CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII LEGISLATURA

PROPOSTA DI LEGGE N. 38

presentata dal Consigliere regionale

BIANCAREDDU - AMADU - CAPPAI - CUCCU Franco Ignazio

il 6 ottobre 2004

Soppressione delle comunità montane ed attribuzione delle competenze alle province sarde


RELAZIONE DEL PROPONENTE

A seguito dell'approvazione della legge regionale 1° luglio 2002, n. 10 si sono avviate concretamente le procedure per l'istituzione delle nuove province e quindi pervenire al generale riassetto delle province sarde.

In questa prospettiva si deve dare attuazione alla previsione espressa dall'articolo 2 della legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4 e poi richiamata dall'articolo 9 della legge regionale 1° luglio 2002, n. 10, che prevede un unico ente intermedio tra la Regione ed i comuni, individuandolo nella provincia.

Tale previsione assume una sua particolare ed autonoma rilevanza in quanto va ad incidere sulla struttura complessiva degli enti locali in Sardegna nel senso di una sua semplificazione e razionalizzazione.

L'introduzione delle nuove province porta a 33 il numero degli enti locali intermedi tra Regione e comuni (25 comunità montane più 8 province) andando ad evidenziare una sovrapposizione che non appare giustificata; si arriva al caso che una provincia, l'Ogliastra, coincide con una comunità montana, creando una duplicazione se non di funzioni quantomeno di rappresentanza che rischia di provocare una scarsa legittimazione dell'uno o dell'altro ente.

Si pone quindi il problema di completare legislativamente il quadro di assetto delineato con la legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4 e con le successive leggi regionali 12 luglio 2001, n. 9 e 1° luglio 2002, n. 10.

In questa prospettiva diventa ineludibile il nodo del ruolo delle comunità montane cui non può più riconoscersi quello di ente intermedio tra Regione e comuni, essendo questo assunto per sua natura, dalle province.

Le province, infatti, per la loro rappresentatività espressa con l'elezione diretta dei loro organi si configurano come Enti esponenziali delle popolazioni amministrate e, pertanto, hanno il medesimo titolo di legittimazione dei comuni e della Regione. Mentre la comunità montana quale ente secondario, a rappresentanza indiretta, non può configurarsi quale ente esponenziale delle popolazioni da essa amministrate, ma solo quale ente di raccordo, coordinamento e di rappresentanza di altri enti.

Non a caso il testo unico sull'ordinamento delle autonomie locali riconduce la formula organizzatoria delle comunità montane come una specificazione di quella, più generale, della unione di comuni. Esse sono definite, quindi, come unione di comuni. Ma l'unione di comuni ha la finalità di servizio e di gestione di servizi comuni tra amministrazioni locali e non appare configurabile quale ente intermedio tra Regione e comuni.

La recente riforma del titolo V della Costituzione, inoltre, non annovera tra gli enti locali la comunità montana, con ciò riconoscendone la loro natura limitata di unione di comuni delineata dal testo unico sull'ordinamento delle autonomie locali.

Solo gli enti locali hanno quindi carattere di rappresentanza generale degli interessi e delle esigenze delle popolazioni da loro amministrate e che, perciò, si qualificano, anche in virtù del mandato elettorale diretto, come enti esponenziali delle loro comunità.

In questa direzione della razionalizzazione degli enti territoriali si è già mossa la Regione Friuli-Venezia Giulia che, con la legge regionale 29 agosto 2001, n. 18, ha soppresso le comunità montane della regione.

Tale legge, riapprovata il 1° febbraio 2000, venne impugnata dal Governo, ma è stata riconosciuta costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 229 del 4 luglio 2001, in forza delle competenze regionali in materia di ordinamento degli enti locali attribuite alla Regione Friuli-Venezia Giulia (insieme alla Sardegna) con la legge costituzionale n. 2 del 1993.

Così pure la Regione Sicilia, che pure le aveva istituite con la legge regionale n. 38 del 1974, ha provveduto alla loro soppressione con la successiva legge regionale n. 6 del 1986, demandandone le rispettive competenze alle province.

Tale soppressione non ha provocato la perdita dei finanziamenti statali per la montagna, derivanti dalla legge sulla montagna (Legge 31 gennaio 19994, n. 97) che sono stati regolarmente assegnati alle province.

Alla luce delle disposizioni del nuovo titolo V della Costituzione, che non contempla le comunità montane tra gli enti locali; del testo unico sull'ordinamento delle autonomie locali, che considera le comunità montane come una forma particolare di unione di comuni e della legge costituzionale n. 2 del 1993 che assegna alla Regione le competenze in materia di ordinamento degli enti locali, si può affermare che alla soppressione delle comunità montane non ostano motivi di ordine costituzionale o legislativo.

Si tratta quindi di una scelta che la Regione deve compiere in ragione di una semplificazione e razionalizzazione degli enti territoriali, ad iniziare da quelli che vanno ad interferire con l'assetto degli enti locali evitando il rischio di duplicazioni e sovrapposizioni.

Ed è questo il caso in argomento; basti pensare alle interferenze che nascono tra l'attività di pianificazione territoriale e dello sviluppo posta in capo alle province e quella prevista in capo alle comunità montane; si tratta di una sovrapposizione palese che rischia di provocare duplicazioni e contraddizioni tali da vanificare l'efficacia dello strumento programmatorio; e ciò vale anche per tutti gli atti di pianificazione delle risorse per lo sviluppo economico e sociale del territorio.

Con l'istituzione delle nuove province la Regione ha provveduto al primo passo nella direzione della razionalizzazione e semplificazione dell'assetto degli enti locali cui consegue, per le finalità espresse dall'articolo 2 della legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4, la sua attribuzione di unico ente intermedio tra Regione e comuni.

Ne consegue, quindi, che la soppressione delle comunità montane non significa disconoscere quella che è stata la positività della loro esperienza così come è venuta maturando nel corso di questi ultimi anni, ma solo il necessario completamento di un primo tassello del più complessivo riordino degli enti territoriali e delle ridefinizioni delle loro attribuzioni a seguito  della riforma Bassanini e del Titolo V della Costituzione.

Ciò consentirà, infatti, di procedere alla attribuzione delle nuove competenze  alle province senza interferenze né duplicazioni con le competenze  di un altro ente territoriale a carattere intermedio come la comunità montana.

Vale infine sottolineare che il disegno di legge soppressivo della comunità montana non intacca minimamente lo specifico status dei comuni montani.

Ciò che cambia è il soggetto titolare degli interventi a favore dei comuni montani, non più le comunità che per la loro ridotta dimensione e la loro debolezza strutturale si sono spesso rivelate insufficienti per dare corso ad una politica attiva a favore dei territori montani.

La specificità dei comuni montani resta quindi anche all'interno della struttura della nuova provincia così come viene configurata nel disegno di legge.

È previsto infatti che le province dovranno obbligatoriamente prevedere nel loro Statuto l'istituzione di circondari montani in cui inserire il complesso dei comuni montani ricadenti nel loro territorio.

Si tratta di un contenuto obbligatorio degli statuti provinciali che viene posto con legge proprio per riconoscere la specificità delle condizioni e delle esigenze dei comuni montani rispetto alle restanti parti del territorio provinciale.

Tali circondari dovranno essere obbligatoriamente sentiti prima che il consiglio o la giunta provinciale deliberino in materia di assegnazione delle risorse o di interventi a favore dei comuni montani in applicazione di leggi regionali o statali che prevedano finanziamenti in tal senso.

I comuni montani mantengono, quindi, nel disegno di legge, la loro specificità e la loro rappresentatività politica, solo che saranno i circondari provinciali montani a rappresentare le loro istanze ed i loro bisogni e non più le comunità.

Cambierà soltanto il fatto che i compiti e le funzioni sinora svolti dalle strutture burocratiche e tecniche delle vecchie comunità verranno svolti dalle strutture delle province.

In questa maniera si realizzerà anche una sorta di perequazione tra comuni montani; non ci saranno più comuni montani che facendo parte di una comunità piccola e poco attrezzata rischiano di essere penalizzati rispetto a quelli facenti parte di comunità  più grandi ed attrezzate. Tutti i comuni montani di ciascuna provincia avranno quindi le medesime opportunità e possibilità.

Questa previsione qualifica e differenzia il disegno di legge rispetto all'assetto dato in Sicilia dove l'attribuzione delle competenze alle province non è accompagnato da un riconoscimento del ruolo specifico dei comuni montani.

Il quadro istituzionale che ne consegue e che si vuole perseguire con il disegno di legge è quindi quello di una provincia che assomma su di sé le competenze in materia di sviluppo del territorio, ricomprendendo e considerando quelle particolari specificità che i comuni montani hanno rispetto al resto del territorio, in modo da garantire ad essi quel particolare trattamento che gli è dovuto in forza di specifiche disposizioni normative e finanziarie.

TESTO DEL PROPONENTE

 

TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 1
Soppressione delle comunità montane

1. Le comunità montane della Regione previste dalle attuali leggi regionali sono soppresse con decorrenza  dalla data delle elezioni degli organi delle nuove province istituite con legge regionale 12 luglio 2001, n. 9.

2. Le province succedono nei rapporti patrimoniali ed economico-finanziari delle comunità montane la cui sede ricade nel loro ambito territoriale.

3. Il personale delle comunità montane è trasferito alle nuove province, fatte salve le opzioni secondo le ordinarie procedure di mobilità.

   

Art. 2
Attribuzione delle funzioni alle province

1. Le competenze e funzioni sinora attribuite alle comunità montane ai sensi della legislazione nazionale e regionale, sono trasferte alle province.

2. Le province prevedono nel loro statuto, l'istituzione, a norma dell'articolo 21 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, di uno o più circondari che comprendano i comuni montani ricadenti nel loro territorio, individuati ai sensi della legge regionale 17 agosto 1978, n. 52 (Delimitazione nei territori montani delle zone con caratteri omogenei).

3. I circondari dovranno essere obbligatoriamente sentiti ogni qualvolta si decida sulla destinazione dei finanziamenti derivanti da leggi nazionali o regionali per lo sviluppo della montagna e per le esigenze dei comuni montani.

   

Art. 3
Norma finanziaria

1. I fondi destinati alla organizzazione e allo sviluppo delle comunità montane (U.P.B. S03.053) ed agli investimenti a favore delle comunità montane (U.P.B. S03.054) sono trasferiti, rispettivamente, alla U.P.B. S04.016 ed alla U.P.B. S04.017.