari del sistema ai quali le regioni dovranno fare fronte con risorse proprie ed hanno confermato una tendenza al cambiamento all'interno della quale, da più parti si invoca una più ampia riforma degli interventi volti alla tutela della salute.
Il presente testo unificato intende adeguarsi ai principi costituzionali e della legislazione nazionale, informando il sistema sanitario regionale al principio della centralità della persona, titolare del diritto alla salute, alle caratteristiche di universalità ed equità nell'accesso alle prestazioni sanitarie e definendo una organizzazione aziendale finalizzata al raggiungimento di una sanità di qualità nel territorio, attraverso la definizione di livelli di assistenza intesi come livelli necessari ed appropriati per il raggiungimento di tale obiettivo e l'individuazione di essi contestuale alla disponibilità delle risorse finanziarie da destinare alla tutela della salute.
A questo riguardo la Commissione ha fatto propria l'enunciazione dei principi di sistema presente nel disegno di legge della Giunta regionale apportandovi ulteriori specificazioni; in tal senso ha ulteriormente definito i criteri che consentono una specifica distinzione tra tipologie di assistenza, servizi e prestazioni posti a carico del Servizio sanitario regionale in quanto produttivi di un significativo beneficio in termini di salute o esclusi dai livelli di assistenza in quanto non soddisfino i criteri di efficacia e appropriatezza o il principio di economicità nell'impiego delle risorse (articolo 1). Il principio della centralità della persona come destinataria del diritto alla salute è stato affermato e reso concretamente applicabile attraverso la previsione di interventi finalizzati alla comunicazione, educazione alla salute e promozione della stessa, all'attuazione del consenso informato e della libera scelta nell'accesso alle strutture sanitarie e ai luoghi di cura, all'istituzione di uffici di pubblica tutela e di punti di accesso unitario in ogni presidio ospedaliero e in ogni distretto (articolo 4).
La discussione in Commissione si è incentrata prevalentemente su alcune tematiche.
Per quanto attiene alle norme generali di organizzazione delle aziende sanitarie la Commissione ha apportato ai progetti di legge in esame alcune modifiche soffermandosi, in particolare, sugli elementi che la Giunta regionale dovrà tenere in considerazione nella formulazione delle linee di indirizzo per l'atto aziendale all'interno delle quali ha confermato, introducendo ulteriori specificazioni, la scelta del dipartimento come modello ordinario di gestione operativa delle attività delle aziende sanitarie; si tratta di un modello organizzativo che vede l'integrazione e l'utilizzo in comune di risorse (professionali, logistiche, tecnologiche) tra più unità organizzative affini o complementari che conservano comunque la loro specifica autonomia e responsabilità professionale ma che possono concorrere, attraverso l'impiego in comune di risorse umane e materiali, all'eliminazione di duplicazioni e al perseguimento degli obiettivi di efficienza e qualità dei servizi sanitari; si è inoltre definita la composizione delle rappresentanze del Consiglio delle professioni sanitarie;
Specifico rilievo è stato attribuito alle disposizioni riguardanti le aziende ospedaliero-universitarie, attribuendo il giusto rilievo, per l'integrazione tra attività assistenziali e funzioni di didattica e di ricerca, ai protocolli d'intesa stipulati tra Regione e Università.
Sia all'interno di tali norme sia attraverso disposizioni specifiche, la Commissione ha inteso porre una particolare attenzione al perseguimento dell'integrazione tra politiche sanitarie e sociali prevedendo il collegamento tra assistenza ospedaliera e assistenza territoriale, soffermandosi in maniera dettagliata sulle disposizioni in materia di distretti socio-sanitari come luogo proprio di tale integrazione nel quale sono attivati l'appropriato svolgimento dei percorsi assistenziali per la presa in carico del bisogno del cittadino ed esplicitando il raccordo con la legge regionale sul sistema integrato dei servizi alla persona.
Una riflessione particolare è stata dedicata al ruolo degli enti locali nel sistema sanitario; le recenti modifiche costituzionali che hanno conferito agli enti locali una dignità pari a quella degli altri soggetti istituzionali affidando ad essi compiti e funzioni riguardanti il proprio territorio, hanno, infatti, accresciuto le aspettative di un adeguamento del sistema complessivo a tali principi ed hanno nel contempo evidenziato, nel rapporto con il servizio sanitario, la compressione del loro ruolo di fronte all'accentuarsi dei profili aziendalistici presenti al suo interno.
Per tali ragioni la Commissione si è soffermata con particolare attenzione sul tema della programmazione regionale e locale conferendo rilievo sia ai contenuti del piano regionale dei servizi sanitari sia, in particolar modo, alla partecipazione degli enti locali alla programmazione regionale e attuativa locale dei servizi sanitari, introducendo strumenti che ne riconfermino il ruolo valutativo, di verifica e controllo e di partecipazione democratica ai processi organizzativi riguardanti il proprio territorio; si è inteso in sostanza riequilibrare il ruolo assunto dalle aziende sanitarie in una prospettiva esclusivamente "aziendalistica", affiancando ai criteri della corretta ed efficiente gestione economica il coinvolgimento e la responsabilizzazione dei rappresentanti delle comunità locali, primi interpreti delle esigenze dei cittadini e portatori delle istanze di affermazione del loro diritto alla salute; sulla base di tali intendimenti, oltre alla definizione dei comitati di distretto, già presenti nel precedente ordinamento, si è istituita in ogni provincia la Conferenza provinciale sanitaria e socio-sanitaria che sostituisce ed amplia la preesistente conferenza d'azienda, composta dal presidente della provincia e dai sindaci dei comuni ricadenti nella provincia stessa, alla quale sono state attribuite funzioni di indirizzo e verifica periodica delle attività delle aziende sanitarie attraverso valutazioni e proposte al direttore generale dell'azienda e alla Regione, funzioni consultive sull'atto aziendale, sui programmi aziendali, sui bilanci delle aziende e sugli accordi tra aziende e università, attuativi dei protocolli d'intesa, sulla sostituzione del direttore generale, funzioni di valutazione dell'attuazione degli obiettivi previsti dal Piano locale unitario dei servizi (PLUS) e dalla programmazione locale e dell'operato del direttore generale; alla Conferenza si è inoltre conferito il compito di esprimere un parere sulla riconferma del direttore generale dell'azienda sanitaria, del quale la stessa può anche richiedere la revoca in caso di manifesta inattuazione dei programmi aziendali (tali facoltà sono attribuite, per le aziende ospedaliere, alla conferenza permanente Regione-enti locali).
L'introduzione nella legislazione nazionale e regionale del principio secondo cui le prestazioni erogate dal servizio sanitario debbano rispondere ai criteri di qualità, efficienza ed efficacia delle stesse, ha reso necessaria la creazione di strumenti operativi che ne controllino i processi; per tali ragioni ed a questo scopo, la Commissione ha previsto l'istituzione dell'Agenzia regionale sanitaria quale strumento indispensabile a supporto delle attività dell'Assessorato dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale in materia di programmazione sanitaria, verifica della qualità, congruità e quantità delle prestazioni ed a supporto delle aziende nello sviluppo delle tecnologie, degli strumenti e delle metodologie per il controllo di gestione e di valutazione di atti e contratti che comportino impegni di spesa pluriennali, di valutazione del fabbisogno formativo.
La creazione di un organismo tecnico-scientifico dotato di particolari forme di autonomia è apparsa la soluzione più rispondente alle esigenze prospettate in sede di discussione; in particolare la Commissione, aderendo ai contenuti delle proposte di legge in esame riguardo alla materia, ha delineato un organismo dotato di personalità giuridica pubblica e di autonomia organizzativa, tecnica, amministrativa contabile e gestionale nel rispetto degli indirizzi della Giunta regionale e nell'ambito dei finanziamenti assegnati dalla Regione, conferendo ad esso una maggiore autonomia rispetto al modello previsto nel disegno di legge della Giunta; si sono inoltre attribuite all'agenzia funzioni di supporto per le esigenze connesse con l'attività legislativa del consiglio regionale al quale la stessa dovrà presentare una relazione annuale sulle attività svolte e sui costi sostenuti; la responsabilità organizzativa e gestionale dell'agenzia si è affidata ad un direttore per la nomina del quale sono previsti criteri il più possibile oggettivi che contemplino una qualificazione scientifica nelle materie di competenza oltre ad una accertata esperienza dirigenziale; si è prevista, inoltre, una struttura adeguata agli obiettivi da raggiungere e non sovradimensionata rispetto ad essi, che possa arricchirsi delle competenze specialistiche più valide rispetto agli scopi da raggiungere.
La Commissione ha infine preso in esame con particolare considerazione la disposizione del disegno di legge n. 202 relativa alla ricerca biomedica e sanitaria ampliandone i contenuti e prevedendo gli strumenti e le risorse finanziarie che ne consentono l'attuazione.
Sull'articolato la Commissione autonomia ha espresso il parere previsto dall'articolo 45 del regolamento interno, evidenziando una sostanziale condivisione dei principi in esso contenuti relativi al concorso degli enti locali alla programmazione regionale e aziendale e alla valutazione dei risultati e nel contempo suggerendo alcune modifiche che la Settima Commissione ha ritenuto di accogliere ad eccezione di quelle relative all'articolo 6 nella parte riguardante le modalità e i termini per la richiesta dell'autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie, ritenendo che la definizione delle stesse debba far capo alla Giunta regionale al fine di adottare un criterio di uniformità su tutto il territorio regionale.
La Commissione ha accolto, inoltre, i suggerimenti contenuti nel parere espresso dalla Commissione Bilancio riformulando la norma finanziaria, apportando modifiche ai termini previsti per l'approvazione del piano regionale dei servizi sanitari, sopprimendo la disposizione relativa ai contenuti del DPEF in materia sanitaria e riformulando il comma 8 dell'articolo 24; la Commissione ha inoltre richiesto, ai sensi della legge regionale n. 1 del 1995, il parere del Consiglio delle autonomie locali; poiché tale parere non è pervenuto nei tempi previsti dalla legge regionale si é proceduto ugualmente all'approvazione del testo unificato.
Il provvedimento che si sottopone all'esame dell'Assemblea riveste grande importanza per gli assetti del sistema sanitario sardo tesi verso il cambiamento; per i cittadini in particolare, che potranno usufruire dei servizi e delle prestazioni adeguati ai principi di universalità, equità e globalità della copertura assistenziale sanitaria e per tutte la professionalità impegnate nel riordino di un servizio fondamentale per la società; per questi motivi se ne raccomanda l'approvazione.***************
Relazione di minoranza
On.le GALLUS
pervenuta il 17 luglio 2006Il provvedimento esitato dalla competente Commissione consiliare tende a colmare un vuoto legislativo ultradecennale; tempo evidentemente eccessivo vista la grande rilevanza che la sanità riveste per i cittadini e per tutti i settori della vita pubblica. A fronte di questa lunghissima attesa ci si sarebbe logicamente e conseguentemente aspettato un testo puntuale, incisivo e comprensivo di tutte le problematiche legate alla sanità sarda. Era ed è necessaria una razionalizzazione qualitativa di tutta l'organizzazione sanitaria regionale per renderla efficiente ai massimi livelli e per adeguarla alle mutate accresciute esigenze di offrire una assistenza sanitaria moderna, dotata di mezzi all'avanguardia, vicina agli assistiti e solidale con i loro familiari.
Non posso esimermi dal rimarcare il fatto che proprio su una materia che così tanto incide nella nostra società, per via della costante ricerca dei più alti livelli di prevenzione, di migliore qualità di assistenza e della vita, mi sarei aspettato, da parte di chi oggi ha la responsabilità di governare la sanità regionale, una maggiore apertura e sensibilità verso le forze di opposizione, al fine di creare un clima di fattiva collaborazione verso la ricerca di soluzioni ottimali e ampiamente condivise.
È un fatto certo che qualsiasi proposta giunta da parte delle opposizioni, sia sotto forma di suggerimento o anche di emendamento, per migliorare la qualità del testo, sia stata insensibilmente e insensatamente rigettata e respinta dalla maggioranza, senza che peraltro si potesse approfondire il merito di quanto si andava proponendo.
Certo risentiamo tutti di un clima di grande contrapposizione e litigiosità che sin dall'avvio di questa tormentata legislatura ha caratterizzato e guastato i rapporti istituzionali all'interno del Consiglio, ma questo non certamente per scelta di chi oggi siede sui banchi dell'opposizione, piuttosto direi per gli atteggiamenti della Giunta e della maggioranza che la sostiene. Anche se, in questa sede, mi corre l'obbligo di riconoscere che il presidente della Commissione, On. Masia, è sempre stato all'altezza del suo difficile compito che ha svolto con competenza e puntualità, a dispetto degli atteggiamenti non sempre costruttivi della maggioranza che lo ha espresso.
Prima di entrare nel merito del provvedimento, vorrei fare una considerazione di carattere generale per richiedere che venga riservata una maggiore attenzione e sostegno a tutte le piccole aziende sanitarie della Sardegna che in maniera più rilevante partono da uno stato di sofferenza, più volte lamentato e posto nella giusta evidenza, e alle quali va conferito un sostegno finanziario, di mezzi e organizzativo che purtroppo non trova riscontro nel disegno legislativo oggi in discussione.
Passando, invece, all'analisi del testo, soffermerei l'attenzione sull'articolo 5 in materia di "autorizzazione alla realizzazione di strutture sanitarie" per evidenziare la necessità che la Regione e il competente Assessorato dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale debbono, attraverso i loro apparati, garantire uguale dignità a tutti gli operatori e alle organizzazioni, sia pubbliche che private, per quanto attiene i requisiti richiesti nella fase di autorizzazione e di accreditamento e del rispetto, nel tempo, dei requisiti e degli standard verificati nelle fasi citate.
Infatti, bisogna raggiungere il traguardo di conferire al cittadino che chiede una prestazione al Servizio sanitario della Regione sarda, per un qualsiasi problema di salute, la garanzia non solo di qualità ed appropriatezza, ma anche di sicurezza, di accessibilità e di diritto di scelta. Devono essere garantiti, insomma, i suoi diritti di utente e il paziente va considerato nella sua dignità di uomo all'interno di una visione olistica.
Sempre in merito all'articolo 5, va rilevato che la Regione, per l'espletamento dell'iter autorizzativo, deve continuare a potersi avvalere di un nucleo tecnico che a tale scopo è già stato istituito, da tempo, in seno al competente Assessorato dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale. Questo risponde all'esigenza di non lasciare ad altri enti tale prerogativa. Non è pensabile che il controllato divenga controllore di se stesso e dei suoi concorrenti. Per garantire al cittadino onestà, trasparenza e affidabilità deve esservi un organismo "super partes", quale la Regione appunto, che garantisca la collaborazione tra i diversi soggetti attori della sanità in Sardegna e che faccia rispettare, sempre nell'interesse del paziente, le norme, la qualità e i requisiti richiesti.
A tal fine, proporrei una variazione dell'articolo 5, e precisamente del suo primo comma, per il quale suggerisco di completarlo con l'inserimento del concetto secondo cui la Regione, per l'espletamento della sua attività istruttoria relativa alla verifica, si avvalga del nucleo tecnico esistente. Per quanto attiene il secondo comma proporrei l'inserimento nel testo della previsione che l'obbligo di autorizzazione alla realizzazione di strutture sanitarie sia esteso anche ai soggetti rientranti nell'ambito di applicazione del comma 2 dell'articolo 8 ter del decreto legislativo n. 502 del 1992. Non è infatti pensabile che per le attività richiamate nel suddetto articolo 8 non sia applicabile l'obbligo di autorizzazione alla realizzazione.
Voglio ricordare che l'articolo 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992 così recita: "l'autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie è, altresì, richiesta per gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente, individuati ai sensi del comma 4, nonché per le strutture esclusivamente dedicate ad attività diagnostiche svolte anche a favore di soggetti terzi".
La ratio di quanto sto proponendo si fonda sull'esigenza di non consentire che la sanità possa viaggiare con regole e criteri diversi e diversificati, il cittadino deve avere uguale dignità e diritti. Non possiamo pensare che per una parte dell'assistenza erogata ai cittadini si torni indietro, lasciando che qualsiasi professionista decida in proprio le sue regole.
Rilevo altresì la necessità di intervenire anche nel testo dell'articolo 6 in materia di autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie dove, al comma 2, va inserito il principio che funzioni amministrative concernenti l'autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie spettino alla Regione per le strutture a bassa ed elevata complessità e gli studi professionali, in armonia con quanto determinato nel comma precedente del testo in esame.
Anche qui il provvedimento ha una sua logica, in quanto non è assolutamente pensabile che si possa lasciare ai comuni sardi un onere di tal guisa, vista la innumerevole mole di lavoro che gli uffici tecnici comunali espletano quotidianamente, con gli attuali risicati organici; vieppiù, oggi, detti uffici non hanno al loro interno le professionalità e l'esperienza necessarie per ottemperare alle norme in campo di edilizia sanitaria. Per queste motivazioni potrebbe succedere in breve tempo, non essendovi un controllo centralizzato, che nei diversi comuni della Sardegna la stessa problematica venga vista ed autorizzata in maniera diversa: per cui lo studio dello specialista odontoiatra di Palau, di Lanusei, di Santadi, di Bonorva o di Norbello subisca un iter differente e che i requisiti richiesti siano anch'essi differenti. Questo ricadrebbe in termini negativi sul cittadino fruitore di tali studi professionali, con buona pace delle norme, della sicurezza e della qualità garantitagli, solo a parole, dal Servizio sanitario della Regione Sardegna.
Mentre nel comma 3 dello stesso articolo 6 ravviso la necessità di una modifica tesa a far sì che, per lo svolgimento delle funzioni previste per le strutture a più elevata complessità, presso il competente Assessorato regionale permanga, come nella proposta originale, il nucleo tecnico per le autorizzazioni e gli accreditamenti, che deve essere potenziato anche con "qualificate personalità anche esterne al personale dell'amministrazione e delle aziende sanitarie".
In riferimento all'articolo 7, accreditamento istituzionale, al comma 5 va rilevato come non si possa dilazionare in tempi eccessivamente lunghi un istituto così importante ai fini della rispondenza a precisi requisiti per erogare prestazioni per il Servizio sanitario Regionale. Al fine evitare l'accumulo di un ritardo non sostenibile, si rende necessaria una modifica della previsione temporale, limitando tale ambito ad un solo anno dall'entrata in vigore del testo di legge in discussione, rispetto ai due previsti.
Nell'articolo 9, la previsione della lettera e) del comma 4, che impone la scelta del direttore del presidio ospedaliero tra le figure del direttore amministrativo e di quello sanitario, deve essere riportata in un alveo di competenza specifica prevedendo la nomina, in via esclusiva, del direttore sanitario.
Per quanto attiene il successivo articolo 10, che detta le norme generali in materia di organizzazione delle aziende sanitarie locali, nell'individuazione del direttore sanitario, si rende necessario richiedere che il titolo di studio specificamente richiesto debba essere sì la laurea in medicina e chirurgia con l'imprescindibile specializzazione nell'area di sanità pubblica. È impensabile, cari colleghi, che fatte le debite proporzioni, anche uno solo di noi possa mandare un familiare, un amico o un semplice cittadino a farsi operare di appendicite da un medico specialista, per esempio, in otorinolaringoiatria. Ebbene, se non si interviene con la modifica suggerita, cioè con la specializzazione adeguata, noi potremmo correre questo rischio. Infatti, come potrà, chi non ha avuto formazione ed esperienza sul campo, dare le giuste indicazioni al direttore generale di un'azienda sarda, il giusto apporto in una materia così vasta che tocca molteplici aspetti organizzativi: dall'ospedale, al territorio; dalla medicina di base, alla sicurezza nei luoghi di lavoro; dall'assistenza domiciliare, alla riabilitazione; dalla prevenzione, alla medicina specialistica.
Sarebbe opportuno evitare quello che quotidianamente possiamo constatare nella realtà sanitaria sarda, dove seguendo logiche non di natura scientifica o di formazione ma semplicemente di appartenenza a schieramenti o a compagini politiche, si rischia di snaturare le finalità della assistenza sanitaria. Tale visione è condivisa e sostenuta da diverse società scientifiche che non trovano corrispondenza nella formazione, nei percorsi formativi intrapresi a livello nazionale con le scelte operate sino ad oggi. Il mondo della sanità regionale ha, e deve sentire, il dovere di operare una svolta per porre fine a questo stato di cose. Bisogna avere il coraggio di lasciare fare ai nostri professionisti quello per cui si sono formati, dando spazio alle qualità professionali dei dirigenti sanitari.
Passando ad analizzare il primo comma dell'articolo 20, che disciplina la composizione del collegio di direzione sulla base degli indirizzi regionali, ravviso la necessità che, all'interno del collegio, venga ricompresa di diritto la presenza del direttore medico di presidio ospedaliero, del direttore di distretto e del direttore di dipartimento. Essi si aggiungeranno agli altri dirigenti che già fanno parte di diritto del predetto collegio di direzione, e cioè il direttore generale, il direttore sanitario e il direttore amministrativo aziendali.
Infine, spaventa la pletora di commissioni e conferenze di amministratori di ogni ordine e grado. Un appesantimento che, burocratizzando eccessivamente la struttura, tenderebbe a rallentarne l'efficacia nell'azione e la puntualità nelle risposte, ingessando di fatto la dirigenza aziendale.
Al termine di questa disamina, desidero sottolineare in positivo il contenuto dell'articolo 4, che riguarda la tutela del diritto del cittadino alla salute e al benessere e dell'articolo 24 in materia di ricerca biomedica e sanitaria. Due articoli pienamente condivisibili che hanno saputo cogliere la vera essenza riformatrice, così come doveva essere posta alla base della finalità di questo testo di legge. Per tali motivi questi articoli costituiscono un passaggio obbligatorio e imprescindibile. Inoltre merita apprezzamento l'istituzione dell'Agenzia regionale della sanità, in quanto potrà fornire un valido supporto nei confronti dell'Assessorato regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale.
In conclusione, avrete avuto modo di constatare che, pur contenendo elementi di criticità che non possono mancare a causa delle tante lacune e manchevolezze che le forze di opposizione hanno lamentato esservi nel testo di legge in discussione, con la presente relazione si è cercato di mantenere un profilo elevato evitando accuratamente inutili velleità polemiche ed entrando nel merito di specifiche argomentazioni per rilevare la necessità di introdurre modificazioni migliorative. Spero che, almeno in questa sede, si comprenda che lo spirito che ha mosso le forze di opposizione è quello di dare un contributo al miglioramento del nostro Servizio sanitario regionale, anche sulla base delle specifiche competenze acquisite sia a livello professionale che politico-istituzionale con la speranza che esso non venga vanificato dal perseverare in un atteggiamento, a questo punto davvero incomprensibile, di insensibilità e rigetto verso le nostre proposte.***************
Comunico alla S.V. Onorevole che la Commissione Bilancio, nella seduta del 5 luglio u.s., ha espresso il parere sugli aspetti finanziari del provvedimento in oggetto, suggerendo di provvedere alla rappresentazione della spesa generale, calcolata sulla base delle disponibilità recate dalle competenti UPB del bilancio vigente e di provvedere altresì alla istituzione di una apposita UPB con indicato il relativo stanziamento per l'attuazione dell'articolo che istituisce l'agenzia regionale della sanità alla cui copertura finanziaria si provveda con la riduzione degli stanziamenti previsti dalla UPB S12.030. La Commissione suggerisce altresì:
a) in relazione all'enunciato previsto dal comma 2 dell'articolo 12 di valutare che per la procedura di approvazione del Piano regionale dei servizi sanitari si indichino i termini che eventualmente possano coincidere con quelli previsti per la manovra finanziaria; la prevista contestualità dell'approvazione con il DPEF potrebbe infatti generare problemi interpretativi nell'attuazione pratica della norma;
b) in relazione all'enunciato previsto dal comma 8 dell'articolo 24 se ne suggerisce la soppressione in ragione del fatto che la riserva delle risorse in esso previste, pone vincoli alla destinazione dei fondi destinati all'intero sistema della ricerca incidendo, in tal modo, sulla stessa formazione del bilancio;
c) in relazione al comma 2 dell'articolo 26 se ne suggerisce la soppressione in quanto la disciplina relativa ai contenuti del DPEF é oggetto della legge di contabilità regionale. La Commissione ha nominato relatore in Consiglio a' termini dell'articolo 45, comma 2 del Regolamento, il Presidente.***************
La Commissione Prima nella seduta del 4 luglio ha espresso parere favorevole sul testo unificato. Si sono astenuti i commissari dei gruppi di opposizione.
