CONSIGLIO REGIONALE DELLA
SARDEGNA
XIII LEGISLATURA
Nota stampa
della seduta n. 191 antimeridiana del
17 maggio 2006
In apertura di seduta il presidente ha comunicato l'avvenuta presentazione di:
Cagliari, 17 maggio 2006 - Il Consiglio regionale, che in apertura di seduta ha commemorato gli ex consiglieri Giuseppe Masia ed Elia Marracini, scomparsi nei giorni scorsi, ha iniziato, sotto la presidenza dell'on. Spissu, l'esame di un "pezzo" importante delle riforme istituzionali: la legge istitutiva della Consulta che dovrà predisporre la bozza del nuovo statuto, considerato la Carta costituzionale dell'autonomia sarda. Alla discussione generale sono iscritti 31 oratori.
La scheda.
La proposta di legge ha, a monte, alcuni motivi ispiratori; in particolare, l'elaborazione del nuovo statuto (esigenza che è maturata nel tempo essendo quello in vigore ormai datato e necessario di una profonda revisione, basti pensare ai rapporti tra Regione e Unione europea, allora non prevedibili né previsti) non è un'operazione istituzionale, ma rappresenta un'occasione (e richiede pertanto il coinvolgimento di tutte le forze sociali, culturali, dell'associazionismo, imprenditoriali e comunque rappresentative della società sarda) per sottoscrivere un "patto" tra istituzioni e cittadini, passando attraverso l'esperienza fondamentale delle autonomie locali. La proposta iniziale di ricorrere a un'Assemblea costituente (organo distinto dal Consiglio) fu ritenuta, successivamente, "superata e di difficile attuazione".
La Consulta (art. 4) è composta da 50 membri, 29 eletti dal Consiglio col sistema proporzionale riferito ai risultati delle ultime elezioni regionali, al netto del premio di maggioranza (si prevede pertanto una situazione di quasi equilibrio tra le forze politiche di maggioranza e opposizione); 20 eletti tra i soggetti designati dalle Università, dal Crel, dal Consiglio delle autonomie e dalla Consulta dell'emigrazione (anche in questo caso sarà il Consiglio a eleggerli su proposte di nomi di numero doppio rispetto ai membri da designare); uno, infine, nominato dal Presidente del Consiglio.
La Consulta elegge al suo interno presidente, due vicepresidenti e sei "consultori", per coordinare l'attività.
La Prima commissione consiliare "è puntualmente informata su ogni fase dei lavori e può proporre integrazioni sui temi da trattare". Entro otto mesi dall'insediamento il testo del nuovo statuto deve essere "definito e approvato"; sarà quindi trasmesso al Consiglio, che lo assegnerà alla Prima commissione. Il progetto di statuto (art. 2) individua gli argomenti (in particolare, principi e caratteri dell'identità regionale, dell'autonomia istituzionale e finanziaria; dell'ordinamento e forma di governo della Regione; dei rapporti con lo Stato; dei rapporti con l'Unione europea).
Le sedute della Consulta - che verrà convocata entro 15 giorni dall'elezione - sono pubbliche. Ai componenti compete un gettone di presenza pari alla diaria giornaliera dei consiglieri regionali. (adel)
In apertura di seduta il presidente Spissu ha commemorato i consiglieri Masia e Marracini, recentemente scomparsi. Giuseppe Masia, a lungo decano del Consiglio, ha ricoperto il mandato ininterrottamente per trent'anni (sette legislature, dal 1949 al 1979), è stato più volte assessore. Una longevità politica, la sua, molto operosa, contrassegnata da alcune importanti iniziative, specialmente nel turismo, nei trasporti, nell'agricoltura (è stato tra i promotori della cooperazione) e dell'edilizia economica e popolare. Sostenitore dell'autonomia speciale, Masia ha vissuta la fase costituente della Repubblica con grande impegno politico, tra le file della Dc. E' stato sempre un sostenitori convinto dell'autonomia special dell'Isola e degli strumenti (Piano di rinascita in primo luogo) che avrebbero dovuto riequilibrare il divario fra l'economia sarda e quella delle regioni più sviluppate. Nato a Pozzomaggiore, ha vissuto a lungo ad Alghero.
L'on. Elia Marracini è stato consigliere sardista della nona legislatura (1984-1989) ed esponente di spicco di quel partito, al quale ha sempre dato un appassionato contributo d'idee. Presidente della Commissione sanità, ha caratterizzato il suo impegno politico in particolare su alcuni grandi temi, dalle servitù militari alla revisione dello Statuto. (adel)
Con l'intervento del relatore, on. Balia (Federalista Autonomista Sardo) si è iniziata la discussione generale della proposta di legge sulla Consulta che dovrà scrivere il nuovo statuto. Il clima dell'Aula risente dell'annunciata decisione della minoranza di centrodestra di non partecipare alla votazione della legge, giudicata una"messinscena" e una "parodia della Costituente", incapace di cingere tutti i sardi, come la scrittura di "una Carta costituzionale" richiede. Balia - che ha ricordato le difficoltà del percorso iniziale nel riconoscimento del primo statuto che sanciva l'autonomia speciale (la deriva antiregionalista, che giudicava il regionalismo un pericolo per l'unità dello Stato aveva ridotto le aspirazioni dei sardi, al punto che Lussu confessava di esser stato tentato di votare contro quello statuto, condizionato dai poteri rimani - ha ricordato l'importanza del momento storico, che tende ad ampliare i limiti di sovranità del popolo sardo, evitando che siano le Regioni a statuto ordinario a prevalere nell'autonomia dell'ordinamento soprattutto dopo la riforma della parte seconda del titolo V della Costituzione. Una grande battaglia che chiama a raccolta tutti, dalle forze politiche, a quelle sociali, imprenditoriali e culturali, alle associazione, ai singoli cittadini.
Ciò postula un dibattito "senza barricate" e, soprattutto, una sostanziale unità di intenti. Unità che esiste sul modo di interpretare l'autonomia e sulle legittime rivendicazioni della specialità. Le divisioni sono - a giudizio di Balia - marginali e riguardano gli strumenti da adottare, puntando, il centrodestra, pur con differenti posizioni, all'Assemblea costituente (proposta approvata nella passata legislatura anche col contributo di alcuni consiglieri del centrosinistra), scartata invece da questa maggioranza per il rischio di un iter eccessivamente lungo e di un approdo lontano che potrebbe far perdere al Consiglio alcune funzioni. Ricordando che lo stesso centrodestra non è d'accordo sulla Costituenti (vedi An, che vuole ricondurre al Consiglio la totale competenza sul nuovo statuto), il relatore ha definito la proposta di legge in discussione garantista per le minoranze, prevedendo il meccanismo di elezione dei consultori un sostanziale equilibrio tra maggioranza e opposizione e partecipazione anche per le forze presenti alle ultime elezioni ma non presenti in Consiglio. Necessità di tutti, insomma, per rafforzare il messaggio "profetico" dei "padri" del regionalismo sardo: l'autonomia come ultima frontiera.
Ma quella proposta dalla maggioranza "può essere considerata la strada giusta" per difendere quel "diritto naturale di popolo" che abbiamo ereditato dai fondatori? Se lo è chiesto l'on. Mariolino Floris (Uds), definendo debole, sia concettualmente che nel percorso politico, la proposta del centrosinistra, un percorso che, paradossalmente, tende ad autolimitare le prerogative autonomiste. Questa Consulta conferma la condizione che basta essere in molti per difendere la democrazia; si rischia invece di affidare la decisione a 50 persone "che agiscono in solitudine" perché estranei al popolo. La strada di un coinvolgimento dei sardi, attraverso meccanismi diretti e trasparenti, è stata abbandonata. Ma, soprattutto, si è persa di vita la vera finalità dello statuto, se - come dice il testo della legge - esso è "eventualmente preceduto dal preambolo di principi". Quello che dovrebbe essere il cuore palpitante della Costituzione, l'afflato vitale sul quale si fondano le richieste della specialità viene classificato tra le "varie ed eventuali", con una reticenza imperdonabile che dimostra una subalternità psicologica e culturale. Ma che concetto - si è domandato Floris - questa maggioranza ha dei nostri diritti e delle nostre aspirazioni? Eppure "basterebbe mutuare uno statuto autonomistico dell'area europea adattandolo ai nostri bisogni" per trovare, se non altro, una base sostanziosa sulla quale lavorare. Tra gli esempi europei Mariolino Floris ha citato l'esperienza forte della "nazione " catalana, la cui battaglia, nei confronti del governo di Madrid è convinta ed efficace. Abbandonata la via fisica (la nostra insularità non è, per fortuna, in discussione), valutata compiutamente quella etnica (siamo un popolo che deve vincere la sfida con lo Stato centrale e dialogare direttamente con l'Europa), va rafforzato il compito di revisione istituzionale, rinsaldando i principi della nostra autonomia, più culturali che politici, incoraggiando le espressioni del nostro popolo, ma, praticando la "terza via" dello Stato allargato, a somiglianza della Catalogna, che si definisce nello statuto stato sovrano, aggregato a Madrid, sul modello della cosiddetta "collana" della Corona di Aragona. Ma tutto questo si può realizzare in assenza di un preambolo che spieghi e giustifichi, allo Stato e all'Europa, i nostri diritti? Di qui la debolezza della proposta e l'invito, rivolto alla maggioranza, di ritirare la proposta, fino a quando non sarà sciolto il nodo su come intendere l'autonomia.
Invito alle opposizioni a collaborare, anche da parte dell'on. Caligaris (Sdi-Rosa nel pugno), il quale ha sottolineato alcune carenze della proposta di legge, in particolare la composizione della Consulta riferita alle differenze di genere (le donne sono il 52 per cento, devono avere un ruolo assolutamente paritario, perché "la politica non è un affare da uomini"), il coinvolgimento di emigrati ed immigrati (nella società multietnica inutile coltivare apparenti tabù) e il ruolo dell'informazione durante i lavori della Consulta. Altro aspetto, la piena autonomia. La Consulta - ha detto - deve essere messa in grado di lavorare al di fuori di stimoli e pressioni; il discorso vale - ha specificato - anche per il capo dell'esecutivo e per gli assessori. La Giunta può essere sentita, ma in audizione, ma non deve ricevere condizionamenti di sorta, neppure sotto forma di paternalistici suggerimenti. Sul testo proposto si aprirà poi il dibattito.
Ultimo timore, che il tecnicismo, le varie specializzazioni dei consultori non prevalgano sul buon senso di chi arriva con un curriculum privo di specialità. E' indispensabile - ha concluso - la giusta amalgama fra i bisogni concreti dei sardi, di cui sono sicuramente depositari rappresentanti più "popolari", e la teoria dei superesperti, talvolta lontani dalla nostra realtà (adel)
Per l'on. Silvestro Ladu (Fortza Paris) il testo di legge all'esame del Consiglio è inadeguato e i criteri di nomina previsti sono discutibili e contraddittori. Mentre il nuovo presidente della Repubblica parla di condivisione delle scelte - ha detto rivolto alla maggioranza - voi negate all'opposizione ogni possibilità di partecipazione. Per il capogruppo di Fortza Paris anche questa volta prevale la voglia di occupare tutti gli spazi possibili anche nella Consulta che, invece, dovrebbe uscire dalla logica degli schieramenti. Il clima, insomma, non cambia. E' quello che si respira da due anni a questa parte: la maggioranza è sempre poco incline al confronto. L'involuzione si registra non solo nei contenuti ma anche nello stesso linguaggio. Nel testo di legge, per esempio, anziché parlare di "popolo sardo" si parla di "comunità". Per Ladu, tutto il provvedimento lascia molti dubbi perché quello creato è una sorta di apparato elitario che non ha potere decisionale. Infatti, il presidente della Regione potrà ignorare le indicazioni che provengono dalla Consulta. E allora, per Ladu, è assurdo spendere ingenti quantità di denaro pubblico per creare questo organismo le cui decisioni potrebbero essere disattese in qualunque momento. Inoltre, si registra, una ulteriore abdicazione alla sovranità popolare. In queste condizioni - ha concluso - sarà inevitabile il ricorso ad un referendum confermativo.
L'on. Maninchedda (Fas) ha ricordato che oggi sono in discussione gli strumenti per definire lo statuto in modo partecipato. Sul metodo ha detto che quando la proposta venne scritta i ruoli di maggioranza e opposizione dovevano essere più dialoganti. In due anni, però, il radicalismo di massa si è nuovamente affermato con la conseguenza che l'appartenenza alla propria parte viene prima degli argomenti in discussione. Per Maninchedda il radicalismo impedisce l'unità politica dei sardi senza la quale non c'è nessuna possibilità di raggiungere gli obiettivi. Per il consigliere del gruppo Federalista-Autonomista Sardo è necessario recuperare la prospettiva positiva piuttosto che affidarsi a rinunce o a improbabili alchimie istituzionali per iniziare a confrontarsi sui problemi dei sardi. Ampia condivisione dell'ex presidente della prima commissione sull'articolo 2 della legge che regolamenta diritti e principi. Un accenno anche al Piano Paesaggistico regionale che il Consiglio, per Maninchedda, sta sottovalutando. Per il consigliere regionale il paesaggio deve essere un argomento statutario. Inoltre, è necessario invertire la rotta: stiamo andando verso un sistema fortemente accentratore e questo crea una distorsione del diritto. L'on. Diana (AN), in apertura dell'intervento ha avvertito: Alleanza nazionale non intende disimpegnarsi né rinunciare. Mettere in piedi la Consulta - ha detto - è stato un escamotage per rinunciare alla Costituente. L'on. Diana ha sottolineato il fatto che resterà in Aula per tentare di far capire il suo punto di vista sulle cose della legge che non condivide. Il contenuto dell'articolo 2 che ha definito il "cuore della legge" non lo preoccupa. E' più preoccupato per il passaggio contenuto nella relazione che fa capire che quando lo statuto arriverà in Aula i giochi saranno ormai fatti e il Consiglio non potrà più intervenire. Ma allora - ha chiesto - quale è il ruolo del Consiglio regionale? Forti perplessità l'on. Diana le ha espresse sul comma secondo dell'articolo 6 dove si dice che il Presidente della Regione può, in qualsiasi fase dei lavori della Consulta, nei termini previsti dal comma 1, partecipare ed intervenire, presentare documenti e formulare proposte sui temi in discussione. Il presidente della Regione , per Diana, dovrà fare tutto questo davanti al Consiglio regionale, non davanti alla Consulta. Forti dubbi sono stati espressi anche sulla possibilità , prevista dalla legge , (comma 4 articolo 6) che la prima commissione possa proporre alla Consulta integrazioni sui temi da trattare. Per Diana si tratta di interferenze che non hanno senso e non hanno ragione di esistere. Breve passaggio anche sulla sede della Consulta che non deve essere necessariamente Cagliari ma che potrebbe avere sede in altra provincia, per esempio a Oristano. Questo decentramento farebbe capire meglio che si tratta di un organismo terzo e asettico. Rispondendo all'onorevole Maninchedda, l'on. Diana ha detto che il radicalismo di massa che impedisce l'unità dei sardi non l'ha inventato l'opposizione e non lo riguarda. L'on. Giovanni Battista Orrù (DS) ha ricordato che il ritardo con cui il Consiglio regionale si appresta a varare la proposta di legge è motivato sia dagli adempimenti istituzionali sia dal tentativo di ampliare la partecipazione, ancorché critica, delle minoranze consiliari sullo "strumento Consulta". Questo passaggio, anche se infruttuoso è stato necessario e ha avuto il merito di portare in aula il confronto politico. L'opinione oggi diffusa è univoca: adeguare la nostra Carta Costituzionale ai cambiamenti avvenuti in Sardegna in questi quasi 60 anni di autonomia. E' arrivato il momento, per la nostra Isola, di decidere cosa fare: se preferire la specificità all'omologazione oppure scegliere lo sviluppo più adatto a rendere viva, attualizzandola, la nostra identità. Quindi, il nostro statuto dovrà essere non solo uno strumento di difesa contrattuale nei confronti dello Stato, ma uno strumento per affermare la nostra specificità. E' necessario, però, accorciare i tempi la mancata definizione della cornice statutaria rischia di far fare un passo indietro alla nostra Regione. Il dibattito prosegue (R.R.)
Fortemente critico il rappresentante di An, Giovanni Moro: "E' cosa grandemente sbagliata consegnare il compito dell'elaborare il nuovo Statuto a un organismo esterno al Consiglio", "il Consiglio rappresenta tutti i sardi", ma secondo questa legge ad esso verrebbe demandato un mero compito di ratifica. Moro ha contestato come una scelta del genere "non ha precedenti e sicuramente ben pochi estimatori", ed ha sottolineato la massima distanza possibile da questa opzione che costituisce a suo giudizio "una vera e propria retrocessione del ruolo del Consiglio". "Così come il Parlamento nazionale non intende minimamente delegare il proprio diritto/dovere di legiferare sulle riforme costituzionali, così dovrebbe essere anche per il Consiglio", ha aggiunto Moro, che ha stigmatizzato la rinuncia a questo ruolo "come fatto politicamente rilevante". "Non credo che la società sarda voglia davvero una struttura costosissima con la Consulta".
Assai pragmatico l'on Giuseppe Atzeri (Psd'Az), presidente del Gruppo Misto: "Avevamo proposto di rivolgerci al popolo con lo strumento della Assemblea costituente consultiva; avrete preferito questo strumento e siamo costretti ad adeguarci". Lamentando che la proposta della propria parte politica non sia stata minimamente presa in considerazione ("Era una cosa diversa dalle proposte delle altre opposizioni"), ha sottolineato che "la Consulta può tuttavia essere usata come strumento utile qualora opportunamente modificata" la legge istitutiva. Ricordando la propria caratterizzazione di "etnofederalista", Atzeri ha ribadito che è il momento "di uscire dal pantano, prendere atto della volontà di istituire la Consulta e lasciando da parte il dibattito sullo strumento, cominciare a discutere sui contenuti".
L'esigenza di un "confronto nella massima chiarezza" è stata sottolineata da Renato Cugini (Ds), che ha ricordato la posizione critica del proprio gruppo politico all'epoca del dibattito sulla Assemblea costituente ("L'assemblea costituente era uno strumento improprio per riscrivere lo Statuto"). Ora siamo alla proposta della Consulta, sulla quale è auspicabile, ha detto un ampio confronto nel merito. "Mi aspetto tanti emendamenti, non la sospensione del dibattito proposta dall'on. Mario Floris, per discutere del merito". Esprimendo condivisione per alcune parti dell'intervento di Atzeri, ha sottolineato "la sua proposta di confrontarsi sul merito della riforma". Il primo Statuto dava risposte a una Sardegna depressa e arcaica, ha proseguito, "oggi dobbiamo pensare alle nuove generazioni: parlare la nostra lingua ma anche quella della tecnologia e dello sviluppo". "Questa legge deve essere fatta con tutti, e siamo convinti che il testo possa essere emendabile", non è un testo blindato.
I lavori della mattinata sono stati conclusi dall'intervento appassionato dell'on. Vincenzo Floris (Ds). "Ci accostiamo a una delle questioni fondamentali: il tema delle riforme non può essere un espediente", ha esordito. "Una sfida laboriosa, ma l'itinerario prefigurato della Consulta è importante e valido. La riforma dello Statuto è un fatto storico, per questo sarà importante il lavoro della Consulta". Sottolineando che vi sono due ordini di problemi (rapporti fra la Sardegna con l'Italia, l'Europa, il mondo, e il problema del rapporto fra Regione e organismi locali"), Floris ha fatto riferimento ad alcuni atti rilevanti già affrontati dal Consiglio ribadendo che la vera sfida ora "si gioca sulla riscrittura dello Statuto". La Sardegna è molto cambiata rispetto al 1948, quando fu elaborato il primo Statuto. Citando Renzo Laconi ha affermato come "L'Autonomia non era allora la panacea di tutti i problemi, ma certo consentiva di rimediare alle necessità sociali più urgenti". Da allora molto è stato fatto, anche se la questione delle zone interne è ancora aperta, e ad essa bisogna guardare.
Con l'intervento dell'on Floris il presidente Spissu ha chiuso la seduta. (L.P.)
I lavori sono rinviati al pomeriggio alle ore 16,30.