CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII LEGISLATURAPROPOSTA DI LEGGE N. 28/A
presentata dal Consigliere regionale
MILIA - ONIDA - BIANCAREDDU - PILI - LA SPISA - SANCIU - LOMBARDO - SANJUST - SANNA Paolo Terzo - PETRINI - RASSU - LICANDRO - CAPELLI - OPPI - AMADU - CUCCU - ARTIZZU - LIORI - MORO - SANNA Matteo - LADU - PISANO - DIANA - MURGIONI - RANDAZZO - CAPPAI - DEDONI - VARGIU - CASSANO
il 15 settembre 2004
Modifiche ed integrazioni alla Legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45, recante: Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale
RELAZIONE DEL PROPONENTE
Il Piano Urbanistico di Coordinamento Territoriale (P.U.C.T.)viene individuato come principale strumento di pianificazione territoriale da elaborare in coerenza con gli atti di programmazione dello sviluppo economico e sociale della Regione autonoma della Sardegna.
Il P.U.C.T., elaborato con specifica considerazione dei valori paesaggistici ed ambientali, ai sensi degli articoli 135 e 143 del decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004, assume valenza di piano paesaggistico regionale.
Infatti detto strumento, di esclusiva competenza regionale per ciò che concerne la pianificazione urbanistica, attua al contempo le disposizioni previste dalle leggi statali in materia di tutela paesistica per i soli ambiti territoriali così come previsti nel citato decreto legislativo n. 42 del 2004.
Il Piano generale di coordinamento delinea lo scenario di assetto del territorio regionale e costituisce al contempo lo strumento di indirizzo per tutta la pianificazione sottordinata, sia di livello regionale, attraverso i piani di settore, sia di livello provinciale e comunale, rispettivamente con i Piani Urbanistici Provinciali (P.U.P.) ed i Piani Urbanistici Comunali (P.U.C.) con gli eventuali e conseguenti Piani Attuativi.
Alfine di perseguire gli obiettivi di qualità paesistica nell'esercizio dell'attività di tutela e valorizzazione paesistico-ambientale, si provvederà alla costituzione dell'Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio in collaborazione con le università della Sardegna e con il Ministero per i beni culturali.
Sarà la Giunta regionale, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge proposta, a trasmettere alla IV Commissione consiliare ed alle province il documento di indirizzo dei criteri metodologici per la redazione del piano di assetto di coordinamento territoriale e promuovere una conferenza regionale di programmazione aperta alla partecipazione degli enti ed organismi pubblici, delle associazioni economiche e sociali e di quelle costituite per la tutela degli interessi diffusi, alla quale sottoporre le linee guida e gli obiettivi che intende perseguire con la redazione del P.U.C.T.
Il Piano sarà adottato dalla Giunta regionale nei successivi diciotto mesi e, successivamente approvato dal Consiglio regionale su proposta della stessa Giunta che ne disporrà la pubblicazione all'albo di tutte le province ed i comuni per un periodo di 60 giorni.
Dalla data di adozione e fino all'approvazione definitiva da parte del Consiglio regionale troveranno applicazione le misure di salvaguardia previste dallo stesso P.U.C.T.
Le Province dovranno provvedere all'adeguamento dei Piani urbanistici provinciali secondo le linee di coordinamento e gli indirizzi dettati dal P.U.C.T. entro tre mesi dalla sua intervenuta esecutività, mentre i comuni dovranno provvedere entro un anno al recepimento della disciplina sovraordinata del Piano regionale di coordinamento nei rispettivi Piani urbanistici comunali.
Gli articoli 3 e 4 della presente proposta di legge, relativi ai P.U.C. ed allo Studio di Compatibilità Paesistico-Ambientale (S.C.P.A.), di contenuto fortemente innovativo, esaltano il ruolo attivo dei comuni nella pianificazione del proprio territorio, anche ai fini della tutela e valorizzazione del complesso di risorse storiche, naturalistiche, paesaggistiche ed ambientali.
Si realizza, in questo modo, una generale politica di ulteriore attenzione e tutela del territorio regionale, affidata ai comuni che sono chiamati a formulare, per il proprio ambito territoriale e contestualmente alla pianificazione urbanistica, una disciplina paesistica di dettaglio sulla base del fondamentale principio di sostenibilità ambientale delle ipotesi di sviluppo proposte.
Il Comune assume così un ruolo centrale e da protagonista nella pianificazione del proprio sviluppo e insieme di corresponsabile della disciplina di tutela e di valorizzazione del proprio territorio.
Sotto questo profilo gli elementi cardine da porsi all'origine del processo pianificatorio saranno primariamente costituiti:
1) dalla conoscenza dello stato dell'ambiente e della consistenza delle risorse naturalistiche, storico-culturali e paesaggistiche;
2) dalle realistiche previsioni di sviluppo nei vari settori produttivi (servizi, turismo, industria, commercio, artigianato etc.);
e) dal grado di sostenibilità e compatibilità delle scelte pianificatorie rispetto al contesto in termini qualitativi, quantitativi e localizzativi con l'obiettivo primario di esaltare il sistema paesistico-ambientale ed al contempo minimizzare l'impatto delle trasformazioni.
Nel processo di pianificazione comunale così delineato la Regione verifica:
- la omogeneità delle metodologie adottate nella elaborazione della strumentazione urbanistica;
- la coerenza tra le ipotesi di sviluppo assunte ed il procedimento di valutazione delle compatibilità e sostenibilità delle stesse in riferimento al sistema paesistico-ambientale.
Con l'articolo 5 si introduce, per legge e per un periodo limitato ai tempi di approvazione del P.U.T.C. una normativa di garanzia e salvaguardia per gli ambiti territoriali di cui al citato decreto n. 42 del 2004, con alcuni "fatti salvi" finalizzati ad evitare la paralisi totale sopratutto per gli interventi infrastrutturali primari e le strutture produttive esistenti.
Ferma restando la salvaguardia negli ambiti territoriali così come definiti all'articolo 5, con l'articolo 6 (Norme transitorie) si è ritenuto di non vanificare l'attività posta in essere dagli enti locali che hanno proceduto a rendere gli strumenti urbanistici comunali coerenti con la disciplina paesaggistica previgente.
Nelle more della redazione del P.U.T.C. i comuni che hanno adottato il P.U.C. ai sensi del 1° comma della legge regionale n. 45 del 1989 e la cui delibera è stata pubblicata prima dell'entrata in vigore della presente legge, possono procedere al completamento dell'iter di approvazione dell'atto di pianificazione, fermo restando che la capacità insediativa nella fascia dei due chilometri dalla linea di costa non dovrà comunque essere superiore al 50% di quella determinabile in applicazione dei criteri stabiliti nel decreto assessoriale n. 2266/U del 20 dicembre 1983 e la relativa previsione volumetrica non potrà essere localizzata negli areali vincolati ex-lege, di cui al comma 1 dell'articolo 5.
