CONSIGLIO REGIONALE DELLA
SARDEGNA
XIII LEGISLATURA
Nota stampa
della seduta n. 60 pomeridiana
dell'11 gennaio
2005
Il Consiglio regionale si è riunito, per la prima seduta del nuovo anno, sotto la presidenza dell'on. Giacomo Spissu. L'ordine del giorno prevede l'esame del testo unificato sull'istituzione del Consiglio delle autonomie locali e della Conferenza permanente Regione-Enti locali, del provvedimento sull''indizione e svolgimento delle elezioni comunali e provinciali ed una serie di nomine.
In apertura di seduta il Presidente ha comunicato la presentazione di :
Esame Testo unificato Proposte
di legge n. 9- n. 27 /A sull'istituzione
del Consiglio delle autonomie locali.L'on. Giorgio La Spisa (FI), intervenendo sull'ordine del giorno, ha chiesto di tener conto della situazione che ha portato alla svendita di aziende agricole, sia a ciò che si sta verificando a proposito del parco del Gennargentu. La Spisa ha sottolineato la presenza di una delegazione di sindaci che attende l'incontro con i presidenti dei gruppi.
Il presidente Spissu ha affermato che la decisione di incontrare i capi gruppo dipende dalla loro disponibilità, mentre per il resto ha rinviato la decisione ad una conferenza dei capigruppo al termine dei lavori.
Sul testo unificato, il relatore on. Orrù (DS), dopo avere ricordato che il testo è stato approvato all'unanimità dalla commissione, ha sostenuto che si vuole avviare un effettivo processo di riforma del sistema autonomistico, basato sul trasferimento di poteri dalla Regione nell'ambito di un decentramento verso le istituzioni più vicine ai cittadini.
Ci saranno resistenze nei confronti di questo processo, ha detto ancora Orrù, il quale ha sottolineato la specialità della Regione alla quale è attribuita competenza esclusiva in materia di enti locali.
La legge proposta tende ad ampliare ad esaltare la funzione consultiva del nuovo organismo che potrà essere di supporto per la funzione legislativa della Regione, ha sostenuto ancora Orrù, per prefigurare un sistema articolato, ma unitario, composto da Regione ed enti locali.
Orrù ha, infine, ripercorso le tappe dei lavori della commissione, soffermandosi sulla rappresentanza diretta del sistema delle autonomie locali, sull'autonomia funzionale rappresentata da sedi proprie con uffici riservati esclusivamente al personale degli enti locali, ed infine l'introduzione di alcuni principi di equiordinazione, in cui viene prevista la seduta congiunta del Consiglio regionale e Consiglio delle autonomie locali e confermata la conferenza permanente Regioni - enti locali come sede unitaria di concertazione e coordinamento tra i due livelli istituzionali.
Orrù ha concluso augurandosi che il Consiglio possa approvare rapidamente la nuova legge per dare una risposta attesa da tempo dal sistema delle autonomie.Intervenendo nella discussione, l'on. Sergio Pisano (I Riformatori) ha voluto evidenziare l'importanza della discussione di un tema che riguarda finalmente, il territorio. "La legge n. 1 del 2005 dovrà diventare un caposaldo", ha affermato Pisano sottolineando l'unità d'intenti raggiunta in commissione, unità che rappresenta il segno tanto auspicato di attenzione nei confronti delle autonomie locali. "Iniziare dai territori, ha concluso Pisano, rappresenta un segno importante per la Regione, sulla strada di una riforma da affrontare ispirandosi ad una concezione quasi 'bicamerale' per il futuro processo legislativo ispirato al Consiglio".
L'on. Luciano Uras (PRC), dopo avere ricordato che la legge in discussione proviene da un dibattito aperto nella precedente legislatura, ha sottolineato l'obiettivo di coinvolgere le autonomie nei processi di programmazione.
Per Uras è opportuno evidenziare la rappresentanza politica dei soggetti, che svolge un ruolo ed una funzione nel processo più ampio di realizzazione dell'autonomia. Se ciascuno svolge il proprio ruolo, allora rispetta il ruolo degli altri, ha detto ancora Uras, governando i problemi e non aggravandoli.
Uras ha manifestato poi alcune perplessità sul sistema delle rappresentanze, il quale, a suo parere, vale solo se riconosciuto da coloro che le compongono e dagli stessi cittadini. Secondo l'on. Uras, questo è il vero nodo della norma in discussione, norma, norma che d'altro canto, ha aspetti molto significativi, in particolare per i diversi soggetti coinvolti. I Comuni sono quelli che rappresentano i soggetti delle autonomie locali in quanto sono più vicini ai cittadini e che pertanto, diventeranno le sedi nelle quali dare "le risposte sulle domande più pressanti". Ai Comuni ha detto Uras sono stati dati mezzi, anche se insufficienti e procedure che, però, talvolta hanno distrutto molte potenzialità locali. Oggi si vogliono ridurre ancor più le risorse e passare in secondo piano le consultazioni. Uras ha concluso sostenendo che la legge avrà un senso solo se vi sarà la consapevolezza che ogni posizione sarà espressa per la formazione di decisioni utili alla collettività. Altrimenti è meglio rinunciarvi.Il presidente della Prima commissione, on. Paolo Maninchedda (Progetto Sardegna) ha sottolineato come la proposta di legge, approvata in commissione all'unanimità, dia un segno della volontà di voler affrontare le riforme istituzione "in un orizzonte di ragionevolezza". Ricordato - a proposito del metodo - che la grandezza della Sardegna "sia merito degli eretici piuttosto che degli ortodossi e come sia necessario "recuperare una cultura sardista" non abbastanza utilizzata, Maninchedda ha affermato la consapevolezza dell'Europa di creare un Consiglio delle nazioni senza Stato, "perché questa debolezza si combatte con l'internazionalizzazione". Se questo è il clima che si è creato, il Consiglio delle autonomie locali dovrà essere un luogo di coesione democratica per superare la Regione centralistica. La rete degli enti locali - ha aggiunto - dovrà essere coinvolta nelle decisioni della stessa Regione, non tanto "perché lo dice la legge", ma per quello spirito federalista che guiderà la riforma, contraria all'accentramento del potere.
Diventerà obbligatorio, sulle leggi di spesa, sentire gli enti locali, "smontando un modello, vecchissimo di molti secoli, che consegnava le risorse ai poli urbani" (fin dal medio evo le zone periferiche dovevano fornire il grano per le città). Questo modello non consente alla periferia di crescere e di assumere un ruolo strategico nella vita dell'Isola, come la democrazia pretende.Occorre, tuttavia, evitare alcune tentazioni, come quella di considerare il Consiglio delle autonomie una specie di corporazione degli amministratori. Lo ha richiamato l'on. Francesco Sanna (La Margherita) per riaffermare che, al contrario, il Consiglio deve costituire "un contrappeso al centralismo regionale". Per questo motivo esso deve essere "collocato in ambito costituzionale", facendo riferimento al riferimento contenuto in proposito dal nuovo statuto, che della Sardegna sarà la carta costituzionale, dal quale discende "l'esistenza obbligatoria" del nuovo organismo. La collaudata, ventennale attività della Conferenza Stato-Regioni sarà il modello cui ispirarsi.
Il principio della sussidiarietà resta alla base del riconoscimento che la riforma del titolo quinto della Costituzione assegna ai Comuni; diventa perciò un adempimento obbligatorio che in ogni Regione lo statuto disciplini il Consiglio delle autonomie; lo ha ricordato l'on. Salvatore Mattana (DS), per il quale tale riconoscimento è la consapevolezza del ruolo sempre più decisivo dei Comuni svolgono nella società moderna. Un ruolo, tuttavia, che spesso è complicato dai problemi della finanza e della fiscalità locale, delle accuse, quasi sempre gratuite, di sprechi e spese incontrollate nei confronti di amministrazioni che - dati Istat alla mano - costituiscono esempio virtuoso. Certificato, dalla Corte dei conti, che il deficit della spesa pubblica non è dovuto ai Comuni, soprattutto a quelli piccoli e piccolissimi, stragrande maggioranza di quelli sardi, c'è ora la speranza concreta di far sentire la voce delle realtà periferiche, assicurando ad esse maggiore attenzione rispetto al passato.
Se da parte del centrosinistra c'è euforia e persino trionfalismo ("che si scontra con l'assenza di un convinto spirito federalista"), nella proposta di legge in discussione "non c'è neppure un milligrammo di sadismo", perché questa legge - ha detto l'on. Giuseppe Atzeri (Psd'Az) - non assegna ai Comuni alcun potere, se non quello di "esprimere pareri sommessi e tiepidi". Il parere è, infatti, semplicemente consultivo e la Regione può tranquillamente non tenerne conto. "Prendiamo atto - ha aggiunto Atzeri - che questa è la solita politica di retroguardia con la quale la Regione si limita a subire una legge dello Stato". Un sussulto d'orgoglio suggerirebbe invece di dare autorità decisionale al Consiglio delle autonome, altrimenti il suo apporto non andrà oltre "i nobili pensieri", che però non incidono sui problemi del territorio.Per Paolo Pisu (PRC) "questo provvedimento è atteso da tempo" e, se si discute in ritardo, è per la scarsa sensibilità del centrodestra nella passata legislatura. Con la riforma del titolo quinto della Costituzione (2001) si poteva dar corso a questo primo, importante passo di federalismo interno. Il Consiglio delle autonomie servirà a dar voce ai piccoli comuni, che finalmente avranno una rappresentanza diretta e potranno dire la loro. Ma la strada da percorrere - ha ricordato Pisu - è ancora lunga, soprattutto dopo la delusione della Costituzione europea, che dimentica le Regioni senza Stato e le classi deboli per privilegiare impresa e mercato, e della deregulation italiana, che di federalismo ha solo una vaga apparenza. "Toccherà a noi - ha concluso - risalire la china modificando il centralismo regionale trovando quell'unità d'intenti alla quale anche i sardisti non devono sottrarsi".
Bastasse una legge per risolvere il problema dei rapporti con gli enti locali, il problema sarebbe risolto. Invece - ha sostenuto l'on. Mario Diana (An) - occorre manifestare concretamente questa volontà, che dà ai Comuni dignità e modo di incidere sulle realtà locali. Volontà che non sembra esserci, ha aggiunto, ricordando come la consultazione con le Province e le associazione degli Enti locali non sia stata ancora ricevuta dal presidente Soru in previsione della finanziaria regionale; una serie di rinvii dimostra, se non altro, che agli enti locali si dà ancora scarso peso nella vicenda politica e amministrativa. La legge in discussione, anche per questi segnali, è abbastanza illusoria perché alimenta solo lamentele per i noti problemi della finanza locale, neppure questa totalmente decisiva nel risolvere i problemi, se non si sa valutare l'efficacia degli investimenti. Ma c'era necessità che la prima legge del 2005 aprisse la lunga strada delle riforme ed a questo appuntamento si è voluti arrivare comunque, nonostante molte perplessità sull'impianto legislativo, che la maggioranza fa fina di ignorare. Fra le molte lacune - ha concluso Diana - la mancata rappresentanza delle autonomie funzionali, a cominciare dalle camere di commercio, la cui importanza giustifica ampiamente il diritto di cittadinanza.E' poi intervenuto l'assessore regionale agli Affari generali Dadea, che ha detto di voler uniformarsi allo stile di "sobrietà" che il Consiglio ha assunto durante gli interventi e che, quindi, avrebbe evitato di usare un tono enfatico. Questo provvedimento, ha aggiunto, è estremamente positivo ed è un importante segnale per le riforme. È stato, infatti, approvato all'unanimità dalla prima commissione e rappresenta un primo passo incoraggiante. L'assessore Dadea ha annunciato che la Giunta ha già approvato un disegno di legge che prevede il trasferimento delle competenze amministrative, del personale e delle risorse agli Enti locali, provvedimento che arriverà prestissimo all'esame della prima commissione. L'esponente della giunta ha detto di essere ottimista perché questa legislatura inizia sotto i migliori auspici. Per Dadea l'approvazione del provvedimento, all'esame del Consiglio, consentirà di recuperare il ritardo accumulato dalla Sardegna in materia di Riforma del titolo V. Con questa riforma, ha spiegato l'assessore, si crea un nuovo rapporto tra la Regione e gli enti locali. Non c'è più il rapporto gerarchico, si sancisce un rapporto di pari dignità istituzionale tra la regione e gli enti locali e si delinea un disegno istituzionale "a rete". Questa riforma del titolo V è un elemento di grande importanza per cui tutti i provvedimenti che la giunta assumerà seguiranno questo nuovo modello. In questa ottica si inquadra il Consiglio delle Autonomie locali che è un organo essenziale, uno strumento di partecipazione non solo al processo legislativo ma anche nell'elaborazione del nuovo statuto di Autonomia. Questo governo regionale, ha sottolineato l'assessore, vuole costruire un nuovo sistema istituzionale attraverso tre obiettivi fondamentali: costruire un rapporto nuovo tra la regione e l'esterno; costruire un rapporto nuovo tra la Regione e il sistema delle Autonomie locali; costruire un nuovo modello di Regione. Per raggiungere questi obiettivi la giunta seguirà tre direttrici: recuperare i ritardi nell'applicazione della Legge Bassanini e nell'attuazione del titolo V della Costituzione, ridefinire le competenze delle comunità montane, definire il problema delle nuove province; costruire un nuovo modello di Regione più snella che si occupi di programmazione e di sviluppo anche attraverso la modifica della legge n. 1 (competenze degli assessorati) e della legge n. 31 (aspetti organizzativi); definire un nuovo Statuto dell'autonomia che tuteli sempre più i diritti dei cittadini, che dia più sovranità alla Regione e che dia impulso ad un nuovo ruolo della Sardegna nel Mediterraneo. L'assessore Dadea ha auspicato che l'Aula licenzi all'unanimità il provvedimento.
Il presidente Spissu ha convocato la conferenza dei capigruppo.
I lavori del Consiglio riprenderanno
domani mattina alle 10.