CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII LEGISLATURA

PROPOSTADI LEGGE N. 185

presentata dai Consiglieri regionali

BARRACCIU - CORRIAS - CALIGARIS - CERINA - COCCO - LANZI - LOMBARDO - SANNA Simonetta

il 15 novembre 2005

Norme per l'istituzione di centri antiviolenza e case di accoglienza
per le donne vittime di violenza


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RELAZIONE DEL PROPONENTE

In Italia c'è un fenomeno che le statistiche indicano essere in costante e preoccupante aumento: è la violenza sulle donne all'interno delle pareti domestiche. Una fattispecie ampia costituita da ogni forma di abuso e che si manifesta attraverso il sopruso fisico, sessuale e psicologico.

Gli studi mostrano che la maggior parte degli episodi di violenza è posta in essere dai partner (seguiti dai padri e, in misura minore, dai fratelli) e non è necessariamente collegata all'uso di alcool o droghe e neppure a disturbi psichici. Le indagini eseguite recentemente dimostrano che il fenomeno non riguarda soltanto situazioni familiari disgregate o degradate, ma attraversa tutti i ceti e le classi sociali.

Particolare attenzione, ovviamente, va dedicata ai maltrattamenti interni alla coppia, dove il clima di violenza genera un circolo vizioso che si autoalimenta e genera conseguenze sempre più gravi. Si instaura in modo graduale, attraverso litigi che, inizialmente banali, col tempo diventano più frequenti e intensi, fino a quando la situazione precipita ed esplode l'aggressività. Il "ciclo della violenza" conduce al progressivo isolamento della donna maltrattata che pensa di vivere una anomala situazione di disagio, di cui si sente addirittura responsabile.

Si tratta di un fenomeno diffuso, benché ancora sommerso e sottodimensionato. È comunque difficile avere una esatta dimensione del fenomeno. Omertà, vergogna e paura sono ulteriori elementi che rendono questa forma di abuso sulle donne difficilmente accertabile e, di conseguenza, perseguibile. Spesso il fenomeno emerge solo quando la vittima riesce a trovare la forza di rivolgersi a qualcuno esterno alla famiglia, come i centri antiviolenza o gli avvocati nel caso si dia inizio ad azioni legali. Oppure quando assume connotati di gravità tale da non potersi tacere, ossia quando integra forme di reato contro la persona di eccezionale gravità (come ad esempio l'omicidio).

Ad ogni modo, benché la rete di tutela e di protezione si sia progressivamente rafforzata in questi ultimi anni, l'intervento giudiziario si è spesso rivelato inadeguato a quantificare l'entità del danno causato alle donne maltrattate: il danno, oltre che fisico, spesso è psicologico e "deprivante la capacità di autodeterminazione e condizionante per un sereno esprimersi della personalità".

Negli ultimi anni si è registrato un forte cambiamento del costume sociale che ha portato a tollerare sempre meno la violenza, anche in un ambito così riservato come la famiglia. In primo luogo le vittime si sono fatte consapevoli dei propri diritti e delle ingiustizie subite e sempre più cercano, tramite la denunzia dell'aggressore, di fermare la violenza. In secondo luogo varie forze sociali hanno fatto pressione sugli organi di governo che sono stati chiamati a dare una risposta normativa al problema, tanto che, già nel 1997, l'allora Ministro per le pari opportunità, di concerto con il Ministro per la solidarietà sociale, nonché con il Ministro di grazia e giustizia, il Ministro delle finanze ed il Ministro dell'interno, presentarono un primo disegno di legge recante misure contro la violenza nelle relazioni familiari.

L'attenzione del legislatore italiano verso il problema della violenza in famiglia si è concretizzata nella Legge n. 154, varata nell'aprile del 2001. La legge, fortemente appoggiata anche dai centri antiviolenza italiani, rappresenta la sintesi di numerosi anni di studio in materia. Una legge che ha il merito di aver finalmente indicato un certo numero di reati che possono essere compiuti all'interno delle mura domestiche.

La legge nazionale ha inoltre introdotto una nuova misura cautelare all'articolo 282 bis del codice di procedura penale e una nuova misura denominata "ordini di protezione" agli articoli 342-bis e 342-ter del codice civile. Entrambe le misure, introdotte con la Legge n. 154, sono poste a tutela di qualunque vittima di violenza in famiglia. La ratio delle nuove misure è quella di evitare la condizione di peregrinazione da parte del restante nucleo familiare, quando vi sia la possibilità, con il semplice allontanamento di colui che ha posto in essere i fatti pregiudizievoli, di mantenere unita la famiglia nel luogo dove essa ha i propri interessi, le proprie relazioni ed i propri affetti indispensabili per mantenere un contatto positivo con la realtà. Una misura di "forte tutela" nei confronti delle donne vittime di violenza e maltrattamenti da parte dei propri mariti o partner.

