CONSIGLIO REGIONALE DELLA
SARDEGNA
XIII LEGISLATURA
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Nota stampa
della seduta n. 404 del 25 febbraio
2008
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I sessant'anni dello Statuto celebrati in seduta solenne dal Consiglio regionale. Relazione introduttiva del presidente Spissu. Nella nuova Carta dei sardi le nuove condizioni di sviluppo e il rafforzamento dell'autonomia.
Cagliari, 25 febbraio 2008 - I sessant'anni dello Statuto sardo - di cui da tempo ap-pare una riscrittura - sono argomento di una seduta solenne del Consiglio regionale sul tema de "La specialità regionale tra presente e futuro". Argomento rilevante sia sotto il profilo giuridico-istituzionale, sia sotto quello politico, la ricerca di una nuova autonomia e l'accentuazione di una specialità rivelatasi, nel tempo, insufficiente anche nel favorire lo sviluppo sociale ed economico secondo una reinterpretazione moderna della "rinascita".
Parterre affollato, nell'aula del Consiglio per un evento che non è solo celebrativo, ma tende a far crescere la percezione della nuova Carta dei sardi.
Il presidente Spissu ha introdotto i lavori, ricordando che lo Statuto è sempre stato accompagnato "da esplicito rammarico e da non poche riserve per un grado di auto-nomia inferiore alle aspettative", soprattutto se paragonato a quello, assai più ampio, della Sicilia. La storia della Repubblica, attraverso il regionalismo ordinario, ha ri-stretto ulteriormente i margini delle specialità, concepite - ha ricordato Spissu - nell'immediato dopoguerra; condizioni di miglior favore, rispetto alle altre regioni, per assorbire l'effetto o di una "italianità" più annacquata o per "prospettare un futuro di emancipazione" per le regioni periferiche e isolane.
Non è stata un'esperienza facile, avendo, le regioni speciali, dovuto fronteggiare "le resistenze degli apparati centralistici" dello Stato "inclini a conservare i retaggi degli ordinamenti pre-costituzionali". In sostanza il bilancio dell'autonomia sarda è stato travagliato, "non privo di delusioni e, ancora oggi, carico di incertezze". A frenare lo slancio dei padri costituendi "l'arretratezza delle condizioni economiche e sociali", nonostante grandi ambizioni covassero sul piano delle riforme.
Un quadro economico condizionato dalla fine ingloriosa dell'industrializzazione di base, la dipendenza dei trasferimenti delle risorse pubbliche (il "ciclo" delle parteci-pazioni statati) ha disegnato un sistema assistito, "fragile e non competitivo" assai lontano dal traguardo che l'autonomia speciale inseguiva, quello del "superamento del divario con le realtà più avanzate del Paese".
Evidentemente non basta un forte caratterizzazione di popolo a livello culturale e i-deale, se non esistono prospettive di crescita sociale ed economica. Ancora oggi è questa la prospettiva dei nuovi rapporti con lo Stato, che il nuovo Statuto dovrà con-tenere.
La situazione politica nazionale (la crisi di governa; la prospettiva di andare ad ele-zioni col vecchio sistema elettorale, l'interruzione - per la fine anticipata della legi-slatura - di alcuni processi generali di riforma nell'attuazione del nuovo Titolo V del-la Costituzione, della legge delega sul federalismo fiscale e del Senato delle Regio-ni) rinvia alcune scadenze, ma rafforza la convinzione che bisognerà fare il fretta ("questo scorcio di legislatura regionale, la tredicesima - ha ricordato Spissu - può essere usata dalle forze politiche sarde per elaborare un più avanzato e moderno ri-ferimento costituzionale e istituzionale") comprendendo che i contenuti dell'autonomia vanno aggiornati all'evoluzione della società, dei mercati, dei rapporti internazionali, ma anche delle questioni "interne" (la definizione delle provviste finanziarie regionali e locali, "anche mediante la leva finanziaria", la finanza perequativa e di riequilibrio, la riaffermazione dei principi di solidarietà ed eguaglianza nell'ambito del territorio nazionale".