La Commissione ha valutato favorevolmente che il testo affermi come principio il concorso delle autonomie locali alla definizione della programmazione dei servizi sanitari e ne valorizzi il ruolo e i compiti nell'ambito del servizio sanitario. Ha in particolare soffermato l'attenzione su questo aspetto, formulando le seguenti osservazioni le quali intendono contribuire a meglio definire sul piano procedurale e degli aspetti istituzionali il contenuto della legge.
Ruolo degli enti locali
Come è noto il sistema sanitario si è nel tempo configurato in modo da accentuare i profili aziendali e da rafforzare peso e funzioni degli organi dirigenti delle aziende. Non sono mancate però note critiche in ordine alla compressione del ruolo degli enti locali e conseguentemente delle comunità locali, sopratutto rispetto alle decisioni di programmazione e di indirizzo del sistema sanitario.
Con le recenti modifiche costituzionali ed ordinamentali che conferiscono agli enti locali una dignità costituzionale assimilabile a quella degli altri soggetti istituzionali (equiordinazione) e, in linea di principio, tutti i compiti e le funzioni che riguardano in modo diretto il proprio territorio (sussidiarietà), si rafforza l'attesa di un adeguamento dell'organizzazione amministrativa a tutti i livelli e in tutte le direzioni a questi principi.
Non a caso, la legge regionale 12 giugno 2006, n. 9, avviando i trasferimenti agli enti locali, aveva rinviato ad una successiva legge l'identificazione dei compiti e delle funzioni che gli enti locali dovevano e potevano esercitare anche nella sanità (articolo 71): si era consapevoli che le specificità del sistema sanitario ponevano problemi particolari ed allo stesso tempo che doveva essere recuperata e meglio definita la funzione degli enti locali all'interno del sistema.
Il testo predisposto dalla Settima Commissione, muove significativi passi in questa direzione affermando il principio del concorso degli enti locali alla programmazione sia regionale che aziendale (articolo 1), prevedendo funzioni sia di indirizzo che di verifica in capo alla Conferenza provinciale sanitaria e socio sanitaria (articolo 13) e del comitato di distretto (commi 6 e 7 dell'articolo 17), coinvolgendoli anche nella valutazione dei risultati aziendali (articolo 10).
Si tratta di un orientamento che la Prima Commissione condivide. Anche lì dove i poteri degli enti locali non sono compiutamente disciplinati, soprattutto per i loro effetti e per l'incidenza sulla programmazione sanitaria sia regionale che locale, si è convinti che la prassi non potrà che evolvere nel senso indicato dai principi affermati con nettezza in più punti del testo.
Consiglio regionale della Sardegna Prima Commissione permanente
Alcuni aggiustamenti potrebbero concorrere a rafforzare la posizione degli enti locali, senza intaccare la responsabilità gestionale dell'azienda.
Non sembra congruo demandare, come fa il comma 1 dell'articolo 15, all'intesa Regione - Conferenza enti locali la definizione delle modalità di funzionamento della Conferenza provinciale (aspetto che appare materia di legge, destinato come è a stabilire gli effettivi contenuti delle funzioni della Conferenza); così come non dovrebbe essere l'atto aziendale a definire la composizione delle rappresentanze nei comitati di distretto (comma 7 dell'articolo 17). In entrambi i casi la legge dovrebbe almeno formulare principi vincolanti.
Si sottolinea come la consultazione prevista dal comma 3 dell'articolo 12 nella fase di predisposizione del Piano regionale dei servizi sanitari non assorbe il parere del Consiglio delle autonomie locali, obbligatorio ai sensi dell'articolo 9 della legge regionale 7 gennaio 2005, n. 1, in quanto il Piano è approvato dal Consiglio regionale. Si tratta di una funzione assai diversa da quella di consultazione nella fase di predisposizione.
Inoltre non sembra coerente col ruolo della Conferenza permanente regione enti locali (che ha una funzione concertativa nell'adozione di atti amministrativi sia pure generali) l'integrazione prevista dallo stesso articolo 12 con la Conferenza permanente della programmazione sociale e socio sanitaria, organo questo a competenza settoriale ed affatto distinto dall'altro per ruolo, poteri e funzioni.
All'articolo 6 si dovrebbe meglio precisare in legge la distinzione delle competenze degli enti locali e della Regione (il riferimento al criterio della complessità dell'attività da autorizzare risulta indefinito e potrebbe essere fonte di incertezza); inoltre alla Giunta dovrebbe demandarsi la definizione dei soli profili strettamente tecnici, non anche le modalità e i termini per le richieste che o sono definiti in legge o competono all'autonomia organizzativa degli enti locali.
Agenzia regionale
Come si è osservato in precedenti occasioni (ARPAS), il testo sconta sotto questo profilo la mancanza di modelli di riferimento precisi nell'ordinamento regionale. Ciò pone delicati problemi di ordine organizzativo ed ordinamentale.
L'Agenzia regionale della sanità assomma funzioni molto diverse fra loro, caratterizzate dalla natura tecnica delle stesse. Si prefigura dunque come un'agenzia tecnica composta da personale di diversa provenienza con trattamenti molto diversi e con funzioni differenziate. Si vuole essenzialmente garantire che queste funzioni siano svolte privilegiando i profili tecnici e scientifici e la raccolta di dati oggettivi utili per tutti i soggetti coinvolti nella funzione sanitaria.
Il ruolo dell'Agenzia sarebbe rafforzato qualora la legge precisasse ulteriormente che le funzioni vengono svolte anche in favore degli enti locali per quanto di loro competenza. Ciò contribuirebbe a rendere più efficace il ruolo degli enti locali nel concorso alla programmazione regionale, nella valutazione dei bisogni del territorio, nella funzione di verifica della gestione.
Inoltre la Commissione, condividendo il fatto che l'Agenzia possa essere organo consultivo del Consiglio regionale, ritiene debba essere meglio disciplinato il concorso del Consiglio stesso alla definizione dei programmi ed alla organizzazione dell'Agenzia stessa.***************
TESTO DELLA COMMISSIONE
Titolo: Tutela della salute e riordino del Servizio sanitario della Sardegna
Capo I
Principi e funzionamento
del Servizio sanitario regionale
Art. 1
Principi del Servizio sanitario regionale1. Il Servizio sanitario regionale della Sardegna (SSR), assicura, nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, la tutela della salute come diritto fondamentale della persona e interesse della collettività, ai sensi dell'articolo 32 della Costituzione e delle disposizioni statali e regionali che ne sono svolgimento.
2. I principi di sistema del SSR sono:
a) la centralità della persona, titolare del diritto alla salute;
b) l'universalità e l'equità nell'accesso alle prestazioni e ai servizi sanitari;
c) la globalità della copertura assistenziale.
3. La Regione assicura i livelli essenziali e uniformi di assistenza, garantiti sull'intero territorio regionale e finanziati con risorse pubbliche ai sensi dell'articolo 26, attraverso:
a) le aziende sanitarie locali (ASL);
b) le Aziende ospedaliero-universitarie di Cagliari e di Sassari, ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 (Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale e università, a norma dell'articolo 6 della Legge 30 novembre 1998, n. 419);
c) l'Azienda ospedaliera di rilievo nazionale "G. Brotzu";
d) gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, ove aventi sede nel territorio regionale;
e) altri soggetti pubblici e privati accreditati con i quali la Regione e le aziende sanitarie locali abbiano stipulato accordi contrattuali.
4. La Regione promuove la qualità e l'appropriatezza dei servizi e delle prestazioni resi dalle aziende e dagli altri soggetti di cui al comma 3, vigilando in particolare affinché essi siano improntati ai principi della personalizzazione e dell'umanizzazione del trattamento e affinché ogni persona che entra in contatto con il SSR sia accolta secondo i suoi bisogni e le sue esigenze assistenziali. Sono posti a carico del SSR le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate. Sono esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico del SSR le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che:
a) non rispondono a necessità assistenziali tutelate in base ai principi ispiratori del Servizio sanitario regionale di cui al comma 2;
b) non soddisfano i principi dell'efficacia e dell'appropriatezza, ovvero la cui efficacia non è dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili o sono utilizzati per soggetti le cui condizioni cliniche non corrispondono alle indicazioni raccomandate;
c) non adempiono, in presenza di altre forme di assistenza volte a soddisfare le medesime esigenze, al principio dell'economicità nell'impiego delle risorse, ovvero non garantiscono un uso efficiente delle risorse stesse quanto a modalità di organizzazione ed erogazione dell'assistenza.
5. Il SSR valorizza le responsabilità individuali e collettive nella promozione di stili di vita idonei alla tutela della salute e favorisce la partecipazione degli utenti, singoli o associati, alla valutazione dei servizi sanitari, secondo quanto previsto negli atti aziendali di cui all'articolo 9.
6. Il SSR valorizza le risorse umane e le competenze professionali degli operatori anche attraverso la formazione continua, sostiene la loro partecipazione alle attività di ricerca, promuove il loro coinvolgimento nei processi decisionali, anche attraverso le loro organizzazioni di rappresentanza.
7. La Regione promuove l'efficienza del SSR sviluppando in particolare iniziative, anche sperimentali e con modalità innovative, per la qualificazione dell'assistenza, per la razionalizzazione della spesa sanitaria e per la semplificazione dei processi amministrativi.
8. La Regione si raccorda, secondo il principio di leale collaborazione, con le altre regioni e con lo Stato sia mediante rapporti di autocoordinamento e di coordinamento bilaterale o multilaterale, sia in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, oltre che di Conferenza unificata di cui al capo terzo del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione e ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali); promuove la puntuale attuazione degli obblighi comunitari e il raccordo con gli indirizzi e le decisioni di protezione della salute deliberati a livello di Unione europea.
9. Le aziende sanitarie di cui alle lettere a), b) e c) del comma 3 partecipano all'elaborazione del Piano regionale dei servizi sanitari e degli altri strumenti di programmazione da esso previsti.
10. Gli enti locali partecipano alla programmazione regionale e aziendale delle attività e alla verifica dei risultati di salute delle aziende sanitarie locali (ASL) nonché alla programmazione delle attività ed alla verifica dei risultati di salute dell'azienda ospedaliera e delle aziende ospedaliero-universitarie, secondo le modalità previste nei rispettivi atti aziendali.
11. Le Università di Cagliari e di Sassari collaborano con il SSR, in particolare in vista della formazione del relativo personale, dello sviluppo della ricerca biomedica e sanitaria, con speciale attenzione al quadro epidemiologico proprio della Sardegna; i rapporti con la Regione sono regolati, oltre che dai principi fondamentali contenuti nella legislazione statale e dalle disposizioni della presente legge, da specifici protocolli di intesa.
12. L'assistenza sanitaria e quella sociale sono integrate sulla base dei principi stabiliti dall'articolo 3 septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della Legge 23 ottobre 1992, n. 421), e successive modifiche e integrazioni, dalla legge regionale 23 dicembre 2005, n. 23 (Sistema integrato dei servizi alla persona), dal Piano regionale dei servizi sociali e dal Piano regionale dei servizi sanitari.