La presente proposta di legge punta a rafforzare, attraverso l'istituzione di centri antiviolenza o case di rifugio, il sistema di tutela e di protezione delle donne maltrattate in Sardegna allorquando non sia possibile allontanare dal nucleo familiare o dalle mura domestiche colui che ha posto in essere comportamenti violenti. L'obiettivo è quello, così come prevede il testo che si sottopone all'attenzione del Consiglio regionale, di aprire in ogni provincia centri antiviolenza e case di accoglienza rivolti a donne che hanno subito violenze.

La volontà dichiarata è che i centri antiviolenza possano entrare finalmente, e a pieno diritto, nel sistema locale dei servizi sociali a rete, per contrastare tutti i tipi di violenza contro le donne e i loro figli minori attraverso interventi di consulenza, ascolto, sostegno ed accoglienza, permettendo alle donne stesse di assumere, libere da costrizioni e condizionamenti, le decisioni che ritengono più opportune.

Una volontà che nasce anche dalla spinta derivante dalla Legge n. 328 del 2000 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) che riconosce e agevola il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, delle associazioni e degli enti di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. ("Alla gestione ed all'offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha tra gli scopi anche la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata").

È merito delle associazioni femminili aver posto all'attenzione dell'opinione pubblica il problema della violenza domestica sulle donne in Sardegna, aver suggerito di trovare rimedi adeguati alla sua gravità e aver dato vita alla esperienza delle "case delle donne maltrattate" o dei "centri antiviolenza", o, ancora, dei "telefoni rosa". Tutte finalizzate a ricostruire elementi di difesa e potenziare gli strumenti di autostima delle donne maltrattate o violentate e, oltre a ciò, a fornire solidarietà e aiuto per contrastare la violenza. La presente proposta di legge non può che far tesoro di quelle esperienze, recepirne la ratio e dare fondamento normativo a uno strumento che sul campo si è dimostrato molto efficace.

La necessità di avere luoghi nei quali le donne vittime di violenza possano rifugiarsi è pertanto conseguente a questi presupposti. Poter lasciare immediatamente la casa dove si subisce il maltrattamento (ancor prima della denuncia e dell'avvio di un'indagine e dell'accertamento da parte dell'autorità giudiziaria), è il primo indispensabile passo per potersi sottrarre alla persecuzione del familiare violento. Avere a disposizione un luogo nel quale rifugiarsi è anche indispensabile per evitare che queste donne siano spesso nuovamente penalizzate dalla impossibilità, come spesso succede, di avere un loro ambiente alternativo nel quale trasferirsi. Prevedere centri di rifugio è anche necessario per consentire a queste donne di intraprendere più serenamente azioni giudiziarie che, spesso lungi dal dare risposte immediate, si protraggono nel tempo.

 

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TESTO DEL PROPONENTE

 

Art. 1
Principi

1. La Regione autonoma della Sardegna riconosce che ogni tipo e ogni grado di violenza contro le donne costituisce un attacco all'inviolabilità della persona e alla sua libertà, secondo i principi sanciti dalla Costituzione e dalle vigenti leggi. Alle donne che incontrano l'ostacolo della violenza, nelle sue diverse forme, è assicurato il diritto, eventualmente con i propri figli, a un sostegno al fine di ripristinare la propria inviolabilità e di riconquistare la propria libertà, nel pieno rispetto della riservatezza e dell'anonimato.

 

Art. 2
Finalità

1. La Regione autonoma della Sardegna, nel pieno rispetto delle disposizioni contenute nella Legge 4 aprile 2001, n. 154, e nella Legge 8 novembre 2000, n. 328, recante norme per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove, coordina e stimola iniziative per contrastare il ricorso all'uso della violenza tra i sessi, intervenendo con azioni efficaci contro la violenza sessuale, fisica, psicologica e/o economica, i maltrattamenti, le molestie e i ricatti a sfondo sessuale in tutti gli ambiti sociali, a partire da quello familiare.

2. La Regione riconosce e valorizza i percorsi di elaborazione culturale e le pratiche di accoglienza autonome e autogestite delle donne basate sulle relazioni tra donne, avvalendosi delle esperienze e delle competenze espresse localmente da enti, associazioni di volontariato e organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), che abbiano, tra i loro scopi essenziali, la lotta alla violenza contro le donne e i minori, la sua prevenzione, la solidarietà alle vittime e che possono dimostrare di disporre di personale adeguato per i compiti predetti e almeno tre anni di esperienza nello specifico settore.

3. La Regione favorisce e promuove interventi di rete, sia con l'insieme delle istituzioni, associazioni, organizzazioni, enti pubblici e privati, sia con l'insieme delle competenze e figure professionali, per offrire le differenti risposte necessarie alle diverse tipologie di violenza per i danni da esse causate e sugli effetti procurati alle singole donne, siano esse cittadine italiane o straniere.

 

Art. 3
Progetti antiviolenza

1. L'Amministrazione regionale, per le finalità della presente legge, finanzia progetti antiviolenza presentati:
a) da enti locali singoli o associati;
b) da associazioni femminili operanti nella regione che abbiano maturato esperienze e competenze specifiche in materia di violenza contro le donne;
c) di concerto, da enti locali, singoli o associati e associazioni femminili operanti nella regione.

2. I progetti possono prevedere l'istituzione e la gestione dei centri antiviolenza e/o delle case di accoglienza di cui all'articolo 4.

 

Art. 4
Istituzione dei centri antiviolenza e delle case di accoglienza

1. La Regione, al fine di garantire adeguata solidarietà, sostegno e soccorso alle vittime di maltrattamenti fisici e psicologici, di stupri e di abusi sessuali extra o intrafamiliari, detta norme ed emana provvedimenti per l'istituzione, nel territorio della Sardegna, di centri antiviolenza e case di accoglienza, capaci di rispondere alle necessità delle donne che si trovano esposte alla minaccia di ogni forma di violenza o che l'abbiano subita.

2. Il centro antiviolenza svolge le seguenti funzioni e attività di prima accoglienza:
a) colloqui preliminari per individuare i bisogni e fornire le prime informazioni utili;
b) percorsi di uscita dalla violenza personalizzati, basati sull'analisi delle specifiche situazioni della violenza, tendenti a rafforzare la fiducia della donna nelle proprie capacità e risorse e a favorire nuovi progetti di vita e di autonomia, attraverso le relazioni fra donne;
c) colloqui informativi di carattere legale;
d) affiancamento della donna, qualora la stessa lo richieda, nella fruizione dei servizi pubblici o privati, nel rispetto dell'identità culturale e della libera scelta di ognuna.

3. Il centro antiviolenza mantiene costanti e funzionali rapporti con le strutture pubbliche cui compete l'assistenza, la prevenzione e la repressione dei reati, quali pronto soccorso ospedalieri, carabinieri, commissariati di pubblica sicurezza, consultori, servizi socio-sanitari, servizi pubblici di assistenza legale e alloggiativa e strutture scolastiche operanti nel territorio. In tali rapporti si deve tenere conto dell'autonoma e libera richiesta delle donne che si rivolgono al centro antiviolenza.

4. Le case di accoglienza, segrete o con garanzia di sicurezza, sono strutture di ospitalità temporanea per le donne che si trovano in situazioni di necessità o di emergenza; le ospiti sono coadiuvate da operatrici di ospitalità che favoriscono l'autogestione. Le finalità sono quelle di:
a) sostenere donne in disagio per causa di violenza sessuale o maltrattamenti in famiglia;
b) costruire cultura e spazi di libertà per le donne con situazioni di gravi maltrattamenti, per l'inviolabilità del proprio corpo;
c) dare valore alle relazioni tra donne anche in presenza di grave disagio.

5. L'accesso alle case di accoglienza avviene unicamente per il tramite del centro antiviolenza, secondo le valutazioni e i pareri espressi dalle operatrici di accoglienza.

6. Alle strutture di cui al presente articolo si possono rivolgere tutte le donne, siano esse sole o con figli minori, indipendentemente dal loro status giuridico o di cittadinanza, che siano vittime di violenza psicofisica, sessuale, economica o di maltrattamenti.

7. I centri e le case devono garantire l'anonimato della donna, salvo diversa decisione della donna stessa.

8. I centri antiviolenza sono istituiti ogni 100 mila abitanti.

9. Le case di accoglienza sono aperte in ogni capoluogo di provincia e in tutti i comuni sardi superiori ai 15 mila abitanti.

10. Fermo restando quanto previsto dai commi 8 e 9, la Regione, anche in base alle richieste e alle osservazioni pervenute dai comuni, dai consorzi e dalle province, decide dove localizzare i centri e le case, salva la possibilità degli stessi di istituire a livello locale le strutture previste dalla presente legge.

11. Il centro può essere comprensivo o collegato a una casa, che deve presentare caratteri di funzionalità e sicurezza, sia per le donne che per i loro figli minori.

12. Le sedi dei centri e delle case possono essere di proprietà pubblica, comunale, provinciale o regionale.

 

Art. 5
Attività del centro antiviolenza e delle case di accoglienza

1. Il centro antiviolenza e le case di accoglienza, fermo restando quanto previsto dagli articoli precedenti, svolgono le seguenti attività:
a) raccolta e analisi dei dati relativi all'accoglienza e all'ospitalità;
b) diffusione dei dati elaborati e analisi delle risposte dei servizi pubblici e privati contattati e coinvolti;
c) formazione e aggiornamento delle operatrici dei centri e operatori sociali istituzionali;
d) iniziative culturali di prevenzione, di pubblicizzazione, di sensibilizzazione e di denuncia in merito al problema della violenza contro le donne, anche in collaborazione con altri enti, istituzioni e associazioni;
e) raccolta di documentazione sull'argomento da mettere a disposizione di singole persone o di gruppi interessati.

 

Art. 6
Caratteristiche dei centri e delle case

1. Ogni centro antiviolenza viene dotato di numeri telefonici con caratteristiche di pubblica utilità e quindi adeguatamente pubblicizzati.

2. Il centralino telefonico è in funzione 24 ore su 24.

3. Il centro antiviolenza mantiene costanti e funzionali rapporti con le strutture pubbliche cui compete l'assistenza, la prevenzione e la repressione dei reati, quali pronto soccorso ospedaliero, carabinieri, commissariati di pubblica sicurezza, consultori, servizi sociosanitari, servizi pubblici di assistenza legale e alloggiativa e strutture scolastiche operanti nel territorio, anche attraverso protocolli, da definire successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge.

4. I centri, anche in collaborazione con altri soggetti, predispongono progetti di formazione ed organizzano concorsi per le operatrici del centro e per tutto il personale delle strutture che per ragioni di lavoro viene, o potrebbe venire, in contatto con situazioni di violenza.

5. La casa di accoglienza è gestita da sole donne e, fermo restando quanto disposto dai commi 1, 2, 3 e 4, può avere la forma istituzionale e la struttura del:
a) centro di documentazione;
b) associazione;
c) gruppo di accoglienza e lavoro sulla violenza delle donne;
d) centro di accoglienza con consulenza di esperte.

6. Ciascuna casa di accoglienza è composta da un minimo di quattro camere a un massimo di quindici camere, tutte dotate di servizi igienici.

7. In ogni casa di accoglienza sono previste almeno:
a) due linee telefoniche;
b) un fax;
c) due computer con il collegamento internet.

8. Le case di accoglienza, anche tramite i soggetti chiamati a gestirle, hanno rapporti istituzionali con la Regione, le province e i comuni; nel territorio sono previsti anche i contatti con:
a) ospedali;
b) consultori,
c) sindacati;
d) forze di polizia;
e) enti, associazioni di volontariato e organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), che abbiano tra i loro scopi essenziali la lotta alla violenza contro le donne e i minori.

9. In ciascuna casa di accoglienza, ove è necessario, e ferme restando le prerogative dei centri antiviolenza, sono presenti esperte e volontarie, in un numero complessivo non inferiore a otto, di età non inferiore ai 25 anni, che svolgono le seguenti attività:
a) consulenza legale;
b) consulenza psicologica, eventualmente con i propri figli;
c) orientamento al lavoro.

 

Art. 7
Convenzioni

1. Gli enti locali, singoli o associati, possono stipulare apposite convenzioni con i soggetti di cui al comma 2 dell'articolo 2 per lo studio, redazione e realizzazione del progetto antiviolenza, nonché per definire le modalità di erogazione dei servizi e degli interventi e assicurare la continuità del progetto stesso.

2. I centri e le case sono gestiti attraverso convenzioni con enti, associazioni di volontariato e organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), che abbiano tra i loro scopi essenziali la lotta alla violenza contro le donne e i minori.

3. Gli enti locali devono comunque garantire:
a) strutture adeguate in relazione alla popolazione e al territorio, anche di concerto o in associazione con altri soggetti pubblici e privati;
b) le spese di gestione e di funzionamento;
c) la copertura finanziaria, per almeno il 50 per cento delle spese di gestione per la funzionalità operativa delle strutture;
d) adeguate e periodiche campagne informative in merito all'attività e ai servizi offerti dal centro antiviolenza.

4. Ogni centro antiviolenza e ciascuna casa di accoglienza sono retti da un regolamento autonomo interno che definisce il rapporto con le donne ospiti.

 

Art. 8
Gratuità

1. Gli interventi del centro e la permanenza nella casa per le donne, con eventuali figli minori, sono gratuiti almeno fino a novanta giorni, salvo altre disposizioni vigenti per la fase iniziale dell'ospitalità. Sono a carico delle singole ospiti per i tempi e l'importo definiti dalle convenzioni stipulate dai singoli comuni e province con i centri stessi.

 

Art. 9
Assistenza garantita

1. La Regione autonoma della Sardegna emana norme perché i comuni garantiscano adeguata assistenza finanziaria alle donne che vengano a trovarsi nella necessità, adeguatamente documentata dalle operatrici del centro antiviolenza, di abbandonare il proprio ambiente familiare e abitativo, in quanto vittime di stupri, violenze e abusi sessuali, fisici o psicologici e che si trovino nell'impossibilità di rientrare nell'abitazione originaria.

2. Riguardo agli alloggi del patrimonio residenziale pubblico, la Giunta regionale, ad integrazione di quanto previsto nell'articolo 14 della legge regionale 6 aprile 1989, n. 13, e successive modifiche e integrazioni, può finalizzare la riserva di alloggi per situazioni di emergenza abitativa a casi di donne vittime di violenze di famiglia laddove siano iniziati i relativi procedimenti giudiziari.

 

Art. 10
Concessione dei contributi

1. La Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale, sentita la Commissione consiliare competente, stabilisce i criteri di priorità per la concessione dei contributi diretti a finanziare i progetti di cui all'articolo 3 e le strutture di cui all'articolo 4. Gli adempimenti connessi all'attuazione degli interventi previsti dall'articolo 3 sono demandati alla Direzione regionale della sanità e delle politiche sociali - Servizio per le attività socio-assistenziali e per quelle sociali ad alta integrazione sanitaria.

2. Le domande di concessione dei contributi devono pervenire alla Direzione regionale della sanità e delle politiche sociali entro il 31 dicembre di ogni anno.

3. I fondi stanziati dalla Regione devono essere erogati entro i successivi sessanta giorni.

 

Art. 11
Cumulabilità dei finanziamenti

1. I finanziamenti concessi ai sensi della presente legge sono cumulabili con quelli previsti dalle normative comunitarie e statali sempreché non sia da queste diversamente stabilito, secondo le procedure e le modalità previste dalle norme medesime.

2. La convenzione di cui al comma 1 dell'articolo 7 prevede le forme per garantire la regolarità delle erogazioni e la continuità del servizio.

 

Art. 12
Procedure di verifica e finanziamenti

1. I soggetti promotori di cui all'articolo 3 presentano ogni anno alla Giunta regionale una relazione sull'andamento e sulle funzionalità dei centri antiviolenza e/o delle case di accoglienza.

2. La Giunta regionale, tramite la Direzione regionale della sanità e delle politiche sociali, assicura annualmente la rilevazione sistematica del fenomeno della violenza contro le donne, individua le "buone prassi" e predispone annualmente una relazione quale indicazione di indirizzo per la predisposizione o modifica dei criteri di cui al comma 1 dell'articolo 9 e dei documenti di programmazione e bilancio della Regione.

 

Art. 13
Norma finanziaria

1. Le spese previste per l'attuazione della presente legge sono valutate in euro 800.000 all'anno.

2. Nel bilancio della Regione per il triennio 2005-2007 sono apportate le seguenti variazioni:

in diminuzione

03 - PROGRAMMAZIONE

Cap. 03016 - Fondo speciale per fronteggiare spese correnti dipendenti da nuove disposizioni legislative (articolo 30, legge regionale 5 maggio 1983, n. 11, articolo 3, legge regionale 20 aprile 2000, n. 4)

2005 euro 800.000
2006 euro 800.000
2007 euro 800.000

mediante prelevamento dalla voce 8 della Tabella A allegata alla legge regionale n. 4 del 2000.

in aumento

12 - SANITÀ

Cap. 12001/14 - (NI) - Spese per l'istituzione di centri antiviolenza o case rifugio per donne maltrattate (articolo 2 della presente legge)

2005 euro 800.000
2006 euro 800.000
2007 euro 800.000

3. Le spese previste per l'attuazione della presente legge fanno carico al capitolo 12001/14 del bilancio della Regione per il triennio 2005-2007 e ai corrispondenti capitoli dei bilanci della Regione per gli anni successivi.

 

Art. 14
Entrata in vigore

1. La presente legge entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione nel BURAS.