Parlare di specialità significa - tuttavia - comprendere prima di tutto la nostra re-sponsabilità, ha detto il presidente Spissu, ricordando che il ritardo "è prevalente-mente nostro", Ed è, ha aggiunto, "un ritardo di soggettività, ossia di progettualità, che non può avere come alibi il contesto esterno".
Sono in ballo temi complessi (come quello della sovranità; aspetto controverso. Con inevitabile citazione alla sentenza, non ancora motivata, della Consulta sulla bocciatura della tassa sulle seconde case a uso turistico), che lo Statuto dovrà mettere a fuoco e risolvere "disarmonie ormai evidenti" nella ripartizione delle competenze (articolo 117 della Costituzione).
"Vi sarebbe - ha concluso l'on. Spissu, l'opportunità di superare la logica del ritaglio delle competenze nella stessa materia e persino di mettere in discussione dal confi-gurazione della potestà legislativa concorrente. Il tutto in un ambito più vasto del pu-ro regionalismo, essendo evidente il nuovo contesto nazionale e europeo, nel quale la Sardegna "si veda garantita una specifica rappresentanza e una partecipazione ai processi decisionali che influiscono sugli interessi della comunità".
La storia della Sardegna autonomista - ha ricordato il prof. Umberto Allegretti (Uni-versità di Firenze) è stata caratterizzata, prevalentemente, in passato, dal confronti sugli interessi economici. Oggi va caratterizzandosi dai rapporti esterni, in particola-re con la "frontiera del Mediterraneo", anche alcuni rapporti con lo Stato dovrebbe prevedere, "fatti salvi alcuni standard" per così dire attinenti all'unità nazionale, competenze (ambiente, eco sistema, beni culturali). Sul versante mediterraneo il di-scorso coinvolge, con stessa intensità, le regioni meridionali e ciò dovrebbe spinge-re i sardi - sia nella scrittura del nuovo Statuto; sia nelle ricerca di più larghe intese programmatiche - più stretti collegamenti con le altre regioni. (adel).
Prosegue il Convegno "La specialità regionale tra presente e futuro".
Cagliari, 25 febbraio 2008 - Il convegno in corso di svolgimento nell'aula consiliare "La specialità regionale tra presente e futuro" è proseguito con l'intervento del professor Rolando Tarchi, dell'università di Pisa che ha detto che il problema da affrontare, ponendosi nell'ottica di una rivisitazione della specialità, è la sussistenza di spazi reali effettivi rispetto a quanto previsto nel titolo V della Costituzione riformato nel 2001. Siamo davanti a una crisi della specialità - ha aggiunto - che provoca una progressiva tendenza all'omologazione che ha ridotto gli spazi dell'autonomia regionale. Uno dei temi cruciali è come operare la revisione statutaria. Tarchi condivide il modello convenzione che è l'unico modo per coinvolgere anche le forze sociali e propende per la tecnica di riscrittura totale dello Statuto. Il professor Gianmario Demuro dell'università di Cagliari ha fatto una riflessione sullo Statuto che attualmente c'è in Sardegna e sugli scenari nazionali e internazionali in cui dovrà inserirsi il nuovo Statuto che dovrà essere improntato sulla base del principio della leale collaborazione. Il professor Enzo Balboni, dell'università Cattolica di Milano, ha parlato di federalismo, di devolution , delle esperienze della Catalogna, dei Paesi baschi, della Galizia e della Germania. Anche per Balboni la battaglia in Sardegna va fatta sullo statuto da riscrivere. Il pro-fessor Maurizio Maresca, dell'università di Udine, ha detto che la situazione è critica, sotto il profilo delle riforme, in tutto il paese. C'è bisogno di riforme - ha detto - e le regioni e i grandi comuni devono essere protagonisti. Ha parlato di crisi della specialità anche il professor Pietro Pinna dell'università di Sassari che ha affermato che le regioni a statuto speciale devono essere all'avanguardia di un nuovo regionalismo. L'autonomia speciale ha un senso - ha aggiunto - se è l'espressione di una specialità culturale. I lavori proseguono. (R.R.)Seduta solenne sul 60° anniversario dello Statuto speciale. Gli interventi dei capigruppo Silvestro Ladu, Luciano Uras, Pierpaolo Vargiu
Cagliari, 25 febbraio 2008 - La seduta solenne del Consiglio che celebra il 60° anniversario dello Statuto speciale prosegue con gli interventi di alcuni presidenti dei Gruppi consiliari-
Silvestro Ladu (Fortza Paris) ha ricordato come la circostanza odierna sia una tappa im-portante del percorso autonomistico perchè consente di fare il punto sul percorso com-piuto. Purtroppo questa circostanza capita nel pieno di una crisi economica e sociale anche a causa , secondo Ladu, del mancato adeguamento della specialità regionale. I limiti dello Statuto sono stati denunciati tante volte. Il nostro è viziato anche da un marcato centra-lismo regionale nei confronti degli enti locali. Ma serve una iniziativa coraggiosa per modificare il quadro normativo, ha detto, è necessaria una forma federale di governo: il federalismo consente a tutti i popoli di sviluppare la propria partecipazione alle scelte ed al governo complessivo del Paese. Negli ultimi anni si è presa fortemente coscienza della necessità di modificare lo Statuto; si è tentato di farlo attraverso una assemblea costituente, ma inutilmente. Di certo si impone una profonda revisione dello Statuto per migliorare la governabilità. Ma in quest'ambito va data piena applicazione alla attuale art. 12 sulla zona franca. Un comitato di studiosi e altre persone volenterose stanno scrivendo una bozza di nuovo Statuto, è un contributo importante per un confronto.
Luciano Uras (Prc)ha esordito ponendosi il quesito se "si possa essere certi che l'attuale statuto sia stato attuato integralmente". Siamo stati in grado, si è chiesto, di averne tratto le migliori opportunità? "Credo di no, ha detto". Per Uras si può recuperare molto spazio della nostra autonomia attraverso una integrale attuazione anche dello statuto presente. Non c'è la convinzione necessaria per una sua modifica, ha proseguito, nè la convinzione di cambiare le regole. Si è provato con una legge statutaria, ma senza esito alcuno. Sottolineando che si governa la Sardegna attraverso una legge elettorale che ha portato a 85 il numero dei consiglieri, e che con questa stessa legge il prossimo Consiglio potrebbe essere costituito da 100 componenti, ha ribadito che giace da tempo una proposta di legge per ridurre questo numero a 60 ma inutilmente.. "Come sarà mai pos-sibile che riusciamo a fare un nuovo Statuto se non siamo riusciti neppure a fare una legge Statutaria?". Il vero obiettivo che deve animare il dibattito ed il confronto è piuttosto quello di ampliare la democrazia e allargare gli spazi della moralità pubblica. "Bisogna colmare il distacco fra cittadini e istituzioni. Vorremmo avere uno Statuto idoneo a garantire politiche di sviluppo per le persone".
Pierpaolo Vargiu (I Riformatori) ha espresso perplessità sulla possibilità che nell'ambito di un convegno emergano proposte operative su un tema così delicato. Occorre partire da alcune domande, ha detto: che cos'è la specialità regionale? In che cosa essa consiste?. "Questa specialità esiste solamente -ha affermato- se esiste uno spirito identitario comune e diffuso". A rileggere gli atti della Consulta che elaborò l'attuale statuto, Vargiu ha ri-cordato che si denotava anche allora che i sentimenti che animavano i consultori andavano ben al di là del comune sentire dei sardi. Bisogna porsi un quesito oggi: esiste da parte dei cittadini la consapevolezza di come si debbano cambiare le regole generali al fine di poter definire come la Sardegna deve porsi a livello nazionale e internazionale? Il problema fondamentale è capire se serve un nuovo Statuto e che cosa scrivere in esso. Ricordando che nella passata legislatura la propria parte politica aveva sostenuto la Costituente per lo Statuto, ha spiegato che solo se vi è un coinvolgimento della gente si può capire cosa essa voglia realmente scrivere nel nuovo statuto. "Se la proposta è quella di tornare all'idea della Consulta, che rappresenta uno strumento tutto interno al Palazzo, non si va nella giusta direzione". "La nostra impressione è che il sentire comune che porta alla riscrittura delle regole è delle elites piuttosto che della cittadinanza". i cui problemi sono quelli della sopravvivenza e dello sviluppo. Se non si fa in modo che la gente si convinca che la riscrittura delle regole serve alla modernizzazione, si compie una mera operazione elitaria". "Vorrei -ha concluso- che la questione dello Statuto non fosse un argomento da convegno, ma vorrei che potesse tornare fra la gente".