Art. 2
Aziende sanitarie locali1. Le Aziende sanitarie locali (ASL) della Sardegna, aventi personalità giuridica di diritto pubblico, dotate di autonomia organizzativa, amministrativa, tecnica, patrimoniale, contabile e di gestione, sono le seguenti:
a) Azienda sanitaria locale n. 1 di Sassari coincidente con l'ambito territoriale della Provincia di Sassari;
b) Azienda sanitaria locale n. 2 di Olbia coincidente con l'ambito territoriale della Provincia di Olbia-Tempio;
c) Azienda sanitaria locale n. 3 di Nuoro coincidente con l'ambito territoriale della Provincia di Nuoro;
d) Azienda sanitaria locale n. 4 di Lanusei coincidente con l'ambito territoriale della Provincia dell'Ogliastra;
e) Azienda sanitaria locale n. 5 di Oristano coincidente con l'ambito territoriale della Provincia di Oristano;
f) Azienda sanitaria locale n. 6 di Sanluri coincidente con l'ambito territoriale della Provincia del Medio Campidano;
g) Azienda sanitaria locale n. 7 di Carbonia coincidente con l'ambito territoriale della Provincia di Carbonia-Iglesias;
h) Azienda sanitaria locale n. 8 di Cagliari coincidente con l'ambito territoriale della Provincia di Cagliari.
Art. 3
Erogazione delle prestazioni sanitarie1. L'esercizio di attività sanitarie da parte di strutture pubbliche o private è disciplinato dai principi tratti dagli articoli 8, 8 bis, 8 ter, 8 quater e 8 quinquies del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, dalle disposizioni della presente legge e dalle disposizioni adottate dalla Giunta regionale ai sensi del comma 2.
2. La realizzazione di strutture sanitarie e l'esercizio di attività sanitarie sono subordinate alle relative autorizzazioni, ai sensi degli articoli 5 e 6. L'esercizio di attività sanitarie per conto del SSR è subordinato all'accreditamento istituzionale ai sensi dell'articolo 7. La remunerazione delle attività svolte dalle strutture e dai soggetti accreditati è subordinata alla definizione degli accordi e alla stipulazione dei rapporti contrattuali ai sensi dell'articolo 8.
3. Il rapporto di lavoro del personale medico convenzionato con il SSR è disciplinato dall'articolo 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni. Le attività dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta, delle farmacie pubbliche e private, nonché dei professionisti di cui al comma 2 bis dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, sono raccordate con le attività e le funzioni delle aziende sanitarie locali, di regola a livello distrettuale.
4. Le disposizioni della presente legge relative alle strutture, alle prestazioni e ai servizi sanitari si applicano anche alle strutture, alle prestazioni e ai servizi sociosanitari.
Art. 4
Tutela del diritto del cittadino
alla salute e al benessere1. È compito della Regione:
a) impartire direttive alle aziende sanitarie per l'attuazione di interventi di comunicazione, educazione e promozione della salute in collaborazione con il sistema scolastico, gli ordini professionali, l'università e con le organizzazioni di volontariato, di promozione sociale e della cooperazione sociale nonché per la partecipazione alla verifica della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate e alla verifica dei risultati;
b) emanare linee guida per la omogenea definizione delle Carte dei servizi e sovraintendere al processo di attuazione delle stesse;
c) impartire direttive alle aziende sanitarie per l'attuazione del consenso informato e per assicurare ai cittadini l'esercizio della libera scelta nell'accesso alle strutture sanitarie ed al luogo di cura;
d) emanare linee guida per la realizzazione uniforme degli uffici di relazioni con il pubblico, di uffici di pubblica tutela e di punti di accesso unitario ai servizi sanitari, nei presidi ospedalieri e a livello distrettuale;
e) impartire direttive alle aziende sanitarie per l'attuazione, anche sperimentale, di interventi, stili e pratiche operative, formazione delle professionalità, finalizzati alla umanizzazione delle cure ed alla costruzione del benessere del cittadino malato attraverso le varie componenti del sistema sanitario: le professionalità tecnico-scientifiche, l'interazione tra le diverse professionalità, l'organizzazione del lavoro, le strutture e il coinvolgimento delle organizzazioni del volontariato e di promozione sociale.
2. Nelle aziende sanitarie sono istituiti:
a) un ufficio di pubblica tutela, retto da persona qualificata, non dipendente del Servizio sanitario regionale; la funzione di responsabile dell'Ufficio di pubblica tutela (UPT) ha natura di servizio onorario;
b) un ufficio di relazioni con il pubblico affidato a personale dipendente;
c) punti di accesso unitario dei servizi sanitari (PASS) in ogni presidio ospedaliero, e in ogni distretto, composti da responsabili del percorso clinico, in diretta relazione con i medici di medicina generale.
Art. 5
Autorizzazione alla realizzazione
di strutture sanitarie1. La Giunta regionale stabilisce l'ambito di applicazione, le modalità e i termini per la richiesta e l'eventuale rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione di nuove strutture sanitarie e al trasferimento, ristrutturazione, ampliamento e completamento di strutture sanitarie già esistenti, sulla base degli indicatori di fabbisogno determinati dal Piano regionale dei servizi sanitari di cui all'articolo 12 o dagli atti che ne costituiscono attuazione. Per l'espletamento dell'attività istruttoria relativa alla verifica di compatibilità di nuove strutture sanitarie, prevista dall'articolo 8 ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, la Regione può avvalersi di personale delle aziende sanitarie.
2. Per i soggetti di cui al comma 2 dell'articolo 8 ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni non è applicabile l'obbligo di autorizzazione alla realizzazione di strutture sanitarie di cui al comma 1.
Art. 6
Autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie1. La Giunta regionale stabilisce e aggiorna, con propria deliberazione, i requisiti minimi strutturali, tecnologici e organizzativi richiesti per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private, nonché, sentiti gli ordini professionali e le associazioni professionali maggiormente rappresentative, degli studi professionali singoli e associati, mono o polispecialistici di cui al comma 2 dell'articolo 8 ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, sulla base dei principi e dei criteri direttivi contenuti nel comma 4 dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, definendo altresì la periodicità dei controlli sulla permanenza dei requisiti stessi, nonché le modalità e i termini per la richiesta dell'autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie.
2. Le funzioni amministrative concernenti l'autorizzazione di cui al comma 1 spettano:
a) ai comuni, con facoltà di avvalersi delle aziende sanitarie locali, per quanto concerne le strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale e gli studi professionali singoli e associati, mono o polispecialistici di cui al comma 2 dell'articolo 8 ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni;
b) alla Regione, per quanto concerne le strutture a più elevata complessità.
3. Per lo svolgimento delle funzioni di cui alla lettera b) del comma 2, presso il competente Assessorato regionale è costituito un apposito nucleo tecnico per le autorizzazioni e gli accreditamenti, alla cui composizione concorrono qualificate professionalità anche esterne al personale dell'Amministrazione regionale e delle aziende sanitarie. Il nucleo di valutazione costituito a norma della lettera c) del comma 10 dell'articolo 1 della legge regionale 13 ottobre 1998, n. 30 (Norme in materia di esercizio delle funzioni di igiene e sanità pubblica) è soppresso a far data dall'entrata in vigore della presente legge.
Art. 7
Accreditamento istituzionale1. Le strutture sanitarie pubbliche e private, autorizzate ai sensi dell'articolo 6, nonché i professionisti che intendono erogare prestazioni per conto del SSR, devono ottenere dalla Regione l'accreditamento istituzionale. La Giunta regionale, con propria deliberazione adottata sentita la competente Commissione consiliare, individua i criteri per la verifica della funzionalità rispetto alla programmazione nazionale e regionale e stabilisce i requisiti di qualità strutturali, tecnologici e organizzativi, ulteriori rispetto a quelli minimi, necessari per ottenere l'accreditamento. In particolare, le strutture che chiedono l'accreditamento devono assicurare forme di partecipazione dei cittadini e degli utilizzatori dei servizi alla definizione dell'accessibilità dei medesimi e alla verifica dell'attività svolta, un'adeguata dotazione quantitativa e la qualificazione professionale del personale effettivamente impiegato, la partecipazione della struttura stessa a programmi di accreditamento professionale tra pari, la partecipazione degli operatori a programmi di valutazione sistematica dell'appropriatezza e della qualità delle prestazioni erogate, il rispetto delle condizioni di incompatibilità previste dalla vigente normativa per il personale comunque impiegato.
2. Con la medesima procedura la Giunta regionale aggiorna periodicamente i requisiti di cui al comma 1 e definisce la periodicità dei controlli sulla permanenza dei requisiti stessi, prevedendo altresì modalità e termini per la richiesta dell'accreditamento istituzionale, nonché casi e modi di riesame della medesima.
3. Sui requisiti per l'accreditamento degli studi professionali la Giunta regionale acquisisce il parere degli ordini e dei collegi professionali interessati.
4. Entro novanta giorni dall'entrata in vigore delle disposizioni regionali di cui al comma 1, la Regione avvia la revisione degli accreditamenti provvisori concessi ai sensi della deliberazione della Giunta regionale n. 26/21 del 4 giugno 1998 e del relativo decreto dell'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale del 29 giugno 1998, recante requisiti e procedure per l'accreditamento delle strutture sanitarie pubbliche e private in attuazione del decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997 (Approvazione dell'atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l'esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture private), pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale 20 febbraio 1997, n. 42. Per la revisione degli accreditamenti provvisori, nonché per l'istruttoria delle nuove richieste di accreditamento, la Regione si avvale del nucleo tecnico di cui al comma 3 dell'articolo 6.
5. La revisione di cui al comma 4 deve essere completata entro due anni dall'entrata in vigore della presente legge; sino al completamento di tale revisione non possono essere rilasciate autorizzazioni alla realizzazione di nuove strutture sanitarie di media e grande complessità ai sensi dell'articolo 5, salvo quelle espressamente previste dal Piano regionale dei servizi sanitari di cui all'articolo 12 o da atti che ne costituiscono attuazione. In sede di concessione o di rinnovo dell'accreditamento, nonché di autorizzazione alla prosecuzione dell'accreditamento provvisorio sino alla definizione del procedimento di revisione del medesimo, si tiene comunque conto, per ciascuna struttura interessata, degli indici previsti dal Piano regionale dei servizi sanitari di cui all'articolo 12, in particolare del tasso di occupazione effettiva dei posti letto, al netto dei ricoveri ad elevato rischio di inappropriatezza.
Art. 8
Accordi e contratti1. Le aziende sanitarie locali definiscono gli accordi con le strutture pubbliche ed equiparate e stipulano contratti con quelle private e con i professionisti accreditati, tenuto conto dei piani annuali preventivi e nell'ambito dei livelli di spesa stabiliti dalla programmazione regionale, assicurando trasparenza, informazione e correttezza dei procedimenti decisionali. La Giunta regionale definisce appositi indirizzi per la formulazione dei programmi di attività delle strutture interessate alla stipula di accordi e contratti e predispone uno schema-tipo degli stessi.
2. Sino al termine del procedimento di revisione degli accreditamenti provvisori di cui al comma 4 dell'articolo 7, le aziende sanitarie locali possono definire gli accordi e stipulare i contratti con le strutture provvisoriamente accreditate sulla base di indirizzi definiti a livello regionale.
Capo II
Programmazione e organizzazione
delle aziende sanitarie
Art. 9
Norme generali di organizzazione
delle aziende sanitarie locali1. Le aziende sanitarie locali assicurano, attraverso servizi direttamente gestiti, l'assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, l'assistenza distrettuale e l'assistenza ospedaliera, salvo quanto previsto dalla presente legge in ordine all'azienda ospedaliera e alle altre strutture di cui al comma 3 dell'articolo 1. Le aziende sanitarie locali hanno personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale; la loro organizzazione e il loro funzionamento sono disciplinati dall'atto aziendale, di cui al comma 1 bis dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche ed integrazioni. L'atto aziendale individua in particolare le strutture operative dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale soggette a rendicontazione analitica, le competenze dei relativi responsabili e disciplina l'organizzazione delle aziende sanitarie locali secondo il modello dipartimentale, nonché i compiti e le responsabilità dei direttori di dipartimento e di distretto socio-sanitario.
2. Sono organi delle aziende sanitarie locali il direttore generale e il collegio sindacale. Il direttore generale è coadiuvato, nell'esercizio delle proprie funzioni, dal direttore sanitario e dal direttore amministrativo.
3. L'atto aziendale di cui al comma 1 è adottato o modificato dal direttore generale, sentita la Conferenza provinciale sanitaria e socio-sanitaria, di cui all'articolo 15, entro sessanta giorni dall'emanazione dei relativi indirizzi, predisposti dalla Giunta regionale, previo parere della Commissione consiliare competente. Il direttore generale trasmette l'atto aziendale alla Giunta regionale per la verifica di conformità ai suddetti indirizzi; decorsi trenta giorni dal ricevimento dell'atto, la verifica si intende positiva; ove la Giunta regionale si pronunci nel senso della non conformità, il direttore generale sottopone alla Giunta regionale un nuovo testo entro i successivi trenta giorni; se la verifica è ancora negativa, la Giunta regionale può revocare il direttore generale oppure nominare un commissario ad acta.
4. Gli indirizzi di cui al comma 3 forniscono in particolare elementi per:
a) la valorizzazione del coinvolgimento responsabile dei cittadini, degli operatori e degli utenti nelle questioni concernenti la salute in quanto diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività;
b) la valorizzazione delle aziende sanitarie locali quali elementi costitutivi e strumenti operativi del Servizio sanitario regionale all'interno del quale cooperano per la realizzazione degli obiettivi di salute;
c) la definizione di un assetto organizzativo delle aziende sanitarie locali che tenga conto del necessario stretto collegamento tra assistenza ospedaliera e assistenza territoriale nonché della indispensabile integrazione tra assistenza sociale e assistenza sanitaria, prevedendo in particolare l'articolazione in distretti e la compresenza in esse di uno o più presidi ospedalieri;
d) la specificazione delle funzioni della direzione aziendale, affiancata dai direttori di distretto socio-sanitario, in ordine alla negoziazione e alla stipulazione degli accordi e dei contratti con i produttori di prestazioni e servizi sanitari, alla garanzia della compatibilità tra il programma sanitario annuale di cui al comma 4 dell'articolo 13 e la disponibilità delle risorse finanziarie, al controllo e alla verifica dei risultati nei confronti di ciascun soggetto erogatore di prestazioni e servizi, allo sviluppo del sistema di programmazione e controllo di cui al comma 3 dell'articolo 13 e all'articolo 28;
e) l'individuazione delle principali funzioni del direttore sanitario, del direttore amministrativo, del direttore dei servizi sociosanitari, del dirigente medico e del dirigente amministrativo di presidio ospedaliero ovvero del direttore di presidio ospedaliero scelto tra i due, del direttore di dipartimento, del direttore di distretto socio-sanitario, dei servizi delle professioni sanitarie e sociali di cui alla Legge 10 agosto 2000, n. 251 (Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica), del collegio di direzione, del consiglio delle professioni sanitarie;
f) la scelta del dipartimento come modello ordinario di gestione operativa, a livello aziendale o interaziendale, di tutte le attività delle aziende, dotato di autonomia tecnico-professionale, nonché di autonomia gestionale nei limiti degli obiettivi e delle risorse attribuiti; la definizione degli organi del dipartimento: un direttore, nominato dal direttore generale sulla base di una rosa di candidati selezionata dal comitato di dipartimento, per la durata di tre anni non rinnovabili, che ha la gestione complessiva del budget, è responsabile del raggiungimento degli obiettivi assegnati, assicura il coordinamento organizzativo e gestionale, è garante della continuità assistenziale e della qualità dell'assistenza e ne assicura la verifica e il miglioramento continuo, promuove l'aggiornamento continuo tecnico scientifico del personale, rimane titolare della struttura complessa cui è preposto e può mantenere le funzioni assistenziali; il comitato di dipartimento, composto dai responsabili delle strutture che vi afferiscono e da una quota di componenti elettivi, individuati tra le professionalità presenti all'interno del dipartimento, il quale concorre alla definizione del programma d'attività ed alla verifica degli obiettivi;
g) l'individuazione dei servizi che devono essere aggregati in dipartimenti nonché i motivi che giustificano la costituzione dei dipartimenti stessi, tenuto conto, a tal fine, delle dimensioni demografiche, territoriali ed economiche dell'azienda e in funzione degli obiettivi e delle strategie aziendali;
h) le condizioni che giustificano l'accorpamento, in capo ad un'unica figura, di più funzioni o l'individuazione di ulteriori responsabilità limitatamente ai servizi di nuova istituzione;
i) la valorizzazione della funzione di governo delle attività cliniche o governo clinico, comprensiva della collaborazione multiprofessionale e della responsabilizzazione e partecipazione degli operatori, in particolare in relazione ai principi di efficacia, appropriatezza ed efficienza;
l) le modalità di raccordo con l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Sardegna (ARPAS) e con l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna.
Art. 10
Direttore generale, direttore sanitario
e direttore amministrativo1. Il direttore generale è responsabile della gestione complessiva dell'azienda sanitaria, ne ha la rappresentanza legale e nomina i responsabili delle strutture operative secondo i criteri e le modalità stabiliti dalla normativa nazionale. La nomina, la conferma e la revoca, nonché lo stato giuridico e il trattamento economico del direttore generale sono disciplinati dall'articolo 3 bis del decreto legislativo n. 502 del 1992 nel testo vigente al 31 dicembre 2005, avendo precipuo riguardo ai criteri di valutazione e all'assegnazione degli obiettivi di cui al comma 1 dell'articolo 16.
2. Il direttore generale attribuisce gli incarichi di cui al comma 2 dell'articolo 15 ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, curando la trasparenza del procedimento e attenendosi ai criteri di professionalità, attitudine gestionale e rispondenza alla programmazione aziendale e agli obiettivi assegnati dalla Regione. Il mantenimento degli incarichi conferiti è correlato al raggiungimento degli obiettivi di budget annualmente assegnati dalla direzione aziendale.
3. Ove ricorrano gravi motivi la Giunta regionale può disporre la sospensione cautelare del direttore generale dall'incarico, per un periodo di tempo determinato e di norma non superiore a sessanta giorni; in tal caso può nominare un commissario straordinario, scelto tra il personale con qualifica dirigenziale dell'Amministrazione regionale o delle aziende sanitarie, al quale spetta un'indennità non superiore a quella percepita dal direttore generale.
4. Trascorsi diciotto mesi dalla nomina di ciascun direttore generale, la Giunta regionale verifica i risultati aziendali conseguiti e il raggiungimento degli obiettivi di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 16 e, sentito il parere della Conferenza provinciale sanitaria e socio-sanitaria di cui all'articolo 15 ovvero, per le aziende ospedaliere, della Conferenza permanente Regione-enti locali, procede o meno alla conferma entro i tre mesi successivi alla scadenza del termine. La disposizione si applica in ogni altro procedimento di valutazione dell'operato del direttore generale, salvo quanto disposto dal comma 5.
5. Quando ricorrano gravi motivi o la gestione presenti una situazione di grave disavanzo o in caso di violazione di leggi o del principio di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione, la Giunta regionale risolve il contratto dichiarando la decadenza del direttore generale e provvede alla sua sostituzione, previo parere della Conferenza provinciale sanitaria e socio-sanitaria. Si prescinde dal parere nei casi di particolare gravità e urgenza. La Conferenza provinciale sanitaria e socio-sanitaria ovvero, per le aziende ospedaliere, la Conferenza permanente Regione-enti locali, nel caso di manifesta inattuazione del programma sanitario annuale e del programma sanitario triennale di cui al comma 3 dell'articolo 13, possono chiedere alla Giunta regionale di revocare il direttore generale o di non disporne la conferma, ove il contratto sia già scaduto.
6. In caso di revoca del direttore generale, la Giunta regionale, ove non abbia proceduto alla nuova nomina, può nominare, per un periodo di tempo non superiore a sessanta giorni, un commissario straordinario al quale si applica quanto disposto dal comma 3.
7. Il direttore sanitario e il direttore amministrativo sono nominati dal direttore generale e partecipano alla direzione dell'azienda secondo quanto disposto dai commi 1 quinquies e 7 dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, fatto salvo quanto previsto dalla lettera e) del comma 4 dell'articolo 9. Costituiscono requisiti:
a) per la nomina a direttore sanitario:
1) titolo di laurea in medicina e chirurgia;
2) età non superiore ai sessantacinque anni;
3) esperienza quinquennale, svolta nei dieci anni precedenti la nomina, di direzione tecnico-sanitaria in strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione in posizione dirigenziale con autonomia gestionale e diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche e finanziarie;
b) per la nomina a direttore amministrativo:
1) titolo di laurea in discipline giuridiche o economiche;
2) età non superiore ai sessantacinque anni;
3) esperienza quinquennale, svolta nei dieci anni precedenti la nomina, di qualificata attività di direzione tecnico-amministrativa in enti o strutture sanitarie, pubbliche o private o in enti pubblici o privati di media o grande dimensione, in posizione dirigenziale con autonomia gestionale e diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche e finanziarie.
8. I direttori generali, sanitari e amministrativi devono produrre, entro diciotto mesi dalla nomina, il certificato di frequenza del corso di formazione di cui ai commi 4 e 9 dell'articolo 3 bis del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni. Ove ricorrano gravi motivi gli incarichi di direttore sanitario o di direttore amministrativo possono essere sospesi o revocati dal direttore generale. Il direttore sanitario e il direttore amministrativo cessano dall'incarico non oltre sessanta giorni dalla data di nomina di un nuovo direttore generale, salvo conferma.
9. La funzione di direzione sanitaria è incompatibile con lo svolgimento di attività assistenziale.
Art. 11
Collegio sindacale1. Il collegio sindacale ha compiti di vigilanza sulla regolarità amministrativa e contabile delle aziende sanitarie locali; le sue attribuzioni e la sua composizione sono disciplinati dal comma 13 dell'articolo 3 e dall'articolo 3 ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, salvo quanto previsto dalla presente legge. Le modalità di funzionamento del collegio sindacale sono specificate dall'atto aziendale, sulla base degli indirizzi di cui al comma 3 dell'articolo 9.
2. Il collegio sindacale dura in carica tre anni ed è composto da cinque membri, di cui due designati dalla Regione, uno designato dal Ministro dell'economia e delle finanze, uno dal Ministro della salute e uno designato dalla Conferenza di cui all'articolo 15.
3. Ai componenti del collegio sindacale si applicano le medesime cause di incompatibilità previste per i direttori generali; sono inoltre incompatibili coloro che ricoprono l'ufficio di direttore generale, direttore sanitario, direttore amministrativo delle aziende sanitarie, nonché coloro che hanno ascendenti o discendenti, ovvero parenti o affini sino al quarto grado che nell'azienda sanitaria locale ricoprano l'ufficio di direttore generale, direttore sanitario, direttore amministrativo, oppure svolgano funzioni dirigenziali nell'istituto di credito tesoriere dell'azienda medesima.
4. Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, i componenti dei collegi dei revisori in carica cessano dalle funzioni e i collegi medesimi sono ricostituiti secondo le disposizioni del presente articolo.
Art. 12
Programmazione sanitaria regionale1. Il Piano regionale dei servizi sanitari ha durata triennale e rappresenta il piano strategico degli interventi di carattere generale per il perseguimento degli obiettivi di salute e di qualità del SSR al fine di soddisfare le esigenze specifiche della realtà regionale, anche con riferimento agli obiettivi del Piano sanitario nazionale.
2. La proposta di Piano regionale dei servizi sanitari, predisposta dall'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale ed approvata dalla Giunta regionale, è presentata al Consiglio regionale, entro il 30 giugno dell'ultimo anno di vigenza del piano in scadenza; il Consiglio regionale approva il piano dei servizi sanitari entro il successivo 31 ottobre. Spetta alla Giunta regionale approvare gli atti che costituiscono attuazione del Piano dei servizi sanitari, previo parere della competente Commissione consiliare, che lo esprime entro venti giorni dal ricevimento degli atti, trascorsi i quali il parere si intende espresso positivamente.
