CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII LEGISLATURA


Nota stampa
della seduta n. 195 antimeridiana del 19 maggio 2006


In discussione la legge che trasferisce funzioni amministrative dalla Regione al sistema degli enti locali. 

Cagliari, 19 maggio 2006 - Un altro appuntamento importante per il Consiglio regionale. Oggi l'Aula ha iniziato l'esame di un corposo provvedimento di legge (78 articoli) che applica le conseguenze della legge Bassanini: funzioni e competenze dallo Stato alle Regione e dalla regione al sistema delle autonomie locali. Dopo la legge sulla Consulta per lo statuto, approvata ieri, si affronta l'esame di un altro "pezzo" importante della riforma  della macchina regionale.

Quasi un anno di lavoro, 31 sedute della Commissione autonomia, un riesame dei principali settori dell'amministrazione per  ridisegnare una nuova mappa dei poteri pubblici in Sardegna, come ha spiegato il relatore, l'on. Francesco Sanna (Margherita) sottolineando il clima di collaborazione che ha animato i lavori preparatori ed ha consentito di produrre un testo unificato della proposta di legge di An e del disegno di legge della giunta. Se la riforma riguarda gli enti locali, modifica soprattutto l'organizzazione regionale, non più da intendersi, per usare un giudizio del filosofo Antonio Pigliaru, come "municipio in grande". Una sindrome frutto di un centralismo che era, forse, anche strumento di difesa nei confronti dell'innovazione alla quale, per molti anni, la classe dirigente sarda si è dimostrata  impreparata. Né "un grande municipio", ha sottolineato Sanna, né "un ministero in piccolo", la Regione deve tenere per sé le cose importanti, riaffermando, nei confronti degli enti locali, un ruolo di responsabilità alle scelte secondo principi di sussidiarietà (ciò che può essere fatto dagli enti locali va fatto dagli enti locali, più vicini alla gente e ai bisogni della gente), di adeguatezza (i Comuni devono avere spalle larghe per sostenere il carico delle competenze ed essere in grado di organizzarsi) e di differenziazione (saper distinguere tra Comuni grandi e piccoli e favorire, fra questi ultimi, le forme associate).

Tutto ciò disegna il nuovo rapporto tra enti (l'equiordinazione della riforma costituzionale del titolo V), ma impone di tenere presente questo principio nelle legislazione regionale che deve uniformarsi al trasferimento amministrativo delle competenze, assegnate secondo gradualità, evitando "invadenze" che rischierebbero di riportare a ieri il futuro di una Regione con compiti generali di iniziativa e coordinamento, che riconosce il privilegio degli enti locali. Un processo articolato che prevede trasferimenti di beni e risorse, ma anche di personale. Fra il 2006 e il 2008, ha ricordato l'on. Sanna, 260 milioni andranno al sistema delle autonomie (escluso l'onere del personale, che va calcolato a parte).

Inevitabile la valutazione politica sulla trasformazione del sistema dei poteri in Sardegna. La classe dirigente, soprattutto quella politica, è chiamata a interpretare l'effetto della riforma ed a preparare il campo.

Anche in questo caso la Sardegna arriva tra le ultime. Altre Regioni hanno legiferato e attuato, almeno in parte, la riforma. Il ritardo è stato in parte recuperato - ha sostenuto l'on. Cugini (Ds) - con gli effetti innovativi della riforma costituzionale. Ora si tratta di recuperare sul piano culturale un altro forte ritardo, radicato soprattutto nel Meridione: quella cultura centralista dello Stato (verso le Regioni) e delle Regioni (verso gli enti locali) che ritornerà impetuoso nel dibattito sul federalismo. Il tema, col quale la maggioranza ha spinto sull'acceleratore delle riforme, riporta in prima linea gli enti locali ed affida un ruolo di riferimento alle Province. Per molti decenni le Province sono state considerate (soprattutto dalla sinistra) enti inutili; ma il ripetuto tentativo di surrogarle con zone omogenee prima e comprensori poi non ha sortito esito. Alla fine - ha spiegato Cugini - ha prevalso la cultura del decentramento e della sussidiarietà riconoscendo alle Province ruolo e funzioni appropriate. Ora la sfida si sposta, però, nella Regione per superare la cultura conservatrice ("non sempre proposta in malafede; spesso per paura dell'innovazione e della partecipazione"). La Regione è organo di potere, che governa da Cagliari e si avverte poco in periferia. I piccoli centri hanno, anche per via di un sistema burocratico superato ("la macchina regionale ha un cuore che batte debolmente"), soggezione dell'amministrazione regionale. Il primo ostacolo da rimuovere è proprio questo: la Regione deve diventare "quella dei paesi piccoli", senza filtri e passaggi intermedi, perché la partecipazione degli enti locali "è ricchezza, anche quando si discute l'urbanistica".

Ma è "sincera" questa Regione che affida nuove funzioni agli enti locali? Ha posto la domanda l'on. Diana (An), dubbioso di due fatti contenuti nella legge: primo, la Regione ha ancora un ruolo fondamentale, gli enti locali sembrano sotto tutela. Se le funzioni vengono trasferite, la pletora di personale (compresi direttori generali e manager) deve essere ridisegnata. Si sposta il baricentro, ma si rischia di tenere in piedi un'organizzazione vetusta e poco dinamica, una palla al piede per l'amministrazione. Per conservare una struttura che sarà difficile smembrare senza traumi, si evita di approfondire la ripartizione delle risorse certe e incoraggiare da parte degli enti locali (in particolare delle nuove Province) una programmazione efficace.

L'altro limite è conseguenza del primo: trasferire personale dalla Regione alle province e ai Comuni contiene un impegno inderogabile, l'uniformità del trattamento economico e previdenziale. Altrimenti nessuno si trasferisce. Non è possibile che tra il cantoniere provinciale e quello dell'Anas, chiamati a dare lo stesso lavoro, ci siano forti differenze di stipendio. E' questione spinosa, che la legge accenna soltanto.

Ultimo riferimento, non sulla legge, ma sul ruolo dell'opposizione. Ieri il centrodestra ha dato forfait, per scelta politica. Da oggi ci sarà, ma pretende considerazione e confronto. "Non vogliamo essere né un orsacchiotto di peluche, che si accarezza e sta lì, buono; né un tamburo di latta che suona sempre la stessa musica". Le minoranze hanno diritti (fare opposizione) e doveri (essere propositivi): la maggioranza gliele deve riconoscere. (adel)

  

Conclusi per questa settimana i lavori del Consiglio regionale. La  discussione generale sul testo unificato "Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali" riprenderà mercoledì alle 9,30. L'Assemblea lavorerà ad oltranza fino all'approvazione della legge.  

Cagliari, 19 maggio 2006 -L'ultimo intervento della mattina è stato svolto dall'on. Atzeri (Misto - Psd'az).  Per l'esponente dei quattro mori  la legge in discussione stride con il sistema elettorale. Il presidenzialismo puro è in antitesi con tale legge. Il consigliere sardista ha fatto l'esempio del Disegno di legge che istituisce i parchi che esautora totalmente i comuni. Non vorremmo - ha sottolineato - che questa fosse solo una legge di facciata dove   si conferiscono funzioni e compiti agli enti locali che  poi non possono operare perché non hanno personale e sono commissariati dalla Regione. Per l'on. Atzeri, quindi, è necessario cambiare il sistema presidenziale che è "invasivo" e che è la morte delle Autonomie locali. Si è conclusa per questa settimana, in Consiglio regionale, la discussione generale sul testo unificato "Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali". La conferenza dei capigruppo ha, infatti, deciso di interrompere i lavori dell'Aula e di riprenderli mercoledì alle 9,30. Mercoledì si procederà ad oltranza fino all' approvazione della legge. (R.R.)  


Il Consiglio è stato riconvocato per mercoledì 24 alle ore 9.30.