(LP)
I sessant'anni dello Statuto: l'on. Violante conclude i lavori della mattinata. Un invito alla prudenza: evitare la tentazione di voler scrivere una microcostitu-zione.
Cagliari, 25 febbraio 2008 - Il presidente della Commissione Affari costituzionali della Camera, Luciano Violante, ha concluso la prima parte dei lavori della seduta del Consiglio regionale su "La specialità regionale tra presente e futuro", con un invito alla prudenza sulla scrittura del nuovo Statuto. Bisogna evitare la tentazione - ha detto - di voler scrivere una micro costituzione. Riferimento evidente all'esperienza del Friuli, nel cui Statuto il legislatore regionale intendeva determinare "anche le competenze dello Stato", andando oltre alcuni limiti, che, se accettati, potrebbero generare caos istituzionale (basterebbe, cioè, che un'altra Regione differenziasse le competenze). Meglio, allora, operare in altra direzione, "lavorando per la crescita della Regione e per la competitività complessiva del Paese".
La specialità, in ogni caso, non è un valore assoluto. Può essere un tetto per frenare l'aspirazione a una maggiore autonomia da parte delle Regioni a statuto ordinario, ma non può aprire i cancelli verso una sfida autonomista nei confronti dello Stato.
Il problema da porsi, ha detto l'on. Violante, è se il Consigli regionali delle Regioni a statuto speciale esercitino sino in fondo le prerogative, soprattutto di natura legisla-tiva, e se i regolamenti interni consentano di far funzionare le decisioni politiche. Ri-sposta cauta, ma dubitativa.
Del resto è noto che, mentre le Regioni ordinarie hanno acquistato, negli ultimi anni, poteri più ampi; quelle speciali, discutendo dell'ampiezza delle autonomie da sancire negli Statuti, continuano a perdere terreno essendo, forse, più debole la consapevolezza del proprio ruolo.
Si tratta, dunque, di individuare le priorità della riforma dei rapporti istituzionali: se è utile avere un ruolo in Europa (considerato il ruolo dell'Europa delle Regioni) o raf-forzarsi nei rapporti dell'area mediterranea, il cuore della specialità è di natura tribu-taria e finanziaria, cioè la capacità di favorire la produzione di risorse in loco e di trattenere una quota più alta della fiscalità. Meglio scegliere questo terreno di com-petizione istituzionale che tirare la corda nell'indurre alla remissività il potere dello Stato.
Difficile pensare, del resto, che esistano le condizioni - tra Stato e Regioni - per un "trauma costituente"; si manifesti cioè un'esigenza politica, forte e condivisa, di vol-tare pagina. Di qui, appunto, l'invito alla prudenza e il suggerimento d'una maggiore utilità sapendo scegliere ciò che serve al potenziamo dell'autonomia come strumen-to di crescita civile ed economica attraverso la strada della politica. (adel)
Seduta solenne per la celebrazione del 60esimo anniversario dello Statuto
Cagliari, 25 febbraio 2008 - Proseguono in Consiglio regionale i lavori del convegno "La spe-cialità regionale tra presente e futuro". Nel pomeriggio si aperta la tavola rotonda presieduta dal presidente del Consiglio Giacomo Spissu che ha ricordato che durante i lavori della matti-nata si è cercato di mettere a punto la questione preliminare della necessità della Sardegna di mettersi a lavorare intorno a un nuovo Statuto. Ma che tipo di Statuto vogliamo - ha chiesto il presidente Spissu - deve essere a carattere generale? E lo statuto attuale deve considerarsi car-ta straccia? Preliminarmente è necessario capire di quale dimensione deve essere la modifica dello statuto e cioè se dobbiamo riscriverlo per intero oppure se dobbiamo limitarci ad allargare gli spazi dilatando quelle competenze che non sono mai state utilizzate. Il primo ad intervenire nella tavola rotonda è stato Giorgio La Spisa, capogruppo di Forza Italia, il cui intervento è partito dalla frase detta stamattina da Umberto Allegretti: "Occorre la politica per far lievitare le argomentazioni giuridiche". La Spisa ha detto che questa frase è azzeccata, per far fermentare un'idea occorre una volontà politica forte. Ma è vero - ha chiesto La Spisa - che vogliamo realmente una forma speciale di Autonomia? Siamo convinti che l'autonomia, in quanto tale, deve essere differenziata? Per la Spisa il mondo politico sardo è vittima di una drammatica rassegnazione in tema di riforme. Ma la spinta verso il mantenimento dell'autonomia deve essere forte, deve essere riconosciuta e non concessa dallo Stato. Noi - ha proseguito La Spisa - dobbiamo chiedere una specialità identitaria e che sia centrata sulla libertà e sulla sussidiarietà. Per il capogruppo di Forza Italia la nuova specialità ha due avver-sari: la supponente arroganza di una classe politica nazionale imbevuta di paternalismo e di dirigismo e anche tutti quei sardi che non hanno la libertà e la voglia di capire questa esigenza della nostra Isola.
E' poi intervenuto il senatore Antonello Cabras, segretario regionale del PD, che ha detto che oggi l'opinione più diffusa in Italia è che lo Stato centrale conti pochissimo, l'Europa conti sempre di più, le Regioni contino troppo e non risolvono i problemi. Il senatore del Pd ha detto di non condividere questa tesi. La nostra regione deve rimanere speciale per un fatto di demo-crazia. Il mantenimento della specialità non deve essere messo neanche in discussione. Davanti ad un'Europa che diventa sempre più un'Europa politica noi abbiamo bisogno di una specialità che deve essere "sigillata" da una norma costituzionale. Cabras ha, inoltre, sottolineato la ne-cessità di mettere mano allo statuto per rinnovarlo e renderlo più adatto ai nuovi scenari che sono mutati dal 1948 ad oggi. I lavori proseguono. (R.R.)
Conclusa la seduta solenne per il 60° anniversario dello Statuto specia-le, il Presidente Spissu: il Consiglio può partire da un testo anche ampio da sottoporre alla consultazione popolare; c'è un anno di tempo per lavorare =
Il senatore Mariano Delogu: nell'insularità una delle principali ragioni della nostra specialità =
Il Presidente della Regione Renato Soru (critico sulla bozza di Statuto presentato ieri): se lo Statuto è strumento di sviluppo, questi anni non sono passati inutilmente
Cagliari, 25 febbraio 2008 - Si può arrivare a discutere in Consiglio su un testo anche ampio e non particolareggiato di proposta di Statuto, da sottoporre alla consultazione po-polare, prima di tornare in Consiglio per articolarlo in una proposta di legge. Ormai i ma-teriali ci sono ed anche le proposte. E' l'ipotesi lanciata dal Presidente del Consiglio regio-nale, Giacomo Spissu, al termine della lunga giornata di dibattito in occasione della seduta solenne del Consiglio per la celebrazione del 60° anniversario dello Statuto.
Il dibattito pomeridiano è stato dedicato alla tavola rotonda che è stata conclusa dagli in-terventi del senatore Mariano Delogu, coordinatore regionale di An, e del Presidente della Regione, Renato Soru.
"Cambiare lo Statuto sì o no? -ha esordito Delogu- Sì, non ci sono dubbi. Lo Statuto at-tuale è stato promulgato 50 anni fa; paragonare la Sardegna del 1948 a quella di oggi è impossibile". Con una metafora, Delogu ha affermato che le leggi sono come le navi: vengono costruite nei cantieri e poi varate e fatte navigare; solo dopo si scopre se ci sono difetti o qualche cosa che va corretta. "Quindi ormai lo Statuto del 48 non si può ritenere ancora valido". Delogu ha ricordato che la Sardegna si distingue dalle altre regioni per la sua insularità. Siamo l'unica vera isola: i trasporti, altrove (compresa la Sicilia) sonmo meno costosi e più agevoli. E' indispensabile partire da questo e "ottenere uno Statuto speciale per attenuare questo isolamento. E' necessario un nuovo Statuto; non può ba-stare dilatare quello attuale". Delogu s'è detto fortemente contrario al fatto che si voglia un nuovo Statuto per imporre nuove tasse. Allo stresso modo è inaccettabile che lo Statuto tagli via la Sardegna dal resto del Paese. Ed inoltre è inaccettabile che la spesa sanitaria venga pagata dai sardi, mentre in Sicilia o nelle altre regioni no. "Occorre garantire con un nuovo Statuto una vera continuità territoriale: una legge che dia ai sardi gli stessi diritti degli altri italiani". Ma a chi affidare la scrittura del nuovo Statuto. Per Delogu non può che essere il Consiglio regionale. Anche la bozza di nuovo Statuto presentata nei giorni scorsi da un Comitato spontaneo, dovrà comunque raccogliere le firme necessarie per l'imprimatur di legge di iniziativa popolare da presentare al Consiglio: "Mi dicono che con 50 mila firme si potrebbe saltare il vagli del Consiglio e approdare direttamente in Parlamento, ma io sono del tutto contrario".
Quindi l'intervento del Presidente Renato Soru, che riguardo la bozza del Comitato spon-taneo ha espresso forti riserve. "A lungo abbiamo discusso dello strumento migliore: Consulta o Costituente, ci poteva anche essere l'iniziativa della Giunta, ed ora si dovrebbe discutere di un testo di cui non si sa neanche chi l'abbia scritto".
Quanto al merito dei problemi emersi durante la giornata di dibattito, il Presidente Soru ha sottolineato che sono emersi interventi interessanti e utili. "Sono state dette cose condivisibili". Il senso dell'autonomia e dell'identità regionale è fortemente radicata nella nostra regione. Da questo punto di vista si potrebbe dire -ha aggiunto il Presidente della Regione- forse questo Statutonon è più sufficiente. C'è infatti da chiedersi: se lo Statuto è strumento dello sviluppo (come molti hanno affermato oggi) esso è ancora adeguato e attuale?
Di certo, ha sottolineato, lo Statuto deve anche valorizzare le modalità di reperimento delle risorse per lo sviluppo: "Ma anche senza nuovo Statuto questi anni non sono stati spesi invano". L'articolo 8 è stato ampliato, ha proseguito il Presidente, proprio per reperire risorse in un confronto con lo Stato. "Ed in questo modo si è adoperata la leva fiscale e l'autonomia impositiva". Un'autonomia impositiva non per imporre nuove tasse, ha spiegato Soru, ma per articolare meglio l'imposizione. Il Presidente ha quindi lamentato che mentre si parla di nuova autonomia, c'è chi griderebbe contro l'acquisizione di vettori, e competenze per garantire la mobilità dei sardi. Ha definito quindi ingiuste le critiche sulle modalità di finanziamento del servizio sanitario regionale, c'è la compartecipazione a fronte di un riconoscimento storico sulle quote irpef. Anche in questo modo si sta innovando l'attuale Statuto, ed anche ottenendo dallo Stato la restituzione di preziosi beni demaniali. Ma lo Statuto, ha concluso il presidente Soru, non è solo strumento di sviluppo, è "l'anima che vitalizza la coscienza dei sardi".
Le conclusioni del Presidente Spissu hanno puntato ad evidenziare le cose che da questa giornata possono essere messe a frutto. Alla politica ora la responsabilità di indicare so-luzioni, ha detto. Non sono convinto che il popolo abbia mai scritto le Costituzioni -ha so-stanzialmente affermato- Alla politica il compito di interpretare la volontà generale e fornire l'idea. Quindi la proposta di lavorare ad un testo generale da sottoporre alla con-sultazione dei cittadini.
Il Consiglio domani proseguirà i lavori sulla Legge Finanziaria. L'appuntamento è per le ore 10.
(LP)