Nella fascia dai trecento ai mille metri dal mare, dovranno essere riservate alle funzioni ricettivo-alberghiere il 75% delle volumetrie così come precedentemente individuate; nella fascia dai mille e sino ai duemila metri dal mare e/o contigue ai centri abitati la percentuale predetta non potrà essere inferiore al 50%.
In questa logica, nella fase transitoria, si intende privilegiare l'industria turistica e dei servizi ritenuta strategica per lo sviluppo dell'Isola in coerenza, peraltro, con gli atti di programmazione socio-economica assunti dall'Amministrazione regionale nelle ultime legislature.
All'articolo 7, l'istituto dell'accordo di programma, originariamente previsto dagli articoli 28 e 28 bis della legge regionale n. 45 del 1989, viene ridisegnato e finalizzato, in via esclusiva, alla realizzazione di Programmi integrati di sviluppo che consistono in un insieme determinato di opere ed interventi, aventi valenza strategica per i fini dello sviluppo economico e sociale, con particolare riferimento all'incremento della base occupazionale del territorio interessato.
Il Programma è caratterizzato dalla complessità degli interventi da esso previsti, dalla integrazione tra le varie tipologie di intervento che possono comprendere diversi settori produttivi con una dimensione tale da incidere sull'assetto e sull'organizzazione complessiva del territorio regionale nelle sue dotazioni infrastrutturali.
L'iter dell'accordo si avvia attraverso la presentazione della proposta d'investimento da parte del privato, corredata degli elaborati necessari per evidenziarne la fattibilità tecnica ed economica secondo quanto previsto dalla delibera CIPE 106/99, che prevede un'articolazione documentale alquanto approfondita anche sotto il profilo territoriale ed ambientale.
Valutata la proposta in apposita conferenza tra tutte le amministrazioni interessate, raggiunta l'intesa viene predisposto lo schema di accordo di programma da sottoporre ad istruttoria pubblica ex-articolo 18 della legge regionale n. 45 del 1989, al fine di consentire la partecipazione di tutti i soggetti interessati che in quella sede possono formulare osservazioni e proposte.
Lo schema di accordo, con tutti gli elaborati progettuali, viene adottato dalle amministrazioni pubbliche interessate e, acquisito il parere del C.T.R.U., definitivamente approvato dalla Giunta regionale. Viene quindi sottoscritto l'accordo tra tutti i soggetti interessati e tale sottoscrizione vale quale dichiarazione di pubblica utilità per le opere pubbliche previste dall'accordo stesso.
L'accordo viene quindi reso esecutivo con decreto del Presidente della Regione ed in tal modo assume valenza di variante alla strumentazione urbanistica e territoriale e, eventualmente, qualora ve ne siano i requisiti, sostituisce la concessione edilizia.
RELAZIONE DELLA COMMISSIONE ASSETTO GENERALE DEL TERRITORIO - PIANIFICAZIONE TERRITORIALE REGIONALE - URBANISTICA - VIABILITA' E TRASPORTI - NAVIGAZIONE E PORTI - EDILIZIA - LAVORI PUBBLICI
composta dai Consiglieri
PIRISI, Presidente e relatore, SANCIU, Vice Presidente - PORCU, Segretario - CUCCU, Segretario - GIORICO - MANCA - MATTANA - MURGIONI - SABATINI - URAS
pervenuta il 22 ottobre 2004
La Quarta Commissione consiliare permanente ha approvato, nella seduta del 14 ottobre 2004, il testo unificato D.L. 20 - P.L. 24 - P.L. 28/A contenente la " Normativa transitoria di salvaguardia in materia di pianificazione territoriale paesistica".
La Commissione, dopo un'attenta valutazione delle normative proposte, ha affrontato direttamente e costruttivamente la delicatissima questione della disciplina paesaggistica da applicare alla regione al fine di colmare un annoso vuoto normativo di rilevantissima portata, evitare l'insorgere di ulteriori difficoltà e incertezze applicative e adeguarsi alla soppravvenuta normativa nazionale in materia di tutela del paesaggio.
Infatti, la necessità di emanare una normativa in materia di pianificazione territoriale paesistica risale all'agosto del 1998 quando, in accoglimento del ricorso amministrativo straordinario al Presidente della Repubblica, veniva comunicato l'annullamento di sette dei quattordici piani territoriali paesistici vigenti in Sardegna. Tale annullamento, dopo una prima fase coincidente con l'ultimo periodo della XI legislatura dell'Assemblea consiliare caratterizzata da un notevole ma insufficiente impegno per emanare una normativa ad hoc, è stato inopinatamente dimenticato da parte della maggioranza che ha governato la Sardegna nella precedente legislatura.
Tale atteggiamento è da giudicare come incomprensibile se si considera che per oltre quattro anni sono esistite in Sardegna due discipline giuridiche differenti per le zone di rilevanza paesistica e che territori confinanti hanno avuto normative paesistiche differenti.
Tale situazione di diseguaglianza è stata eliminata dalle pronunce del TAR Sardegna che, nell'ottobre del 2003, hanno annullato sei dei sette restanti PTP, invalidando, quindi, tutta la pianificazione paesaggistica regionale e quella comunale adottata e approvata in adeguamento ai PTP. In aggiunta, nel gennaio 2004 è stato emanato il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 contenente il "Codice dei beni culturali e del paesaggio" che - in attuazione della vigente normativa europea - impone alle Regioni, entro il termine massimo di quattro anni dalla sua entrata in vigore e pena un intervento sostitutivo ministeriale, la redazione o l'adeguamento dei piani paesaggistici, di cui vengono puntualmente disciplinati i contenuti, le procedure di adozione e approvazione e la forza cogente nei confronti di tutti gli atti di pianificazione e di tutti gli strumenti urbanistici vigenti.
La Regione è, quindi, chiamata a fronteggiare una delicata situazione caratterizzata da un lato dalla necessità di dotarsi di uno strumento generale di tutela - obbligatorio ai sensi della normativa statale più recente - e dall'altro individuare un preciso percorso normativo che consenta di governare adeguatamente la fase transitoria recuperando, nei limiti consentiti, la pianificazione comunale vigente e quella paesistica regionale precedente.
Quest'ultima, infatti, pur essendo stata annullata in sede amministrativa per carenza di tutela nei confronti delle zone paesisticamente più delicate, ha costituito la prima vera diffusa pianificazione regionale estesa all'intero ambito costiero regionale, frutto di un tentativo forse troppo ambizioso per una regione, probabilmente non del tutto attrezzata - sotto il profilo amministrativo, tecnico e culturale - per conseguire tale risultato; con l'aggiunta che la cronica crisi occupazionale ha certamente ulteriormente condizionato le scelte adottate, spesso frutto di compromessi dettati dalla necessità di assicurare forme di occupazione e sviluppo in aree particolarmente svantaggiate e depresse che si sono concretizzati in scelte paesisticamente contraddittorie ed immotivate.
Il reiterato rinvio di ogni decisione legislativa e amministrativa da parte dei competenti organi regionali, pur nella diffusa consapevolezza che, dopo il parere del Consiglio di Stato emesso in sede di ricorso straordinario presso il Presidente della repubblica, anche i restanti ricorsi amministrativi avrebbero comportato l'annullamento per gli atti impugnati - come si è puntualmente verificato - non può essere considerato frutto di semplice inerzia ma è da ascrivere ad un preciso disegno politico: svuotare di contenuti uno strumento di tutela obbligatorio con una diffusa edificazione costiera governata non da un quadro d'insieme ma rispondente a logiche e scelte esclusivamente locali e parziali capaci di precostituire uno stato di fatto intangibile per la nuova pianificazione paesaggistica.
In tale singolare, difficile e delicato momento si colloca la normativa approvata dalla Commissione che cerca di dare impulso alla normativa paesistico-urbanistica della Regione nel rispetto della normativa vigente e con un taglio che induca a delineare un nuovo modello di sviluppo di più ampio respiro cercando, da un lato di recuperare la pianificazione precedente e dall'altro di consentire gli interventi in itinere paesaggisticamente compatibili.
In tale ottica particolare importanza è attribuita all'aspetto temporale; infatti si cerca di circoscrivere al massimo la fase di predisposizione - anche per singoli ambiti territoriali omogenei - del Piano paesaggistico regionale per consentire la sua più rapida redazione per le aree paesaggisticamente più delicate e conseguire l'adeguamento più veloce possibile della strumentazione comunale sottoordinata. Tale aspetto temporale costituisce, certamente, un severo banco di prova per l'Amministrazione regionale che dovrà ricorrere a tutte le risorse disponibili per centrare tale importante risultato.
L'avverarsi di tale condizione, infatti, ridurrebbe automaticamente l'attenzione che attualmente viene posta sulle misure temporanee di salvaguardia e sugli interventi ammissibili nel periodo transitorio, così come disciplinati dalla normativa approvata in Commissione. Al di là delle singole disposizioni, l'aspetto politicamente rilevante è questo: si è cercato di limitare gli interventi di trasformazione della fascia costiera -intesa nella sua interezza e globalità - al fine di consentire uno studio e una pianificazione reale del territorio, evitando che essa nasca già vecchia, superata dall'attività edificatoria, come già si è verificato per i vecchi piani territoriali paesistici. Questi, infatti, da un lato erano basati su una cartografia antiquata e non veritiera che non ha reso possibile un'individuazione esatta dell'esistente, dall'altro lato prevedevano un novero così esteso di interventi ammissibili e situazioni fatte salve da rendere, spesso, inoperante la disciplina generale, come puntualmente evidenziato nelle pronunce di annullamento dei piani.
Il tentativo della Commissione, suscettibile certamente di ulteriori miglioramenti ed affinamenti, è quello di ammettere trasformazioni del territorio che non solo siano pienamente legittime ma anche che siano arrivate ad un livello tale di esecuzione che rendano irreversibile, o addirittura dannoso, il blocco delle attività esecutorie o che si inseriscano in ambiti territoriali già modificati e da completare. Tali previsioni non sono determinate da alcun intento punitivo ma, ripetiamolo, dalla necessità di effettuare un fermo immagine sulla situazione attuale che consenta uno studio autenticamente veritiero del territorio, una capacità di analisi fondata su dati effettivi al fine della redazione di un Piano paesaggistico che sappia motivare e giustificare, sotto ogni profilo, le scelte adottate e non assuma la disparità di trattamento come canone decisorio.
Se si concorda su tale obiettivo politico generale sarà certamente più facile trovare un punto di equilibrio tra le varie richieste formulate sull'estensione o meno degli interventi ammissibili o fatti salvi e su ruolo e considerazione da attribuire alla pianificazione urbanistica in itinere, per definizione complessa e faticosa. In tale ottica va intesa la norma che conserva validità ai PUC approvati e consente la salvezza di quelli adottati alla data dell'11 agosto 2004; data, questa, da non assumere come frutto di una valutazione punitiva ma collegata all'inversione di tendenza nella politica e nell'amministrazione della pianificazione urbanistico-paesistica attualmente in corso che si distingue nettamente contrapponendosi al consapevole lassismo ed inattività che ha contraddistinto gli ultimi sei anni di governo regionale in tale materia.
In conclusione, la normativa approvata costituisce un primo tassello di una più generale e complessiva rivisitazione della disciplina giuridica della Regione in materia urbanistica e paesaggistica, essendo, quella attuale, superata e non più rispondente alle esigenze della società e dell'economia della Sardegna.
Il testo della commissione è unificato con il Disegno di legge n. 20 e la Proposta di legge n. 24.
TESTO DEL PROPONENTE
TESTO DELLA COMMISSIONE
TITOLO: Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale
Art. 1
Piano urbanistico di coordinamento territoriale1. L'Amministrazione regionale adotta quale strumento di pianificazione generale del territorio il Piano Urbanistico di Coordinamento Territoriale (P.U.C.T.), elaborato in coerenza con i contenuti della programmazione regionale ed articolato su base provinciale.
2. Il P.U.C.T. delinea lo schema di assetto del territorio regionale, detta le linee di coordinamento dei Piani Urbanistici Provinciali e definisce indirizzi e criteri per gli strumenti sottordinati, con particolare riferimento alla pianificazione dei sistemi ambientali, urbani, produttivi, infrastrutturali e dei servizi. In sede di prima applicazione per la redazione del P.U.C.T. potranno essere utilizzate le risultanze e gli elaborati dei P.U.P. adottati o in corso d'adozione alla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Il P.U.C.T., elaborato con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali, ai sensi degli articoli 135 e 143 del decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004, assume valenza di Piano Paesaggistico.
4. Il P.U.C.T. definisce in particolare:
a) il quadro generale delle tutele per la salvaguardia e valorizzazione del suolo, dell'ambiente naturale, del paesaggio e del patrimonio storico-culturale;
b) le linee di coordinamento e gli indirizzi per la redazione dei Piani Urbanistici Provinciali e Comunali;
c) gli indirizzi ed i criteri da osservare per l'organizzazione territoriale dei sistemi urbani, turistici e produttivi di interesse regionale;
d) gli indirizzi per i sistemi di trasporto e di viabilità, nonché le reti infrastrutturali ed i relativi criteri localizzativi degli impianti, attrezzature e servizi di interesse regionale;
5. Il P.U.C.T. assume valenza di Piano Paesaggistico, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, mediante:
a) l'analisi storico morfologica del territorio e della struttura del paesaggio;
b) l'individuazione degli scenari paesaggistici e delle varie scale di fruizione di essi;
c) i criteri e le norme di attuazione.
6. Al fine di perseguire gli obiettivi di qualità paesistica nell'esercizio dell'attività di tutela e valorizzazione paesistico-ambientale, l'Amministrazione regionale provvede alla costituzione dell'Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio in collaborazione con le Università della Sardegna e col Ministero per i Beni Culturali.
7. L'Osservatorio è costituito da:
a) cinque esperti in materia paesistica ed ambientale, nominati dal Consiglio regionale, con voto limitato a tre;
b) due docenti in rappresentanza delle Università sarde;
c) due esperti in materia paesistica ed ambientale designati dalle associazioni degli enti locali;
d) il Soprintendente regionale ed i Soprintendenti territoriali del Ministero per i Beni Culturali.
Art. 1
Pianificazione paesaggistica regionale1. La Giunta regionale, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge, adotta il Piano Paesaggistico Regionale (PPR) principale strumento della pianificazione territoriale regionale ai sensi dell'art. 135 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dall'articolo 10 della Legge 6 luglio 2002, n. 137), al fine di assicurare un'adeguata tutela e valorizzazione del paesaggio.
2. Il PPR costituisce il quadro di riferimento e di coordinamento, per lo sviluppo sostenibile dell'intero territorio regionale, degli atti di programmazione e pianificazione regionale, provinciale e locale ed assume i contenuti di cui all'articolo 143 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
3. In sede di prima applicazione della presente legge, il PPR può essere proposto, adottato e approvato per ambiti territoriali omogenei.
Art. 2
Piano urbanistico territoriale: formazione, adozione ed approvazione1. La Giunta regionale, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, trasmette alla Commissione consiliare competente in materia urbanistica ed alle province il documento di indirizzi e criteri metodologici per la redazione del P.U.C.T. e promuove una Conferenza regionale di programmazione, aperta alla partecipazione degli enti ed organismi pubblici, delle associazioni economiche e sociali e di quelle costituite per la tutela di interessi diffusi, alla quale sottopone il documento di indirizzi e criteri metodologici con le linee guida e gli obiettivi che intende perseguire con il P.U.C.T..
2. Il Consiglio regionale, sulla base delle risultanze della conferenza e dei pareri resi, approva gli indirizzi ed i criteri metodologici per la redazione del P.U.C.T.. La Giunta regionale, entro i successivi diciotto mesi, procede alla redazione ed all'adozione del P.U.C.T..
3. Il Consiglio regionale su proposta della Giunta regionale approva il P.U.C.T.. La Giunta regionale ne dispone la pubblicazione all'albo di tutte le province ed i comuni per un periodo di 60 giorni. Dalla data d'adozione e fino all'approvazione definitiva da parte del Consiglio Regionale trovano applicazione le misure di salvaguardia previste dallo stesso P.U.C.T.
4. Della pubblicazione del P.U.C.T. è dato avviso sul Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna. Entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione chiunque può presentare osservazioni indirizzate al Presidente della Regione.
5. Trascorso tale termine la Giunta regionale, previo esame delle osservazioni e degli esiti dell'istruttoria pubblica di cui all'articolo18 della legge regionale n. 40 del 1990, acquisito il parere della Commissione consiliare competente in materia urbanistica e dei consigli provinciali, da rendersi entro il termine perentorio di trenta giorni, propone al Consiglio regionale l'approvazione finale del P.U.C.T. che è reso esecutivo con decreto del Presidente della Regione.
6. Le Province provvedono all'adozione ovvero all'adeguamento dei loro Piani urbanistici provinciali secondo le linee di coordinamento e gli indirizzi dettati dal P.U.C.T. entro tre mesi dalla sua approvazione.
7. I Comuni recepiscono la disciplina del P.U.C.T. nei rispettivi P.U.C. entro un anno dalla sua intervenuta esecutività. Devono altresì considerare i contenuti e le indicazioni poste nei P.U.P. già adeguati al P.U.C.T..
8. Al fine di promuovere una più incisiva adeguatezza ed omogeneità della strumentazione urbanistica a tutti i livelli, l'Amministrazione regionale procede ad un sistematico monitoraggio e comparazione dell'attività di pianificazione urbanistica, generale ed attuativa, mediante l'attivazione di un osservatorio della pianificazione urbanistica in collaborazione con le Università e con gli ordini ed i collegi professionali interessati.
Art. 2
Piano Paesaggistico Regionale - Procedure1. Per le procedure di redazione della proposta, adozione e approvazione del PPR si applicano le disposizioni di cui all'articolo 11 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 (Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale), così modificato:
"Art. 11 (Piano Paesaggistico Regionale - Procedure)
1. La proposta di PPR è pubblicata, per un periodo di sessanta giorni, all'albo di tutti i comuni interessati. Al fine di assicurare la concertazione istituzionale e la partecipazione di tutti i soggetti interessati e delle associazioni costituite per la tutela degli interessi diffusi, individuate ai sensi dell'articolo 13 della Legge 8 luglio 1986, n. 349, il Presidente della Regione, entro i sessanta giorni di pubblicazione presso i Comuni svolge l'istruttoria pubblica ai sensi dell'articolo 18 della legge regionale 22 agosto 1990, n. 40, nella quale illustra la proposta di Piano.
2. Entro trenta giorni, decorrenti dall'ultimo di deposito, chiunque può presentare osservazioni indirizzate al Presidente della Regione.
3. Trascorso tale termine la Giunta regionale esamina le osservazioni e, sentito il Comitato tecnico regionale per l'urbanisitca, delibera l'adozione del PPR e lo trasmette al Consiglio regionale nonché ai Comuni interessati ai fini della pubblicazione all'albo pretorio per la durata di quindici giorni.
4. La Commissione consiliare competente in materia di urbanistica esprime, entro due mesi, sul piano stesso il proprio parere che viene trasmesso alla Giunta regionale.
5. Acquisito tale parere, la Giunta regionale approva in via definitiva il PPR entro i successivi trenta giorni."
2. Per la redazione della proposta di Piano possono essere utilizzati anche gli elaborati dei Piani urbanistici provinciali di cui all'articolo 16 della legge regionale n. 45 del 1989, già approvati o in corso di approvazione.
3. Dopo l'approvazione del PPR la Giunta provvede al coordinamento ed alla verifica di coerenza degli atti della programmazione e della pianificazione regionale con il Piano stesso.
4. Al fine di conseguire l'aggiornamento periodico del PPR la Giunta provvede al monitoraggio delle trasformazioni territoriali e della qualità del paesaggio.
5. I Comuni, in adeguamento alle disposizioni e previsioni del PPR, approvano, entro dodici mesi dalla sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione, i propri Piani urbanistici comunali. A tal fine, in sede di specifica norma finanziaria, saranno previste adeguate risorse per il sostegno delle fasi di adeguamento ed approvazione, da parte dei comuni, alla nuova pianificazione paesaggistica regionale.
6. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, il Presidente della Regione espone al Consiglio regionale le linee guida caratterizzanti il lavoro di predisposizione del PPR.
Art. 3
Piano urbanistico comunale1. I Comuni della Sardegna elaborano il Piano Urbanistico Comunale (P.U.C.) sulla base delle linee di sviluppo socioeconomico indicate dalla pianificazione territoriale, mediante l'individuazione dei principali obiettivi ed azioni, in un quadro programmatico di previsione decennale, con determinazione delle dotazioni necessarie in termini di insediamenti residenziali, produttivi, turistici, di servizi e reti infrastrutturali.
2. Il P.U.C., oltre a quanto stabilito dall'articolo 19 della legge regionale n. 45 del 1989, deve contenere lo Studio di compatibilità paesistico-ambientale di cui all'articolo 4 quale fondamentale documento finalizzato a dimostrare la sostenibilità delle scelte pianificatorie nei confronti del sistema delle risorse paesistico-ambientali presenti nel territorio comunale. Lo Studio di compatibilità paesistico ambientale deve altresì essere allegato ai Piani attuativi di cui all'articolo 21 della legge regionale n. 45 del 1989 che ricadono negli ambiti di cui al capo II della parte terza del decreto legislativo n. 42 del 2004.
3. I Piani urbanistici comunali sono approvati dal Comune, previa verifica di coerenza da parte del C.T.R.U., da rilasciarsi entro 45 giorni dalla data di ricezione del provvedimento di adozione.
Art. 3
Misure di salvaguardia1. Fino all'approvazione del PPR e comunque per un periodo non superiore a diciotto mesi, salvo quanto già previsto dall'articolo 142 del decreto legislativo n. 42 del 2004, lettere a), b), c), d), f), g), h) i) ed m), i seguenti ambiti territoriali sono sottoposti a misure di salvaguardia comportanti il divieto di realizzare nuove opere soggette a concessione ed autorizzazione edilizia:
a) territori costieri compresi nella fascia dai 300 ai 2.000 metri dalla linea di battigia marina, anche per i terreni elevati sul mare;
b) territori costieri compresi nella fascia dai 150 ai 500 metri dalla linea di battigia marina, anche per i terreni elevati sul mare, per le isole minori;
c) compendi sabbiosi e dunali sciolti;
d) aree, esterne ai centri abitati, già individuate dall'Amministrazione regionale con decreto interassessoriale dei lavori pubblici e difesa dell'ambiente n. 548 dell'11 agosto 2000, in attuazione dell'articolo 1, comma 2, e articolo 1 bis della Legge 3 agosto 1998, n. 267, concernente misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico;
e) le aree ricomprese, ai sensi della direttiva 92/43 CEE, nei siti di interesse comunitario (S.I.C.) e nei proposti siti di interesse comunitario (P.S.I.C.).
2. Da tali ambiti territoriali sono esclusi quelli ricadenti nei Comuni dotati di Piani urbanistici comunali di cui all'articolo 8 ed in quelli ricadenti nei Comuni ricompresi nel Piano Territoriale Paesistico del Sinis (PTP n. 7), approvato con decreto del Presidente della Giunta n. 272 del 3 agosto 1993.
Art. 4
Studio di compatibilità paesistico-ambientale1. Il P.U.C. di cui all'articolo 3, deve contenere lo Studio di compatibilità paesistico ambientale quale documento finalizzato a:
a) supportare le scelte di pianificazione del territorio comunale in relazione al complesso delle risorse paesistico-ambientali in coerenza con le previsioni del piano paesaggistico;
b) individuare, per gli ambiti trasformabili, le caratteristiche urbanistico-edilizie dei nuovi insediamenti in relazione ai livelli di compatibilità e sostenibilità delle trasformazioni rispetto allo stato dell'ambiente e dei caratteri paesaggistici;
c) definire i criteri guida per lo Studio di compatibilità paesistico-ambientale da porre a base della elaborazione dei piani attuativi.
2. Lo Studio di compatibilità paesistico-ambientale allegato al P.U.C. deve contenere:
a) il quadro conoscitivo del territorio comunale derivato dalla rappresentazione ed analisi dei principali tematismi di carattere geologico, geomorfologico, idrologico, vegetazionale, paesaggistico e storico - culturale;
b) il quadro conoscitivo relativo alle trasformazioni avvenute circa gli insediamenti e le infrastrutture;
c) l'individuazione delle risorse paesistico-ambientali di maggior pregio ed interesse ai fini delle esigenze di tutela e valorizzazione;
d) il quadro territoriale di sintesi delle risorse paesistico-ambientali rappresentato per areali, in cui riconoscere una graduazione di valore delle risorse ed i corrispondenti livelli di trasformazioni territoriali possibili con individuazione dei livelli di sostenibilità delle ipotesi di sviluppo e di compatibilità delle localizzazioni;
e) determinazione dei parametri qualitativi e quantitativi delle trasformazioni compatibili con lo stato dell'ambiente e relativa normativa d'attuazione.
3. Lo Studio di compatibilità paesistico-ambientale da allegarsi ai Piani attuativi deve contenere:
a) l'indicazione degli insediamenti previsti con illustrazione delle possibili alternative di localizzazione e con definizione della soglia massima di accettabilità in termini volumetrici attraverso l'analisi comparata dei tematismi utilizzati;
b) la simulazione degli effetti sul paesaggio delle varie alternative di localizzazione proposte e documentazione fotografica su cui riportare dette simulazioni;
c) concrete misure per l'eliminazione dei possibili effetti negativi ovvero per minimizzarne e compensarne l'impatto sull'ambiente e sul paesaggio.
4. Lo Studio di compatibilità paesistico-ambientale allegato ai Piani attuativi rappresenta il quadro di riferimento urbanistico-territoriale e di disciplina paesistica per la procedura della V.I.A. di cui all'art. 31 della legge regionale n. 1 del 1999 e successive modifiche ed integrazioni.
Gli esiti della procedura di V.I.A., di cui all'art. 31 della legge regionale n. 1 del 1999, riguardanti i piani urbanistici attuativi, sono trasmessi alla Commissione provinciale di cui all'articolo 33 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45, per il definitivo parere e rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
Art. 4
Interventi ammissibili1. Il divieto di cui all'articolo 3 non si applica:
a) per gli interventi edilizi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico, di ristrutturazione e di restauro che non alterino lo stato dei luoghi, il profilo esteriore, la volumetria degli edifici ed il numero delle unità immobiliari. E', altresì, consentita la realizzazione di eventuali volumi tecnici strettamente funzionali alle opere e, comunque, tali da non alterare lo stato dei luoghi;
b) per l'esercizio delle attività agro-silvo-pastorali che non alterino lo stato dei luoghi e che non prevedano costruzioni edilizie residenziali;
c) per le opere di forestazione, di taglio e riconversione colturale e di bonifica;
d) per le opere di risanamento e consolidamento degli abitati e delle aree interessate a fenomeni franosi, nonché opere di sistemazione idrogeologica, sempre che tali opere siano autorizzate o approvate dagli organi competenti.
2. Negli ambiti territoriali di cui all'articolo 3 è consentita l'attività edilizia e la realizzazione delle relative opere di urbanizzazione nelle zone omogenee A e B dei centri abitati e delle frazioni individuate dai Comuni ai sensi dell'articolo 9 della Legge 24 dicembre 1954, n. 1228, purché delimitate ed indicate come tali nella cartografia degli strumenti urbanistici comunali. Sono, altresì, attuabili gli interventi edilizi ricadenti nelle zone C immediatamente contigue alle zone B di completamento ed intercluse tra le stesse zone B ed altri piani attuativi in tutto o in parte già realizzati. Nelle restanti zone omogenee C, D, F e G possono essere completati gli interventi previsti negli strumenti urbanistici attuativi approvati e convenzionati alla data di entrata in vigore della presente legge, purché i lavori relativi alle opere di urbanizzazione siano attualmente in corso e le stesse siano state realizzate per non meno del 70 per cento del loro valore globale, al netto delle opere di illuminazione e di arredo urbano e, limitatamente alle zone F, siano inoltre rispettati i parametri di cui all'articolo 7. Sono, altresì, consentiti i singoli interventi edilizi per i quali, pur non essendo alla stessa data ancora rilasciata la concessione edilizia, siano stati comunque acquisiti gli eventuali nulla osta e versati gli oneri concessori.
3. Nelle aree boscate, individuate con circolare dell'Assessorato della pubblica istruzione n. 16210 del 2 luglio 1986, l'edificazione è consentita soltanto nelle radure naturali purché gli interventi, oltre che previsti negli strumenti urbanistici attuativi, consentano una zona di rispetto dal limite del bosco non inferiore ai cento metri.
4. La realizzazione delle opere pubbliche dello Stato, della Regione, delle province, dei comuni e degli enti strumentali statali o regionali può essere autorizzata, anche in deroga a quanto previsto dalla presente legge, sulla base di apposito studio di compatibilità paesistico-ambientale di cui all'articolo 6.
Art. 5
Misure di salvaguardia1. Fino all'approvazione del P.U.C.T. e, comunque, per un periodo non superiore a ventuno mesi dall'entrata in vigore della presente legge, i seguenti ambiti territoriali sono sottoposti a provvisorie misure di salvaguardia e conseguente vincolo di non trasformabilità, per cui è vietata la realizzazione di nuove opere soggette a concessione e autorizzazione edilizia:
a) fascia dei 300 metri dal mare ad eccezione delle isole di S. Antioco, S. Pietro, La Maddalena e S. Stefano nelle quali il vincolo di inedificabilità si riferisce alle aree comprese nella fascia di 150 metri dalla linea di battigia;
b) zone umide incluse nell'elenco di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976 n. 488;
c) siti archeologici;
d) fasce spondali di laghi naturali per una profondità di 300 metri;
e) compendi sabbiosi e dunali sciolti;
f) montagne oltre i 1200 metri s.l.m.;
g) fasce dei corsi d'acqua, di cui all'elenco relativo al testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, per una profondità di 150 metri;
h) aree già individuate dall'Amministrazione Regionale con decreti interasessoriali degli Assessori dei lavori pubblici e dell'ambiente n. 548 dell' 11 agosto 2000 in attuazione dell'articolo n. 1 bis e n. 1, 2° comma del D.L. n. 180 del 1998 convertito con Legge n. 267 del 1998 e successive modifiche ed integrazioni, limitatamente alle porzioni esterne ai centri abitati;
i) aree già individuate dall'Amministrazione Regionale e sottoposte al vincolo di non trasformabilità ai sensi dell'articolo 1 ter della Legge n. 431 del 1985.
2. Negli areali sottoposti a provvisorie misura di salvaguardia e vincolo di non trasformabilità di cui al precedente comma, sono comunque consentiti:
a) tutti gli interventi previsti dai P.U.C. adottati e definitivamente approvati, in adeguamento alla disciplina paesistica previgente;
b) gli interventi in ambito urbano ricadenti nelle zone omogenee "A", "B", "C", "D" e "G", nonché quelli delle zone extraurbane "D" e "G", in coerenza con le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti;
c) le varianti dei PUC in ampliamento dei centri abitati, anche nella fascia dei 300 metri dal mare, secondo le procedure di cui ai precedenti articoli 3 e 4;
d) gli interventi su aree ricadenti nella fascia esterna ai 300 metri dal mare, interessate da piani attuativi già convenzionati, aventi rapporti negoziali ancora in essere alla data di entrata in vigore della presente legge;
e) gli interventi ricompresi negli atti della programmazione negoziata di cui alle leggi regionali n. 16 del 1994 e n. 14 del 1996, alla Legge 23 dicembre 1996, n. 622, art. 2, commi da 202 a 214 ed al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 ed alle delibere CIPE dal 21 marzo 1997 al 17.3.2000 (Contratti d'area, di programma, Patti territoriali) e negli accordi di programma previsti dall'articolo 28 della legge regionale n. 45 del 1989, già sottoscritti fra la Regione Sardegna e i soggetti pubblici e privati ovvero adottati dalla Giunta regionale;
f) le opere pubbliche o di preminente interesse pubblico che per la loro natura non possono essere localizzate in altri ambiti e le relative varianti, ivi comprese le opere riconducibili alle preesistenti previsioni della programmazione regionale;
g) gli interventi previsti da piani di risanamento urbanistico, di cui alla legge regionale 11 ottobre 1985 n° 23 e successive modifiche, già approvati nonché gli interventi di razionalizzazione e sistemazione urbanistico - edilizia dei preesistenti agglomerati;
h) le ristrutturazioni e gli ampliamenti di strutture ricettive alberghiere di cui alla legge regionale n. 22 del 1984 per le quali sono consentiti incrementi volumetrici, purché attigui alle strutture preesistenti, nella misura massima del 30 per cento delle preesistenze, purchè non venga superato, complessivamente, l'indice fondiario di 1 mc/mq; almeno il 50 per cento di detto incremento volumetrico dovrà essere riservato al miglioramento della qualità dei servizi offerti;
i) la riconversione mediante ristrutturazione o ricostruzione a seguito di demolizione di complessi edilizi preesistenti da destinare a strutture ricettive alberghiere di cui alla legge regionale n. 22 del 1984 e successive modifiche ed integrazioni, per i quali sono consentiti incrementi volumetrici nella misura massima del 25 per cento delle preesistenze;
l) gli interventi di cui alle lettere a), b), c) e d) dell'articolo 31 della Legge n. 457 del 1978;
m) gli interventi agro-silvo-pastorali comportanti modeste modificazioni dell'assetto idrogeologico del territorio, conformi all'attuale destinazione, indispensabili per una corretta conduzione dei fondi, con esclusione degli impianti di forestazione produttiva per i quali dovrà essere richiesta espressa deroga;
n) gli interventi di prevenzione e tutela della salute pubblica e della qualità dell'ambiente;
o) gli interventi di risanamento e disinquinamento nella fascia costiera, di valorizzazione delle zone umide e di acquacoltura.
Art. 5
Aree assoggettabili a misura di salvaguardia1. Con decreto del Presidente della Regione, su proposta degli Assessori dell'urbanistica e della pubblica istruzione e previa deliberazione della Giunta regionale, sono sottoposte alle misure di salvaguardia di cui all'articolo 3 quelle aree aventi particolare pregio paesistico ed ambientale, individuate e qualificate come tali in sede di elaborazione del PPR.
2. Il decreto di cui al comma 1 può interessare aree comunque tipizzate dagli strumenti urbanistici vigenti o da piani attuativi comunque approvati.
Art. 6
Norme transitorie1. I P.U.C. adottati e definitivamente approvati, in adeguamento alla disciplina paesistica previgente, conservano la loro validità ed efficacia, salvo il potere dei Comuni di modificarli secondo quanto disposto dagli articoli 3 e 4 e l'obbligo di adeguarli alla disciplina paesistica istituita dal P.U.C.T., entro mesi 6 dall'entrata in vigore dello stesso.
2. Nelle more della redazione del P.U.C.T., fatti salvi gli obblighi ed i poteri di cui al comma precedente, i comuni che hanno adottato il P.U.C., ai sensi del 1° comma dell'articolo 20 della legge regionale n. 45 del 1989, in adeguamento alla disciplina paesistica previgente e la cui delibera è stata pubblicata prima dell'entrata in vigore della presente legge, possono procedere al completamento dell'iter di formazione del predetto atto di pianificazione; fermo restando che per i comuni costieri la capacità insediativa nella fascia dei 2 Km dalla linea di costa, deve comunque essere non superiore al 50 per cento di quella determinabile in applicazione dei criteri stabiliti nel decreto assessoriale n. 2266/U del 20 dicembre 1983 e la relativa previsione volumetrica non può essere localizzata negli areali di cui al comma 1 dell'articolo 5. La residua volumetria può essere programmata nelle zone urbanistiche "B", "C" e "G", individuate ai sensi del decreto assessoriale 2266/U del 1983, nonché nelle aree ubicate oltre i due chilometri dalla linea di costa.
3. Per i comuni costieri che non hanno positivamente adottato il P.U.C. in adeguamento alla previgente disciplina paesistica, le previsioni insediative relative ad ambiti che non interessino areali di cui al comma 1 dell' articolo 5, si attuano, previa deliberazione del Consiglio Comunale che le individua, prevedendo per le zone "F" il ridimensionamento della potenzialità volumetrica nei termini di cui al comma precedente. La deliberazione consiliare produce effetti solo dopo l'intervenuta acquisizione del parere della Giunta regionale, sentito il C.T.R.U..
4. Nell'adozione degli strumenti urbanistici attuativi di cui all'articolo 22 della legge regionale n. 45 del 1989, afferenti le zone "F" turistiche costiere, che devono essere corredati dallo Studio di compatibilità paesistico-ambientale di cui all'articolo 4, dovrà darsi preminenza alla programmazione degli interventi riferiti al comparto ricettivo alberghiero ed ai servizi turistici. Nella fascia dei 1000 metri dal mare, e comunque in areali esterni alle categorie ambientali di cui al punto 1 dell'articolo 5, deve essere comunque riservata a funzioni ricettivo-alberghiere e per servizi locali e/o territoriali una dotazione volumetrica non inferiore al 75 per cento di quella programmata dagli strumenti urbanistici comunali. Nelle aree ricomprese fra i 1000 e i 2000 m dal mare e/o contigue ai centri abitati, la predetta percentuale non può essere inferiore al 50 per cento.
5. Previo nulla osta della Giunta regionale, sentito il C.T.R.U., i Comuni possono procedere, nella fascia dei due chilometri dal mare, all'adozione di ulteriori varianti al P.U.C. che prevedano interventi nelle zone turistiche "F", riguardanti esclusivamente strutture portuali, sportive, ricreative, culturali compresa la ricettività ad esse connessa ed alle strutture di servizio atte ad eliminare le attuali carenze presenti negli agglomerati turistico-residenziali. Le varianti proposte non possono comunque superare il limite massimo del 20 per cento della capacità insediativa ammissibile ai sensi del comma 2.
Art. 6
Studio di compatibilità paesistico-ambientale1. I piani urbanistici dei comuni, i cui territori ricadono nella fascia costiera dei due chilometri dal mare, devono contenere lo studio di compatibilità paesistico ambientale quale documento finalizzato a:
a) supportare le scelte di pianificazione del territorio comunale in relazione al complesso delle risorse paesistico-ambientali;
b) individuare, per gli ambiti trasformabili, le caratteristiche urbanistico-edilizie dei nuovi insediamenti in relazione ai livelli di compatibilità e sostenibilità delle trasformazioni rispetto allo stato dell'ambiente e dei caratteri paesaggistici;
c) definire i criteri guida per lo studio di compatibilità paesistico-ambientale da porre a base della elaborazione dei piani attuativi.
2. Lo studio di compatibilità paesistico-ambientale allegato al PUC deve prevedere:
a) il quadro conoscitivo del territorio comunale derivato dalla rappresentazione ed analisi dei principali tematismi di carattere geologico, geomorfologico, idrologico, vegetazionale, paesaggistico e storico-culturale;
b) il quadro conoscitivo relativo alle trasformazioni avvenute circa gli insediamenti e le infrastrutture;
c) l'individuazione delle risorse paesistico-ambientali di maggior pregio ed interesse ai fini delle esigenze di tutela e valorizzazione;
d) il quadro territoriale di sintesi delle risorse paesistico-ambientali rappresentato per areali, in cui riconoscere una graduazione di valore delle risorse ed i corrispondenti livelli di trasformazione territoriali possibili con individuazione dei livelli di sostenibilità delle ipotesi di sviluppo e di compatibilità delle localizzazioni;
e) la determinazione dei parametri qualitativi e quantitativi delle trasformazioni compatibili con lo stato dell'ambiente e della relativa normativa d'attuazione.
3. Lo studio di compatibilità paesistico-ambientale va allegato ai piani attuativi dei comuni di cui al comma 1 e deve prevedere:
a) l'indicazione degli insediamenti previsti con illustrazione delle possibili alternative di localizzazione e con definizione della soglia massima di accettabilità in termini volumetrici attraverso l'analisi comparata di accettabilità dei tematismi utilizzati;
b) la simulazione degli effetti sul paesaggio delle localizzazioni proposte e documentazione fotografica su cui riportare dette simulazioni;
c) le concrete misure per l'eliminazione dei possibili effetti negativi ovvero per minimizzarne e compensarne l'impatto sull'ambiente e sul paesaggio.
4. Lo studio di compatibilità paesistico-ambientale è redatto nel rispetto degli obblighi e delle procedure di cui alla direttiva 2001/42/CE (V.A.S.) concernente la valutazione degli effetti dei piani e dei programmi sull'ambiente.
5. Lo studio di compatibilità paesistico-ambientale relativo agli strumenti urbanistici generali viene sottoposto all'esame ed approvazione della Giunta regionale previo favorevole parere del Comitato tecnico regionale dell'urbanistica.
6. Lo studio di compatibilità paesistico-ambientale allegato ai piani attuativi rappresenta il quadro di riferimento urbanistico-territoriale e di disciplina paesistica per la procedura della valutazione di impatto ambientale di cui all'articolo 31 della legge regionale 18 gennaio 1999, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - Legge finanziaria 1999) e successive modifiche ed integrazioni.
7. Gli esiti della procedura di valutazione di impatto ambientale, di cui all'articolo 31 della legge regionale n. 1 del 1999, riguardanti i piani urbanistici attuativi, sono trasmessi alle Commissioni provinciali per la tutela del paesaggio, di cui all'art. 33 della legge regionale n. 45 del 1989 e successive modifiche ed integrazioni ed all'articolo 137 del decreto legislativo n. 42 del 2004, per il definitivo parere.
Art. 7
Programma integrato di sviluppo1. Per la definizione e l'attuazione di programmi integrati di sviluppo, caratterizzati dalla integrazione di diverse tipologie d'intervento, ivi comprese le opere di urbanizzazione, e da una dimensione tale da incidere sulla organizzazione complessiva del territorio e che richiedono, per la loro completa realizzazione, modifiche ed integrazioni alla disciplina urbanistica e territoriale, la Regione, la Provincia ed i Comuni, singoli o associati, possono stipulare accordi di programma con soggetti pubblici e privati che propongano iniziative di rilevante interesse economico e produttivo, con l'obiettivo primario dello sviluppo economico-sociale mediante l'incremento della base occupazionale del territorio, nei settori industriale, artigianale, agricolo, turistico, commerciale, residenziale e dei servizi.
2. Il Programma integrato di sviluppo deve essere corredato da apposito studio di fattibilità, redatto secondo le indicazioni della delibera CIPE 106/99. Ad esso deve essere allegata una proposta di variante della pianificazione urbanistica vigente che deve essere elaborata, qualora riguardi ambiti vincolati ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004, secondo le prescrizioni di cui agli articoli 1, quinto comma e 4.
2. Il Presidente della Regione, entro trenta giorni dal ricevimento della proposta di Programma Integrato di Sviluppo, convoca una conferenza tra tutti i rappresentanti delle amministrazioni interessate; qualora si raggiunga l'intesa, lo schema di accordo di programma, previa istruttoria pubblica di cui all'articolo 18 della legge regionale n. 40 del 1990, entro i successivi sessanta giorni viene adottato dalle amministrazioni pubbliche interessate e trasmesso alla Giunta regionale che, acquisito il parere del C.T.R.U., ne delibera l'approvazione definitiva. L'accordo, sottoscritto da tutti i soggetti interessati e corredato della dichiarazione di interesse pubblico, indifferibilità ed urgenza delle opere programmate, è reso esecutivo con decreto del Presidente della Regione ed esplica la sua efficacia con la pubblicazione sul B.U.R.A.S., determinando le eventuali e conseguenti variazioni alla disciplina urbanistica e territoriale e, sempre che vi sia l'assenso del Comune interessato, sostituendo le concessioni edilizie.
3. Negli ambiti territoriali compresi nella fascia dei 300 metri dal mare l'accordo di programma può prevedere interventi limitatamente a:
a) ristrutturazioni ed ampliamenti di strutture ricettive alberghiere di cui alla legge regionale n. 22 del 1984 per le quali sono consentiti incrementi volumetrici, purché attigui alle strutture preesistenti, nella misura massima del 30 per cento delle preesistenze, purché non venga superato complessivamente l'indice fondiario di 1 mc/mq; almeno il 50 per cento di detto incremento volumetrico deve essere riservato al miglioramento della qualità dei servizi offerti;
b) riconversione mediante ristrutturazione o ricostruzione a seguito di demolizione di complessi edilizi preesistenti da destinare a strutture ricettive alberghiere di cui alla legge regionale 22/84 e successive modifiche ed integrazioni per i quali sono consentiti incrementi volumetrici nella misura massima del 25 per cento delle preesistenze;
c) opere pubbliche o di preminente interesse pubblico che per la loro natura non possono essere localizzate in altri ambiti e le relative varianti, ivi comprese le opere riconducibili alle preesistenti previsioni della programmazione regionale;
d) interventi di prevenzione e tutela della salute pubblica e della qualità dell'ambiente;
e) interventi di risanamento e disinquinamento nella fascia costiera, di valorizzazione delle zone umide e di acquacoltura.
Art. 7
Zone F turistiche1. Il dimensionamento delle volumetrie degli insediamenti turistici ammissibile nelle zone F non deve essere superiore al 50 per cento di quello consentito con l'applicazione dei parametri massimi stabiliti per la suddetta zona dal decreto dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica n. 2266/U del 20 dicembre 1983.
Art. 8
Norma finanziaria1. Le spese relative all'attuazione della presente legge sono così quantificate:
a) redazione ed approvazione del P.U.C.T.: un milione di euro per l'anno 2002, euro 900.000 per l'anno 2003 ed euro 800.000 per l'anno 2004;
b) contributi ai comuni per l'adeguamento dei P.U.C. alle previsioni del P.U.C.T. e per l'elaborazione degli Studi di compatibilità paesistico-ambientale: euro 1,5 milioni per l'anno 2002 ed euro 500.000 per l'anno 2003.
c) spese per l'attivazione dell'Osservatorio della pianificazione urbanistica: euro 500.000 per l'anno 2002 ed euro 250.000 per i seguenti anni 2003 e 2004;
d) spese per l'attivazione dell'Osservatorio regionale per la qualità del paesaggio: euro 200.000 per l'anno 2002 ed euro 100.000 per i successivi anni 2003 e 2004.
Art. 8
Norme transitorie1. I Piani urbanistici comunali, approvati alla data di pubblicazione della deliberazione della Giunta regionale del 10 agosto 2004, n. 33/1 (Provvedimenti cautelari e d'urgenza per la salvaguardia e la tutela del paesaggio e dell'ambiente della Sardegna), conservano la loro validità ed efficacia in termini attuativi e di esecutività, purché non successivamente modificati.
2. I Comuni che, alla data di pubblicazione della deliberazione della Giunta regionale del n. 33/1 del 2004, hanno adottato il Piano urbanistico comunale ai sensi del comma 1 dell'articolo 20 della legge regionale n. 45 del 1989 possono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, procedere alla sua definitiva approvazione, purché venga corredato dello studio di compatibilità paesistico-ambientale di cui all'articolo 6.
L'adozione degli strumenti attuativi, di cui all'articolo 21 della legge regionale n. 45 del 1989 e riguardanti le zone "F", deve essere corredata dello studio di compatibilità paesistico-ambientale di cui all'articolo 6.
Art. 9
1. Sono abrogati l'articolo 3, comma 1, lettera a), gli articoli 10, 11, 12, 13, 28 e 28 bis della legge regionale n. 45 del 1989; gli articoli 1, 2, 6 e 7 della legge regionale n. 20 del 1991; la legge regionale n. 37 del 1991, la legge regionale n. 23 del 1993 e la legge regionale n. 13 del 1996.
Abrogazione di norme
Art. 9
Abrogazioni e sostituzioni1. Sono abrogati gli articoli 10, 12 e 13 della legge regionale n. 45 del 1989.
2. I riferimenti contenuti nella legge regionale n. 45 del 1989 ai Piani territoriali paesistici sono sostituiti dal riferimento al Piano paesaggistico regionale.
Art. 10
Entrata in vigore1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione.