CONSIGLIO REGIONALE DELLA
SARDEGNA
XIII LEGISLATURA
Nota stampa
della seduta n. 186 antimeridiana del
10 maggio 2006
Cagliari, 10 maggio 2006 - Il Consiglio regionale si è riunito sotto la presidenza dell'on. Claudia Lombardo. Il presidente Spissu è ancora impegnato a Roma per l'elezione del Presidente della Repubblica. Assenti in Aula, per lo stesso motivo, anche il presidente della Regione Renato Soru, il capogruppo di Forza Italia Giorgio La Spisa e i consiglieri regionali eletti deputati. In apertura di seduta i lavori sono stati sospesi per mezz'ora a causa della mancanza del numero legale. Alla ripresa, il Consiglio ha dato il via all'esame del testo unico della Legge del commercio. La "disciplina generale delle attività commerciali" colma una lacuna che si protrae dal mancato recepimento del "decreto (legislativo) Bersani" del 1998, modificato sostanzialmente dalla riforma del titolo quinto della Costituzione (2001) che attribuisce, anche in materia di commercio, maggiori competenze alle Regioni. Il principio a cui si è ispirata la riforma è stato quello di favorire il "pluralismo distributivo", liberalizzando il settore. Sono state abolite, infatti, le licenze e ridotte a due soltanto (alimentari e non alimentari) le tradizionali 14 tabelle del passato. Dal "Bersani" in poi, la Regione era intervenuta solo dopo l'intervento sostitutivo del governo con una deliberazione della giunta, rimasto unico intervento nel settore con pretese di organicità.
La legge regionale (testo unificato del disegno di legge 90 della giunta e della proposta di legge Ds (primo firmatario l'on. Silvio Cherchi) n.178, ridefinisce i requisiti degli esercizi commerciali (Capo i, titolo I), fissa (titolo II) le tipologie relativamente al commercio sulle aree private e demanda alle norme di attuazione "interventi atti ad irrobustire" il sistema commerciale (prevista la tutela delle micro, piccole e medie imprese) anche attraverso la pianificazione urbanistica-commerciale.
Nel Capo II viene disciplinato il commercio sulle aree pubbliche, materia che finora non era stata disciplinata.
Per quanto riguarda le tipologie (negozi di vicinato, media e grande distribuzione), si confermano le metrature del "Bersani" (per i negozi di vicinato sino a 150 metri quadrati per i Comuni sino a 10mila abitanti; sino a 250 per i comuni con oltre 10mila abitanti; mentre per le medie strutture si prevedono un massimo di 800 metri sino a 5mila abitanti, 1.200 nella fascia sino a 10mila; 1.800 per quelli compresi fra 10 e 50mila, e 2.500 mq per Comuni oltre i 50mila residenti). Per le medie superficie è prevista l'autorizzazione comunale.
Per le grandi superfici occorre il parere di una conferenza di servizi composta da tre membri (Regione, Provincia e Comune interessato). L'autorizzazione è subordinata al parere della Regione. Vengono sentiti (parere consultivo) i Comuni contermini, eventualmente anche della Provincia confinante. Un piano regionale disciplinerà, nel complesso, la grande distribuzione.
Fissati gli orari di vendita (max 13 ore al giorno, fra le 7 e le 22). Restano le deroghe della "Bersani" per le aperture festive che, oltre al mese di dicembre, riguardano otto domeniche festività negli altri mesi. Nei periodi di afflusso turistico il Comune può autorizzare deroghe.
La legge disciplina la vendite straordinarie e prevede che sia data adeguata pubblicità sui prezzi.
Aspetto decisamente innovativo, l'istituzione dei "centri commerciali naturali" che si propongono di valorizzare il commercio delle aree urbane, dove l'attività è spesso penalizzata da un'offerta frantumata (meno organica, insomma, rispetto ai centri commerciali). Si tratta di un progetto complessivo di rilancio dei centri storici, armonizzando cultura, sociale, valori architettonici e monumentali. Requisito previsto, la "riqualificazione" del tessuto commerciale. (adel)
Favorire lo sviluppo e la liberalizzazione del settore commerciale attraverso il pluralismo distributivo inteso in relazione a tutte le tipologie di distribuzione e in particolare a tutela delle forme più deboli. Questo l'obiettivo di fondo della legge in esame secondo il relatore on. Giovanni Giagu (Margherita), presidente della Commissione Industria e commercio, che ha aperto la discussione generale. Una discussione che, al di là dei diversi giudizi espressi a seconda delle diverse parti politiche, si è incentrata su argomenti specifici e concreti proposti dal provvedimento.
