CONSIGLIO REGIONALE DELLA
SARDEGNA
XIII LEGISLATURA
Nota stampa
della seduta n. 97 pomeridiana del
22 giugno 2005
Il Consiglio regionale si è riunito sotto la presidenza dell'on. Giacomo Spissu.
In apertura di seduta l'assessore Gian Valerio Sanna ha chiesto il rinvio dell'inizio dei lavori alle 17.30, a causa di un temporaneo impedimento istituzionale del presidente della Giunta.
Poiché non vi sono state opposizioni il rinvio è stato accordato.
Alla ripresa dei lavori, il presidente ha posto in discussione la mozione n. 38, sulle servitù militari, e l'interpellanza n. 87, sul protocollo in materia d'indennizzi ai pescatori.
Discussione Mozione n. 38 sulle servitù
militari e Interpellanza n. 87 protocollo
sugli indennizzi ai pescatoriLa mozione n. 38 è stata illustrata dall'on. Luciano Uras (PRC), che ha esordito ricordando che nella passata legislatura il Consiglio dichiarò la Sardegna terra di pace ed amicizia, a testimoniare l'importanza di questo argomento per la forte presenza militare in Sardegna. "I due terzi della complessiva presenza militare italiana, attraverso servitù e demanio, insistono sul territorio sardo", ha ricordato Uras, che ha citato una lunga serie di dati, a testimonianza del pesante condizionamento che i territori soggetti a servitù rappresentano. Tutto ciò quando un progetto di sviluppo, che si fonda sulla valorizzazione delle risorse ambientali, trova pesanti condizionamenti proprio a causa della indisponibilità di un grande patrimonio territoriale.
Spesso si tenta di ridurre un tema così importante ad una monetizzazione del danno arrecato, ma non si può ridurre il diritto ad uno sviluppo autopropulsivo ad una mera quantificazione del danno subito.
Uras ha, quindi, dato atto alle lotte delle popolazioni interessate, di avere tante volte richiamato l'attenzione delle istituzioni regionali sul diritto di quei lavoratori e di quelle comunità di potere programmare la propria esistenza, basata sul lavoro e sulla produzione e non sul mero aspetto assistenzialistico derivante dagli indennizzi. Secondo Uras, di ciò la Regione deve farsi carico.
Proseguendo il suo intervento, il rappresentante del PRC, ha dichiarato che è doveroso che la Regione assuma atteggiamenti adeguati, attraverso una fase di confronto forte col Governo. La ridefinizione complessiva della presenza militare va affrontata, ha detto Uras, e ricontrattata, stabilendo priorità e percorsi di un ridimensionamento di tale presenza.
Occorre garantire l'esercizio delle attività produttive, in primo luogo della pesca, ha aggiunto, ma la Regione deve farsi carico di non fare patire ai pescatori i ritardi dello Stato. La rivendicazione di questi diritti è nei confronti dello Stato ed i pescatori non sono i poverini di turno, ecco perché è necessaria una forte azione unitaria.L'interpellanza n. 87 è stata, quindi, illustrata dall'on. Giorgio La Spisa (FI), che ha ricordato che anche la sua parte politica è per la pace e per l'amicizia tra i popoli. Ma c'è una grande differenza fra pace e pacifismo, fra amicizia dei popoli e antimilitarismo. Certamente non siamo "per l'Eurabia, come ha definita la Fallaci la possibile nuova Europa", certamente siamo occidentali.
Bisogna distinguere fra il confronto con lo Stato sulle servitù militari e l'invocazione isterica del ridimensionamento delle servitù militari.Il primo di una lunga serie di interventi (23 i consiglieri iscritti a parlare) è stato quello dell'on. Chicco Porcu (Progetto Sardegna) il quale ha ribadito che la Sardegna non rinuncia "ad un contributo attivo e solidale" nella difesa del Paese, ma chiede un riequilibrio rispetto alle altre regioni. E' una stonatura, infatti, che il 60 per cento delle servitù militari sia nell'isola e l'80 per cento delle bombe esploda, in tempo di pace, nel nostro territorio. Nonostante il mondo occidentale sia cambiato, nonostante la distensione, la fine della guerra fredda e il consolidamento dell'Europa faccia ritenere che le tensioni si siano allentate, in Sardegna non è cambiato niente; anzi, se qualcosa è cambiato, ciò è avvenuto potenziando la base Usa di La Maddalena, sulla quale il segreto di Stato non si è mai diradato. Ma ci sono forti segnali di inquietudine che non sono sopportabili, come l'incidenza dei malati di tumore del Salto di Quirra, dove l'ipotesi che le patologie siano causate dalle armi usate resta in piedi.
Quanto all'utilità economica della presenza delle "stellette", è tutta da valutare. Le buste paga del ministero della Difesa sono diecimila; ma quante sono quelle perdute per il mancato turismo, l'agricoltura bloccata, l'impatto con l'ambiente? Il bilancio probabilmente non è favorevole; né, nel bilancio, possono entrare gli indennizzi pagati ai pescatori, ai quali, per lunghi periodi, viene negato il diritto al lavoro.Per l'on. Mariano Contu (FI) il diavolo non è così brutto come lo si dipinge: è giusto chiedere un riequilibrio dei vincoli, ma se il presidente Soru ha pubblicamente ringraziato il ministero della Difesa per la ripresa del dialogo Stato-Regione, vuol dire che da parte del Governo non c'è scarsa sensibilità o indifferenza. Del resto - ha precisato sfogliando un vecchio numero della Gazzetta Ufficiale - quella dell'11 dicembre del 2003 - da tempo lo Stato sta provvedendo al trasferimento di beni militari al demanio. Per l'on. Contu se, da un lato, le servitù sono onerose, dall'altro procacciano benefici economici. Sono 1493 - ha detto - i civili a carico del Ministero; e sono molte migliaia i militari. Perciò, se è arrivato il momento di manifestare una volontà politica a difesa dei sardi, occorre che tutti i sardi vengano difesi, anche quelli che traggono sostegno (ed hanno ben poche alternative) dalla presenza militare nell'Isola.
L'on. Silvio Cherchi (DS) ha ricordato le dure lotte dei pescatori, le "autentiche vessazioni, le multe e le minacce", la "dignità di questi lavoratori privati di un diritto costituzionale" per sottolineare come, in alcuni casi, il peso delle servitù sia insopportabile. Oggi erano presenti anche i pescatori di Sant'Antioco, a denunciare un malessere che ha radici profonde. Da parte del Governo, invece, si registra "un cinico tentativo di strumentalizzazione", quando si fa passare per una concessione quello che è un diritto ormai acquisito, l'equo indennizzo a chi non può, durante il lungo periodo di interdizione, mettere reti in mare. Per indennizzare le marinerie interessate - ha aggiunto - non occorre nessun protocollo e il Governo può pagare motu proprio.
Pescatori a parte, Cherchi ha definito "anomalia storica" quella di un'isola che, pur essendo un dodicesimo del Paese, detiene l'ingombrante primato del 60 per cento dei vincoli militari nazionali. La Sardegna "rischia di essere un residuato della guerra fredda", condizione insopportabile per superare la quale serve una precisa volontà politica: il problema non è facile da risolvere, essendo legato ad equilibri anche internazionali. Per la complessità della materia, ha sollecitato "un approdo unitario", da parte del Consiglio, nel difendere gli interessi comuni dei sardi."Il solo ostacolo alla conclusione della vertenza con le marinerie sarde è il presidente Soru, che non firma, con argomenti pretestuosi, il protocollo integrativo" ha detto l'on. Claudia Lombardo (FI) affermando che alla vicenda, sconfinata nella demagogia, è stata data una dimensione inusitata, "forse per distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dai veri problemi". Il presidente Soru decide da solo, non preoccupandosi neppure di sentire il parere delle popolazioni direttamente interessate alla presenza dei militari; al tavolo del confronto, fra ministero della Difesa e Regione, non ha voluto neppure i sindaci di quei centri. "Vada nei Comuni del Basso Sulcis per rendersi conto di quali ricadute economiche abbia la presenza dei militari". Per l'on. Lombardo bisogna evitare le strumentalizzazioni, non accettare imposizioni, ma credere in un progetto per la sicurezza del Paese e, soprattutto, non partire lancia in resta "per un cieco e totale smantellamento" delle basi; cercando, invece, di compensare le esigenze delle popolazioni con i benefici della presenza militare. Perché, infine, - ha concluso - protestare contro le aree interdette dei poligoni che danneggiano l'economia, quando "una legge salva coste, voluta dal presidente Soru, ha paralizzato, con un'imposizione, l'economia dell'intera fascia costiera?".
