CONSIGLIO REGIONALE DELLA
SARDEGNA
XIII LEGISLATURA
Nota stampa
della seduta n. 131 pomeridiana del
13 ottobre 2005
Il Consiglio regionale, si è riunito, per la seduta obbligatoria prevista dallo statuto, sotto la presidenza dell'on. Paolo Fadda e dall'on. Giacomo Spissu.
In apertura di seduta il Presidente ha comunicato la presentazione di:
Il Consiglio regionale, si è riunito sotto la presidenza dell'on. Claudia Lombardo e dell'on. Giacomo Spissu.
Dibattito sulle dichiarazioni del
Presidente Soru sulle riforme.Alla ripresa pomeridiana dei lavori è intervenuto l'on. Chicco Porcu (Progetto Sardegna) che ha detto che alcuni interventi della mattinata contenevano "note stonate".
Per il consigliere di Progetto Sardegna nella nostra Regione c'è un cambiamento in corso, una musica nuova che alcuni, però, non vogliono sentire.
L'on. Porcu, rispondendo ad alcune dichiarazioni dell'opposizione, ha detto che tra il presidente Soru e la maggioranza c'è piena sintonia. Riferendosi agli onorevoli Pili e Floris che avevano parlato di "neocentrismo presidenziale", l'on. Porcu li ha accusati di nostalgia del passato. Per Porcu è necessario partire da proposte concrete per poter discutere con serenità. Certo, ha continuato Porcu, che nessuna regione dal 2001 ad oggi è tornata indietro sull'elezione diretta del Presidente. Quindi, non si deve mettere in dubbio questa elezione ma piuttosto chiedersi: cosa si può fare per rilanciare la centralità del Consiglio? Per il consigliere di Progetto Sardegna è necessario esercitate, anche attraverso il nuovo statuto, non solo l'autonomia ma anche la sovranità.
L'on. Oscar Cherchi (Misto - UDS) ha detto che finalmente, con il dibattito di oggi, si entra nella stagione delle riforme. "E' una responsabilità gravosa - ha aggiunto - perché dovrà essere disegnata una forma di governo che dovrà essere utilizzata anche in futuro". Pertanto, le riforme dovranno essere slegate dai problemi quotidiani e il nuovo statuto dovrà puntare su una sovranità sostanziale che ci appartiene. "L'UDS - ha sottolineato Cherchi - vuole la Comunità autonoma della Sardegna che avrà ampi poteri in tutti i campi". Questa Comunità dovrà essere istituita con il consenso del popolo sardo e servirà a creare una Sardegna efficiente e moderna. Sarà una riforma per tutti, non come le modifiche al Regolamento approvate dall'Aula che sono servite solo al Governatore e che sono state "calate dall'alto".
L'on. Gianbattista Orrù (DS), in apertura di intervento, ha chiarito che affrontare il problema delle riforme vuol dire anche affrontare i grandi problemi della Sardegna. Un sistema istituzionale "anchilosato" crea una Sardegna poco competitiva che penalizza anche il sistema economico. Quindi, la scelta di aprire la fase delle riforme è giusta ed è corretta da ogni punto di vista. Il consigliere diessino ha sottolineato l'esigenza di rivedere la Carta costituzionale che ormai deve essere adeguata alle nuove esigenze. "In 60 anni la Sardegna è profondamente cambiata: ci sono nuovi bisogni, nuove povertà, nuovi diritti di cittadinanza che vanno difesi. La nostra specialità deve essere rilanciata dal Consiglio regionale che deve discutere anche della legge statutaria ed elettorale". Grande attenzione deve essere riservata al riequilibrio dei poteri tra Giunta e Consiglio che, secondo Orrù, deve essere sancito con norma statutaria.
Il tema delle riforme, un argomento di grande importanza, l'occasione, per il Consiglio regionale, di recuperare il proprio ruolo e di avviare un dibattito proficuo, serio. Ma questa può essere occasione opportuna per un confronto su temi di così delicata importanza? L'on. Paolo Maninchedda (Federalista autonomista sardo), con un cauto pessimismo, ha constatato che, forse, non esistono le condizioni favorevoli, perché si lavora sotto "un cielo senza luna, senza stelle e, speriamo di no, anche senza fortuna"; perché ci si sofferma sul "galateo del presidente" senza esaminare, con maggior attenzione, le pietanze che lo stesso presidente propone. Un modo di affrontare la realtà condizionato dal fatto di essere sardi, "marinai di foresta", duri e spaventati, solitari. Una occasione mancata, forse, perché, ha detto Paolo Maninchedda, sul modo di affrontare temi delicati come quelli delle modifiche istituzionali le "differenze non sono eccessive". Anzi, molte delle proposte in campo, ad esempio Consulta o Costituente, sono tra loro vicine e sarebbe certamente possibile mettersi d'accordo sullo "strumento" da utilizzare per realizzare le tanto auspicate riforme. Le difficoltà, invece, sorgono quando ci si confronta sui contenuti, sulle "cose". I principi, hanno detto molti, devono essere "inseriti" nello Statuto. Ma quali principi? In Sardegna sui principi generali siamo "più inibiti" di quanto non siano i cittadini degli altri Stati europei, e non solo. Un aumento di sovranità per le regioni? Ma in Germania, Spagna e Gran Bretagna, la "maggiore sovranità" delle regioni è un dato di fatto accertato, uno status conquistato e riconosciuto dai poteri centrali. Nella stessa Sardegna, la richiesta di una più marcata sovranità è particolarmente sentita fuori dal Palazzo, tanto è vero che, ad esempio, le Camere di Commercio delle Isole della UE hanno chiesto maggiori poteri proprio per le regioni insulari ed hanno trovato una certa "favorevole attenzione" da parte delle autorità comunitarie. Di cosa abbiamo paura?, ha aggiunto Maninchedda. Abbiamo davanti una strada spianata dalla società che ci circonda, dobbiamo semplicemente approfittare di queste occasioni, "chiedere più sovranità, maggiori poteri per difendere i nostri diritti, gli interessi legittimi dei sardi, per dare risposte anche alle nostre esigenze economiche".
Un più alto tasso di sovranità, il nostro "essere isola", secondo l'esponente politico di Federalismo Autonomismo Sardo, ci permetterebbe di tutelare meglio le nostre produzioni tipiche, in particolar modo quelle agricole, le nostre specificità culturali. Invece, nella difficile situazione nella quale ci troviamo, siamo relegati al ruolo di "supermarket di consumatori", senza prospettive di crescita e di sviluppo autonomo, anche perché siamo assolutamente "isolati dalle reti europee". Non è possibile, in queste condizioni, utilizzare nel modo migliore le ricchezze delle quali l'Isola dispone, favorire la crescita sociale, culturale della società sarda.
E' inopportuno, per disegnare il futuro, guardare al passato, ha aggiunto Paolo Maninchedda, ricordare una realtà politica superata, perché in Sardegna i partiti non sono figli delle contrapposizioni storiche; perché il passato al quale spesso ci si richiama, come il periodo dei Giudicati (pieni di servi) o l'esperienza degli Stamenti (rappresentavano solo i forti, i deboli ne erano fuori) non sono tra i più esaltanti della storia sarda, "sarebbe molto meglio richiamare la rivoluzione sarda"; così come sarebbe meglio battersi per una vera crescita culturale dei sardi. Invece, si dimenticano le esperienze negative del passato, si accetta passivamente che vengano tagliati i necessari servizi. Per colmare le nostre arretratezze culturali sono stati necessari secoli, dobbiamo ripercorre quel triste cammino? Lo Stato chiude una scuola? noi dobbiamo poterla tenere in vita. La presenza dello Stato, della Regione a sostegno dell'economia, dei servizi da fornire ai cittadini, è un'esigenza dalla quale non si può prescindere. "E' possibile che siano completamente spariti i geni del socialismo e del solidarismo?", si è chiesto l'esponente politico. Avviandosi alla conclusione, Maninchedda si è soffermato su altri "argomenti spinosi", sui quali è necessari fare chiarezza. La legge elettorale è funzionale alle forme di governo, per evitare equivoci si potrebbe ipotizzare un'elezione contestuale Presidente-Consiglio, senza subordinare un potere all'altro o elezioni in periodi differenti; ma si potrebbe anche studiare una legge simile a quella in vigore per le province, con collegi uninominali di piccola dimensione, o un proporzionale su base provinciale, con un premio di maggioranza da assegnare alla coalizione che vince. Ma sono molte le ipotesi possibili, anche per superare il "localismo, una malattia che limita l'autonomia degli eletti", ad esempio ripensando il collegio regionale, che permette un rapporto con il territorio ma una visione meno angusta del mandato politico. Tutti temi sui quali si può avviare un proficuo confronto, per favorire quella "partecipazione" popolare che è la ragione principale per la quale sono nate le regioni. Altro tema scottante, quello delle autonomie locali: "i sindaci ci porteranno le chiavi dei loro municipi", perché non si può essere esclusi dalle scelte, specialmente economiche, dalle quali dipende il destino degli enti locali che si amministrano.
Una serie di argomenti di scottante attualità, quindi, sui quali ci si deve assolutamente confrontare "se non si vuole svilire il ruolo ed il compito che vorremo svolgere". Troviamo un accordo sul metodo, ha concluso Maninchedda, poi affrontiamo con decisione i temi delle riforme, "proponiamo le nostre idee, perché il cuore delle riforme sono le idee", raggiungiamo le grandi intese e tutto diventerà più facile, perché "sarà possibile affidare, alle commissioni di merito, il compito di limare gli accordi raggiunti".Le "parole buoniste" del presidente Soru, che ha inaspettatamente riconosciuto il ruolo del Consiglio ed "aperto" al contributo delle opposizioni, non sono piaciute all'on. Fedele Sanciu. L'esponente di Forza Italia, rivendicando il ruolo del Consiglio, ha contestato la "difesa dei diritti costituzionali" fatto dal presidente Soru, anche perché la "sua" maggioranza esegue, senza batter ciglio, ciò che viene deciso dalla Giunta. Il ruolo dei consiglieri è stato ridotto ad un "puro esercizio burocratico, a passacarte, costretto ad avvallare ciò che elabora lo staff del Presidente!". In questa circostanza, ma sono ormai passati sedici mesi dalle elezioni, qualche esponente della maggioranza rivendica un barlume di autonomia; ma sono episodi sporadici, visto che sono state sopportate prevaricazioni di ogni tipo, che si è assistito, senza nessuna reazione, agli sgarbi, alle vessazioni inflitte ad "autorevoli personalità" presenti in questo Consiglio, come è avvenuto nei confronti dell'onorevole Maninchedda.
In ogni occasione questa Giunta ha mostrato "scarsa disponibilità" al dialogo. Perché, allora, illudersi che, riscrivendo lo Statuto di autonomia, mettendo a punto le principali leggi di riforma, questo esecutivo sia disposto a cambiare atteggiamento? Il cammino delle riforme, ha aggiunto Fedele Sanciu, deve essere chiaro, limpido. Le opposizioni non possono accettare alcuna divisione di compiti (circola voce che la legge statutaria e la riorganizzazione della regione siano "di competenza" della Giunta, mentre al Consiglio sarebbero riservati lo Statuto e la legge elettorale), perché è compito dell'Assemblea sarda scrivere le leggi, anche per "le notevoli sensibilità politiche presenti nell'Aula", coinvolgendo in questo gravoso compito le parti vive della società sarda. Nessuna apertura di credito, quindi, nei confronti di un Presidente che ha sempre utilizzato i suoi collaboratori, o anche consulenti esterni, per predisporre provvedimenti che sono sempre stati imposti, anche alle parti sociali, con atteggiamenti vessatori. Come si può credere che in questa occasione, per svolgere un compito così delicato, si terrà conto delle opinioni, delle idee, dei contributi di coloro che si sono sempre ignorati? D'altra parte, tutte le decisioni importanti di questo esecutivo, come la riforme degli enti in agricoltura o lo smantellamento di delicati settori dell'amministrazione pubblica, sono state fatte senza tener conto delle proposte e delle critiche, non solo delle opposizioni ma delle migliori espressioni della "società civile".