"Attraverso un serrato confronto con le parti sociali direttamente interessate la Commissione ha costruito un percorso che consente di dare risposte al settore", ha detto Giagu, che non ha nascosto "che la legge giunge in ritardo", ma essa "recepisce la normativa nazionale" disciplinata dalla nota "Legge Bersani". Il presidente della Sesta commissione ha difeso con forza il ruolo legislativo e decisionale del Consiglio ("Quest'aula è il luogo deputato al confronto ed alla presa delle decisioni"; "Il Consiglio ha il dovere di rappresentare le istanze della società"). Ma anche l'importanza del lavoro svolto dalle Commissioni ("La Commissione VI ha lavorato seriamente, anche ponendo in secondo piano le appartenenze politiche"). Dal decreto Bersani ad oggi, ha quindi ricordato Giovanni Giagu, la Sardegna ha subito l'intervento sostitutivo dello Stato, in attesa di una legge regionale. Ci sono stati passaggi importanti, ha ancora ricordato, dovuti ad esempio alla modifica del Titolo V, che ha modificato le competenze regionali in questa materia. Dopo aver sottolineato le varie parti nodali della legge, con i centri Commerciali naturali in testa, ha ricordato che la legge muove dalla lettura della realtà sarda e dalla necessità di incidere positivamente da un lato sul rilancio del settore e dall'altro dal rafforzamento dei servizi al cittadino.
Giudizio positivo e di apprezzamento anche da parte dell'on Mario Bruno (Ps), che ha ricordato come "da anni si attendeva una legge di disciplina del commercio per la razionalizzazione di un importante comparto e l'adeguamento alla domanda della società". Con il provvedimento in discussione il decreto Bersani trova adeguamento sulla specificità della nostra isola, ove, in precedenza si procedeva a tentoni "in una sorta di Far West amministrativo". Bruno ha ricordato i profondi mutamenti che si sono verificati nella società e quindi nei modelli dei consumatori secondo "una macdonaldizzazione anche del settore". E' importante tutelare il patrimonio economico e sociale rappresentato dalla micro e piccola impresa, ha affermato anche il rappresentante di Ps, alla luce del fatto che "la piccola impresa commerciale rappresenta oltre il 90 % del comparto, ma copre solamente il 30 % dell'intero mercato in termini di fatturato". Dopo aver fatto riferimento al nuovo ruolo assegnato agli enti locali, Bruno ha ribadito che "con questa legge si fa un importante passo avanti".
Assolutamente critico l'on. Mario Diana (An): "Dalle cose dette si potrebbe pensare che questa legge sia la panacea, invece essa non dà nessuna risposta al commercio in Sardegna". Secondo Diana, "da questa legge non traspare nè viene menzionata una politica del Centrosinistra nel settore commerciale; esso con queste norme non è rivalutato ma neppure osteggiato". Osservando che non si danno risposte nè in un senso che nell'altro ("Nè verso la grande distribuzione, nè verso il negozio di vicinato"), Diana ha chiesto rivolto alla Giunta ed alla Maggioranza: "Ma una filosofia sul commercio la volete indicare? E' difficile pensare che i commercianti possano apprezzare, o condividere questa legge". Ed ha concluso: "Su questa legge è difficile fare ostruzionismo, al massimo ci si può astenere. Questa non è una legge, al massimo è un regolamento amministrativo". (L.P.)
Per l'on. Vincenzo Floris (DS) il disegno di legge licenziato dalla sesta commissione punta a far fare alla Sardegna un balzo in avanti e a recuperare il tempo perduto. L'obiettivo è quello di modernizzare il settore incentivando la trasparenza del mercato. Questa legge - ha detto il consigliere diessino - favorirà la crescita e l'innovazione del commercio, la qualità del lavoro, la tutela del consumatore. Importante anche la scelta di favorire la nascita di centri commerciali naturali nei centri storici per valorizzare il commercio nelle aree urbane. Per Floris si tratta di una buona legge che potrà essere migliorata dal Consiglio per favorire le attività commerciali e per modernizzare la distribuzione regionale. Al termine dell'intervento dell'on. Floris, l'on. Artizzu (AN) ha chiesto la verifica del numero legale. Il presidente Lombardo, verificato che in aula era presente il numero dei consiglieri richiesto, ha fatto proseguire i lavori. L'on. Capelli (UDC) ha sottolineato il grande ritardo con cui viene recepita la legge Bersani ma ha sottolineato che è una legge molto attesa, suscettibile di essere migliorata per renderla più attuale e più elastica alle esigenze del settore. E', infatti, una legge che fornisce delle risposte ma certo non interviene a risolvere gli atavici problemi del comparto. Molte le lacune che il DL presenta: non regolamenta il commercio elettronico e l'apertura dei negozi stagionali, viene data poca attenzione all'organizzazione logistica (distribuzione) del commercio e alla continuità territoriale delle merci, dimentica che sarebbe opportuno favorire la distribuzione organizzata regionale (cioè favorire, con un intervento regionale, i consorzi di acquisti per consentire una sorta di cooperativismo e quindi la razionalizzazione dei costi). In Sardegna - ha continuato Capelli - c'è stato un grande sviluppo commerciale anche grazie ai grandi centri commerciali che, da un lato, hanno spinto gli imprenditori a recuperare il tempo perso, dall'altro hanno creato una situazione di "abuso" perché la gran parte di essi è gestita da catene multinazionali che lasciano ben poco, anche in termine economici e occupazionali, alla nostra isola. "Sono estremamente favorevole - ha concluso Capelli - ai piccoli centri commerciali realizzati da commercianti locali che insieme si organizzano per razionalizzare i costi e per favorire servizi sul territorio. Sono, invece, totalmente contrario alla grande distribuzione in termini di ulteriori accessi (un'altra lacuna di questo Disegno di legge è quella di non intervenire in materia). (R.R.)
Una legge "la cui complessità abbiamo toccato con mano", ha detto l'on. Sabatini (Margherita) riferendosi ai lavori della Commissione e alla necessità di licenziare un testo che colmi il forte ritardo non tanto rispetto alla "Bersani" ("tra delibere di giunta e provvedimenti assessoriali in realtà era stato per lo più recepito"), quanto al ritardo dal colmare per una legge organica. Il riequilibrio della rete commerciale, attualmente squilibrata a favore della grande distribuzione, e la difesa delle piccole comunità restano obiettivi non facili da centrare, anche se costituisce un elemento di novità la parte che sostiene i "centri commerciali naturali", per i quali sono previsti finanziamenti sino al 70 per cento. Fra le misure opportune, che aiutano a capire i trend del settore, il report dell'assessore che annualmente dovrà accertare l'andamento dei prezzi e dei consumi, al fine di consentire interventi mirati, non solo settoriali, ma anche nella qualificazione urbana.
Contraria alla grande distribuzione, An - ha detto il capigruppo, on. Artizzu - addossa alla mancanza di strumenti a azioni protettive rispetto a questo fenomeno, sostenuto e favorito dai grandi gruppi commerciali e finanziari, la crisi che, a partire dagli anni 90, ha colpito il commercio. Il calo generalizzato dei consumi ha favorito il disastro del commercio tradizionale. Il bilancio chiude in rosso anche sotto il profilo dell'occupazione. Per qualche posto di lavoro in più nei grossi centri commerciali ne sparivano centinaia nei negozi di vicinato. Questa legge - ha affermato Artizzu - non corregge la situazione, non indica prospettive di riequilibrio, non riduce lo strapotere della grande distribuzione. Non ci sono linee guida che indichino la volontà politica di difendere un tessuto economico importante e il provvedimento, a lungo pensato, assomiglia più a una somma di regolamenti che a un corpo legislativo, non affrontando alcuni comparti (ad esempio la rete di distribuzione dei carburanti) di sicura evidenza.
Il maggior limite di questa legge, che può essere, comunque, migliorata in aula, è - ha detto l'on. Silvio Cherchi (Ds) - gli otto anni di ritardo; arriva, infatti, a cose già fatte perché in questi anni, dalla "Bersani", prima legge federalista, ad oggi il commercio ha cambiato pelle più volte senza che la Regione governasse in qualche misura gli eventi. Si è registrata "una vera e propria rivoluzione" che ha visto, protagonista incontrastata, la grande distribuzione organizzata, presente forse oltre misura nell'isola, se è vero che in una Regione sostanzialmente povera si è radicata sulla base della media nazionale, determinando una saturazione che è stata la prima causa dell'alta mortalità delle piccole imprese. C'è da registrate anche un'alta natalità, ma ciò dimostra, soprattutto, come il commercio sia ancora considerato una sorta di settore-tampone, dove approdare in assenza di altre prospettive di lavoro. Tuttavia, cavalcare lancia in resta contro la grande distribuzione è un errore, sia perché i centri commerciali sono stati per il commercio (e, in misura non insignificante) anche per l'economia locale, sia perché, sull'altro piatto della bilancia va posto un commercio tradizionale "sostanzialmente arretrato e scarsamente competitivo". Ora si apre, con l'approvazione di una legge-cornice, una fase nuove, che può definire meglio il recupero dei centri commerciali naturali attraverso tre percorsi: l'intervento pubblico di riqualificazione urbana, il sostegno alle forme associative, il sostegno agli imprenditori che propongano progetti orientati al recupero dei centri storici.
La "grande battaglia" sui prezzi, ingaggiata tra i colossi commerciali, è all'origine della dafaillance del piccolo commercio: migliaia di aziende, non in grado di reggere il confronto, sono state espulse dal mercato, "col silenzio delle istituzioni". L'ha detto l'on. Moro (An) sostenendo che l'assenza di una politica di sostegno, negli anni 9°, ha segnato una tendenza ormai difficile da correggere "nonostante provvedimenti efficaci e di buona qualità" (come la legge 9 del 2002). A monte di tutto ciò, "l'inadeguatezza culturale della classe dirigente sarda" e la poca sensibilità dei Comuni, che non sono stati capaci di ridurre gli effetti della rivoluzione commerciale. Moro ha criticato il fatto che, per la grande distribuzione, esista una commissione formata da Regione, Provincia e Comune interessato; ma a decidere sia la Regione. Una svista del legislatore? No, piuttosto - ha concluso - "il retropensiero del centralismo regionale che affiora prepotente". (adel)
"Non si può che condividere la filosofia di questa legge ed il nuovo corso che con essa si avvia, oltre a salutare con convinzione la svolta che essa contiene", così l'on Raimondo Ibba (Misto-Sdi-Rnp) nell'ultimo intervento della mattinata. Ibba ha sottolineato con soddisfazione le novità significative del provvedimento (il ruolo assegnato alle amministrazioni locali, l'allargamento dell'autodeterminazione da parte dei comuni, l'abolizione della tassa di concessione per gli ambulanti) e non ha dimenticato di osservare che l'acquisizione della potestà legislativa primaria in questo settore non ha impedito di assicurare la coerenza con la normativa costituzionale.
Durante l'intervento dell'on. Ibba, la Presidente di turno, on. Claudia Lombardo ha quindi comunicato all'aula, quasi in presa diretta, l'avvenuta elezione del nuovo Capo dello Stato, nella persona del senatore Giorgio Napolitano, e dai banchi del Consiglio si è sollevato un applauso.
"E' evidente -ha quindi proseguito Ibba- che questa legge non basta a completare i processi che essa avvierà"; "si sta tuttavia uscendo -ha concluso- da un periodo scuro per un comparto che può dare impulso a diversi altri settori economici, dal turismo all'artigianato".
Il presidente ha quindi dichiarato chiusa la seduta. (L.P.)
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