CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII LEGISLATURAPROPOSTADI LEGGE N. 39
presentata dai consiglieri regionali
BALIA - CALIGARIS - IBBA - MASIA
il 7 ottobre 2004
Composizione paritaria donna-uomo negli enti, commissioni e comitati facenti capo all'amministrazione regionale
***************
RELAZIONE DEL PROPONENTE
Ancora oggi, nonostante le modifiche introdotte all'art. 51 della Costituzione e nonostante le dichiarazioni di principio contenute negli Statuti regionali sanciscano il criterio delle pari opportunit� fra donne ed uomini, non sono state adottate misure concrete per consolidare la presenza femminile nelle istituzioni politiche rappresentative.
La stessa concezione di uguaglianza, che � alla base degli ordinamenti democratici europei, � pensata al maschile ed � debole proprio perch� deriva da un modello che, solo due secoli fa, non considerava le donne come soggetti politici. Ci� ha comportato che solo nell'ultimo secolo le donne abbiano avuto l'opportunit� di accedere alle cariche elettive nazionali.
Le modifiche introdotte con la Legge Costituzionale n. 2 del 2001 prevedono che negli Statuti delle Regioni speciali siano introdotte nuove norme "al fine di conseguire l'equilibrio della rappresentanza dei sessi" che, "promuovano condizioni di parit� per l'accesso alle consultazioni elettorali".
La Legge Costituzionale n. 3 del 2001, comma 7, modifica l'art. 117 della Costituzione e dispone che "le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisca la piena parit� degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parit� di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive".
Infine la Legge Costituzionale n. 1 del 2003, al comma 1 dell'art. 31 prevede "a tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunit� tra donne e uomini".
Il legislatore nazionale invero, con la legge n. 81 del 25 marzo 1993 relativa all'elezione degli organi delle amministrazioni comunali e provinciali, aveva originariamente previsto all'art. 2 "nelle liste dei candidati nessuno dei due sessi pu� essere di norma rappresentato in misura superiore ai due terzi", comma cos� modificato dall'art. 2 della legge 15 ottobre 1993 "nelle liste dei candidati nessuno dei due sessi pu� essere rappresentato in misura superiore ai 3/4 dei consiglieri assegnati".
La Corte Costituzionale, con sentenza 6 - 12 settembre 1995, n. 422, ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimit� costituzionale della parte richiamata dell'art. 2 della Legge 415 del 1933.
Tuttavia il giudice delle leggi, recentemente ed anche a seguito del diverso quadro normativo di riferimento, pare avere mutato il proprio indirizzo, si esprime a favore di una parit� effettiva fra i sessi ed avverte che gli attuali squilibri sono riconducibili sia al permanere degli effetti storici del periodo nel quale alle donne erano negati o limitati i diritti politici, sia al permanere, tuttora, di ben noti ostacoli di ordine economico, sociale e di costume suscettibili di impedirne una effettiva partecipazione all'organizzazione politica del paese.
Va per� osservato che la prescrizione che imponeva la "riserva", contenuta nella norma per le elezioni comunali e provinciali precedentemente richiamata e poi abrogata, aveva - a suo tempo - impegnato i partiti nell'ossessiva ricerca di candidate ma non aveva comportato un maggior numero di elette.
L'equazione pi� donne candidate pi� donne elette � stata spesso smentita ed ha prodotto risultati opposti rispetto alla filosofia di equit� e pari opportunit� che aveva animato il legislatore.
A titolo meramente esemplificativo si richiamano i risultati delle elezioni comunali di Sassari, a met� degli anni '90, laddove una lista guidata da una donna e con prevalenti presenze femminili - circa il 90% - ha, nei risultati, premiato i pochi candidati maschi. Ed ancora, la recentissima esperienza nelle province di Trento e Bolzano dove la lista "alternativa rosa" - che ha visto candidate solo donne - ha raccolto appena l'1% dei consensi.
Ma questi ragionamenti non possono naturalmente essere utilizzati per sostenere che il problema della promozione della parit� sociale, culturale ed economica delle donne e degli uomini � inesistente o irrisolvibile e intende affidarsi, in via esclusiva o principale, al desiderio ed alle azioni di riscatto dell'universo femminile. Infatti non solo il problema esiste ma la mancata ricerca di soluzioni produce solo conservazione, arretratezza, povert� culturale.
Le esemplificazioni proposte consentono invece di affermare che i timidi tentativi di adeguamento del Parlamento e dei Consigli Regionali, alle prescrizioni previste dal legislatore costituzionale, sono purtroppo minimalisti, partono da una corretta consapevolezza, ma rischiano di accentuare la "crisi" dei partiti, sfiorano solo l'obiettivo ed assolvono ad un compito marginale.
Ed in ogni caso se, cos� come di fatto �, questa rimane l'unica sia pure coraggiosa iniziativa prevista per superare la limitata partecipazione della popolazione femminile alla vita istituzionale, concorre solo a creare parit� di presenza dei sessi nella composizione delle liste, una elevata concorrenzialit� fra le donne, ma non consente una reale parificazione ed una uguale opportunit� di genere perch� quello maschile parte con un forte vantaggio.
C'� un divario d'origine che va colmato, se possibile anticipatamente, ma - in subordine - anche con provvedimenti che dispieghino efficacia in contemporaneit� ed aggiuntiva.
Ed in un sistema drogato da antichi e millenari retaggi che hanno consentito, e ancora consentono, uno status di forte premialit� di genere, gli atti e le azioni di riequilibrio non possono avere carattere e condizioni di ordinariet�, di facciata; un maquillage per spolverare l'anima di chi esercita le proprie funzioni da una condizione di reale supremazia, perch� nei fatti nulla si modifichi. Le iniziative ed i provvedimenti legislativi devono essere dirompenti, non possono graffiare e scalfire superficialmente il sistema, devono scardinarlo per poi ricomporlo su nuove basi che garantiscano livelli di effettiva parit� fra i sessi.
Dopo oltre un secolo � ancora attuale, e deve servire da monito, la citazione di J.S. Mill (1869) in "L'asservimento delle donne": "Se per loro natura le donne non possono fare una certa cosa, � assolutamente superfluo proibirgliela. Se c'� qualcosa che riescono s� a fare ma a confronto con gli uomini non altrettanto bene, baster� la concorrenza ad escluderle; nessuno vuole chiedere gabbie protezionistiche o premi di incentivazione a favore delle donne; si chiede solo che vengano revocati i premi e le quote attualmente vigenti in favore degli uomini".
Da una sia pure fugace analisi comparata dei dati statistici, emerge che in Italia il fenomeno dell'emarginazione delle donne col 10,8% di rappresentanti parlamentari femminili - segue solo la Francia 10,23% all'Assemblea Nazionale e 5,6% al Senato e la Grecia 6% - � pi� imponente e preoccupante di altri Stati europei.
Il fatto che poi vi siano "giustificazioni" storiche, per cui la pi� importante presenza "pubblica" delle donne nei paesi anglosassoni � giustificata da pi� antiche tradizioni, non libera alcuna coscienza. Tant'� che, mentre nel nostro paese i passi in avanti risultano percentualmente contenuti, un caso emblematico � costituito dalla Spagna laddove le presenze femminili nei Parlamenti pari al 9% nel 1987, sono attualmente del 23%.
Altri segnali, sempre positivi, vengono dal Belgio laddove, alla Camera Bassa le donne presenti nel 1994 in misura pari al 9%, rappresentano oggi l'11,3% e nella Camera Alta passano dall'11% al 23,6%, con incrementi percentuali rispettivamente del 2,3% e dell'11,3%; dall'Austria dal 21% del 94 � oggi al 25,5% con un incremento del 4,5%; dalla Germania che, con una media del 20,7% del 94 raggiunge oggi il 26,3% nella Dieta Federale.
Un dato negativo viene dalla Danimarca e dalla Finlandia con una regressione rispettivamente dal 33% del 94 al 26,9% di oggi e dal 39% al 34%. E' comunque di tutta evidenza che queste ultime due percentuali segnalano ancora oggi valori pi� che tripli in confronto alla situazione italiana.I dati relativi alla Sardegna presentano una condizione ancora pi� sconfortante: la prima legislatura (1949) ha visto tre donne elette nel Consiglio Regionale; l'undicesima otto, la dodicesima solo quattro, mentre l'attuale ha visto elette otto donne, delle quali per� sette sono state elette nella lista del Presidente, mentre dalle liste uninominali � risultata una sola eletta.
La media delle presenze � del 3,4% e per passare dal 3,6% del 1949 al 9,4% di oggi - con dati altalenanti, poco significativi e comunque con punte massime del 10% - ci sono voluti 50 anni.
Il primo assessorato regionale a una donna, con incarico alla Pubblica Istruzione, viene conferito nel 1955 e riconfermato nel 1957; poi trascorrono ben 30 anni e solo nel 1992 viene nominata una donna in qualit� di assessore tecnico alla sanit�; ancora tre assessori rosa nel 1994, sia pure per un breve periodo di tempo, nessuna nella Giunta precedente, oggi per la prima volta sono sei.
I dati forniti, peraltro abbondantemente conosciuti, fotografano una situazione che non necessita di alcun commento: la popolazione femminile � "una specie minoritaria nel genere antropologico della classe politica"; anche l'Unione Europea - dopo alcuni tentennamenti, indicazioni generiche e dichiarazioni di principio - ha invitato i Paesi membri ad elaborare progetti concreti per rimuovere gli ostacoli che impediscano alle donne l'effettiva partecipazione alla vita politica: la tutela dei diritti umani non pu� prescindere da una reale tutela dei diritti delle donne.
C'�, di fatto, nel nostro sistema un deficit di democrazia che trova ulteriore riscontro nella "invisibilit�" politica delle donne la cui presenza sui media - che sappiamo bene quanto concorrono a formare le opinioni - � assolutamente irrisoria. Infatti, se esaminiamo i dati dei tempi di parola maschili e femminili nel periodo delle elezioni regionali del 16 aprile 2000, registriamo che nella prima fase della campagna elettorale, dal 2 al 18 marzo del 2000 (indizione dei comizi, presentazione delle candidature), nei telegiornali RAI gli uomini in quanto soggetti politici ed istituzionali parlano per due ore e mezzo (in quanto membri del Governo per un'ora), le donne per 14 minuti (in quanto membri del Governo per 3 minuti); nelle reti Mediaset rispettivamente per un'ora e 22 minuti, le donne per un minuto (in quanto membri del Governo 11 minuti e 1 minuto).
Nella seconda fase della campagna elettorale, dal 19 marzo al 14 aprile, nei TG RAI i maschi in quanto soggetti politici ed istituzionali parlano per quasi 6 ore, le donne per 25 minuti; nei TG Mediaset gli uomini parlano per 5 ore e 13 minuti, le donne per 6 minuti.
A completamento e per pura curiosit�, ma anche per consentire ulteriori analisi e parametrazioni, vengono allegate alla relazione alcune tabelle che allargano l'orizzonte sino a ricomprendere i dati relativi anche ai Comuni ed alle Amministrazioni Provinciali, nonch� qualche tabella sul tempo di parola in video.
***************
***************
E' opportuno rammentare, anche se parzialmente esula dalla tematica di diretta pertinenza, che la dimensione della disuguaglianza non riguarda solo il settore della politica ma, come emerge dallo studio presentato dalla Fondazione Marisa Bellisario, bench� l'imprenditoria femminile sia in crescita, i ruoli di "comando" sono preclusi e riguardano solo il 4,9% dei dirigenti. Questo fenomeno di "blocco" delle carriere, conosciuto come "tetto di cristallo", permane anche in assenza di una strategia collettiva che lo alimenti e bench� le donne abbiano acquisito un capitale culturale dignitoso e spendibile in pi� direzioni.
E se � vero che il 56% dei nuovi occupati � di sesso femminile, che ogni dieci imprenditori tre sono donne, che il 28% dei lavoratori autonomi � donna, � altrettanto vero che la busta paga di una lavoratrice � pi� leggera del 9% rispetto a quella del collega maschio.
Inoltre, la conferma del blocco delle carriere per le donne viene sia dall'esame della composizione dei quadri delle organizzazioni dei lavoratori, sia da quello delle organizzazioni imprenditoriali laddove, a livello Sardegna, le presenze femminili nelle giunte esecutive erano, secondo gli ultimi dati disponibili: Confindustria 9,1%, Confcommercio 0%, Confesercenti 10%, Confartigianato 0%, Confederazione Italiana Agricoltori 0%.
Ci� conferma che anche in questi settori, considerati intermedi tra universo economico e politico, permangono condizioni di forte disuguaglianza.
E' infine utile un richiamo agli esiti della Conferenza di Pechino del 1955 ed alle indicazioni contenute nella "Dichiarazione Finale" e nel "Piano d'Azione" che introducono una nuova interpretazione della specificit� femminile che da ostacolo viene promossa a valore.
Ma questi atti hanno mero significato di raccomandazione ed indirizzo e non contengono un impegno categorico ed un vincolo giuridico verso gli Stati partecipanti perch� adottino una produzione legislativa adeguata per attribuire alla popolazione femminile nuove responsabilit� in tutti i settori della vita pubblica e privata e riconoscere la differenza di genere quale nuova prospettiva propedeutica alle decisioni del Governo.
Le iniziative successive, poche ed insufficienti, hanno viaggiato in un'ottica di conservazione rivolta a rimuovere gli ostacoli, trascurando la differenza di genere che cos� rappresenta concettualmente un impedimento anzich� una ricchezza.
Il rispetto e la conseguente traduzione in norma giuridica del nuovo dettato costituzionale contenuto nelle leggi costituzionali n� 2/2001, n� 3/2001 e n� 1/2003 � un fatto pregevole, logico, consequenziale e coattivo.
L'indirizzo del legislatore costituzionale, pure se presenta spazi di ambiguit� interpretativa, contiene, in ogni caso, un precetto giuridico che, - in una societ� moderna e giusta, dove prevale la cultura del rispetto e dell'eguaglianza - va reinterpretato come norma naturale, di importante rilevanza sociale, con alto valore etico e rappresenta una crescita culturale collettiva.
Come gi� detto per�, l'interpretazione che invece in alcuni casi si vuole dare � restrittiva e prevede solo una generica garanzia che risolve il precetto con la semplice parit� di accesso, intesa come parit� numerica di presenze, senza assicurare una reale par-condicio fra generi.
Ed allora � necessario introdurre ulteriori prescrizioni ed opportunit� che "garantiscano" il risultato, un vero confronto elettorale paritario fra generi concorrenti eliminando all'origine posizioni di privilegio e di supremazia.
Questo, in realt�, � il vero precetto del legislatore costituzionale.
I veri motivi di disuguaglianza vanno intanto ricercati nell'esclusiva assegnazione alla popolazione di sesso maschile degli spazi nei Consigli di Amministrazione degli Enti strumentali dipendenti da istituzioni di diretta o indiretta promanazione pubblica.
In tali enti - a livello regionale Ente Foreste Demaniali della Sardegna, ARST, CRAS, ESAF, ESIT, ERSAT, Istituto Incremento Ippico, Isola, ISRE, Istituto Zootecnico Caseario per la Sardegna, Stazione Sperimentale del Sughero, Ente Autonomo Flumendosa, Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sardegna, nonch� gli Istituti di Credito di interesse regionale, Banco di Sardegna, Banca di Sassari, Banca CIS, SFIRS - la presenza delle donne nei Consigli di Amministrazione � dello 0%.
Una timida rappresentanza femminile si riscontra solo in enti, comitati, commissioni a carattere culturale, socio assistenziale o di erogazione di servizi sociali quasi che alle donne non possano essere riconosciute le conoscenze tecniche e professionali che consentano l'accesso negli organismi pubblici di amministrazione e di controllo.
La presente proposta di legge si propone, in armonia col dettato del legislatore costituzionale, di consentire il raggiungimento di un indispensabile equilibrio di partenza, senza il quale � impensabile una concreta affermazione del principio della pari opportunit� fra donne e uomini, regolamentando la composizione dei suddetti organismi, nei quali si afferma il principio di parit� fra sessi, assicurando fin dall'immediato la piena partecipazione delle donne all'Amministrazione regionale in tutti i suoi enti strumentali, commissioni e comitati.
In particolare, all'art. 1, comma 1, si afferma il criterio di composizione paritaria donna - uomo, in tutti gli enti strumentali, commissioni e comitati afferenti all'amministrazione regionale.
Il comma 2 dell'art. 1 prevede un criterio sussidiario rispetto al comma 1, ovvero, nel caso in cui, a causa del numero dei componenti eleggibili, risulti impossibile rispettare il criterio di composizione paritaria, le istituzioni interessate dovranno provvedere al riequilibrio, nominando, anche in enti, commissioni e comitati diversi, un esponente del sesso non rappresentato paritariamente.
Il successivo terzo comma stabilisce che gli organismi istituzionali interessati dovranno, con congruo termine di preavviso, comunicare al Presidente della Regione le nomine da effettuare - e successivamente quelle effettuate - nel rispetto del criterio di cui al primo comma del medesimo articolo. Il Presidente provveder� ad indicare i casi in cui si dovr� procedere al riequilibrio.
L'art. 2 della proposta prevede al primo comma la modifica parziale delle norme istitutive di commissioni, enti strumentali e comitati nel senso che tutte le designazioni devono avvenire in modo paritario fra donna e uomo.
Il criterio espresso al primo comma dell'art. 1 viene esteso dall'art. 3 a tutti quegli enti, commissioni e comitati che non siano direttamente afferenti all'amministrazione regionale, ma rispetto ai quali la Regione abbia potere di nomina di alcuni suoi membri.
Qui di seguito, a titolo esemplificativo e per dare un'indicazione dell'effettiva portata della proposta di legge, vengono elencati enti, commissioni e comitati di valenza regionale sui quali dispiegherebbe i propri effetti, contribuendo in modo concreto ed incisivo alla sostanziale applicazione del principio di parit� donna - uomo:
1) Legge regionale 11 aprile 1996, n. 19 - "Norme in materia di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo e di collaborazione internazionale";
2) Legge 24 dicembre 1976, n. 898 "Nuova regolamentazione delle servit� militari" e Legge 01.05.90 n. 104, "Modifiche ed integrazioni alla Legge 24 dicembre 1976, n. 898 concernente nuova regolamentazione delle servit� militari";
3) Legge 15 maggio 1965, n.l5 " Norme concernenti il trasferimento degli insegnanti elementari dell'Alto Adige del ruolo speciale di seconda lingua nel ruolo normale", modificata con legge regionale 3 novembre 1995, n. 27 "Trattamento di fine rapporto di personale assunto a tempo determinato e modifiche alla composizione del comitato amministrativo del F.I.T.Q.";
4) Art. 31 e 32 legge regionale 22 dicembre 1989, n.45. "Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale";
5) legge regionale 9 giugno 1999, n. 24 "Istituzione dell'Ente foreste della Sardegna, soppressione dell'Azienda delle Foreste Demaniali della Regione Sarda e norme sulla programmazione degli interventi regionali in materia di forestazione";
6) Art. 21 legge regionale 28 aprile 1978, n. 32 "Sulla protezione della fauna e sull'esercizio della caccia in Sardegna";
7) Art. 9 comma 2 legge regionale 17 gennaio 1989, n. 3 "Interventi regionali in materia di protezione civile";
8) legge regionale 28 aprile 1978, n. 32 "Sulla protezione della fauna e sull'esercizio della caccia in Sardegna";
9) legge regionale 5 luglio 1963, n. 14 "Istituzione del Comitato tecnico consultivo regionale per la pesca";
10) legge regionale 16 giugno 1956, n. 22 "Istituzione del Centro regionale agrario sperimentale";
11) legge regionale 19 novembre 1984, n. 5 "Trasformazione dell'ETFAS -Ente di sviluppo in Sardegna - in - Ente regionale di sviluppo e assistenza tecnica in agricoltura (ERSAT)";
12) Art. 13 legge regionale 23 agosto 1995, n.20 "Semplificazione e razionalizzazione dell'ordinamento degli enti strumentali della Regione e di altri enti pubblici e di diritto pubblico operanti nell'ambito regionale";
13) Art. 15 legge regionale 23 agosto 1995, n.20 "Semplificazione e razionalizzazione dell'ordinamento degli enti strumentali della Regione e di altri enti pubblici e di diritto pubblico operanti nell'ambito regionale";
14) Legge 03 maggio 1982, n.203 "Norme sui contratti agrari";
15) Art. 2 legge regionale 14 dicembre 1985, n.30 "Norme per l'incremento e la tutela dell'apicoltura";
16) legge regionale 22 novembre 1962, n.l9 "Istituzione del Comitato tecnico regionale per la cooperazione";
17) Art. 13 legge regionale 29 settembre 1982, n. 24 "Rifinanziamento del fondo di solidariet� regionale in agricoltura e disposizioni varie";
18) legge regionale 30 settembre 1971, n. 25 "Norme per l'attuazione di un piano di intervento nelle zone interne a prevalente economia pastorale";
19) legge regionale 10 dicembre 1973, n. 39 "Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 30 settembre 1971, n. 25, recante norme per l'attuazione di un piano di intervento nelle zone interne a prevalente economia pastorale ed approvazione del piano stesso ai sensi dell'articolo 2 della legge 30 ottobre 1969, n. 811";
20) legge regionale 14 maggio 1985, n. 21 "Istituzione di un fondo per l'assistenza alle piccole e medie imprese, in attuazione dell'articolo 12 della legge 24 giugno 1974, n. 268";
21) legge regionale14 maggio 1984, n. 21 "Riordinamento dei Consorzi di Bonifica";
22) legge regionale 02 marzo 1957, n. 6 "Costituzione dell'Istituto Sardo Organizzazione Lavoro Artigiano (ISOLA)";
23) legge regionale 23 agosto 1995, n. 20 "Semplificazione e razionalizzazione dell'ordinamento degli enti strumentali della Regione e di altri enti pubblici e di diritto pubblico operanti nell'ambito regionale";
24) legge regionale 30 novembre 1967, n.21 "Modifica all'articolo 13 dello Statuto dell'Istituto sardo organizzazione lavoro artigiano (ISOLA) annesso alla legge regionale 2 marzo 1957, n. 6";
25) legge regionale 22 novembre 1950, n. 62, "Costituzione dell'Ente Sardo Industrie Turistiche";
26) Art. 20 legge regionale 23 agosto 1995, n.20 "Semplificazione e razionalizzazione dell'ordinamento degli enti strumentali della Regione e di altri enti pubblici e di diritto pubblico operanti nell'ambito regionale";
27) art. 31 legge regionale 23 agosto 1995, n.20 "Semplificazione e razionalizzazione dell'ordinamento degli enti strumentali della Regione e di altri enti pubblici e di diritto pubblico operanti nell'ambito regionale";
28) art. 4 legge regionale 10 settembre 1990, n. 41, "Organi di rappresentanza e di tutela dell'artigianato";
29) art. 12, 13 e 15 legge regionale 10 settembre 1990, n. 41 "Organi di rappresentanza e di tutela dell'artigianato";
30) art. 15 legge regionale 13 luglio 1988, n.l3, "Disciplina in Sardegna delle agenzie di viaggio e turismo";
31) Legge 25 marzo 1959, n. 25, art. 4;
32) legge regionale 19 dicembre 1988, n. 45 "Disciplina della distribuzione dei carburanti in Sardegna", modificata. e integrata dalla legge regionale 10/92 Modifica ed integrazioni alla legge regionale 19/12/88 n. 45 concernente "Disciplina della distribuzione dei carburanti in Sardegna";
33) art. 15 legge regionale 31 ottobre 1993, n. 51 "Provvidenze a favore dell'artigianato sardo, modifiche alle leggi regionali 31 maggio 1984, n. 26, 11 aprile 1985 n. 5, 4 giugno 1988, n. 11, 30 aprile 1991, n. 13 e abrogazione della legge regionale 21 luglio 1976, n. 40";
34) art. 4 legge regionale 27 aprile 1984, n. 14 "Norme relative al marchio di origine e qualit� dei prodotti dell'artigianato tipico della Sardegna";
35) art. 21 legge regionale 13 luglio 1988, n.l3 "Disciplina in Sardegna delle agenzie di viaggio e turismo";
36) art. 7 legge regionale 31 ottobre 1991, n. 35, "Disciplina del settore commerciale";
37) legge regionale 8 maggio 1984, n. l7 "Regionalizzazione dell'Ente Autonomo del Flumendosa";
38 ) legge regionale 20 febbraio 1957, n. 18 "Istituzione dell'Ente Sardo Acquedotti e Fognature";
39) legge regionale 5 luglio 1963, n. 9 "Modifiche ed integrazioni della legge regionale 20 febbraio 1957, n. 18, istitutiva dell'ESAF";
40) Legge 22 ottobre 1971, n. 865 "Testo unico e disposizioni generali sull'edilizia popolare ed economica";
41) art. 12 legge regionale 24 aprile 1984, n. l3, "Nuove norme in materia di albo regionale degli appaltatori di opere pubbliche", legge regionale 22.04.87, n. 22, Modifica all'articolo 12 della legge regionale 27 aprile 1984, n. 13, "Commissione dell'Albo regionale appaltatori di opere pubbliche";
42) art. 18 e 19 legge regionale 22 aprile 1987, n. 24 "Norme di semplificazione e snellimento delle procedure e disposizioni varie in materia di lavori pubblici";
43) legge regionale 22 aprile 1987, n. 24 "Norme di semplificazione e snellimento delle procedure e disposizioni varie in materia di lavori pubblici";
44) art. 5 legge regionale 13 giugno 1989, n. 38 "Norme per la ripartizione dei proventi di cui all'articolo 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, concernente -Norme per la edificabilit� di suoli - e istituzioni del Comitato tecnico consultivo regionale per l'edilizia destinata al culto";
45) legge regionale 8 maggio 1968, n. 24 "Istituzione dell'Ente Minerario Sardo"-Legge abrogata da legge regionale 4 dicembre 1998, n. 33, "Interventi per la riconversione delle aree minerarie e soppressione dell'Ente Minerario Sardo (EMSA);
46) legge regionale 20 giugno 1989, n. 44 "Provvedimenti a favore delle piccole e medie imprese industriali";
47) art. 20 legge regionale 7 giugno 1989, n. 30 "Disciplina delle attivit� di cava";
48) legge regionale 28 aprile 1978, n. 31 "Erogazione di contributi per favorire le attivit� delle organizzazioni dei lavoratori sui problemi dello sviluppo economico-sociale regionale e modifiche della legge regionale 27 dicembre 1968, n. 49";
49) Art. 24 e 25 legge regionale 15 gennaio 1991, n. 7 "L'emigrazione";
50) Art. 29 legge regionale 24 ottobre 1988, n. 33, "Politica attiva del lavoro", art. 64 legge regionale 30 aprile 1991, n. 13, "Legge finanziaria 1991", art. 35 legge regionale 29 gennaio 1994, n. 2 "Legge finanziaria 1994";
51) Art. 46 legge regionale 24 dicembre 1990 "Norme di tutela di promozione delle condizioni di vita dei lavoratori extracomunitari in Sardegna", abrogato -sost. art. 85 legge regionale 28 aprile 1992, n. 6 "Legge finanziaria 1992";
52) Legge regionale 25 gennaio 1988, n. 4, "Riordino delle funzioni socio assistenziali", legge regionale 25 luglio 1990, n. 32 , Norme transitorio e di modifica della legge regionale 25 gennaio 1988, n. 4, recante "Riordino delle funzioni socio assistenziali";
53) legge regionale 7 aprile 1965, n. 10, Istituzione del "Fondo Sociale della Regione Sarda";
54) art. 28 legge regionale 1 maggio 1979, n. 47, "Ordinamento della formazione professionale in Sardegna";
55) art. 35 legge regionale 24 ottobre 1988, n. 33 "Politica attiva del lavoro";
56) art. 4, legge regionale 7 aprile 1965, n. 10, Istituzione del "Fondo Sociale della Regione Sarda";
57) art. 5 legge regionale 8 gennaio 1986, n. l , "Erogazione di contributi per favorire le attivit� dei coltivatori e degli allevatori diretti sui problemi dello sviluppo economico e sociale";
58) art. 2 legge regionale 27 dicembre 1968, n. 49, "Erogazione di contributi per favorire le attivit� di studio e di ricerca da parte delle Organizzazioni dei Lavoratori";
59) art. 3 legge regionale 28 aprile 1978, n. 31 "Erogazione di contributi per favorire le attivit� delle organizzazioni dei lavoratori sui problemi dello sviluppo economico-sociale regionale e modifiche della legge regionale 27 dicembre 1968, n. 49";
60) legge regionale 14 settembre 1987, n. 37 "Norme per l'attuazione del diritto allo studio nelle Universit� della Sardegna";
61) legge regionale 5 luglio 1972, n. 26 "Istituzione con sede a Nuoro dell'Istituto superiore regionale etnografico con annesso Museo della vita e delle tradizioni popolari sarde nel centenario della nascita della scrittrice Grazia Deledda";
62) legge regionale 5 dicembre 1973, n. 38; "Creazione dell'orchestra e del coro stabili della Sardegna";63) legge regionale 8 luglio 1993, n. 30 "Disposizioni varie in materia di attivit� culturali e sociali";
64) art. 2 e 3 legge regionale 9giugno 1994, n. 29 "Norme per il recupero e la valorizzazione del patrimonio archeologico-industriale della Sardegna";
65) legge regionale 20 giugno 1989, n. 44 "Provvedimenti a favore delle piccole e medie imprese industriali";
66) art. 12 legge regionale 12 agosto 1998, n. 28, "Norme per l'esercizio delle competenze in materia di tutela paesistica trasferite alla Regione Autonoma della Sardegna con l'articolo 6 del DPR 22 maggio 1975, n. 480, e delegate con l'articolo 57 del DPR 19 giugno 1979, n. 348";
67) art. 7 e 8 legge regionale 9 giugno 1989, n. 36, "Provvedimenti per lo sviluppo dello sport in Sardegna";
68) legge regionale 22 gennaio 1986, n. l5 "Norme per l'amministrazione, la gestione e l'organizzazione dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sardegna";
69) Legge 23 dicembre 1975, n. 745 "Trasferimento di funzioni statali alle regioni e norme di principio per la ristrutturazione regionalizzata degli istituti zooprofilattici sperimentali";
70) art. 10 legge regionale 27 aprile 1984, n. l2, "Disciplina ed esercizio delle funzioni in materia di servizio farmaceutico";
71) art. 6 ultimo comma legge regionale 27 aprile 1984, n. 12 art. 6, "Disciplina ed esercizio delle funzioni in materia di servizio farmaceutico";
72) art. 15 legge regionale n. 41/77, "Norme sulla predisposizione e gestione dei bilanci degli enti ospedalieri nonch� sul finanziamento della spesa per l'assistenza ospedaliera erogata tramite gli enti medesimi";
73) art. 5 legge regionale 27 aprile 1984, n. l2 "Disciplina ed esercizio delle funzioni in materia di servizio farmaceutico";
74) art. 2 legge regionale 23 novembre 1962, n. l8 "Abrogazione della legge regionale 2 febbraio 1950, n. 1 e istituzione del Comitato tecnico regionale sanitario";
75) Legge 5 giugno 1990, n. 135 "Programma di interventi urgenti per la prevenzione e la lotta contro l'AIDS"
Voglia pertanto il Consiglio regionale prendere in esame la presente proposta di legge, assicurando cos� l'effettivit� di un principio che, pur presente nella Costituzione italiana e nella futura Convenzione europea, non ha mai avuto piena attuazione nell'ambito dell'ordinamento giuridico italiano e sardo.
***************
TESTO DEL PROPONENTE
Art. 1
1. La designazione dei membri negli enti, commissioni e comitati facenti capo all'Amministrazione regionale deve avvenire in modo da garantire una composizione paritaria donna-uomo.
2. In caso di designazione di organi monocratici e/o di Presidenti e/o di amministratori delegati, ovvero qualora a causa del numero dei membri eleggibili non sia possibile rispettare il criterio di composizione paritaria di cui al comma 1, le istituzioni interessate alle successive designazioni anche in enti, commissioni e comitati differenti devono determinare un riequilibrio del rapporto donna-uomo.
3. A tal fine tutti i livelli istituzionali interessati devono comunicare al Presidente della Regione, con un preavviso di 15 giorni, le nomine da effettuare e successivamente quelle effettuate. Il Presidente della Regione indica in quali casi le nomine devono garantire il riequilibrio.
Art. 2
1. Le leggi regionali nelle parti in cui prevedono la composizione di commissioni, comitati ed organi di enti dell'Amministrazione regionale sono integrate e modificate nel senso che tutte le designazioni devono avvenire in modo paritario donna-uomo.
Art. 3
1. I criteri espressi all'articolo 1 sono estesi anche a tutti gli enti, commissioni e comitati, non direttamente di competenza regionale, nei quali la Regione Sardegna ha potere di nomina di alcuni dei suoi membri.