CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII LEGISLATURAMozione n. 31
MOZIONE BALIA - MARROCCU - BIANCU - PINNA - LICHERI - CACHIA - ATZERI - ADDIS - BARRACCIU - BRUNO - CALIGARIS - CALLEDDA - CERINA - CHERCHI - COCCO - CORDA - CORRIAS - CUCCA - CUCCU Giuseppe - CUGINI - DAVOLI - FADDA Giuseppe - FADDA Paolo - FLORIS Vicenzo - FRAU - GESSA - GIAGU - GIORICO - IBBA - LAI - LANZI - MANCA - MANINCHEDDA - MARRACINI - MASIA - MATTANA - ORRU' - PACIFICO - PIRISI - PISU - PORCU - SABATINI - SALIS - SANNA Alberto - SANNA Francesco - SANNA Franco - SANNA Simonetta - SCARPA - SERRA - SECCI - URAS sul rischio di uscita della Sardegna dall'Obiettivo 1.
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IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che dal 1° gennaio 2007, in base agli atti ufficiali elaborati dal Governo italiano con la proposta presentata con il primo e con il secondo memorandum, la Sardegna rischia l'uscita dall'Obiettivo 1;
CONSIDERATO che il Vice Ministro dell'economia Gianfranco Miccichè ha dichiarato che "i sardi stanno bene in quanto sono al di sopra della media del PIL" e che "un provvedimento ad hoc per l'isola non si può fare perché sarebbe dannoso per l'economia nazionale";
ACCERTATO che fu proprio il Vice Ministro Gianfranco Miccichè già nel 2001, appena ottenuto l'incarico al Ministero, a smantellare i contratti d'area ed i patti territoriali e a conclamare l'uscita certa della Sardegna dall'Obiettivo 1 in base al presunto superamento del 75% della media del PIL comunitario, garantendo già allora la permanenza della Sicilia all'interno dell'Obiettivo 1;
VERIFICATO che la Sardegna sarebbe l'unica regione ad uscire dall'Obiettivo 1 e che il Governo non manifesta alcuna incertezza né si pone problemi rispetto all'esigenza di una più attenta e scrupolosa verifica del parametro del 75% della media comunitaria del PIL, né suggerisce nuovi parametri, oggi ancora più necessari, dopo l'ingresso dei paesi dell'est nell'UE;
STABILITO che, così come viene riportato nel sito europa.eu.int per parte di Danita Hubner, la responsabile della Commissione europea per le politiche regionali, il triennio da considerare per il calcolo del PIL, qualora l'UE assuma una determinazione entro il mese di luglio, è quello che va dal 2000 al 2002, mentre nell'ipotesi in cui l'UE decida dopo il mese di luglio, il triennio potrebbe essere quello successivo; il tempo in cui matura la decisione non è però una variabile indipendente: tant'è che, sulla base di una tabella presente nel sito ed allegata alle "ultime statistiche regionali europee sui fondi strutturali per il 2007-2013", nella prima ipotesi la Sardegna sarebbe destinata ad uscire dall'Obiettivo 1 perché il PIL pro capite sarebbe superiore dello 0,41% rispetto al limite massimo del 75% previsto dal regolamento; nella seconda ipotesi, qualora la decisione venisse assunta oltre il mese di luglio, e si spostasse di conseguenza il triennio da considerare, il PIL pro capite della Sardegna scenderebbe sotto il 75% della media del PIL dei paesi dell'UE, col risultato della permanenza certa nell'Obiettivo 1;
CONSTATATO che nel comitato che conduce il negoziato Stato-UE è prevista la presenza di due rappresentanti da assegnare alle Regioni, e che, allo stato attuale, il Governo centrale preferisce non assegnare questi due spazi di rappresentanza diretta e conservare così con l'Unione Europea un rapporto esclusivo e centralizzato;
APPURATO che con l'uscita dall'Obiettivo 1 la Sardegna non usufruirà più dei fondi strutturali destinati da Bruxelles alle regioni in ritardo di sviluppo, verrà meno la politica di coesione e le aree povere dei paesi già membri dell'Unione finiranno col pagare la solidarietà per i paesi nuovi entranti;
CONSAPEVOLE che per permanere nell'Obiettivo 1, allo stato attuale degli accordi, l'unica condizione che pone l'UE è che la Regione interessata abbia un PIL sotto il 75% della media del PIL Comunitario;
VISTA la permanente e crescente crisi dei poli chimico ed industriale e la costante difficoltà dell'economia sarda;
PRESO ATTO del rapporto annuale predisposto dal dipartimento delle politiche per lo sviluppo del Ministero dell'Economia dal quale risulta che il 13,1% dei nuclei familiari residenti nell'isola sono considerati in condizioni di povertà;
ASSODATO che il tasso di disoccupazione permane elevatissimo, che mancano servizi ed infrastrutture per i cittadini e le imprese, che il 12,5% dei cittadini sardi vive in abitazioni considerate in mediocre o pessimo stato;
DEFINITO che la Sardegna detiene il record negativo per la dispersione scolastica, che fra la popolazione di età superiore ai 30 anni il 38,9% ha frequentato solo la scuola dell'obbligo e che le province di Cagliari, Nuoro ed Oristano hanno una percentuale di laureati attorno al 3%, contro una media nazionale del 7,9%;
DATO l'insufficiente livello dei trasporti e la presenza abbastanza insignificante di strade ferrate;
ATTESTATO anche il modesto livello di fruizione del patrimonio culturale, dove la Sardegna detiene ancora il record negativo di ultima regione d'Italia;
CHIARITO che la conclusione a cui giunge uno studio della Conferenza delle Regioni Periferiche Marittime (CRPM), sulla base delle ultime determinazioni della UE, è che per le regioni in phasing in, cioè quelle come la Sardegna uscite dall'Obiettivo 1 per "crescita economica", la possibilità di ottenere aiuti di Stato si ridurrebbe di un 20% se concessi alle piccole imprese e fino al 30% se riferite ad aziende di medie dimensioni; dallo studio, secondo la CRPM, emerge che la Commissione europea vuol diminuire il volume degli aiuti di Stato, ma a scapito delle regioni più svantaggiate;
CONCLUSIVAMENTE l'uscita dall'Obiettivo 1 per un "misterioso effetto statistico" porrebbe la Sardegna nelle condizioni di poter beneficiare di un contributo per un passaggio progressivo "dall'Obiettivo dello sviluppo" a quello "della competitività"; come dire, anche secondo l'interpretazione della CRPM , che la capacità di attirare imprese o di favorirne lo sviluppo e renderle competitive è identica tra territori molto diversi tra loro, dal centro di Francoforte alle zone rurali della Sardegna;
EVIDENZIATO che, allo stato attuale, la metodica di calcolo del PIL produce un risultato parzialmente drogato dal fatto che il calcolo del 75% del PIL pro capite, nella logica degli accordi con la UE, non è riferito al reale prodotto interno lordo, ma all'intero reddito disponibile. Il reddito disponibile, per chiarezza, è dato dal prodotto interno lordo maggiorato dei trasferimenti dell'Unione Europea. Se i trasferimenti UE producessero sempre reddito, il prodotto interno lordo coinciderebbe col reddito disponibile; qualora, purtroppo è questa l'ipotesi che ci riguarda, le attività produttive finanziate con le risorse UE non abbiano prodotto reddito aggiuntivo, i trasferimenti hanno solo determinato un incremento della remunerazione dei fattori produttivi, ma non hanno comportato un aumento del prodotto interno lordo; equivale a dire: se avete sbagliato nella scelta delle attività da finanziare il problema non riguarda l'UE, siete poveri, tali siete destinati a rimanere; così, però, si alimenta solo "il circolo vizioso della povertà"; è evidente quindi che, pure addebitando alla Regione le scelte sbagliate del passato, la decisione di esclusione dall'Obiettivo 1 non dovrebbe avvenire avendo come parametro il reddito disponibile, ma il prodotto interno lordo reale e non drogato con l'incremento determinato dal volume dei trasferimenti UE,
impegna il Presidente della Giunta Regionale
a sollecitare il Governo centrale affinché:
a) uno dei due posti del comitato che conduce il negoziato Stato-UE sia attribuito alla Sardegna;
b) proceda ad una più attenta verifica della crescita del PIL in Sardegna;
c) verifichi anche utilizzando gli Uffici regionali della programmazione nonché instaurando rapporti diretti con l'UE:
1) se lo spostamento del triennio da considerare per la verifica del PIL comporti, così come parrebbe, la permanenza della Sardegna nell'Obiettivo 1;
2) se sussista la possibilità che la condizione di insularità, non possa, per il futuro, costituire una condizione per il superamento di "effetti statistici" che possono determinare risultati aberranti;
3) se sia possibile l'introduzione di nuovi parametri, dal criterio della disoccupazione, alla mancanza di servizi.
Cagliari, 25 febbraio 2005