Le riforme devono essere fatte da tutti, ha concluso Fedele Sanciu, avviando il necessario controllo democratico, nella sede istituzionale, appunto il Consiglio regionale che deve essere protagonista delle riforme assieme al popolo sardo.La scarsa attenzione mostrata dai consiglieri al tema delle riforme, è stata "denunciata" dall'on. Silvio Cherchi (DS), che ha giudicato "desolante parlare agli assenti". L'esponente dei DS, rivendicando la validità della storia, ha anche ricordato gli aspetti positivi e le conquiste civili raggiunti dai sardi nel loro lungo camino ed ha confermato l'importanza delle lotte per il progresso sociale, la crescita della coscienza civile e sindacale degli operai isolani, Non tutto ciò che è stato fatto, anche durante la stagione autonomistica, è da buttare, da dimenticare. Forse, ha ricordato Silvio Cherchi, lo Statuto di autonomia è nato male, viziato dalle divisioni presenti tra le forze politiche isolane del dopoguerra e dai ritardi nel portare avanti le giuste rivendicazioni della Sardegna. Comunque, quello Statuto è un ottimo punto di partenza, così come sono conquiste da difendere gli accordi Stato-Regione. Ora, però, si deve cambiare mentalità, ha aggiunto Cherchi, se si vuole essere protagonisti nel processo di trasformazione, in senso federale, dello Stato italiano. Si deve riacquistare certezza nel proprio ruolo, si deve raggiungere quella "unità di intenti" che può favorire una nuova, più incisiva, scrittura dello Statuto di autonomia.
Forse i vecchi legami società-partito-istituzioni non sono più attuali, ha aggiunto l'esponente DS, ma è pur sempre necessario elaborare una proposta (e lo deve fare il Consiglio) da presentare alla società sarda, nelle sedi più opportune. Il Consiglio, quindi, è chiamato ad elaborare una nuova ipotesi di statuto, inserendovi i principi che devono caratterizzare l'idea che "abbiamo della Sardegna del futuro", tenendo conto di quelle che sono le assolute priorità che devono caratterizzare le scelte politiche dei sardi: ambiente ed insularità. "Siamo, nei confronti dello Stato, un territorio d'oltremare" ha aggiunto Cherchi e dobbiamo caratterizzare le nostre rivendicazioni partendo proprio da questo obiettivo dato di fatto. Dobbiamo puntare a realizzare una Regione che sia protagonista delle sue scelte, sia in campo nazionale che comunitario, dobbiamo ottenere il reale riconoscimento dei nostri diritti, degli handicap geografici che limitano le nostre possibilità di crescita. E' giusto lamentarci perché "non siamo in rete", ma quando i treni arrivano a Civitavecchia si fermano, e chi paga il trasporto via mare? E non ci sono altre possibilità. Lo Stato, la Comunità devono tener conto di queste diseconomie e devono coprire loro questi maggiori costi. Altrimenti non ci sarà futuro per lo sviluppo della Sardegna. Concludendo il suo intervento, Silvio Cherchi si è soffermato sul tema del presenzialismo e del maggioritario, sistemi tra loro sinergici, ricordando che esecutivo e legislativo sono due poteri diversi, con doveri e responsabilità ben distinti. I conflitti tra Consigli e Presidenti, anche nelle altre regioni, non sono certamente una novità; quindi, si devono trovare i necessari correttivi per permettere ai cittadini di scegliere chi li deve governare, garantendo però anche le giuste forme di controllo.Uno Statuto scritto "con cuore e passione", che sia "la carta d'identità dei sardi", da leggere nelle scuole, che accompagni i sardi: se lo augura l'on. Francesco Sanna (La Margherita) ricordando come la fase costituente sia tutt'ora debole ("la gente non la chiede nelle piazze, forse perché non abbiamo alle spalle un cataclisma che segna una frattura nella nostra storia di popolo"). Una legge, che istituiva l'Assemblea costituente, presentata al governo il 31 luglio del 2001, è ancora lì, mai presa in considerazione. Ma - ha detto Sanna - registriamo su alcuni temi delle riforme una "tendenziale unità" di giudizio, che nasce dalla consapevolezza che le riforme si devono fare. Bisogna dunque partire, facendosi carico delle idee maturate e abbastanza condivise in Prima commissione, prevedendo una vasta consultazione, attraverso la Consulta, sfuggendo, tuttavia, a "suggestioni pericolose", che potrebbero condizionare il dibattito; due, in particolare: quella che lega l'efficacia delle riforme all'influenza economica che avranno ("è un concetto profondamente sbagliato; anche se la migliore efficienza della macchina regionale aiuta sicuramente il mercato") e quella, ancor più subdola, che oppone alle riforme pane e lavoro, ritenendo le prime una sorta di divertimento parolaio. Suggestioni affiorate in Consiglio, che vanno messe da parte per non ostacolare la ricerca dell'unità d'intenti, necessaria su un processo così complesso e importante. Pur riconoscendo al Consiglio il ruolo centrale, l'on. Sanna ha definito "non scandalosa" la proposta ("opinione articolata") della Giunta manifestata attraverso il DdL sulla legge statutaria; essa, del resto, si propone come contributo di un preciso impegno contenuto nel programma di Sardegna Insieme, la coalizione di centrosinistra guidata da Soru.
Per l'on. Giorgio Oppi (Udc) diventa difficile trovare, tra maggioranza e minoranza, convergenza su un documento unitario "per mancanza di fiducia". Il presidente Soru ha detto: azzeriamo tutto e costruiamo insieme le riforme; ma ora Sanna ammette che un documento c'è e questo rende il dialogo più difficile. Se il Consiglio è sovrano, non vuole la pappa pronta. Anche se di dovesse partire da zero, il dibattito sarebbe anomalo: qui - ha precisato - si chiama il Consiglio a discutere di materie di sua esclusiva competenza col tono di una gentile concessione. Nonostante questo, l'Udc intende collaborare. Si potrebbe perciò partire da alcuni punti d'intesa raggiunti in Commissione, anche se "dopo l'esecuzione del presidente Maninchedda", l'attività della Commissione si è bloccata. In ogni caso, in attesa delle riforme, è necessario rispettare le leggi vigenti. Riferimento obbligato - ha detto Oppi - alla legge 31 ed "a comandi e distacchi illegali autorizzati a vagoni" o a nomine di dirigenti Asl fatte senza i requisiti. Le regole del gioco vanno rispettate.
Primato dell'economia o del diritto? Senza dubbio primato del diritto ha affermato l'on. Silvio Lai (DS) riprendendo un tema sollevato (con opposto parere) dall'on. Pili. La grande sfida che attende la Regione è proprio il rigore del diritto; prevedere di cambiare la Regione ("se ne avremo la forza") secondo regole certe ed esigibili da chiunque, non da chi detiene il potere economico. Partiamo, allora, "dalle cose su cui siamo d'accordo", ha argomentato l'on. Lai, denunciando tuttavia un dibattito "caratterizzato da quelli che parlano e si ascoltano a vicenda", senza, cioè, la dovuta partecipazione a temi così rilevanti per il futuro delle istituzioni e dei sardi. Fra le cose che uniscono, la legge sulla Consulta, la ricerca di una vasta partecipazione, il coinvolgimento delle autonomie "locali e civili". La ricerca della partecipazione - ha sottolineato - non è "una gentile concessione", ma l'obbligo di tutto il Consiglio "di fare bene e insieme le scelte". C'è un altro traguardo da cogliere legato al tempo delle riforme. Di fronte alla prospettiva di una devolution disgregante, la Regione deve porsi ad argine per tutelare le autonomie degli enti locali, ai quali, insieme alle deleghe, vanno affidate le risorse perché i diritti da gestire non restino sulla carta o, peggio, diventino per alcuni occasioni di forza e per altri occasione di debolezza.
La centralità del Consiglio è stata richiamata anche dall'on. Matteo Sanna (An) paventando il pericolo, che anche nella fase costituente, istituzioni intermedie e forze sociali siano chiamate a incontri bilaterali col governo. Perché le riforme nascano dal basso, come tutti si auspicano, è necessario che il ruolo del Consiglio sia tutelato e sia precisato nel processo riformatore. An - ha detto Sanna - è disponibile ("lo ha dimostrato presentando una proposta di legge statutaria") al dialogo: lo fa nell'esclusivo interesse dei sardi.
Le riforme, un concetto ribadito più volte anche nel dibattito pomeridiano, devono essere fatte coinvolgendo tutte le forze politiche. E la necessità di superare le contrapposizioni, gli sterili dualismo, ha caratterizzato l'intervento dell'on. Giommaria Uggias (La Margherita), che ha voluto ripercorrere il difficile cammino che ha portato al dibattito sulle leggi destinate ad incidere profondamente sul futuro della Sardegna. Il Consiglio è chiamato a questo difficile compito, ha aggiunto Uggias, ed in quest'Aula ci sono le sensibilità e le competenze necessarie per riscrivere un nuovo Statuto di autonomia, una nuova legge statutaria, per disegnare una moderna organizzazione amministrativo, per decidere una legge elettorale moderna ed efficace.
Da sempre, la Margherita è convinta della necessità di coinvolgere, in questo grande impegno, tutte le minoranze, avviando, in tutti i modi, un confronto, rigettando, però, ogni forma di veto. Non siamo disposti a sopportare vessazioni ed imposizioni di alcun genere, ha aggiunto Uggias, "siamo aperti ad ogni confronto, da liberi e forti, senza alcun atteggiamento pregiudiziale. Operando senza remore psicologiche, siamo certi che si possono raggiungere le opportune intese sul metodo, come siamo certi che si possano raggiungere significative intese anche sui contenuti". La limitazione del numero dei consiglieri( lo Statuto attuale è ben preciso e quelle indicazioni devono essere confermate), la possibilità di trasferire poteri dalla Giunta agli enti locali, l'esigenza di razionalizzare la struttura amministrativa e burocratica regionale, ha aggiunto Uggias sono temi largamente condivisi, dai quali si può partire per allargare il confronto anche ad altri argomenti. Squarciamo il velo dell'ipocrisia, ha concluso l'esponente de La Margherita, raggiungiamo un "accordo sui principi" condivisi, apriamo un serrato confronto con lo Stato e la Comunità, che sono le nostre reali controparti. Mettiamo a punto un grande progetto di interesse generale, ha concluso Uggias, tenendo conto dell'esigenza di una reale "solidarietà tra generazioni", elaboriamo le soluzioni giuridiche opportune per garantire "rappresentatività e stabilità" alle Istituzioni, prepariamo le proposte politiche e giuridiche conseguenti ai programmi elettorali, confrontiamoci nelle sedi istituzionali e diamo risposte concrete ai problemi della società sarda. Questo è il compito per il quale ci siamo impegnati davanti ai nostri elettori. "Rispettiamolo".
I lavori del Consiglio riprenderanno
martedì 18 alle ore 10.30