CONSIGLIO REGIONALE DELLA
SARDEGNA
XIII LEGISLATURA
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Nota stampa
della seduta n. 241 del 10 ottobre 2006
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Si discute la mozione del centrodestra sulle dimissioni dell'assessore Dessì. L'on. Diana: "Grave il riferimento alla legalità, intesa come pedante formalismo". Floris: "Una luce sinistra sulla vita e l'autonomia della Regione".
Cagliari, 10 ottobre 2006 - Le dimissioni dell'assessore Dessì sono frutto di un presidenzialismo autoritario che poco spazio lascia al Consiglio ed ai partiti. La riforma della legge statutaria si rende, perciò, sempre più necessaria. Su questo punto, in particolare, si è incentrata la maggior parte degli interventi in occasione del dibattito sulla mozione del centrodestra, illustrata in aula dall'on. Diana (An). Un dibattito che chiede di sapere le motivazioni politiche si una lettera (di dimissioni) dai "toni gravi", che fa esplicito richiamo "a una crisi politica aperta da mesi", stante il fatto che "da due anni la Sardegna aspetta di capire in che direzione va il governo dell'isola". Giudizio politico molto severo, da parte di un autorevole esponente Ds (in tale veste nominato nell'esecutivo dal presidente Soru), che non risparmia critiche sul metodo di governo e sulla collegialità della giunta e difende - ha ricordato Diana - l'operato del suo assessorato, la cui azione è stata improntata "a efficienza, trasparenza e legalità". Di quest'ultima condizione - scrive Dessì - intesa come "garanzia da esercitare contro arbitrio e discrezionalità del potere politico e amministrativo", l'ex assessore ha avuto "la percezione acuta e puntuale" che venisse ritenuta, appunto, "pedante formalismo". Un j'accuse serrato nei confronti del presidente Soru, al quale l'on. Diana chiede conto essendo incontestabili due circostanze: la gravità della crisi economica, che attanaglia la Regione, "e che qualche sindacato di buon cuore fa finta di non vedere", e l'avvicinarsi di una riforma statutaria che dovrà necessariamente riequilibrare il potere tra Consiglio e Giunta. Momento cruciale, dove anche le dimissioni perentorie di un assessore chiedono, ha concluso Diana, adeguata spiegazione.
Il totem del presidenzialismo fa pagare ai sardi un sacrificio che drammaticamente si avvia al punto di non ritorno? Se le è chiesto l'on. Mario Floris (Udr), ricordando la specialità dell'autonomia e il rango costituzionale di uno Statuto "che legittima i sardi a darsi la forma di governo più congeniale". Non quella attuale, che riduce il tasso di democrazia, le competenze del Consiglio e, nonostante un presidente forte, rende debole la politica, segnando un arretramento della Sardegna rispetto ad altre Regioni italiane. La "spasmodica ricerca della riduzione della spesa fine a se stessa", una sorta di ossessione, ha costruito una gabbia che rallenta lo sviluppo. Nessuno discute il presidenzialismo, ma l'esclusione di due assessori in maniera tutt'altro che chiara, apre il capitolo delle oscure minacce, alle quali Soru non sarebbe alieno, di mandare tutti a casa se non si verificano le "sue" condizioni di governo. Ma se una legge di scarsa democrazia gli consente ampi spazi di manovra, un'altra legge, di rango costituzionale, lo Statuto, definisce giunta e presidente "organi della Regione" e regola i rapporti non trasformando il campo d'azione "in una prateria, dove compiere scorribande senza rispondere a nessuno". E c'è anche una legge (la n.1) che, stabilendo il numero degli assessori e l'attribuzione delle materie, definisce rapporti di reciprocità col presidente, escludendo che prevalga "una volontà monocratica" che assomma in sé tutti gli atti di competenza. Prepararsi a riforme strutturali, a salvaguardia della dignità del Consiglio, rimane dunque un obiettivo immediato. Ma l'episodio in discussione getta, comunque, "una luce sinistra sulla vita e sull'autonomia della Regione".
La discussione non è su un assessore che va ed un altro che viene, ha detto l'on. Licandro (FI), ma di sapere che cosa accade in via Trento, ai piani alti. "Delle dimissioni di Dessì non ci interessa il gossip, ma gli effetti della gestione autoritaria del presidente Soru". La decisione di Dessì apre un dibattito politico, che ha percorso come un fremito la maggioranza, ma "la grande capacità di riconciliazione di quest'ultima" (solo qualche atteggiamento critico, poi il silenzio) rischia di non far trasparire all'esterno il momento di grande difficoltà della coalizione.
Lettera coraggiosa, quella dell'assessore, ha detto l'on. Caligarsi (Sdi-Rnp), che fa emergere "la palese crisi del sistema maggioritario e del presidenzialismo", incapaci di dare risposte alla profonda crisi socio-economica dell'isola. L'elezione diretta del presidente ha consentito di mettere in piedi un governo che va per conto proprio, sordo "ai frequenti malumori" delle forze politiche e della maggiore istituzione legislativa: il Consiglio. Le richieste avanzate in sede politica (esempi eclatanti: un Piano paesaggistico calato dall'alto a dispetto delle richieste della Commissione e un controllo totale del presidente anche sul bando per le pulizie e il facchinaggio) sono disattese. Il sistema maggioritario è, all'esame dei fatti, risultato peggiore di quanto si potesse pensare. La lettera di Dessì apre uno squarcio nell'apparente compostezza della maggioranza e chiede di superare le evidente contraddizioni e una visione padronale della politica.
L'on. Cherchi (Udr) ha definito il presidente Soru "un monarca camuffato di democrazia" che "calpesta le regole della politica" e tratta gli assessori "alla stregua di consulenti". Le dimissioni di Dessì? Un atto inevitabile, mal sopportato dall'onestà intellettuale dell'assessore, che denuncia la malattia della maggioranza. C'è una terapia possibile o si tratta di male incurabile?
Come fa, tuttavia, il centrodestra a lamentarsi di una situazione che non condivide ("ma il presidenzialismo deriva dalla cultura di quella parte politica; noi siamo sempre stati per il parlamentarismo") affermando di voler cambiare le regole e poi si isola sull'Aventino non volendo partecipare alla Consulta? Domanda proposta dall'on. Uras (Prc), dal quale arriva la proposta "tutti insieme", ad aggiustare le posizioni ed a lavorare sulle riforme "per rendere più efficace l'azione di governo".
Di coma irreversibile della maggioranza ha, invece, parlato l'on. Moro (An), affermando che dentro la coalizione di governo si è verificata un'implosione che "ha disattivato le funzioni vitali". Uno squarcio di verità, sulla crisi profonda del centrosinistra, è offerto dalla lettera di dimissioni di Dessì, il quale, papale papale, afferma che la crisi va avanti da tempo. Conseguenza: dimissioni forzate. La sua "cacciata", ha affermato Moro, non è paragonabile a un tic; ma a un chiaro atteggiamento autoritario e padronale del "governatore". Di fronte al pugno di ferro, l'inefficacia dell'azione di governo (crisi economica galoppante, disoccupazione, Finanziaria che regala solo briciole) fa da contrappunto a una situazione che preoccupa sempre di più i sardi.
"Un presidente forte per una politica debole", è "la felice ed amara espressione" di un autorevole politico sardo, Andrea Raggio, ex presidente del Consiglio e parlamentare europeo nel riferirsi alla situazione della politica regionale. Un messaggio destinato - ha detto l'on. Farigu (Misto) - al Consiglio e ai partiti, i quali (almeno quelli di maggioranza) non sono in grado di reagire e si limitano a una "debole reazione". Anche sulla nomina del nuovo assessore (nome fatto da Soru in solitudine) c'è stata una "dignitosa ma timida" presa di posizione; un pallido sussulto "dell'orgoglio politico della sinistra, ormai propensa al compromesso". (adel)
Respinta dalla maggioranza la mozione sulle dimissioni dell'assessore all'Ambiente Tonino Dessì = Il dibattito, le dichiarazioni del Presidente della Regione
Cagliari, 10 ottobre 2006 - 46 voti contrari su 27 a favore, questo l'esito della votazione della mozione sulle dimissioni dell'assessore Dessì, che è stata quindi respinta dall'aula al termine della lunga discussione conclusasi nel primo pomeriggio. Un dibattito che dopo le dichiarazioni del Presidente della Regione sul motivo delle dimissioni e "del venuto meno rapporto di fiducia reciproco", si è concluso con le dichiarazioni insoddisfatte dei rappresentanti dei gruppi di opposizione.
Dopo l'illustrazione introduttiva e i primi interventi della mattinata, la discussione era continuata con una serie di altre prese di posizione dai banchi dell'opposizione.
Il Capogruppo dei Riformatori, Pierpaolo Vargiu, si è detto fortemente preoccupato perchè chi ha sempre detto di aver fatto del presidenzialismo la propria bandiera sembra cambiare oggi opinione; mentre i Riformatori che hanno nel proprio Dna sia il presidenzialismo che il sistema maggioritario vedono con inquietudine come le odierne difficoltà di rapporti fra presidente e partiti e fra presidente e consiglio regionale possano far nascere dubbi sulla validità del presidenzialismo stesso. "Solo con un rapporto diverso fra Presidente e Consiglio, si può difendere la conquista presidenzialista", ha affermato Vargiu, il quale ha chiesto a gran voce che il Presidente spieghi approfonditamente le ragioni delle dimissioni del suo assessore.
Anche Silvestro Ladu (Fortza Paris) ha rivendicato il diritto del Consiglio "di capire che cosa sia realmente accaduto e perchè Dessì è arrivato alle dimissioni". Secondo Ladu si è di fronte a una "vera crisi politica che riguarda la maggioranza, ma che coinvolge anche il rapporto fra Giunta e Consiglio". Ha lamentato la scarsa partecipazione al dibattito dei rappresentanti della maggioranza.
"Il caso Dessì interessa solamente in quanto solleva un problema di regole - ha affermato per parte sua Giuseppe Atzeri (Psd'Az)- Se c'è un'emergenza democratica il problema delle regole va affrontato seriamente". Sottolineando le critiche apparse sulla stampa da parte di importanti costituzionalisti sui problemi del presidenzialismo, ha aggiunto come "siano necessarie modifiche alla legge elettorale".
Fortemente critico anche l'on. Ignazio Artizzu (An), per il quale occorre accostare alla vicenda della giunta la metafora di un noto romanzo di Agata Christi e dell'isola dei dieci piccoli indiani che scompaiono misteriosamente uno per volta: "Siamo ansiosi di sapere che cosa c'è dietro le dimissioni di Dessì", ha detto Artizzu. "Nella lettera dell'assessore si parla di problemi di legalità e di rispetto delle regole. Soru deve chiarire. E' necessario che il Consiglio sappia quali siano state le motivazioni".
Che il tema della mozione riguardi un argomento di grande rilevanza quale la forma di governo è stato sottolineato dall'on. Stefano Pinna (Ps), che ha ricordato come la decisione del legislatore nazionale nel 99 di scegliere l'elezione diretta dei presidenti delle regioni nasceva dalla "estrema litigiosità ed autoreferenzialità fino ad allora manifestate dai consigli regionali". Col nuovo sistema "è cresciuta l'idea della democrazia decidente, ed è emersa la debolezza delle assemblee legislative". "Dobbiamo dar vita a governi stabili, ma non siamo riusciti a interpretare il ruolo dei consigli" "Nessun deficit di democrazia ma occorre dare un ruolo vero alle assemblee"
La difficoltà di riuscire a spiegare alla gente che di fronte alla grave crisi economica si discuta a un mese di distanza delle dimissioni dell'assessore Dessì è stata rimarcata dall'on Roberto Capelli (Udc), per il quale pur trovandosi di fronte a un atto legittimo (la sostituzione di un assessore), tuttavia "le nuove regole dovevano essere attuate con buon senso", proprio a causa del momento di transizione fra due sistemi tanto diversi. Le riforme vanno fatte ("dalla legge statutaria allo statuto alla legge 1"), ma devono essere fatte "a tavolo sgombro"; non si possono fare riforme sotto la pressione dei "condizionamenti estremistici". E' comunque indispensabile ha detto "modificare la legge elettorale".
Fortissimo apprezzamento per la grande dignità manifestata dall'assessore Tonino Dessì, da parte del capogruppo Ds Siro Marrocu: "Sono fra coloro che avrebbero preferito che questo dibattito non si fosse mai dovuto fare" e che dimissioni non ci fossero state. Denunciando quella che a suo giudizio appare come "strumentalità da parte dell'opposizione", ha ricordato l'esperienza estremamente positiva e motivata da parte dell'assessore Dessì fino a quando il rapporto di fiducia col presidente è venuto a mancare. "I temi del rapporto fra i vari organi di governo e di legislazione devono essere affrontati e saranno affrontati con la legge statutaria, lo stesso Statuto sardo e la legge 1".
Estremamente critico l'on Giorgio La Spisa (FI), che ha espresso la solidarietà all'assessore Dessì ricordando le alte doti di legalitarismo e lealtà sempre manifestate sia nel suo ruolo di funzionario dell'assemblea regionale, che di uomo politico e assessore. Leggendo ampi passi della lettera di dimissioni, La Spisa ha espresso forti perplessità sul rapporto fra presidenza della Regione e la giunta. Occorre fare le riforme, ha detto, "ma il vero problema è: come volete farle?", "volete riformare lo Statuto con uno strumento (la Consulta) non condiviso". "Il fatto è che la legge statutaria la volete fare per rafforzare questo tipo di presidenzialismo". Ed ha concluso: "Chiediamo che la Prima commissione abbia una presidenza di garanzia".
Ha quindi replicato il Presidente della Regione, Renato Soru, che ha energicamente respinto tutte le critiche e le accuse. Dopo aver sottolineato che le dimissioni sono state causate "da un problema personale", di "incompatibilità caratteriale" e non politica, e che non c'è mai stato alcun problema di "crisi politica, e di rapporti fra Presidente e giunta", ha sottolineato che "la sostituzione di un assessore è nelle prerogative, anzi meglio, nella responsabilità del Presidente". Quanto alla legge elettorale ("che non ho voluto io") assegna "al Presidente, non al Consiglio, la responsabilità del Governo, e ad esso se ne deve chiedere conto". Quando ci sono state difficoltà ho deciso di sostituire l'assessore "per fatti personali legati alla capacità di collaborare assieme".Dopo aver ripercorso alcuni momenti della vicenda che hanno condotto alle dimissioni, il Presidente ha sottolineato che "la giunta ha sempre lavorato in maniera del tutto collegiale", contrariamente al passato secondo quanto gli è stato riferito; ed ha respinto le accuse di scarsa legalità ed opacità giunte dall'aula. Dopo aver respinto l'accusa di aver espresso critiche nei confronti della struttura degli assessorati, ha ribadito "che in definitiva è sempre il Consiglio ad avere su tutto l'ultima parola".
Insoddisfatto nella contro replica Mario Diana: "L'assessore è stato scaricato dal Presidente e dal suo partito". Diana ha quindi lanciato pesanti accuse di inefficienza elencando tutta una serie di problemi ancora aperti che la Giunta non ha ancora avviato a soluzione "L'amministratore unico non va bene per la Sardegna".
Ugualmente insoddisfatti Mario Floris ("Nelle precedenti giunte mai delibere fuorisacco. La Confindustria ha ragione: la giunta non ha un modello di sviluppo"), Roberto Capelli ("Pensavo di aver stimolato una riflessione che non c'è stata"), Ignazio Artizzu ("Il presidente non ha risposto non ha spiegato i motivi delle dimissioni"), Vargiu ("Sono deluso dalla replica, lei ha acquisito il difetto peggiore della politica: l'ipocrisia"), Silvestro Ladu ("Era doveroso dare risposte ma non le ha date". Per la maggioranza è intervenuto per dichiarazione di voto l'on Renato Cugini: Il presidente non ha glissato le risposte sulle ragioni della sostituzione dell'assessore" ed ha respinto l'accusa che il partito "abbia scaricato l'assessore".
Respinta la mozione, è stata rapidamente messa in discussione l'interpellanza 149 a firma Carlo Sanjust (FI), sulla transazione fra Regione e 3° per i canoni da quest'ultima dovuti all'Ersat. Forti dubbi e critiche da Sanjust sulla limpidezza della vicenda, ai quali ha replicato il Presidente della Regione, Soru.I lavori del Consiglio sono stati quindi sospesi e rinviati al pomeriggio per una serie di interrogazioni. (L.P.)