3. Nella predisposizione della proposta di piano di cui al comma 1, l'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale promuove una larga consultazione della comunità regionale, secondo i principi stabiliti nei commi 5, 6 e 9 dell'articolo 1, assicurando altresì la consultazione dei soggetti privati di cui al comma 3 dell'articolo 1; è comunque garantita la consultazione:
a) della Conferenza permanente per la programmazione sanitaria, sociale e socio-sanitaria, di cui alla legge regionale n. 23 del 2005;
b) della Consulta regionale per i servizi sociali, sociosanitari e sanitari di cui alla legge regionale n. 23 del 2005, ove istituita;
c) delle Università di Cagliari e di Sassari;
d) dei rappresentanti degli ordini e collegi delle professioni sanitarie.
4. La Giunta regionale può presentare al Consiglio regionale, entro il 31 ottobre del secondo anno di vigenza del Piano di cui al comma 1, una proposta di adeguamento del medesimo tenuto conto di eventuali priorità emergenti. La proposta di adeguamento è approvata con le modalità di cui al comma 2.
5. Il piano regionale dei servizi sanitari:
a) illustra le condizioni di salute della popolazione presente sul territorio con particolare riguardo alle disuguaglianze sociali e territoriali nei confronti della salute;
b) indica le aree prioritarie di intervento ai fini del raggiungimento di obiettivi di salute, anche attraverso la predisposizione di progetti obiettivo;
c) individua gli strumenti finalizzati ad orientare il SSR verso il miglioramento della qualità dell'assistenza;
d) fornisce indirizzi relativi alla formazione ed alla valorizzazione delle risorse umane;
e) indica le risorse disponibili e le attività da sviluppare;
f) fornisce criteri per l'organizzazione in rete dei servizi sanitari;
g) definisce la rete ospedaliera
h) individua le priorità e gli obiettivi per la programmazione attuativa locale.
Art. 13
Programmazione sanitaria
e socio-sanitaria locale1. Alla definizione della programmazione attuativa locale concorre la Conferenza provinciale sanitaria e socio-sanitaria ai sensi e con le modalità di cui al comma 2 e all'articolo 15.
2. La Conferenza provinciale sanitaria e socio-sanitaria, sulla base della programmazione regionale degli obiettivi di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 16, nonché del Piano locale unitario dei servizi (PLUS), ove adottato, verifica entro il 30 giugno di ogni anno il raggiungimento degli obiettivi previsti dal PLUS e dalla programmazione attuativa locale; entro il 30 giugno del terzo anno di vigenza del PLUS, la Conferenza delibera gli indirizzi per la nuova programmazione locale tenendo conto delle conseguenze finanziarie per l'azienda sanitaria locale e per gli altri soggetti sottoscrittori del PLUS.
3. Sulla base degli indirizzi di cui al comma 2 e contestualmente all'adozione del bilancio di previsione di cui alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 27, il direttore generale adotta, entro il 15 novembre di ogni anno, il programma sanitario annuale ed il programma sanitario triennale, con allegato il programma degli investimenti di cui all'articolo 14 della Legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici) e successive modificazioni. Nelle relative delibere di adozione il direttore generale espone le ragioni che hanno eventualmente indotto a discostarsi dai pareri espressi dalla Conferenza provinciale sanitaria e socio-sanitaria.
4. I programmi sanitari annuale e triennale delle ASL sono approvati dalla Giunta regionale entro il 31 dicembre.
5. Le aziende sanitarie predispongono annualmente una relazione sanitaria sullo stato di attuazione dei rispettivi programmi, promuovendo la partecipazione delle strutture organizzative e del Consiglio delle professioni sanitarie e la trasmettono, entro il 30 giugno, alla Conferenza provinciale sanitaria e socio-sanitaria ed alla Giunta regionale.
6. La Giunta regionale predispone annualmente la relazione sanitaria regionale sullo stato d'attuazione del programma e degli obiettivi definiti dal Piano dei servizi sanitari e la trasmette, entro il 30 ottobre, al Consiglio regionale e alla Conferenza permanente per la programmazione sanitaria, sociale e socio-sanitaria di cui alla Legge regionale 23 dicembre 2005, n. 23.
Art. 14
Integrazione socio-sanitaria1. La Regione persegue l'integrazione delle politiche sanitarie e sociali in ambito regionale, attraverso l'adozione del piano dei servizi sanitari e del piano dei servizi sociali e, in ambito locale, mediante il PLUS di cui all'articolo 20 della legge regionale n. 23 del 2005.
2. Il direttore generale dell'azienda sanitaria locale nomina il direttore dei servizi sociosanitari che opera ai sensi dell'articolo 3 septies del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni.
3. Il direttore dei servizi sociosanitari svolge, tra gli altri, i seguenti compiti:
a) supporta la direzione generale e le direzioni distrettuali per l'integrazione dei servizi sociali, sociosanitari e sanitari;
b) è preposto alla direzione ed al coordinamento funzionale delle attività sociosanitarie ad alta integrazione sanitaria dell'azienda;
c) partecipa alla programmazione, alla definizione ed alla realizzazione del PLUS.
4. Il comma 4 dell'articolo 32 della legge regionale n. 23 del 2005 è sostituito dal seguente:
"4. Alla definizione del PLUS l'azienda sanitaria locale partecipa con il direttore generale ovvero con il direttore dei servizi sociosanitari e con il direttore del distretto".
Art. 15
Conferenza provinciale
sanitaria e socio-sanitaria1. La Conferenza provinciale sanitaria e socio-sanitaria è composta dal presidente della provincia cui corrisponde l'azienda sanitaria locale o dall'assessore provinciale competente e dai sindaci dei comuni ricadenti nella provincia e si riunisce almeno due volte l'anno.
2. La Conferenza provinciale sanitaria e socio-sanitaria:
a) esercita le funzioni di indirizzo e verifica periodica dell'attività delle aziende sanitarie locali, anche formulando proprie valutazioni e proposte e trasmettendole al direttore generale ed alla Regione;
b) esprime parere obbligatorio sull'atto aziendale e sulle modifiche dello stesso, sul programma sanitario annuale e sul programma sanitario triennale delle aziende sanitarie locali, sui bilanci annuale e pluriennale di previsione e sul bilancio d'esercizio, sugli accordi tra le aziende sanitarie e l'università, attuativi dei protocolli d'intesa, trasmettendo alla Regione eventuali osservazioni;
c) valuta, entro il 30 giugno di ogni anno, l'attuazione degli obiettivi previsti dal PLUS e dalla programmazione locale;
d) esprime il parere e formula le richieste previsti dai commi 4 e 5 dell'articolo 10.
3. La presidenza della Conferenza provinciale sanitaria e socio-sanitaria è composta dal presidente della provincia o dall'assessore competente delegato, dai presidenti dei Comitati di distretto e dal sindaco del capoluogo di provincia, qualora non sia già presidente del comitato di distretto, ed ha funzioni di rappresentanza, formazione dell'ordine del giorno e convocazione delle riunioni, di organizzazione dei lavori della Conferenza e di verifica dell'attuazione delle decisioni assunte.
4. La Conferenza di cui al comma 1 esprime i pareri di propria competenza entro venti giorni dal ricevimento degli atti, trascorsi inutilmente i quali essi si intendono acquisiti come positivi.
Art. 16
Rapporti tra Regione e aziende sanitarie locali1. La Giunta regionale:
a) definisce in via preventiva gli obiettivi generali dell'attività dei direttori generali, in coerenza con gli obiettivi della programmazione regionale;
b) assegna, sulla base della programmazione regionale e aziendale, a ciascun direttore generale, all'atto della nomina e successivamente con cadenza annuale, gli specifici obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi, con riferimento alle relative risorse;
c) stabilisce i criteri e i parametri per le valutazioni e le verifiche relative al raggiungimento degli obiettivi di cui alle lettere a) e b), nonché il raccordo tra queste e il trattamento economico aggiuntivo dei direttori generali, a norma del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 luglio 1995, n. 502.
2. Le funzioni di supporto all'Assessorato regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale per lo svolgimento delle attività di cui al comma 1 sono svolte dall'agenzia istituita ai sensi dell'articolo 22.
3. La Regione persegue l'unitarietà, l'uniformità ed il coordinamento delle funzioni del servizio sanitario regionale, promuove l'integrazione e la cooperazione fra le aziende sanitarie e favorisce il coordinamento a livello regionale delle politiche del personale e delle politiche finalizzate all'acquisto, anche attraverso aziende capofila, di beni e servizi e allo sviluppo dell'innovazione tecnologica e del sistema informativo sanitario regionale.
Art. 17
Servizi sanitari e sociosanitari del territorio1. Le aziende sanitarie locali assicurano i livelli essenziali di assistenza nel territorio istituendo ed organizzando i distretti e i dipartimenti territoriali i quali operano in maniera integrata con la rete ospedaliera, il dipartimento dell'emergenza-urgenza e con il sistema integrato dei servizi alla persona.
2. L'organizzazione dipartimentale è regolata dall'atto aziendale; sono in ogni caso istituiti in ogni azienda sanitaria i seguenti dipartimenti territoriali:
a) dipartimento di prevenzione, articolato ai sensi del comma 2 dell'articolo 7 quater del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni;
b) dipartimento della salute mentale.
3. I distretti sociosanitari costituiscono l'articolazione territoriale dell'ASL e il luogo proprio dell'integrazione tra assistenza sanitaria e assistenza sociale; essi sono dotati di autonomia tecnico-gestionale, nell'ambito degli obiettivi posti dall'atto aziendale, economico-finanziaria, nell'ambito delle risorse assegnate e di contabilità separata all'interno del bilancio aziendale. In sede di verifica del raggiungimento degli obiettivi dell'attività dei direttori generali delle ASL, definiti ai sensi dell'articolo 16, la Giunta regionale assegna specifico rilievo alla funzionalità operativa dei distretti.
4. I distretti concorrono a realizzare la collaborazione tra l'azienda sanitaria locale ed i comuni e a favorire l'attuazione dei principi di cui all'articolo 1.
5. Il distretto territoriale, diretto da un responsabile nominato ai sensi del comma 3 dell'articolo 3 sexies del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni, articola l'organizzazione dei propri servizi tenendo conto della realtà del territorio ed assicura:
a) il governo unitario globale della domanda di salute espressa dalla comunità locale;
b) la presa in carico del bisogno del cittadino, individuando i livelli appropriati di erogazione dei servizi;
c) la gestione integrata, sanitaria e sociale, dei servizi, anche collaborando alla predisposizione e realizzazione del PLUS;
d) l'appropriato svolgimento dei percorsi assistenziali attivati dai medici di medicina generale, dai pediatri di libera scelta e dai servizi direttamente gestiti, per le competenze loro attribuite dalla programmazione regionale e locale;
e) la promozione, anche in collaborazione con il dipartimento di prevenzione, di iniziative di educazione sanitaria nonché di informazione agli utenti;
f) la fruizione, attraverso i punti unici di accesso, dei servizi territoriali sanitari e sociosanitari, assicurando l'integrazione con i servizi sociali e con i servizi ospedalieri;
g) l'attuazione dei protocolli diagnostico terapeutici e riabilitativi adottati dall'azienda.
6. Il direttore generale dell'azienda sanitaria locale, d'intesa con la Conferenza provinciale sanitaria e socio-sanitaria, individua i distretti e le eventuali modifiche dei loro ambiti territoriali, sulla base dei criteri indicati negli indirizzi regionali di cui al comma 3 dell'articolo 9, i quali tengono conto delle caratteristiche geomorfologiche del territorio e della densità della popolazione residente nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 3 quater del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni. Il direttore generale trasmette alla Regione i provvedimenti conseguenti con le stesse modalità previste dal comma 3 dell'articolo 9.
7. In ogni distretto comprendente più comuni o più circoscrizioni comunali è istituito il comitato di distretto socio-sanitario, composto dai sindaci dei comuni, o loro delegati. Ove previsto dalla legge e nel rispetto degli statuti comunali, fanno parte del comitato di distretto anche i presidenti delle circoscrizioni comprese nel distretto stesso. Le conferenze di distretto, previste dall'articolo 5 della legge regionale 26 gennaio 1995, n. 5, sono sostituite dai comitati di distretto.
8. Il comitato di distretto socio-sanitario, elegge al proprio interno il presidente con deliberazione adottata a maggioranza dei componenti; svolge i compiti di cui ai commi 3 e 4 dell'articolo 3 quater del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni ed esprime parere obbligatorio sul programma delle attività distrettuali, proposto dal direttore di distretto e approvato dal direttore generale, d'intesa, limitatamente alle attività sociosanitarie, con il comitato medesimo.
9. Il comitato di distretto socio-sanitario verifica l'andamento delle attività di competenza del distretto e formula al direttore generale dell'azienda sanitaria locale osservazioni e proposte sull'organizzazione e sulla gestione dei servizi e delle strutture di livello distrettuale.
10. Il comitato di distretto socio-sanitario si riunisce obbligatoriamente almeno due volte l'anno, nonché su richiesta del direttore generale dell'azienda sanitaria locale o di almeno un terzo dei componenti il comitato medesimo. L'atto aziendale di cui al comma 1 dell'articolo 9, determina le modalità di elezione, convocazione e funzionamento del comitato di distretto.
11. Il direttore generale dell'azienda sanitaria locale assicura il coordinamento tra le attività dei distretti e il Piano locale unitario dei servizi (PLUS) avvalendosi per quest'ultimo del direttore dei servizi sociosanitari.
Art. 18
Disposizioni
sulle aziende ospedaliero-universitarie
e sull'azienda ospedaliera1. Le aziende ospedaliero-universitarie sono disciplinate sulla base dei principi fondamentali contenuti nel decreto legislativo n. 517 del 1999. La Giunta regionale tiene conto delle finalità istituzionali e delle peculiarità organizzative di tali aziende in sede di predisposizione degli indirizzi per gli atti aziendali, ai sensi dei commi 3 e 4 dell'articolo 9. Gli indirizzi relativi agli atti aziendali delle aziende ospedaliero-universitarie sono predisposti dalla Giunta regionale, previo parere della Commissione consiliare competente e previa intesa, per quanto concerne i dipartimenti ad attività integrata e le strutture complesse a direzione universitaria, con i rettori delle università; il direttore generale adotta l'atto aziendale dell'azienda ospedaliero-universitaria d'intesa con il rettore dell'università interessata, in relazione ai dipartimenti ad attività integrata e alle strutture complesse a direzione universitaria; l'atto aziendale disciplina l'organizzazione e il funzionamento dell'azienda nel rispetto di quanto stabilito, limitatamente ai profili concernenti l'integrazione tra attività assistenziali e funzioni di didattica e di ricerca, dai protocolli d'intesa stipulati dalla Regione con le università ubicate nel proprio territorio, ai sensi del comma 2 dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 517 del 1999. Il direttore generale trasmette, entro quindici giorni, copia degli atti aziendali all'Assessorato dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale.
2. La Regione e l'università interessata concordano l'apporto economico-finanziario dell'università all'azienda ospedaliero-universitaria, sulla base dei principi stabiliti dall'articolo 7 e dal comma 7 dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 517 del 1999.
3. L'azienda ospedaliera di cui alla lettera c) e gli istituti di cui alla lettera d) del comma 3 dell'articolo 1 sono disciplinati in analogia, per quanto applicabile, con le aziende sanitarie locali; la Giunta regionale tiene conto delle finalità istituzionali e delle peculiarità organizzative di tali aziende e istituti in sede di predisposizione degli indirizzi per gli atti aziendali ai sensi dei commi 3 e 4 dell'articolo 9.
4. La remunerazione delle prestazioni e dei servizi resi dalle aziende di cui al comma 1 e 3 è definita, in relazione ai volumi di attività contrattati, nell'ambito degli accordi di cui all'articolo 8, salvo le eventuali assegnazioni regionali connesse a specifiche funzioni anche assistenziali, nonché i trasferimenti collegati alle procedure della mobilità sanitaria interregionale.
Art. 19
Consiglio delle professioni sanitarie1. Il Consiglio delle professioni sanitarie è organismo consultivo-elettivo delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e delle aziende ospedaliero-universitarie; esso esprime pareri e formula proposte nelle materie per le quali l'atto aziendale lo preveda.
2. Il Consiglio delle professioni sanitarie esprime il parere obbligatorio in particolare sulle attività di assistenza sanitaria e gli investimenti ad esse attinenti, sulla relazione sanitaria aziendale e sui programmi annuali e pluriennali delle aziende; il parere è espresso entro il termine di quindici giorni dal ricevimento degli atti trascorso inutilmente il quale si intende acquisito come positivo; il direttore generale è tenuto a motivare i provvedimenti assunti in difformità al parere espresso dal consiglio delle professioni sanitarie.
3. Il Consiglio delle professioni sanitarie dura in carica tre anni; le elezioni del nuovo consiglio sono indette dal direttore generale nei sessanta giorni antecedenti la data di scadenza ed hanno luogo entro trenta giorni dalla data di cessazione del precedente.
4. La composizione del Consiglio delle professioni sanitarie (formato da un numero da 20 a 40 componenti) è determinata dall'atto aziendale; in ogni caso:
a) il 40 per cento dei componenti sono rappresentativi della componente medica ospedaliera;
b) il 30 per cento deve rappresentare la componente medica extraospedaliera, in particolare i dipartimenti di prevenzione e della emergenza-urgenza, i medici di medicina generale e della continuità assistenziale, i pediatri di libera scelta, i medici specialisti ambulatoriali, i veterinari; la proporzione tra le varie componenti è stabilita dall'atto aziendale;
c) il restante 30 per cento deve rappresentare gli altri laureati del ruolo sanitario, il personale infermieristico, il personale tecnico sanitario, eletti tra i dirigenti;
d) fanno parte di diritto del Consiglio delle professioni sanitarie il direttore sanitario che lo presiede e, senza diritto di voto, il presidente dell'Ordine dei medici o un suo delegato.
5. Nelle aziende ospedaliere e ospedaliero-universitarie la componente di cui alla lettera a) del comma 4 costituisce il 70 per cento del Consiglio delle professioni sanitarie e, per le aziende ospedaliero-universitarie, è divisa a metà tra componente universitaria e componente ospedaliera; il restante 30 per cento è attribuito come alla lettera c) del comma 4.
6. Le modalità di elezione del Consiglio delle professioni sanitarie sono definite nell'atto aziendale; in ogni caso, l'elezione avviene a scrutinio segreto e ciascun elettore indica un numero di nominativi non superiore al 50 per cento di quello dei rappresentanti alla cui elezione è chiamato a concorrere.
7. In caso di dimissioni o di cessazione dalla carica di un membro elettivo si provvede alla sostituzione secondo l'ordine che è risultato dalla votazione.
Art. 20
Collegio di direzione1. Gli atti aziendali stabiliscono la composizione e le attribuzioni del Collegio di direzione sulla base degli indirizzi regionali di cui al comma 3 dell'articolo 9, prevedendo comunque la presenza in esso di personale sanitario convenzionato, i raccordi con gli organi aziendali, la sua partecipazione all'elaborazione del programma aziendale di formazione continua del personale, nonché il suo potere di proposta sulle modalità ottimali per:
a) estendere la cultura e la pratica di un corretto governo delle attività cliniche o governo clinico;
b) prevenire l'instaurazione di condizioni di conflitto di interessi tra attività istituzionale ed attività libero professionale;
c) favorire la gestione delle liste di prenotazione delle prestazioni;
d) garantire il miglioramento continuo della qualità delle prestazioni e dei servizi;
e) promuovere una cultura collaborativa nei confronti delle altre aziende sanitarie, in particolare con riguardo alla mobilità intraregionale e allo sviluppo della rete dei servizi.
Art. 21
Dirigenza del ruolo sanitario1. La dirigenza del ruolo sanitario ha rapporto di lavoro esclusivo, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 15 sexies del decreto legislativo n. 502 del 1992, nel testo introdotto dall'articolo 13 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, e tenendo conto del principio fondamentale di reversibilità desumibile dall'articolo 2 septies del decreto legge 29 marzo 2004, n. 81 (Interventi urgenti per fronteggiare situazioni di pericolo per la salute pubblica), convertito, con modificazioni, dalla Legge 26 maggio 2004, n. 138.
2. L'esclusività del rapporto di lavoro costituisce criterio preferenziale per il conferimento ai dirigenti del ruolo sanitario di incarichi di direzione di struttura semplice e complessa, nonché di quelli previsti dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 517 del 1999. La validità dei contratti individuali relativi a tali incarichi, operanti alla data di entrata in vigore della presente legge, è condizionata all'esclusività del rapporto di lavoro.
Capo III
Agenzia regionale della sanità,
ricerca e formazione biomedica
Art. 22
Agenzia regionale della sanità1. È istituita l'Agenzia regionale della sanità, di seguito denominata Agenzia, quale organismo tecnico-scientifico della Regione, dotato di personalità giuridica pubblica e di autonomia organizzativa, tecnica, amministrativa, contabile e gestionale, nel rispetto degli indirizzi e delle direttive stabiliti dalla Giunta regionale e nei limiti dei finanziamenti ad essa assegnati dalla Regione.
2. L'Agenzia svolge funzioni di supporto tecnico-scientifico nei confronti dell'Assessorato dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale in materia di programmazione sanitaria, verifica della qualità, congruità e quantità delle prestazioni; in particolare l'Agenzia fornisce assistenza tecnica alle aziende sanitarie nello sviluppo degli strumenti e delle metodologie per il controllo di gestione e di valutazione di atti e contratti che comportino impegni di spesa pluriennali e valuta il fabbisogno formativo.
3. Su indicazione della Giunta o del Consiglio regionale e nell'ambito dei compiti, del budget e delle risorse assegnate, l'Agenzia svolge il ruolo di raccolta dati, studio e proposta su tematiche relative alle politiche di innovazione in sanità.
4. Il Consiglio regionale può avvalersi dell'Agenzia per le esigenze connesse all'attività legislativa; l'Agenzia presenta annualmente alla Giunta e al Consiglio regionale una relazione sull'attività svolta e sui costi sostenuti.
5. L'Agenzia si avvale di:
a) esperti di alta professionalità, esperienza e riconosciuta competenza, assunti con contratto a termine di diritto privato;
b) personale delle ASL della Regione, comandato a tempo determinato;
c) personale appartenente ai ruoli unici regionali, posto a disposizione con deliberazione della Giunta regionale su proposta dell'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione, d'intesa con l'Assessore dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale.
6. Il numero massimo complessivo di personale di cui alle lettere b) e c) del comma 5 non può essere superiore alle quindici unità; il numero massimo di personale di cui alla lettera a) del comma 5 è stabilito annualmente sulla base dei compiti e del budget assegnati dalla Giunta regionale all'Agenzia.
7. Gli oneri relativi al personale di cui alla lettera c) del comma 5, continuano a far capo alla Regione per la misura massima di cinque unità.
8. Le attività tecnico scientifiche svolte dall'Osservatorio epidemiologico regionale, ai sensi della legge regionale 6 maggio 1991, n. 16 (Istituzione dell'Osservatorio epidemiologico regionale), sono attribuite all'Agenzia; il personale attualmente preposto allo svolgimento delle attività dell'Osservatorio epidemiologico regionale può, a domanda, essere posto a disposizione dell'Agenzia nel rispetto delle norme che disciplinano il personale regionale e l'organizzazione degli uffici della Regione, d'intesa con il direttore dell'Agenzia.
9. La Giunta regionale determina annualmente il piano di lavoro dell'Agenzia con deliberazione adottata sentita la competente Commissione consiliare che si pronuncia entro trenta giorni dal ricevimento del medesimo.
Art. 23
Direttore dell'Agenzia1. L'Agenzia è retta da un direttore che ne ha la responsabilità organizzativa e gestionale.
2. Il direttore è nominato con decreto del Presidente della Regione, su conforme deliberazione della Giunta regionale, adottata su proposta dell'Assessore dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale ed è scelto, con procedura ad evidenza pubblica, tra esperti di riconosciuta competenza e qualificazione scientifica in materia di programmazione, organizzazione e gestione dei servizi sanitari, in possesso di diploma di laurea e di accertata esperienza dirigenziale.