Per l'on. Paolo Pisu (PRC), per risolvere la vicenda delle servitù militari che si trascina ormai da decenni, è necessario stabilire una strategia. Il presidente della commissione Politiche comunitarie ha ricordato che l'argomento ha avuto grande rilevanza nel programma elettorale del centrosinistra. Il tema della riduzione delle servitù militari abbraccia gli interessi strategici della Sardegna. Alla nostra isola - ha proseguito Pisu - è stato assegnato un ruolo di "servizio". Questo ruolo non lo vogliamo più.
Il presidente della Seconda commissione ha detto anche che non concorda con chi vuole rappresentare la questione delle servitù militari come lo scontro tra il sottosegretario Cicu e il presidente Soru. Per Pisu la progressiva diminuzione delle servitù è un punto centrale del nuovo modello di sviluppo. Il consigliere di Rifondazione non è d'accordo con chi dice che la diminuzione delle servitù rappresenterebbe una "catastrofe economica". I sardi devono avere il coraggio di riappropriarsi del proprio territorio.
L'on. Nicola Rassu (FI) ha detto che l'argomento dovrebbe essere affrontato aprendo un confronto anche con le amministrazioni locali, con i sindaci, con i rappresentanti di categoria. Sentendo l'intervento di alcuni colleghi - ha affermato - sembrerebbe che la Sardegna sia oggetto di "occupazione militare". Ma non è così. Rassu è d'accordo a diminuire le servitù, ma è ben lontano da dire "fuori i militari dalla Sardegna". Quindi, per l'esponente di Forza Italia è necessario aprire un confronto democratico e sereno con lo Stato. Per Rassu chi parla di "invasione militare in Sardegna" sta delirando.
Per l'on. Paola Lanzi (PRC) la presenza delle servitù militari è oppressiva, limita lo sviluppo locale nei comuni, crea danni alle attività tipiche. L'esponente di Rifondazione ha ricordato il rischio nucleare nei porti di Cagliari e di La Maddalena, i casi di leucemia di Quirra e di Capo San Lorenzo. "I sardi hanno il diritto di sapere - ha detto - non devono più subire". Per l'on. Lanzi si deve aprire una vertenza con lo Stato, che si è appropriato dei territori sardi per fare la guerra. Lanzi ha chiarito che sta dalla parte di chi dice "no alle servitù" e che condivide la lotta del presidente Soru. Il nostro partito vigilerà - ha concluso - perché la Sardegna diventi un laboratorio di pace.
Per l'on. Francesco Sanna (La Margherita) la Sardegna ha vissuto un'epoca storica che adesso non c'è più. Non c'è più il pericolo delle invasioni, la guerra non si fa più con i carri armati, i fronti di guerra sono ben diversi rispetto a quelli di 50 anni fa. L'on. Sanna ha ricordato la legge 898, del 1976, che istituì i comitati paritetici per discutere come regolare la concentrazione delle aree a fuoco nel territorio nazionale. Quella legge stabilisce il principio che è scritto anche nella nostra mozione: "le servitù militari vanno ridistribuite su tutto il territorio della Repubblica". Siccome la Sardegna ha una concentrazione record di territori destinati a uso militare, è urgente un riequilibrio.
L'on. Giovanni Moro (AN) ha definito "incredibile" questa mozione, che arriva all'esame del Consiglio per la pressione di alcune marinerie. Anche l'esponente di AN ha posto l'accento sul grave danno economico che comporterebbe l'eliminazione delle servitù militari. "Sono convinto - ha detto - che la presenza militare in Sardegna non è un danno irreparabile, anche perché i militari sono soprattutto sardi". L'on. Moro ha invitato il presidente Soru a sentire i sindaci dei comuni "interessati" dalle servitù, per non fare lo stesso errore dell'eolico.
L'on. Ciriaco Davoli (PRC) ha invitato tutti i colleghi a non fare un discorso localistico ma a portare la discussione su un piano più ampio. Per il consigliere di Rifondazione, il Consiglio regionale deve predisporre un percorso alternativo alle servitù militari. Quindi, non è sufficiente approvare la mozione ma capire quale è l'alternativa alle servitù militari e costruire un progetto di totale bonifica del territorio sardo. L'on. Davoli ha espresso apprezzamento per il lavoro del presidente Soru.
Per l'on. Nello Cappai (UDC) non si può fare demagogia. Eliminare le servitù militari vuol dire togliere posti di lavoro. "Non creiamo altri emigrati - ha detto l'esponente dell'UDC - solo tra Capo Teulada e Perdasdefogu ci sono 4000 persone che vivono con i soldi erogati dal ministero della Difesa. Come si intende offrire un reddito a queste persone?" Per Cappai non si può partire in quarta, si deve ascoltare la gente e trovare soluzioni alternative.
Differente la posizione dell'onorevole Adriano Salis (Insieme per la Sardegna) il quale ha voluto immediatamente sgombrare il campo da possibili polemiche. I temi in discussione sono di grande interesse, ha detto, e cercherò di "affrontarli con grande serenità, ragionando con obiettività e senza considerare corbellerie, come hanno fatti altri, le posizioni, le idee dei colleghi intervenuti in questo dibattito". I problemi sul tappeto sono, secondo Adriano Salis, solamente due: il diritto dei pescatori di ricevere gli indennizzi stabiliti per legge, "diritti acquisiti", anche perché ufficialmente riconosciuti dallo stesso Stato, perché per lunghi periodi dell'anno non possono svolgere il loro lavoro; la rivisitazione delle servitù militari, anche alla luce dei numerosi accordi raggiunti tra il Governo centrale e la Regione.
Due problemi distinti, ha aggiunto l'esponente dell'Italia dei Valori, che il sottosegretario Cicu ed il ministro Martino non possono "cercare di unificare". Le posizioni della Sardegna sono e devono essere, quindi, estremamente chiare perché i sardi non sono più disposti a mettersi sull'attenti ed a prendere, supinamente, ordini da chicchessia, perché le leggi ed i diritti dei pescatori devono essere rispettati.
"In fondo, ha aggiunto Salis ricordando la lunga serie di incontri, di intese, di protocolli siglati e quasi subito dimenticati, "chiediamo semplicemente il rispetto della legge, delle leggi", perché tali sono anche gli accordi raggiunti tra Spadolini e Melis, nel lontano 1987, o quello più recente tra D'Alema e Palomba. La Sardegna sopporta un eccessivo carico di impianti e strutture militari, ha detto ancora Salis, e negli accordi Spadolini-Melis, ad esempio, si prevedeva la progressiva smilitarizzazione, "la dismissione", di ben 150 siti, tra i quali Porto Tramatzu e Foxi, a capo Teulada. Di quegli accordi molte parti sono rimaste lettera morta, quella che la Giunta ha avviato, quindi, "è una battaglia sacrosanta", condivisa dal popolo sardo, che si è apertamente schierato "con Soru, con la giunta, con questa maggioranza", ha concluso Salis, così come la società sarda ha manifestato grande consenso all'altra grande rivendicazione, quella sulla "ridefinizione delle entrate fiscali". Con queste due grandi battaglie "cerchiamo di recuperare le ragioni forti della nostra autonomia; stiamo provando a ridisegnare un nuovo progetto di sviluppo".Qualche difficoltà ad intervenire in un dibattito così delicato, ha, invece, "confessato" l'onorevole Roberto Capelli (UDC), ricordando come, nei primi anni 70, ancora ragazzino, manifestava con foga "contro gli americani", chiedendo l'allontanamento dall'Isola "delle basi della Nato". Qualche anno dopo, ha sempre "ricordato" Capelli, da "piccolo imprenditore" riforniva le basi militari, anche quelle di La Maddalena, di Perdasdefogu e di Alghero (spesso dimenticata, perché del ministero dell'Interno, ma che ancora esiste). Crescendo e maturando, quindi, anche per un piccolo "interesse personale imprenditoriale", la posizione nei confronti della presenza dei militari è cambiata. "Ma certamente non è mutata la mia ostilità verso il pericolo nucleare, così come non rinuncio a chiedere controlli sanitari accurati ed approfonditi", nelle basi e nei luoghi "di guerra" per prevenire, evitare e controllare i "pericoli noti, ma specialmente quelli non noti".
In questo dibattito, ha aggiunto Capelli, ci sono posizioni contrastanti, articolate, in troppi casi non condivisibili. "Conosco bene il significato dell'autonomia, della sovranità", ha detto ancora l'esponente dell'UDC, ma mi fa specie veder usare "un altro per raggiungere i propri obiettivi". Chiaro il riferimento ai pescatori utilizzati per "scopi politici", più o meno come fanno "certi imprenditori che minacciano di licenziare i propri dipendenti se, quando sono in difficoltà finanziarie, non interviene la Regione". Bisogna evitare ogni forma di populismo, di demagogia: "Siamo pronti ad allontanare le basi militari, subito, in toto. Ma cosa proponiamo come alternativa?" Proporre una nuova fiorente agricoltura a La Maddalena non ha senso, dire che a Perdasdefogu la base può essere trasformata in una florida azienda non è credibile; a Teulada si può certamente puntare sul turismo, ma come ipotesi di scuola, perchè, in realtà, non sappiamo ancora bene su quale turismo dobbiamo puntare. Entrando nello specifico, Roberto Capelli ha proposto che i militari che debbono lasciare, ad esempio, Macomer vengano trasferiti a Nuoro, "ma con tutte le garanzie sanitarie che abbiamo sempre chiesto".
In ogni modo, anche questo dibattito dimostra, ha concluso Capelli, che questa maggioranza non ha idee e proposte chiare, perché "non ha ancora fatto conoscere un programma credibile, con date certe, con risorse finanziarie certe, con obiettivi certi".Diverso l'approccio, al tema delle servitù ed al diritto ad un risarcimento "serio e ragionevole" da parte dei pescatori delle marinerie sarde, dell'onorevole Antonio Calledda (DS), il quale ha voluto ricordare come temi di tale importanza siano stati, in molte occasioni, discussi ed affrontati anche dalle popolazioni interessate alla presenza dei militari. Recentemente, proprio a Teulada, nel corso di un affollato convegno, la popolazione di quel comune costretta a convivere con la più grande ed importante base militare italiana, si è chiesta perché "si deve sempre ragionare" seguendo gli schemi precostituiti del passato. Dobbiamo guardare al futuro, ha detto ancora Antonio Calledda. In quella occasione, infatti, gli stessi pescatori non hanno certamente chiesto un indennizzo permanente, ma hanno sollecitato solamente maggiore sicurezza e la possibilità di lavorare, di sviluppare le loro attività con serenità, senza vincoli e costrizioni legati alle decisioni, alla presenza dei militari.
Se il sottosegretario Cicu è realmente così bravo come dice di essere, visto che secondo lui ha risolto brillantemente il caso dei pescatori di Teulada e di Sant'Anna Arresi, ha aggiunto Antonio Caledda, perché non si occupa anche della altre marineria della zona, ad esempio di quelle di Sant'Antioco e di Buggerru, perché non prova a risolvere anche i loro casi spinosi?
In ogni caso, ha concluso Calledda, su tre temi non si può assolutamente transigere: la riduzione delle servitù militari; l'immediato avvio delle dismissioni dei beni inutilizzati; la puntualità nel corrispondere ai pescatori gli indennizzi previsti dalle leggi.I problemi delle marinerie sarde, non solamente di quelle del Sulcis, sono importanti, ma la situazione deve, probabilmente, assumere una diversa "dimensione". Le leggi devono essere rispettate, quindi anche gli accordi solennemente stipulati, ha detto l'onorevole Giommaria Uggias (La Margherita) ed il tema prevalente, anche in questo caso, è quello dei rapporti Stato-Regione che devono essere improntati al riconoscimento degli interessi legittimi delle due parti. Le posizioni, forse, non sono neppure tanto distinte, così distanti, ha aggiunto Uggias, se infatti, le idee e le proposte vengono sfrondate da un sempre presente radicalismo, le posizioni potrebbero anche avvicinarsi.
Certamente, questa eccessiva presenza dei militari ha pesanti ripercussioni sui diritti delle popolazione ed è per questo che si devono trovare soluzioni alternative. Oggi sono relativamente poche le persone interessate a questa vicenda, ma le situazioni politiche internazionali sono mutate e lo Stato deve creare nuovo sviluppo, deve fare le scelte opportune per valorizzare le risorse locali, deve assumere nuovi impegni che tengano conto proprio dei differenti scenari nei quali si può oggi operare. Per quanto riguarda le basi militari, ha concluso Uggias, nuove occasioni di lavoro possono esservi avviando il necessario intervento di recupero e di bonifica dei siti utilizzati dai militari, una occasione di riscatto e di sviluppo economico da non dimenticare.
Temi, ha concluso Uggias, che saranno certamente approfonditi nel corso del dibattito, argomenti sui quali è, comunque, possibile trovare una larga intesa tra le forze politiche presenti in Consiglio.Contrariamente alla prassi, perché per impegni istituzionali non sarà presente domani in Aula, ha preso quindi la parola il presidente della Giunta, il quale ha voluto "riprendere" un argomento che ha recentemente sollevato polemiche, ma che esula dal tema delle servitù militari. Chiedendo scusa al Consiglio per questa divagazione, l'onorevole Renato Soru, dopo aver concordato con l'onorevole Cappai che la "politica è discussione, discussione sui fatti, sulle cose, nel merito, un confronto educato, onorevole", ha ribadito che "non è certamente onorevole", fuori da quest'aula, in una sede non politica, accusare qualcuno di reati infamanti, dire menzogne che sono al di fuori della verità e di ogni confronto politico. In questa situazione, ha aggiunto Soru, "mi sono difeso come può fare ogni cittadino", ma si è anche detto pronto a ritirare quelle denunce se i suoi accusatori, anche con una semplice "lettera personale di tre righe" riconosceranno di averlo accusato di cose che non ha fatto.
Affrontando il tema delle servitù militari, della presenza delle basi militati nella nostra Isola, il presidente della Regione ha ricordato, con orgoglio, che i rapporti con il presidente dl Consiglio e con il ministro della Difesa sono decisamente migliorati, tanto è vero che lo stesso Governo ha riconosciuto che i comportamenti del presidente della Regione sono sempre stati estremamente corretti, gentili. "Ho cercato di costruire un nuovo rapporto, più sereno e costruttivo, con il Governo", ha aggiunto Soru, mettendo bene in chiaro quali sono gli interessi, le aspettative della nostra Sardegna. Ho ribadito che quando si affrontano temi cosi importanti, le posizioni personali non devono "interferire", ma si deve esclusivamente ragionare nell'interesse obiettivo e generale. Invece, anche recentemente, ha detto con una punta polemica il presidente della Regione, nei miei confronti sono state mosse accuse "personali, ed anche in questo dibattito sono stato accusato di essere isterico, altalenante, prepotente. Ma in politica si esaminano i fatti, non si polemizza sulle persone".
In ogni caso, esaminando un tema di così delicata importanza, il presidente Soru ha auspicato che si trovi un massimo comun denominatore per arrivare ad un ordine del giorno unitario. La posizione della Giunta, infatti è estremamente chiara. I militari sono importanti, ha aggiunto Soru e "noi siamo felici che aumentino di numero", che siano ancora più numerosi i carabinieri che operano nelle nostre città e nelle nostre campagne; che siano molto numerosi i poliziotti che frequenteranno i corsi di addestramento e la scuola ippica che sarà realizzata a Foresta di Burgos; che venga istituito un nuovo battaglione della Brigata Sassari. Però, ha aggiunto Soru, noi siamo interessati ad essere cittadini come tutti gli altri italiani. Perché in Sicilia non si spara? Perché non si spara in Campania o nelle altre Regioni? Allora anche i sardi vogliono che il gravame delle servitù militari venga equilibrato tra tutte le regioni italiane.
Un tema ben presente nel corso dell'ultima campagna elettorale, ben spiegato nel programma presentato agli elettori, sul quale si è ottenuto il necessario consenso. "Questo programma noi lo vogliamo attuare", ha aggiunto il presidente della Regione. Ed ha anche ricordato che in Presidenza, negli armadi e negli archivi della Regione, si trovano le copie degli accordi, dei contratti, delle intese raggiunte in questi ultimi 32 anni, da quelli di Andreotti agli ultimi di Palomba e D'Alema. Le carte indicano tante strade, tante ipotesi che si sono approfondite, che si sarebbero dovute seguire, che sono state dimenticate. Ma tra i compiti del presidente della Regione vi è anche quello di difendere, tutelare gli interessi della società della quale è espressione.
"Non ho certamente utilizzato altre persone per le mie battaglie politiche, ha aggiunto Reato Soru, anche perché queste sono rivendicazioni avviate da tempo". Anche recentemente, nelle lettere inviate al capo del Governo, infatti le "rivendicazioni, i temi trattati" erano sempre cinque, ed erano sempre presenti le richieste che riguardavano il riesame delle servitù militari e lo smantellamento della base di La Maddalena. In questa vicenda, ha anche detto il capo dell'Esecutivo, forse il Governo ha cercato di fare il furbo. L'accordo era ed è a portata di mano, "firmerei anche ora, subito, domani mattina", a condizione che il ministero confermi l'impegno di richiamare, nel documento da firmare, la validità degli accordi Spadolini-Melis e D'Alema-Palomba; poi su quei temi ci confronteremo in un secondo momento, ad un tavolo separato. "A me basta la conferma che quegli impegni saranno rispettati, non saranno ancora una volta dimenticati o rimessi in discussione".
La Giunta, in ogni caso, risolto questo spinoso caso non si dimenticherà che esistono altre marinerie, che sugli indennizzi non si costruisce il futuro, che per crescere ci vogliono idee, soldi e lungimiranza. La base di Capo Teulada, secondo gli accordi ancora validi, sarebbe dovuta essere smilitarizzata "nel medio tempo" , ma anni ne sono passati molti ed ora servono date certe; chiudere un poligono, inoltre, non è incompatibile con la presenza dei militari anche nella nostra Isola, ha aggiunto Soru, avviandosi alle conclusioni Dai lontani anni 70, però, lo scenario politico internazionale è mutato, la flotta russa non esiste più, forse in giro per questi mari ci deve essere un solo sottomarino ed una sola nave russa, troppo poco per giustificare una base come quella di La Maddalena, uno schieramento di forze come quello esistente in Sardegna. I rischi per la salute che si corrono nell'arcipelago delle Bocche, ha detto anche Soru, sono certamente ben maggiori di quelli che si corrono a Portofino; i pericoli del mare di Teulada o delle campagne di Quirra e Perdas sono superiori a quelli di qualunque altro impianto militare italiano.
"Siamo fieri di quello che abbiamo dato alla Patria, ha aggiunto Soru, ma ormai siamo un soldato stanco, sotto le armi da 32 anni, che chiede semplicemente di essere avvicendato. Ecco, siamo un soldato stanco che vuole andare a casa". Ed i programmi di sviluppo, alternativi, saranno messi a punto in tempi brevi, perché questa non è una fuga in avanti ma una posizione realistica, per costruire un futuro migliore, chiedendo aiuto a tutti, ma non intestardendosi a voler fare qualche pizza in più. Rimuovendo i pesi, i gravami di tanti impianti che non servono, di tante basi che non hanno giustificazione, potremo avere meno malati, meno rischi, potremo disegnare un programma di sviluppo che non punterà solamente su qualche pizza in più, quelle legate ad una presenza che condiziona massicciamente le nostre possibilità di crescere.
L'intervento del presidente Soru ha, di fatto, concluso la discussione generale sulla mozione e sull'interpellanza presentate per affrontare i temi delle servitù militari e degli indennizzi ai pescatori. Domani sono previsti, infatti, gli interventi dei capigruppo.
I lavori del Consiglio riprenderanno
domani mattina alle ore 10.00