3. Il rapporto di lavoro del direttore è esclusivo ed è regolato da contratto di diritto privato di durata non inferiore a tre e non superiore a cinque anni ai sensi dei commi 8 e seguenti dell'articolo 3 bis del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni.
4. Il direttore adotta apposito atto di assetto interno nel quale sono stabilite le norme per il funzionamento e l'organizzazione dell'Agenzia sulla base degli indirizzi di cui al comma 1 dell'articolo 22.
5. L'Agenzia applica, nella gestione della propria attività, le disposizioni che disciplinano l'amministrazione, la contabilità e i contratti della Regione.
Art. 24
Ricerca biomedica e sanitaria1. La Regione promuove lo sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica in campo biomedico e sanitario e garantisce il coordinamento e la complementarietà delle azioni di ricerca e di innovazione intraprese dai soggetti del Servizio sanitario regionale, dalle università, dai centri di ricerca pubblici regionali, dal sistema del privato e del privato sociale, nonché il trasferimento dei risultati di eccellenza raggiunti.
2. La destinazione di risorse finanziarie a strutture, servizi e interventi nell'ambito del SSR da parte di enti pubblici e privati tiene conto, secondo il principio della leale collaborazione, delle priorità e degli obiettivi determinati dalla programmazione regionale e locale.
3. È istituito il Comitato tecnico scientifico per la ricerca biomedica e sanitaria, che si avvale del contributo anche delle università della Sardegna, con il compito di supportare la Giunta regionale per il raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1 e per la formulazione di proposte per la programmazione e il coordinamento degli interventi nel campo della ricerca biomedica e sanitaria; la composizione ed il funzionamento del Comitato sono definiti con deliberazione della Giunta regionale, sentito il parere della Commissione consiliare competente in materia di sanità.
4. La Giunta predispone entro il 30 marzo di ogni anno la relazione annuale sullo stato della ricerca biomedica e sanitaria in Sardegna.
5. Entro il 30 aprile di ogni anno, la Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare, adotta una deliberazione che individua, con apposito bando, le aree ed i settori di intervento della ricerca di maggiore interesse per il servizio sanitario regionale, garantendo attenzione alle patologie specifiche dell'isola, sui quali le università, le ASL, le aziende ospedaliere e per il loro tramite gli altri soggetti pubblici e privati individuati nel bando, possono presentare progetti di ricerca, determinando anche l'ammontare del finanziamento destinato alla realizzazione dei progetti stessi.
6. Entro il 30 settembre dello stesso anno la Giunta regionale, sulla base delle regole stabilite dal bando, provvede ad assegnare il finanziamento, anche pluriennale, ai progetti ritenuti congrui alla realizzazione degli obiettivi posti dalla programmazione regionale in ambito socio-sanitario, nei limiti dello stanziamento iscritto annualmente nel bilancio di previsione dell'anno cui il bando si riferisce.
7. La valutazione dei progetti viene effettuata attraverso una commissione di esperti nazionali ed internazionali indicati dal Ministero dell'università e della ricerca (MIUR) nominati dalla Giunta regionale.
8. Nell'ambito della spesa sanitaria lo stanziamento annuale complessivo della ricerca biomedica e sanitaria non può essere inferiore al due per mille del valore della quota di bilancio destinata al funzionamento delle aziende sanitarie locali; lo stesso stanziamento è incrementato annualmente nella misura del dieci per cento delle risorse provenienti dall'applicazione delle politiche di contenimento della spesa sanitaria regionale.
Art. 25
Formazione1. La Regione riconosce l'importanza della formazione tecnico-professionale e gestionale della dirigenza e del restante personale del SSR e a tale scopo ne favorisce la formazione continua e promuove, anche avvalendosi dell'Agenzia di cui all'articolo 22 e delle università, occasioni di formazione sulla programmazione, organizzazione e gestione dei servizi sanitari, con particolare attenzione alla diffusione delle tecniche di monitoraggio e controllo sull'appropriatezza clinica e organizzativa delle prestazioni e dei servizi sanitari.
2. Ferme restando le competenze degli organismi previsti dai contratti collettivi di lavoro, la Giunta regionale istituisce una apposita Commissione regionale per la formazione sanitaria, quale organismo di supporto per la definizione delle linee di indirizzo sulle attività formative di cui al comma 1.
Capo IV
Finanziamento, gestione e controllo
del sistema sanitario regionale
Art. 26
Finanziamento del Servizio sanitario regionale1. Il finanziamento del Servizio sanitario regionale è assicurato dal Fondo sanitario regionale, costituito dai fondi assegnati alla Regione o da questa acquisiti ai sensi della normativa vigente, nonché, ove presenti, dalla quota regionale di partecipazione alla spesa sanitaria e dai fondi regionali destinati a finanziare eventuali livelli integrativi di assistenza definiti a livello regionale.
2. La Giunta regionale individua ogni anno, sentita la Commissione consiliare competente in materia di sanità, i criteri per il riparto annuale del Fondo sanitario regionale tra le ASL sulla base di:
a) popolazione residente, tenuto conto delle caratteristiche demografiche rilevanti ai fini dei bisogni di assistenza;
b) variabili di contesto, con particolare riferimento alle caratteristiche infrastrutturali del territorio e alla variabilità demografica stagionale;
c) fabbisogno di assistenza, tenuto conto della domanda di prestazioni e della rete dei servizi e presidi;
d) obiettivi assistenziali e funzioni di coordinamento assegnati alle aziende sanitarie locali dalla programmazione regionale;
e) spesa per la mobilità passiva dell'anno precedente al riparto.
3. Il riparto del Fondo sanitario regionale è altresì effettuato, per le specifiche funzioni assistenziali assegnate, a favore delle altre aziende e istituti pubblici di cui al comma 3 dell'articolo 1.
Art. 27
Contabilità economico-patrimoniale1. Il sistema della contabilità economico-patrimoniale delle aziende sanitarie è definito dalla Giunta regionale, informandosi ai principi e alle disposizioni del codice civile e tenendo conto del sistema informativo sanitario nazionale e regionale, nonché delle esigenze poste dal consolidamento della finanza pubblica.
2. Il sistema della contabilità economico-patrimoniale comprende:
a) il bilancio pluriennale di previsione;
b) il bilancio annuale di previsione;
c) il bilancio consuntivo di esercizio.
3. Il direttore generale adotta entro il 15 novembre, sulla base del finanziamento come ripartito a norma dell'articolo 26, il bilancio annuale di previsione e il bilancio pluriennale di previsione contestualmente all'adozione sia del Programma sanitario annuale, sia del Programma sanitario triennale. Un piano annuale di fabbisogno del personale è inserito come allegato al bilancio annuale di previsione e ne costituisce parte integrante. Gli atti previsti nel presente comma sono trasmessi al competente Assessorato contestualmente alla loro adozione.
Art. 28
Sistema di programmazione e controllo1. Il sistema di programmazione e controllo si compone dei seguenti strumenti:
a) programma sanitario pluriennale e annuale, di cui all'articolo 13;
b) sistema informativo;
c) sistema budgetario;
d) contabilità analitica;
e) sistema degli indicatori.
2. Le caratteristiche e le modalità di gestione degli strumenti di cui al comma 1 sono stabiliti dalla Giunta regionale, tenuto conto del sistema informativo sanitario nazionale e regionale.
3. Il sistema budgetario di cui alla lettera c) del comma 1 comprende:
a) limitatamente alle aziende sanitarie locali, il budget di tutela, che raffronta il fabbisogno per macro-funzioni assistenziali, quale determinato dalla Regione in sede di riparto del Fondo sanitario regionale ai sensi dell'articolo 26, con il costo di acquisto o di produzione delle prestazioni e dei servizi necessari per assicurare il raggiungimento degli obiettivi assegnati;
b) i budget delle macro-articolazioni organizzative e dei centri di responsabilità individuati nell'atto aziendale.
Art. 29
Controlli regionali1. La Regione esercita, per il tramite dell'Assessorato competente, il controllo preventivo sui seguenti atti delle aziende sanitarie:
a) bilancio di esercizio;
b) atti di disposizione del patrimonio eccedenti l'ordinaria amministrazione;
c) atti o contratti che comportino impegni di spesa su base pluriennale per un importo complessivo superiore a tre milioni di euro; il controllo deve avvenire entro 15 giorni, trascorsi i quali gli atti si intendono approvati.
2. Gli atti o i contratti che comportino impegni di spesa inferiori ai tre milioni di euro non sono soggetti a controllo preventivo ma sono comunicati all'Assessorato contestualmente alla loro adozione.
3. Il controllo di cui al comma 1 è di legittimità e di merito. Il controllo di legittimità consiste nel giudizio circa la conformità dell'atto rispetto a disposizioni legislative e regolamentari. Il controllo di merito ha natura di atto di alta amministrazione e consiste nella valutazione della coerenza dell'atto adottato dall'azienda rispetto agli indirizzi della programmazione regionale, alle regole di buona amministrazione e alle direttive della Giunta regionale nella materia oggetto dell'atto.
4. Il termine per l'esercizio del controllo di cui alle lettere a) e b) del comma 1 é di quaranta giorni ed é interrotto qualora l'Assessorato dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale richieda chiarimenti o elementi integrativi; il medesimo termine è sospeso dal 5 al 25 agosto e dal 24 dicembre al 6 gennaio.
5. Gli atti soggetti al controllo preventivo ai sensi del comma 1 sono pubblicati in forma integrale contestualmente al loro invio al controllo. Nelle more del controllo regionale, ad essi non può essere data esecuzione.
6. La Giunta regionale nomina commissari per l'adozione degli atti obbligatori per legge, previa diffida a provvedere nel termine di trenta giorni, in caso di omissione o ritardo da parte del direttore generale.
Art. 30
Norma transitoria1. In fase di prima applicazione i termini di presentazione e le modalità di approvazione del Piano regionale dei servizi sanitari previsti dal comma 2 dell'articolo 12 si applicano a decorrere dal 1 marzo 2007.
Art. 31
Norme finali e abrogazioni1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati:
a) la legge regionale n. 5 del 1995;
b) la lettera c) del comma 10 dell'articolo 1 della legge regionale n. 30 del 1998.
2. Sono altresì abrogati gli articoli da 1 a 13; i commi da 6 a 8 dell'articolo 14; i commi 4 e 5 dell'articolo 22; gli articoli da 28 a 33; l'articolo 44; gli articoli da 46 a 51 e gli articoli da 53 a 55 della legge regionale 24 marzo 1997, n. 10.
3. Il limite di cui al comma 3 dell'articolo 42 della legge regionale n. 10 del 1997 è stabilito in euro 200.000.
4. I pareri obbligatori previsti dalla presente legge sono resi, salvo diversa previsione, entro trenta giorni dal ricevimento della relativa richiesta; decorso infruttuosamente tale termine, il soggetto richiedente può procedere ugualmente all'adozione dell'atto o provvedimento sul quale è stato richiesto il parere.
Art 32
Norma finanziaria1. Agli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge, valutati in annui euro 2.372.250.000, si fa fronte con le risorse previste dal Fondo sanitario nazionale e con le risorse integrative regionali per le stesse finalità, iscritte in conto delle UPB S12.029 e S12.030 del bilancio della Regione per l'anno 2006 e delle UPB corrispondenti dei bilanci per gli anni successivi.
2. Nel bilancio della Regione per l'anno 2006 ed in quello pluriennale per gli anni 2006-2008 sono introdotte le seguenti variazioni:
12 - SANITÁ
spesa
in diminuzione
UPB S12.030
Spese per il Servizio sanitario regionale2006 euro 30.000
2007 euro 500.000
2008 euro 500.000
in aumento
UPB S12.036
N.I. 0109 Tit. I Dir. 01 Serv. 02
Agenzia regionale della sanità e Comitato tecnico scientifico per la ricerca biomedica e sanitaria2006 euro 30.000
2007 euro 500.000
2008 euro 500.000
3. Gli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge fanno carico alle UPB S12.029, S12.030 e S12.036 del bilancio della Regione per l'anno 2006 e per gli anni 2006-2008 e alle UPB corrispondenti dei bilanci per gli anni successivi.
Art. 33
Entrata in vigore1. La presente legge entra in vigore il giorno della sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna.