CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII LEGISLATURADISEGNO DI LEGGE N. 227
presentato dalla Giunta regionale
su proposta dell'Assessore della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport, PILIA
il 3 maggio 2006
Principi e norme per l'educazione, l'istruzione e la formazione professionale
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RELAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE
1. Premessa
Il progetto di legge si fonda sulla connotazione della conoscenza intesa come premessa al pieno esercizio dei diritti di cittadinanza e alla partecipazione attiva alla vita sociale e lavorativa da parte di ogni persona, ma anche come l'infrastruttura immateriale su cui puntare per la crescita culturale e sociale della comunità sarda, per uno sviluppo economico duraturo che risponda alle sfide e ai cambiamenti continui della società dell'informazione. L'istruzione e la ricerca rappresentano da un lato strumenti essenziali per elevare le competenze personali e collettive, dall'altro un investimento strategico per la Sardegna. Proprio nell'istruzione, invece, la nostra Isola registra gravissimi ritardi con una delle più basse percentuali di laureati del Paese (17° posto) e di diplomati (circa il 35 per cento della popolazione attiva). Poco più del 50 per cento dei diplomati sardi si iscrivono all'università contro una media nazionale superiore al 75 per cento.
2. L'istruzione e la formazione in Sardegna
Il disegno di legge trova uno dei suoi presupposti in un'analisi comparata degli attuali indici dell'istruzione sarda e del livello di scolarizzazione, mediamente inferiore a quello europeo. Il sistema scolastico, pure forte di molte buone pratiche e di alcune esperienze di eccellenza, presenta mediamente forti criticità. La popolazione studentesca in Sardegna, circa 240.000 unità, registra un alto indice di abbandono (dal 22 al 28 per cento), cui concorre non solo il disagio giovanile ed economico-sociale di molte famiglie, ma anche l'insuccesso scolastico, che si manifesta, oltre che con gli abbandoni, con le ripetenze (solo il 39,5 per cento degli studenti della scuola superiore viene promosso senza debiti formativi, il 24,5 per cento viene bocciato) ed aumenta con l'aumentare dell'ordine di scuola (gli indici più alti riguardano il 1° e 2° anno della scuola superiore, specie negli istituti tecnici e professionali, dove si concentrano le iscrizioni di alunni licenziati dalla scuola media con le valutazioni più basse). Rispetto ad altre regioni, gli studenti della Sardegna risultano quelli con minori possibilità di conseguire un diploma. Il livello delle competenze acquisite, su cui pesa spesso anche il mancato recupero dei debiti formativi, vede la Sardegna nelle indagini OCSE Pisa (competenze dei quindicenni sulle capacità di lettura, matematica, scienze e problem solving) agli ultimi posti in Italia e molto lontano dalla media dei 45 paesi OCSE considerati (la Sardegna ottiene performance vicine a quelle della Turchia e superiori solo a quelle del Messico). La negatività del basso livello di competenze è purtroppo confermata dal test di accesso alle facoltà di medicina, svolto contemporaneamente in tutta Italia in cui nell'anno accademico 2004/05 nelle prove che riguardano, nell'ordine, i risultati ottenuti in matematica e fisica, in chimica, in biologia e infine in logica e cultura generale, gli studenti di Cagliari e Sassari sono tra quelli che riportano le medie dei punteggi più bassi, rispettivamente 34,63 e 34,7, dopo L'Aquila con una media di 34,54, ma molto lontani da Bologna in cima alla classifica con una media di 45,51. Sulla situazione sarda incidono poi l'indice di copertura delle scuole nei vari comuni (la scuola primaria è assente in 29 comuni, la scuola media in 77, la scuola superiore in 298, e per questo ordine di scuola ben 34 comuni si sobbarcano un carico di studenti notevolmente superiore alla propria popolazione residente; emblematico il caso di Cagliari che, a fronte di una popolazione residente tra i 14 e 18 anni di circa 7.000 unità, fornisce servizi ad oltre 19.000 alunni) e il conseguente disagio del pendolarismo, aggravato da una rete di trasporti spesso inadeguata alle esigenze della scuola, che incide già per lo 0,7 per cento nella scuola primaria e giunge al 39,3 per cento (con punte di 64,1 nella Provincia di Oristano) nella scuola superiore.
Quanto alla formazione professionale, che rappresenta un altro consistente segmento dell'offerta formativa, si può rilevare che, in relazione agli utenti, il numero delle sedi accreditate in Sardegna risulta piuttosto alto (ben 338 nel 2005) se comparato a quello nazionale (2168 censite dall'ISFOL). Il numero di non occupati e occupati che hanno partecipato ad attività di formazione è più alto rispetto alla media nazionale. In realtà la crescita dell'offerta, originata dalla contribuzione pubblica e senza un'adeguata programmazione, ha creato forti distorsioni generando un'infinità di corsi, molti dei quali rivolti alla fascia dei giovani dai 14 anni in su, spesso di qualità non alta ma molto attrattivi perché comprensivi delle spese ai partecipanti. Gli stessi cosiddetti "percorsi sperimentali", che in altre regioni sono stati occasione di integrazione e interazione tra l'istruzione e la formazione, in Sardegna hanno visto solo l'attivazione di corsi professionali triennali. A causa delle tante distorsioni, dell'assenza di pianificazione, di monitoraggio e di verifica, l'esperienza sarda della formazione professionale appare carica di ombre, a volte a discapito di tante elevate professionalità, capacità progettuali e buone pratiche, anche innovative, che esistono ma non hanno avuto modo di emergere.3. L'impegno della Regione
A fronte di queste criticità che caratterizzano l'intero sistema, è urgente intervenire in primo luogo con una legge e promuovere la qualità dei percorsi formativi. Elevare le competenze, sostenere l'apprendimento dalle scuole per l'infanzia e fino ai livelli più alti, garantire a tutti la possibilità di imparare ad imparare diventa un preciso impegno politico per il futuro dei giovani e della Sardegna. Il disegno di legge intende, perciò, creare le condizioni normative per rimettere al centro dell'attenzione politica e sociale la funzione strategica dei processi educativi e formativi nella società contemporanea, del sistema scolastico e della formazione professionale, della qualificazione e riqualificazione del capitale umano per recuperare i ritardi e per avvicinare la Sardegna alle nazioni e regioni d'Europa, contribuendo in tal modo al raggiungimento dell'obiettivo generale enunciato dal Consiglio europeo di Lisbona nel 2000, quello di una "economia basata sulla conoscenza più dinamica e più competitiva nel mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi posti di lavoro e una maggiore coesione sociale". La declinazione degli obiettivi fissati per il 2010 dai Paesi membri dell'Unione nel cosiddetto Processo di Lisbona coincide, infatti, in larga parte con quelli che il disegno di legge intende perseguire: il superamento dell'abbandono scolastico prematuro e il completamento del ciclo di istruzione secondaria superiore, il miglioramento delle competenze di base e specialistiche come premessa per l'occupazione, l'inclusione, la realizzazione dello sviluppo di ogni persona, l'apprendimento permanente per aggiornare e integrare le conoscenze, competenze e capacità in tutto l'arco della vita e per massimizzare lo sviluppo personale anche al fine di mantenere e migliorare la propria posizione nel mercato del lavoro. In questo processo continuo di crescita personale e di sviluppo sociale la funzione dell'educazione, dell'istruzione e della formazione professionale sono determinanti. Per questo il disegno di legge considera il sistema educativo nel suo complesso e attraverso le varie offerte formative, da quelle per l'infanzia a quelle per gli adulti, e delinea un sistema educativo regionale, basato sulla centralità della scuola pubblica e sull'unitarietà con il sistema nazionale, riconoscendo le peculiarità dell'istruzione, della formazione professionale e dell'alta formazione.
In particolare, la proposta mira a sostenere la scuola pubblica come istituto fondamentale a garanzia di pari opportunità e di accesso, costruito e organizzato attorno agli studenti, alle loro attitudini e ai loro bisogni, come luogo di integrazione delle diversità economiche, sociali, culturali, etniche, psicofisiche e quindi presupposto per l'inclusione sociale e la modernizzazione e persegue l'innalzamento dell'obbligo scolastico fino al diciottesimo anno d'età. Tende, inoltre, a riqualificare e promuovere la specificità della formazione professionale, valorizzando le competenze riconosciute e sviluppando le metodologie acquisite, nell'ottica del rafforzamento e del miglioramento dell'offerta formativa professionalizzante.4. Il sistema educativo regionale
L'obiettivo fondamentale del sistema educativo regionale, nelle sue varie articolazioni, è lo sviluppo complessivo della nostra comunità e l'innalzamento del livello del sapere per tutti e per sempre, senza lasciare indietro nessuno, è la qualità del sistema regionale, che deve essere caratterizzato in riferimento alla specificità culturale, identitaria ed anche geografica della Sardegna. Il sistema delineato dal disegno di legge è l'ambito nel quale tutte le componenti, l'insieme delle attività e delle relazioni che gli attori attuano ed instaurano fra loro, nell'esercizio dei rispettivi compiti istituzionali e nel rispetto delle specifiche competenze e ruoli, interagiscono e si combinano. Un sistema integrato di educazione, istruzione e formazione, fondato sull'unitarietà, sul pluralismo, sulla specificità, parità ed autonomia di tutti i soggetti che vi operano ed informato ai valori della multiculturalità, della solidarietà sociale, della pace, del rispetto dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile. Un sistema che costituisca una risposta coerente rispetto ai bisogni delle persone, delle famiglie e del sistema economico-sociale della Sardegna.
Uno degli elementi portanti della proposta è, infatti, il sostegno alla persona volto a garantire ad ognuno il diritto all'apprendimento continuo e ad arginare i rischi di una vera e propria esclusione dalla società della conoscenza, con inevitabili ripercussioni in termini di sottoccupazione, disoccupazione, precarietà ed emarginazione sociale. La forte attenzione verso la persona rappresenta un'inversione di tendenza rispetto al passato nella misura in cui l'accento non cade solo sull'educazione, l'istruzione e la formazione in quanto tali, ma in quanto funzionali alla valorizzazione e alla crescita della persona, in quanto strumenti rivolti ad accompagnare la persona per tutto l'arco della vita. Naturalmente l'aspirazione all'efficienza e all'efficacia del sistema impone logiche di differenziazione, specializzazione e personalizzazione che, se da un lato consentiranno di realizzare concretamente le politiche di integrazione e di sostegno specie per i ragazzi in difficoltà, di prevenire gli abbandoni scolastici e gli insuccessi formativi, dall'altro lato potranno essere occasione per soddisfare esperienze di eccellenza.
Per queste ragioni, la proposta di legge si pone l'obiettivo di elevare il livello generale di istruzione almeno fino al conseguimento di un diploma o di una qualifica professionale, sostenendo attivamente il successo educativo dalla prima infanzia e fino ai più alti livelli, nel rispetto delle attitudini personali, superando tutte le diseguaglianze di ordine economico, sociale, psicofisico, sensoriale e culturale che ne impediscono il raggiungimento, e prevenendo l'abbandono e la dispersione scolastica.
Se uno degli obiettivi di fondo è, dunque, l'incremento della qualità dell'istruzione in Sardegna, gli strumenti ad esso preordinati dal progetto di legge sono la valorizzazione del ruolo sociale e professionale dei dirigenti scolastici e degli insegnanti, delle autonomie scolastiche ed universitarie e della loro reciproca interazione, della ricerca e dell'innovazione didattica e tecnologica nonché del patrimonio culturale e linguistico della Sardegna; la qualificazione e il bilanciamento dell'offerta formativa ed educativa in tutto il territorio regionale, anche mediante il sostegno dell'estensione del tempo scuola, specie nelle zone più periferiche o a rischio di spopolamento; il sostegno all'esercizio del diritto all'istruzione, anche mediante la generalizzazione della scuola per l'infanzia; l'attuazione del diritto allo studio con particolare attenzione agli studenti appartenenti a famiglie in condizioni svantaggiate e agli studenti capaci e meritevoli; l'integrazione delle persone con disabilità o in condizione di svantaggio individuale, economico e sociale; la formazione permanente e l'educazione degli adulti.
Nella proposta trova spazio anche il tema dell'integrazione tra istruzione e formazione professionale, a partire dal riconoscimento delle rispettive specificità e competenze e della valorizzazione delle diverse missioni e metodologie e dal reciproco riconoscimento dei crediti. Oltre ai percorsi integrati che si realizzavano nell'istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS), nei percorsi universitari, anche successivi alla laurea, e nell'educazione degli adulti, la proposta introduce, anche sulla base di esperienze positive realizzate in altre regioni, la possibilità di integrazione nelle scuole superiori su iniziativa delle scuole.
Il disegno di legge si caratterizza, inoltre, per l'attenzione alla riqualificazione e al rafforzamento della formazione professionale, adeguandola nelle finalità e nei contenuti al suo fondamentale compito di strumento di politica attiva del lavoro, alle mutate condizioni sociali e produttive. L'assenza di una visione strategica e di sistema, la carenza di programmazione degli interventi, la presenza di ingenti finanziamenti comunitari e le regole sull'accreditamento, basate esclusivamente sulla valutazione della sede formativa, hanno portato, in molti casi, da un lato alla nascita di numerosi e improvvisati enti di formazione e, dall'altro, a una proliferazione di qualifiche in settori non strategici per la crescita economica della Sardegna e obsolete prima ancora di essere acquisite, il tutto con un enorme dispendio di risorse pubbliche. La proposta intende caratterizzare la formazione professionale come strumento per lo sviluppo economico, sociale e di politica attiva del lavoro, come servizio pubblico che predispone e attua un'offerta diversificata di opportunità formative professionalizzanti, coerente con le politiche di sviluppo dell'Isola e con la Strategia europea per l'occupazione (SEO) con lo scopo di potenziare la coesione sociale e territoriale, onde ridurre il divario tra domanda e offerta del mercato del lavoro, e diffondere la cultura del fare impresa e del lavoro.
La formazione professionale tende ad offrire a ciascuno, secondo le proprie aspirazioni, attitudini, conoscenze ed esperienze di lavoro, un innalzamento delle competenze e delle conoscenze professionali, attraverso la qualificazione, la riqualificazione, la specializzazione e la riconversione professionale e si ispira ai criteri dell'occupabilità, dell'adattabilità delle competenze e della motivazione all'imprenditorialità. In questo senso, può assumere un ruolo centrale, nella misura in cui riuscirà a elevare conoscenze e competenze, a coniugare tradizione e innovazione, società della conoscenza e identità sarda, qualificazione e occupazione. Si assumono come elementi strategici la qualificazione del sistema, la programmazione regionale degli interventi, la valutazione, il controllo e il monitoraggio. La creazione di adeguate e diffuse competenze professionali costituisce il presupposto fondamentale per dare alle nuove generazioni il pieno diritto di cittadinanza nel lavoro e nell'impresa sia all'interno della Sardegna, sia nel contesto di opportunità offerte dalla mobilità geografica. Sono disciplinati, in particolare la programmazione regionale triennale e annuale che consente alla Regione di riappropriarsi del ruolo di programmazione dell'offerta formativa anche nell'ottica di integrazione con le politiche attive del lavoro, attribuendo alle province un ruolo di primo piano nella rilevazione dei fabbisogni formativi e nella programmazione degli interventi formativi ricadenti nel proprio territorio; il sistema di accreditamento regionale al fine di garantire che le agenzie formative operanti nel territorio regionale siano in possesso di adeguate capacità didattiche, di governo, di processo e di prodotto, promuovendone la specializzazione per settori e comparti produttivi anche attraverso il riconoscimento dei Centri regionali di eccellenza nella formazione professionale; le modalità di reclutamento dei docenti al fine di renderle pubbliche, trasparenti e verificabili, attraverso l'istituzione dell'albo regionale dei formatori; l'integrazione e la razionalizzazione dell'offerta formativa, attraverso il raccordo della formazione professionale con l'istruzione e il mercato del lavoro, con le politiche attive del lavoro e con i servizi per l'impiego così come disciplinati dalla legge regionale n. 20 del 2005, anche attraverso la costituzione dei distretti formativi con i soggetti pubblici e privati operanti nel sistema educativo e del lavoro, in coerenza con le potenzialità di sviluppo e le vocazioni economico-sociali del territorio.5. Il governo del sistema
Il governo del sistema delineato si basa sulla collaborazione istituzionale realizzata, oltre che attraverso l'individuazione di specifiche funzioni per la Regione, le province e i comuni, anche tramite l'istituzione di organismi di confronto tra i vari livelli istituzionali, le autonomie scolastiche, le università e gli enti di formazione professionale, sulla partecipazione e confronto sociale attraverso la previsione di organismi di ascolto dei vari portatori di interessi (docenti, dirigenti scolastici, studenti, genitori, enti di formazione, ecc.).
Il disegno di legge individua altresì le funzioni della Regione (programmazione generale, indirizzo, coordinamento, monitoraggio e valutazione) e degli enti locali (programmazione territoriale dell'offerta formativa e dell'organizzazione della rete scolastica) indicando strumenti di programmazione quali il Piano triennale per il sistema educativo, con l'individuazione degli obiettivi, delle priorità, delle linee di intervento e i piani provinciali territoriali per l'offerta formativa e l'organizzazione della rete scolastica.6. La valutazione del sistema
Specifica attenzione viene poi dedicata al monitoraggio e alla valutazione del sistema educativo, sia per quanto attiene l'uso delle risorse e il raggiungimento degli obiettivi della programmazione regionale e territoriale e delle politiche di intervento, sia per ciò che concerne l'impulso e il coordinamento nei confronti degli enti locali e l'uso di metodologie e strumenti di valutazione e autovalutazione, di rilevazione della qualità e l'acquisizione dei parametri di valutazione nazionali ed europei. Allo scopo è prevista l'istituzione di organismi di supporto, quali una struttura tecnica interassessoriale e il Nucleo regionale di valutazione del sistema educativo, organismo tecnico-scientifico indipendente, e di strumenti, quali appositi settori tematici, banche dati, repertori e anagrafi interconnesse, dedicate all'istruzione, alla formazione professionale e al lavoro nell'ambito del sistema informativo, l'Osservatorio regionale e gli osservatori provinciali scolastici finalizzati specificamente alla prevenzione della dispersione.
7. L'esercizio delle competenze del sistema delle autonomie locali
Per conseguire le finalità previste, il disegno di legge intende, da una parte, dare attuazione all'articolo 117 della Costituzione, come modificato dall'articolo 3 della Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte II della Costituzione) e recepire le nuove competenze legislative ed amministrative attribuite alle regioni dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), dall'altra, armonizzare, all'interno di una cornice organica coerente, le politiche e gli interventi della Regione e degli enti locali in materia di educazione, istruzione e formazione professionale, avviando contemporaneamente un processo di riordino del contesto normativo regionale esistente.
L'istituto autonomistico, attenendosi ai principi generali determinati con legge dello Stato, è chiamato a organizzare la scuola nel territorio, il dimensionamento della rete scolastica e ad esercitare tutte quelle competenze per cui lo Stato aveva riservato un potere legislativo attuativo con il decreto legislativo n. 112 del 1998. Dai provvedimenti che si sono succeduti con la riforma delle cosiddette leggi Bassanini e fino alla modifica del titolo V della Costituzione e alla legge-delega sulle norme generali e sui livelli essenziali dell'istruzione, le regioni, anche nel vasto campo dell'educazione, sono chiamate ad esercitare una serie di prerogative e a consentire all'intero sistema delle autonomie locali di attivarsi nei compiti di programmazione e di pianificazione dell'offerta formativa e di esercitare la massima responsabilità nella promozione dello sviluppo delle persone e del territorio. Il disegno di legge rende manifesta dunque la volontà di assumere tutte le funzioni e le competenze riconosciute dalla legge costituzionale vigente. In tal modo consolida una architettura istituzionale che vede lo Stato e le Autonomie locali pari ordinate, la cosiddetta repubblica-arcipelago, con lo scopo di determinare e garantire livelli essenziali delle prestazioni, dei diritti civili e sociali omogenei in tutto il territorio regionale. Contemporaneamente risponde all'esigenza di costruire un vero e proprio sistema educativo, che sia parte di un più vasto sistema territoriale organizzato attorno allo scopo generale di creare diffuse e stabili opportunità di crescita della società, della cultura e dell'economia della comunità sarda. Al tempo stesso utilizza spazi importanti per una concreta valorizzazione dell'identità e della specificità della Sardegna, spazi non solo diretti a promuovere in modo efficace le interazioni tra tutti i soggetti istituzionali che partecipano al sistema educativo, ma anche ad interpretare ed integrare al meglio gli indirizzi nazionali nelle risposte ai bisogni di crescita emergenti nelle comunità sarde o espressi dalle singole persone. Una legge ordinamentale sul sistema educativo regionale deve poter infatti concorrere anche all'affermazione in chiave autonomistica delle più avanzate istanze di partecipazione alle sfide dell'internazionalizzazione, e deve farlo creando il più alto grado di coinvolgimento dei vari livelli di responsabilità istituzionale, la Regione, le province e i comuni, uniti da una forte consapevolezza politica e amministrativa attorno a principi e finalità condivise, da conseguire insieme alle istituzioni scolastiche autonome, alle università, alle agenzie formative e a tutti gli altri soggetti che operano nell'educazione formale e non formale dell'educazione.
Sul piano della iniziativa politica anche questa strada risulta fondamentale per arrestare i possibili stravolgimenti cui si andrebbe incontro con la nuovissima legge di modifica della seconda parte della Costituzione, con l'attuazione della quale le regioni avrebbero una competenza e una responsabilità primaria sulla scuola, con conseguenti rischi non solo per la tenuta del sistema di istruzione ma anche per le fondamenta stesse del patto costituzionale. In questo quadro la Regione, dunque, fa riferimento all'ordinamento nazionale dell'istruzione e ai livelli essenziali delle prestazioni sui diritti civili e sociali in materia di formazione professionale definiti dallo Stato, e intende adoperarsi per qualificare il sistema educativo regionale nel rispetto delle specificità e delle esigenze del proprio territorio e dell'opportuna integrazione delle politiche regionali dell'istruzione e della formazione professionale con quelle del lavoro, socio-sanitarie, culturali e ricreative. In ragione di ciò prescinde da qualunque ipotesi di "regionalizzazione" del sistema scolastico; al contrario, mira a qualificare, sulla base delle specificità culturali, sociali ed economiche regionali il sistema nazionale dell'istruzione, dedicando una particolare attenzione alla scuola pubblica. Insieme alla legge regionale 8 luglio 1996, n. 26 (Norme sui rapporti tra la Regione e le Università della Sardegna), ed una auspicabile legge sulla ricerca scientifica, la presente proposta può contribuire a completare l'assetto normativo regionale nel campo della valorizzazione e dello sviluppo delle risorse umane.Il disegno di legge è costituito da 44 articoli raggruppati in quattro titoli che caratterizzano la struttura della proposta e raccolgono in modo sistematico le varie tematiche e problematiche prese in esame.
L'articolo 1 delinea l'oggetto e l'ambito di applicazione della legge.
L'articolo 2 individua i principi generali cui si ispira la legislazione della Regione autonoma della Sardegna in materia di educazione, istruzione e formazione professionale. In particolare, assume la conoscenza come fattore fondamentale per il pieno esercizio dei diritti di cittadinanza, per una presenza consapevole e solidale nella vita sociale e lavorativa, nonché per la crescita culturale e lo sviluppo economico della comunità sarda e pone la persona al centro delle politiche regionali. Mira a garantire ad ognuno, per l'intero arco della vita, l'accesso a tutti i gradi dell'istruzione in condizione di pari opportunità e uguaglianza formale e a rafforzare nel territorio regionale il sistema nazionale di istruzione, ed in particolare della scuola pubblica. Promuove, inoltre, un sistema educativo regionale, informato ai valori della solidarietà sociale, della pace, della multiculturalità, del rispetto dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile, fondato sull'unitarietà, pluralismo, specificità ed autonomia delle componenti e dei soggetti che operano nel campo dell'istruzione, della formazione professionale, dell'alta formazione e dell'educazione formale e non formale.
L'articolo 3, incentrato sulle finalità, evidenzia prioritariamente l'attenzione all'innalzamento del livello di istruzione della comunità sarda, almeno fino al conseguimento di un diploma o di una qualifica professionale, al successo educativo e alla prevenzione dell'abbandono e della dispersione attraverso la diffusione dei servizi educativi per l'infanzia, la qualità dell'istruzione pubblica e il sostegno alla frequenza e alla prosecuzione degli studi; l'arricchimento continuo dell'offerta formativa e la sua adeguata diffusione nel territorio regionale con particolare attenzione alle aree deboli e a rischio di spopolamento; l'esercizio del diritto allo studio specie per gli studenti svantaggiati e meritevoli; l'integrazione delle persone con disabilità e in stato di disagio, compresi i cittadini stranieri e gli immigrati; l'educazione degli adulti; la qualità della formazione e l'integrazione tra istruzione e formazione professionale nel riconoscimento dell'autonomia, delle differenti funzioni e della pari dignità dei due percorsi.
È dedicato alle funzioni e alla programmazione generale e territoriale che vengono esercitate assumendo come metodo e strumento la collaborazione istituzionale, la partecipazione e il confronto sociale (articolo 4). La Regione privilegia la collaborazione istituzionale quale metodo ottimale per raccordare le proprie competenze con quelle degli enti locali e individua la partecipazione sociale come elemento portante del sistema dell'educazione, dell'istruzione e della formazione professionale. Per favorirla istituisce, da una parte, il Comitato regionale per il sistema educativo che concorre alla definizione degli indirizzi regionali per il sistema ed esprime pareri in merito alle politiche formative (articolo 7) e le Conferenze provinciali per il sistema educativo (articolo 8) con funzioni propositive e consultive sulle tematiche inerenti la programmazione territoriale e, dall'altra, si riserva la creazione di sedi di ascolto e di proposta delle varie componenti del sistema (consulte regionali).
Con gli articoli 5 e 6 il disegno di legge procede all'allocazione delle funzioni e dei compiti rispettivamente alla Regione e agli enti locali nel rispetto delle nuove logiche di sussidiarietà espresse dal titolo V della Costituzione, con l'obiettivo di valorizzare la specificità delle competenze e rafforzare le relazioni in un sistema così complesso, composto da tanti e diversificati soggetti.
La Regione (articolo 5) svolge le funzioni di indirizzo, coordinamento, programmazione generale e valutazione in merito al sistema educativo e attraverso un documento di programmazione triennale (Piano triennale per il sistema educativo), ne definisce gli obiettivi, le priorità e le linee di intervento, gli indirizzi generali per la programmazione territoriale dell'offerta formativa, i criteri per l'organizzazione della rete scolastica e per la realizzazione degli interventi previsti dalla proposta di legge, nonché le indicazioni per la determinazione del calendario scolastico. Il processo di programmazione a livello territoriale è enunciato nell'articolo 6, che riconosce alle province ed ai comuni, singoli o associati, regolamentandole, le funzioni di programmazione dell'offerta formativa ed educativa e di organizzazione della rete scolastica, nell'ambito delle rispettive competenze e nel rispetto delle linee di programmazione e degli indirizzi regionali. Ulteriori funzioni e compiti, anche in termini di intervento gestionale diretto, sono previsti in altri articoli, quali quelli dedicati alla scuola dell'infanzia e all'educazione degli adulti, al diritto allo studio.
Negli articoli 9 e 10 vengono individuati strumenti ed organismi operativi a supporto dei processi decisionali e delle indispensabili attività di valutazione dell'intero settore. L'articolo 9, dedicato al monitoraggio e alla valutazione, individua un'apposita struttura tecnica interassessoriale e il Nucleo regionale di valutazione del sistema educativo, organismo tecnico-scientifico indipendente, cui viene affidato il compito di proporre criteri e metodologie di monitoraggio e valutazione, fornire indicatori di qualità e di efficienza per la predisposizione e la valutazione del Piano triennale per il sistema educativo, di collaborare con l'INVALSI, con l'IRRE, con l'ISFOL e promuovere la diffusione della cultura e della pratica della valutazione e dell'autovalutazione.
L'articolo 10, relativo al sistema informativo, prevede appositi settori tematici, banche dati, repertori e anagrafi interconnesse, dedicate all'istruzione, alla formazione professionale e al lavoro nell'ambito del sistema informativo regionale. In particolare, a supporto della programmazione degli interventi, al controllo della loro efficacia e soprattutto della prevenzione della dispersione, istituisce l'Osservatorio regionale e gli Osservatori provinciali scolastici basati sull'omogeneità della rilevazione dei dati e la condivisione delle informazioni.TITOLO III (Il sistema regionale dell'educazione, dell'istruzione e della formazione professionale)
Si articola in tre capi, riservati il primo all'educazione e all'istruzione, il secondo all'istruzione e alla formazione professionale e il terzo alla formazione professionale. La stessa struttura evidenzia l'intento della legge di realizzare un sistema educativo unitario e porre le premesse per una concreta integrazione e interazione dei percorsi educativi e formativi.
Gli articoli dall' 11 al 25 disciplinano gli interventi regionali a favore del sistema dell'educazione e dell'istruzione a partire dai servizi per l'infanzia fino all'educazione per gli adulti.
L'articolo 11 enuncia il quadro e la finalità dell'educazione e dell'istruzione e indica per le scuole di ogni ordine e grado l'obiettivo di sviluppare le attitudini personali degli studenti, le loro conoscenze e abilità, comprese quelle di autovalutazione e autoorientamento, l'acquisizione di strumenti culturali e metodologici di apprendimento per accrescere l'autonoma capacità critica e il senso di responsabilità personale e sociale, nonché la maturazione e l'approfondimento di competenze caratterizzanti il profilo educativo prescelto. Pone inoltre attenzione all'importanza di garantire la presenza, la funzionalità e la continuità didattica della scuola in tutto il territorio regionale.
L'articolo 12, dedicato alla rete scolastica, assegna alla Regione compiti di indirizzo e coordinamento generale e di definizione dei criteri organizzativi, comprendenti i parametri dimensionali delle istituzioni scolastiche, le risorse umane e finanziarie, prevedendo intese specifiche con lo Stato e i suoi organi periferici per definire modalità e tempi per la determinazione e l'assegnazione da parte statale delle risorse umane e finanziarie destinate alla Sardegna. Definisce inoltre la suddivisione del territorio regionale in zone coerenti con l'ambito territoriale delle province. La programmazione territoriale dell'organizzazione della rete scolastica, nell'ambito delle rispettive competenze, viene demandata agli enti locali che la esercitano con le istituzioni scolastiche autonome.
L'articolo 13 evidenzia l'impegno della Regione e degli enti locali a sostegno dell'arricchimento dell'offerta formativa di tutte le scuole e in particolare a sostegno di progetti finalizzati a migliorare la qualità dei processi di apprendimento e di insegnamento e a prevenire la dispersione scolastica e il disagio sociale (integrazioni curricolari ed extracurricolari, percorsi integrati realizzati da reti di scuole con istituti e associazioni culturali, sportive e del volontariato, con aziende pubbliche e private e con le agenzie formative accreditate, innovazione, sperimentazione e ricerca pedagogica, didattica, disciplinare, per elevare le competenze degli studenti specie in ambito scientifico, diffusione delle tecnologie informatiche e reti di telecomunicazione, apprendimento delle lingue straniere).
L'articolo 14 riconosce la rilevanza dell'orientamento sia come educazione alla scelta dei vari percorsi dell'istruzione e della formazione, sia come educazione alle opportunità professionali. Considerata la delicatezza degli interventi in materia, specie quelli rivolti ai giovani, prevede che i progetti di orientamento siano validati attraverso l'utilizzo di specifiche competenze. Per contenere e prevenire la dispersione scolastica e il disagio giovanile e supportare i docenti, prevede, inoltre, l'istituzione di sportelli di ascolto presso le scuole secondarie di primo e secondo grado finalizzati ad offrire ai ragazzi e ai genitori uno spazio di ascolto e di confronto e a favorire l'interrelazione insegnanti-studenti-genitori, gestiti da un esperto in materia di psicologia dell'educazione e da una équipe di docenti referenti della scuola.
L'articolo 15 è dedicato alla valorizzazione e al sostegno dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, quale garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e funzionale al successo scolastico e a contrastare la dispersione. Prevede, in particolare, il concorso delle autonomie scolastiche a definire gli indirizzi, i requisiti e le priorità della quota curricolare di competenza regionale, l'incentivazione di reti e consorzi tra le autonomie scolastiche e quelle territoriali, la promozione di forme di rappresentanza delle istituzioni scolastiche, dell'associazionismo professionale, nonché il sostegno ad interventi di aggiornamento di tutto il personale in servizio e la concessione di borse di studio per la frequenza della Scuola speciale regionale per la formazione degli insegnanti della scuola secondaria.
L'articolo 16 afferma l'impegno della Regione per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale e linguistico della Sardegna puntando sulla scuola e sulle giovani generazioni per conservare e diffondere la conoscenza del patrimonio culturale, storico, artistico, paesaggistico e della lingua della Sardegna. La Regione si assume il compito di definire proprie "indicazioni regionali", ad integrazione di quelle stabilite con legge statale, con obiettivi formativi coerenti con gli aspetti culturali e linguistici della Sardegna. Prevede, inoltre, interventi nell'ambito della formazione e dell'aggiornamento degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, di ricerca, studio, sperimentazione didattica e progettazione curricolare relativa alla quota regionale, nonché la produzione di specifici materiali e sussidi didattici e la raccolta e la diffusione in rete di quanto realizzato in riferimento alla cultura materiale e immateriale e alla lingua del popolo sardo.
L'articolo 17 è intitolato agli interventi a favore dell'infanzia e ai relativi servizi. Indica l'impegno della Regione a garantire a tutti i bambini comunque presenti nel territorio della Sardegna, dalla nascita ai sei anni, il diritto a pari opportunità di cura, relazione e gioco, di educazione e istruzione. A questo scopo sono previste la realizzazione di un sistema integrato per l'infanzia a dimensione territoriale, la diffusione dei nidi e micronidi d'infanzia, anche presso le aziende e la pubblica amministrazione, e delle scuola per l'infanzia, in particolare della scuola pubblica. La Regione, mediante appositi finanziamenti, conferma il sostegno alla frequenza delle scuole dell'infanzia, di cui promuove la generalizzazione anche attraverso contributi alle scuole dell'infanzia non statali finalizzati all'abbattimento delle rette di frequenza. Per queste strutture, viene proposta inoltre una procedura di accreditamento ed alcuni requisiti di accesso ai finanziamenti.
Gli articoli 18 e 19 sono rispettivamente dedicati agli interventi per l'integrazione delle persone con disabilità e alle persone in stato di disagio. In particolare, a garanzia dell'efficacia e del coordinamento degli interventi, è prevista l'istituzione di un fondo unico la cui gestione è programmata in maniera congiunta dagli Assessori competenti in materia di istruzione, formazione professionale e servizi sociali. Come sede di partecipazione, rappresentanza e ascolto in materia di inclusione scolastica e formativa viene istituita la Consulta regionale per l'inclusione scolastica e formativa.
Gli articoli 20, 21 e 22 riguardano gli interventi per il diritto allo studio e rappresentano una rivisitazione e un aggiornamento della legge regionale n. 31 del 1984. L'articolo 20 definisce le varie tipologie di servizi e provvidenze per il diritto allo studio. Per ridurre i disagi del pendolarismo prevede, inoltre, la predisposizione annuale di piani coordinati per il trasporto scolastico coerenti con gli orari delle attività curricolari ed extracurricolari.
L'articolo 21 istituisce un fondo speciale per borse di studio a sostegno della frequenza della scuola primaria e secondaria degli studenti in disagiate condizioni economiche fino al completamento del percorso di istruzione. La misura massima e l'ammontare delle borse e i criteri di assegnazione sono determinati dalla Giunta regionale che, a garanzia dell'uniformità di trattamento, stabilisce le modalità attraverso cui i comuni provvedono all'assegnazione.
L'articolo 22 promuove attraverso contributi annuali alle scuole primarie e secondarie gemellaggi e scambi culturali in ambito nazionale ed internazionale e itinerari scolastici per favorire la conoscenza dei beni culturali e ambientali della Sardegna.
L'articolo 23, dedicato all'edilizia scolastica, prevede che i relativi interventi siano attuati per garantire agli studenti in tutto il territorio le migliori condizioni ambientali, formative e di agibilità e affida alla Giunta regionale la definizione dei requisiti di funzionalità didattica, edilizia e urbanistica, di qualità architettonica. Per un miglior utilizzo del patrimonio edilizio scolastico, prevede l'uso comune di spazi e attrezzature tra più scuole e la loro messa a disposizione al di fuori dell'orario scolastico, o il loro riutilizzo per iniziative di carattere formativo, culturali, sociali e sportive. Infine, prevede il concorso, da parte della Regione, agli interventi di manutenzione straordinaria.
L'articolo 24 definisce l'educazione degli adulti come insieme di opportunità formative mirate a favorire l'apprendimento per tutta la vita, l'ampliamento di conoscenze, abilità e competenze e il rientro nei percorsi di istruzione e formazione professionale e comprendenti anche interventi per l'inserimento sociale e lavorativo degli stranieri immigrati, quali l'insegnamento della lingua italiana. La programmazione di tale offerta formativa compete alle province che valorizzano in particolare l'azione dei Centri territoriali permanenti per l'istruzione e la formazione in età adulta.
L'articolo 25 (Università della terza età) riconosce a tali istituzioni un ruolo rilevante nel campo dell'offerta dell'educazione non formale e prevede il concorso alle spese di funzionamento e di svolgimento delle attività istituzionali con finanziamenti annuali assegnati alle province, che ne definiscono, a seguito di riconoscimento i cui criteri sono definiti dalla Giunta regionale, le modalità di erogazione e controllo.
L'articolo 26, per consentire il pieno esercizio delle competenze della Regione, istituisce la Direzione regionale dell'istruzione.
Con l'articolo 27 si presentano le finalità e le caratteristiche dell'interazione tra l'istruzione e la formazione professionale e le principali tipologie degli interventi da realizzare nella scuola secondaria di secondo grado, nell'Istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS), nei percorsi universitari anche successivi alla laurea e nell'educazione degli adulti.
L'articolo 28 è interamente dedicato ai percorsi di Istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS), mentre l'articolo 29 introduce il libretto formativo del cittadino.
Gli articoli dal 30 al 42 declinano il sistema della formazione professionale.
L'articolo 30 definisce ruolo e compiti del servizio pubblico della formazione professionale quale strumento per lo sviluppo economico, sociale e di politica attiva del lavoro, finalizzato a potenziare la coesione sociale e territoriale per ridurre il divario tra domanda e offerta del mercato del lavoro e diffondere la cultura del fare impresa e del lavoro, ispirato ai criteri dell'occupabilità e dell'adattabilità delle competenze. La Regione e le province assicurano un'offerta formativa articolata sul territorio. Spettano alla Giunta regionale la definizione degli standard regionali per la formazione professionale, dei profili formativi e dei criteri e delle modalità per il riconoscimento, la valutazione e la certificazione delle competenze e dei crediti, le tipologie di iniziative formative, distinte per settori economici e comparti produttivi, raggruppate su base provinciale e i criteri per la ripartizione delle risorse finanziarie tra le province, garantendo prioritariamente la formazione iniziale rivolta ai giovani.L'articolo 31 disciplina la formazione iniziale finalizzata al conseguimento di una qualifica professionale o all'abilitazione professionale utile per all'inserimento nel mercato del lavoro e per l'accesso ai livelli successivi della formazione professionale; si articola in percorsi di carattere orientativo e professionalizzante rivolti ai giovani di età compresa tra i 16 e i 18 anni e in percorsi di natura professionalizzante rivolti a inoccupati, disoccupati, soggetti svantaggiati ed a rischio di esclusione sociale; in entrambi i percorsi almeno il 35 per cento del monte ore è destinato alla formazione culturale generale.
L'articolo 32 disciplina la formazione superiore finalizzata alla specializzazione professionale e rivolta alle persone in possesso di qualifica professionale, titolo di studio superiore o universitario.L'articolo 33 disciplina la formazione continua finalizzata all'adeguamento delle competenze, alla qualificazione, al perfezionamento, alla riqualificazione e alla specializzazione ed è rivolta alle persone a qualsiasi titolo occupate. Può corrispondere ad autonoma scelta del lavoratore, essere predisposta dall'azienda attraverso i piani formativi aziendali ovvero essere programmata sulla base di accordi territoriali concordati con le parti sociali.
L'articolo 34 disciplina la formazione nella pubblica amministrazione quale strumento con cui ottimizzare l'organizzazione amministrativa e qualificare la capacità professionale degli operatori pubblici, per renderla adeguata alle esigenze economiche e sociali del territorio, all'efficacia e all'efficienza dell'azione amministrativa e migliorare la qualità dei servizi al cittadino.
Gli articoli 35, 36, 37 e 39 disciplinano una serie di strumenti idonei a consentire la qualificazione del sistema della formazione professionale. A tal fine, la Giunta regionale definisce gli standard di qualità della formazione professionale e ne assicura il controllo, il monitoraggio, la valutazione. Definisce, inoltre, i requisiti, le modalità di sospensione e revoca dell'accreditamento regionale delle agenzie formative, i requisiti necessari per l'accesso all'insegnamento, i profili formativi e le qualifiche professionali nonché i criteri e le modalità per l'autorizzazione ed il rilascio delle certificazioni di competenza, le linee guida per la valutazione degli apprendimenti e delle competenze acquisite dagli utenti della formazione professionale anche al fine di selezionare le agenzie formative in ragione di un accreditamento per poli specialistici. Per la prima volta viene disciplinata l'attività svolta in regime di autofinanziamento a garanzia della coerenza con gli indirizzi della programmazione regionale e provinciale dell'offerta formativa e dei diritti degli utenti.
L'articolo 38 disciplina l'accertamento delle competenze e certificazione dei percorsi formativi, e al fine di garantirne il riconoscimento e la certificazione delle competenze acquisite, utilizzabili anche come crediti formativi, la Regione promuove accordi con tutti i soggetti del sistema educativo e con le parti sociali per la definizione delle procedure e per l'individuazione degli ambiti di utilizzazione delle competenze, comprese quelle acquisite nel mondo del lavoro.
L'articolo 39, al fine di rendere trasparenti e verificabili le modalità di reclutamento dei docenti, istituisce l'Albo regionale dei formatori comprendente il personale docente della formazione professionale, strutturato per aree disciplinari omogenee e articolato in otto sezioni provinciali.
L'articolo 40 definisce i Centri regionali di eccellenza, finalizzati al sostegno di professioni strategiche per lo sviluppo di settori e comparti produttivi di interesse regionale e per la salvaguardia del patrimonio storico, artistico e ambientale e che possono essere costituiti dai Centri regionali di formazione professionale e dalle agenzie formative accreditate o loro consorzi, anche tramite accordi e convenzioni con le università, gli enti locali, gli istituti di ricerca scientifica e tecnologica e le imprese.
L'articolo 41 disciplina i distretti formativi, allo scopo di razionalizzare e sostenere l'integrazione dell'offerta formativa con le politiche del lavoro, in coerenza con le potenzialità di sviluppo e la vocazione economico-sociale dei tenitori, anche nell'ottica di sviluppo di filiere produttive.
L' articolo 42 disciplina la Carta dei diritti e dei doveri degli utenti della formazione professionale prevedendo anche la nomina del Garante della formazione professionale, scelto tra persone di comprovata competenza ed esperienza nel campo della formazione professionale o della tutela dei diritti.
Il TITOLO IV (Disposizioni transitorie e finali) contiene la norma finanziaria (articolo 43), la decorrenza e le abrogazioni (articolo 44).
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Titolo I
Principi generali e finalità
Art. 1
Oggetto1. La presente legge individua i principi generali cui si ispira la legislazione della Regione autonoma della Sardegna in materia di educazione, istruzione e formazione professionale e disciplina l'esercizio delle relative funzioni amministrative, fatte salve quelle già disciplinate dalla legislazione statale.
Art. 2
Principi generali1. La Regione identifica la conoscenza come fattore fondamentale per il pieno esercizio dei diritti di cittadinanza, per una presenza consapevole e attiva nella vita sociale e lavorativa, nonché per la crescita culturale e lo sviluppo economico della Sardegna.
2. La Regione, nel rispetto dei principi della Costituzione e in particolare degli articoli 2, 3, 33 e 34 delle convenzioni internazionali in materia di diritti degli uomini, delle donne, dei bambini e delle bambine, dello Statuto sardo, pone la persona al centro delle proprie politiche e garantisce ad ognuno, per l'intero arco della vita, l'accesso a tutti i gradi dell'istruzione e della formazione in condizione di pari opportunità e di uguaglianza formale e sostanziale.
3. La Regione promuove lo sviluppo di un sistema regionale dell'educazione, dell'istruzione e della formazione professionale, di seguito denominato sistema educativo regionale, in base al principio della centralità della scuola pubblica e della unitarietà con il sistema nazionale, riconoscendo le peculiarità dell'istruzione, della formazione professionale e dell'alta formazione, anche in relazione agli specifici strumenti e metodologie e valorizzando le autonomie locali e funzionali, nonché le specificità del patrimonio culturale e linguistico della Sardegna.
4. Il sistema educativo regionale si ispira ai valori della multiculturalità, della solidarietà sociale, della pace, del rispetto dell'ambiente e dello sviluppo sostenibile, si fonda sul pluralismo, specificità ed autonomia delle singole componenti e dei soggetti che operano nell'istruzione, nella formazione professionale e nell'educazione formale e non formale, concorre alla crescita culturale, sociale ed economica della comunità sarda, curando in particolare la formazione dei minori, dei giovani, degli adulti in rac-cordo con le università e il territorio.
Art. 3
Finalità1. La Regione e gli enti locali, in coerenza con le politiche formative europee per la società della conoscenza e per la qualificazione delle risorse umane, indirizzano le proprie azioni ad elevare i livelli di istruzione della popolazione della Sardegna, almeno fino al conseguimento di un diploma o di una qualifica professionale e fino ai più alti livelli, e a migliorare le competenze ed aggiornarle in relazione all'evoluzione dei saperi.
2. A tal fine, la Regione e gli enti locali sostengono il successo educativo a partire dalla scuola per l'infanzia, rimuovono ogni ostacolo di ordine economico, sociale, psicofisico, culturale, di genere e di etnia che impedisce il pieno sviluppo della persona, promuovono interventi volti alla coesione sociale, all'inclusione scolastica, alla prevenzione dell'abbandono e della dispersione e mirano, in particolare, a conseguire:
a) la diffusione in tutto il territorio regionale dei servizi educativi per l'infanzia;
b) la qualità dell'istruzione pubblica mediante la valorizzazione del ruolo sociale e professionale dei dirigenti scolastici, degli insegnanti e di tutto il personale scolastico, della ricerca e dell'innovazione didattica e tecnologica nei metodi di insegnamento e apprendimento;
c) la qualità, l'arricchimento continuo dell'offerta formativa e la sua adeguata diffusione in ogni zona della Sardegna, con particolare attenzione a quelle deboli e a rischio di spopolamento, anche favorendo la progressiva estensione del tempo lungo nelle scuole e la diffusione degli istituti comprensivi e globali;
d) il sostegno alla frequenza delle scuole di ogni ordine e grado e alla prosecuzione degli studi dopo la scuola secondaria di secondo grado;
e) l'esercizio del diritto allo studio specie da parte degli studenti appartenenti a famiglie svantaggiate, anche garantendo ai più capaci e meritevoli il raggiungimento dei livelli più alti dell'istruzione;
f) l'integrazione delle persone con disabilità e in situazione di disagio, anche mediante la partecipazione attiva delle famiglie e delle associazioni;
g) l'accoglienza e l'integrazione culturale di stranieri ed immigrati e l'adeguamento dell'offerta formativa alle loro esigenze, nel ri-spetto e nel riconoscimento delle diverse identità;
h) l'educazione degli adulti;
i) la qualità della formazione professionale, valorizzando e sviluppando le specifiche competenze e metodologie, nella prospettiva del miglioramento dell'offerta;
l) l'integrazione tra istruzione e formazione professionale nel riconoscimento della loro autonomia, pari dignità e differente funzione;
m) la valorizzazione della differenza di genere attraverso la realizzazione di azioni volte al sostegno delle pari opportunità tra uomo e donna;
n) lo sviluppo dell'informazione e della comu-nicazione istituzionale sui servizi e le attività del sistema educativo regionale, secondo quanto previsto dalla legge 7 giugno 2000, n. 150.
3. Le finalità di cui ai commi 1 e 2 si realizzano attraverso:
a) l'individuazione e la programmazione degli obiettivi e degli interventi;
b) il controllo e la valutazione dei risultati, favorendo anche la cultura e la pratica dell'autovalutazione;
c) l'integrazione delle politiche educative nel complesso delle politiche pubbliche perseguite dalla Regione, in particolare delle politiche attive del lavoro, sociali, sanitarie, culturali, ambientali e sportive;
d) la partecipazione e il raccordo con iniziative di istruzione e di formazione interregionali, nazionali, europee ed extraeuropee.
Titolo II
Funzioni e programmazione
Art. 4
Collaborazione istituzionale, partecipazione e confronto sociale1. La Regione e gli enti locali raccordano le proprie competenze con il sistema delle autonomie scolastiche e con i soggetti operanti nel sistema educativo regionale e assumono come metodo e strumento per la programmazione la leale collaborazione, la partecipazione e il confronto sociale.
Art. 5
Funzioni e compiti della Regione e Piano triennale per il sistema educativo regionale1. La Regione, nelle materie di cui alla presente legge, esercita funzioni e compiti di indirizzo, coordinamento, programmazione generale, controllo e valutazione.
2. A tal fine la Giunta regionale, su pro-posta degli Assessori competenti, acquisito il parere della competente Commissione consiliare e del Comitato regionale di cui all'articolo 7, ap-prova il Piano triennale per il sistema educativo regionale, elaborato anche in coerenza con il Piano regionale per i servizi, le politiche del lavoro e dell'occupazione di cui all'articolo 13 del-a legge regionale 5 dicembre 2005, n. 20.
3. Il Piano triennale per il sistema educativo regionale, di seguito denominato Piano triennale, costituisce l'atto di programmazione con cui la Regione esercita le proprie funzioni e compiti e nel quale sono individuati gli obiettivi, le priorità di intervento, il quadro delle risorse finanziarie, nonché i criteri di riparto e di assegnazione agli enti locali.
4. Il Piano triennale contiene, in particolare:
a) gli indirizzi generali per la programmazione dell'offerta formativa;
b) i criteri generali per l'organizzazione della rete scolastica;
c) le indicazioni per la determinazione del calendario scolastico annuale;
d) i criteri per la realizzazione degli interventi previsti dalla presente legge;
e) gli interventi che, per peculiarità, rilevanza o destinatari, possono essere svolti adeguatamente solo a livello regionale.
5. Il Piano triennale è predisposto entro i primi sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge ed attuato tramite programmi annuali approvati dalla Giunta regionale.
Art. 6
Funzioni e compiti degli enti locali1. Le province e i comuni, singoli o associati, nell'ambito delle rispettive competenze e secondo le modalità previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, in armonia con gli indirizzi regionali contenuti nel Piano triennale di cui all'articolo 5, esercitano le funzioni di programmazione territoriale dell'offerta formativa e dell'organizzazione della rete scolastica, previa consultazione delle istituzioni scolastiche autonome, dell'associazionismo, delle famiglie e di tutti gli altri soggetti interessati.
2. Le province, sulla base delle esigenze espresse dai comuni, singoli o associati, esercitano funzioni di coordinamento intermedio e, sentita la Conferenza provinciale per il sistema educativo di cui all' articolo 8, predispongono ed approvano i Piani provinciali per l'offerta forma-tiva e i Piani provinciali di organizzazione della rete scolastica.
3. I Piani provinciali per l'offerta formativa, di norma triennali, sono elaborati a partire dai bisogni formativi e professionali del territorio, indicano gli obiettivi e le priorità da conseguire e comprendono in particolare interventi:
a) per il successo scolastico e formativo, la prevenzione dell'abbandono e della dispersione;
b) a sostegno della coerenza e continuità tra i diversi ordini e gradi di scuola;
c) di supporto alle persone con disabilità o in situazione di disagio;
d) di orientamento scolastico e professionale;
e) di educazione degli adulti;
f) di formazione professionale iniziale, supe-riore e continua, anche in coerenza con il Piano provinciale per i servizi e le politiche del lavoro di cui all'articolo 10 della legge regionale n. 20 del 2005, raggruppati per settori economici e comparti produttivi, indicanti i destinatari e le modalità di attuazione, controllo e monitoraggio;
g) per la continuità fra i percorsi di istruzione, formazione professionale e inserimento lavorativo;
h) ogni altro intervento volto a garantire la qualità e l'arricchimento dell'offerta formativa.
4. Tali piani sono attuati tramite programmi annuali trasmessi alla Regione entro il mese di giugno ed accompagnati da una relazione, comprensiva di quelle elaborate dai comuni, sull'utilizzo delle risorse assegnate dalla Regione nell'anno precedente e sul raggiungimento degli obiettivi programmati. La Regione assume le relazioni delle province e dei comuni a fondamen-to dei successivi indirizzi del Piano triennale di cui all'articolo 5.
5. I Piani provinciali per l'organizzazione della rete scolastica, di norma triennali, sono predisposti nel rispetto degli indirizzi, criteri e parametri di cui al comma 1 dell'articolo 12, ed approvati previo parere obbligatorio delle istitu-zioni scolastiche autonome interessate; possono riguardare sia l'organizzazione complessiva della rete scolastica che misure parziali e comprendo-no gli interventi per l'istituzione, l'aggregazione, la fusione e la soppressione di scuole, l'organizzazione, la gestione e l'utilizzo ottimale degli edifici, delle attrezzature scolastiche e dei servizi. L'istituzione di indirizzi scolastici che, per specificità o particolarità, abbiano caratteristiche sovraprovinciali è attuata previa intesa con la Re-gione, che acquisisce il parere del Comitato regionale per il sistema educativo di cui all'artico-lo 7.
6. Tali piani sono trasmessi dalle province alla Regione che, entro sessanta giorni successivi alla data di ricevimento, può esprimere rilievi in ordine alla coerenza con quanto previsto ai commi 1 e 2. La mancanza di rilievi vale come silenzio-assenso e le decisioni contenute negli atti hanno effetto dal successivo anno scolastico.
7. Spettano ai comuni le competenze sui servizi educativi per l'infanzia, per l'educazione non formale di adolescenti, giovani, adulti e sulla erogazione dei relativi contributi, nonché delle provvidenze per il diritto allo studio, indicate nell'articolo 20.
8. In caso di inerzia da parte delle pro-vince e dei comuni, la Regione esercita i poteri sostitutivi delle funzioni e dei compiti a questi assegnati, secondo i principi di leale cooperazione e sussidiarietà. L'esercizio da parte delle province e dei comuni delle proprie funzioni e dei compiti è condizione essenziale per l'assegnazione da parte della Regione delle quote di finanziamento per gli interventi previsti dalla presente legge.
Art. 7
Comitato regionale per il sistema educativo e consulte regionali1. Entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della presente legge è istituito il Comitato regionale per il sistema educativo, quale sede di collaborazione, di coordinamento istituzionale e di confronto sulle politiche educative.
2. Il Comitato concorre alla definizione degli indirizzi regionali per il sistema educativo ed esprime pareri in merito alle relative politiche, è nominato dal Presidente della Regione, che lo presiede, anche tramite un Assessore a ciò delegato, dura in carica fino allo scadere della legislatura ed è composto da:
a) gli Assessori competenti in materia di istruzione e di formazione professionale;
b) otto rappresentanti del Consiglio delle autonomie locali individuati garantendo adeguata rappresentanza territoriale e dimensionale;
c) un rappresentante indicato dalle agenzie formative accreditate con sede nel territorio regionale;
d) un rappresentante della Consulta regionale dell'immigrazione di cui all'articolo 10 della legge regionale 24 dicembre 1990, n. 46;
e) tre rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali maggiormente rappresentative a livello regionale;
f) tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello regionale;
partecipano al Comitato, previa intesa con l'ente di appartenenza, il direttore dell'Ufficio scolastico regionale o suo delegato, otto rappresentanti delle istituzioni scolastiche autonome, designati garantendo la rappresentanza delle scuole di ogni ordine e grado, secondo modalità dalle stesse individuate in conferenze territoriali promosse dalle province, il presidente dell'Istituto regionale di ricerca educativa (IRRE) o un suo delegato, un rappresentante per ognuna delle due università della Sardegna. Possono essere invitati altri soggetti competenti nelle materie di cui alla presente legge.
3. Per ogni componente effettivo del Comitato è indicato un supplente.
4. Le modalità di funzionamento del Comitato sono definite in apposito regolamento approvato dal Comitato stesso. Il Comitato è convocato dal Presidente della Regione o dal suo delegato e si riunisce, di norma, almeno due volte l'anno.
5. Gli Assessori competenti in materia di istruzione e di formazione professionale, allo scopo di assicurare il confronto più ampio, di ottimizzare e integrare le conoscenze e acquisire proposte e contributi, promuovono consulte regionali rappresentative delle varie componenti delle istituzioni scolastiche e delle agenzie formative accreditate.
Art. 8
Conferenze provinciali per il sistema educativo1. Entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della presente legge, d'intesa con i comuni del territorio, ogni provincia istituisce la Con-ferenza provinciale per il sistema educativo, la cui scadenza coincide con quella del mandato amministrativo dei consigli provinciali, e ne definisce la composizione e il regolamento.
2. Alla Conferenza partecipano i comu-ni, singoli o associati, previa intesa con l'ente di appartenenza, i Centri di servizio amministrativi (CSA) di riferimento, rappresentanti delle istituzioni scolastiche autonome e delle due università della Sardegna, nonché rappresentanti della Commissione provinciale per i servizi e le politiche del lavoro di cui alla legge regionale n. 20 del 2005, delle agenzie formative accreditate operanti nel territorio e dei soggetti operanti nell'educazione degli adulti. Limitatamente alle zone di confine o in relazione a problematiche riguardanti il territorio di più province, sono invitate a partecipare anche le altre province interessate.
3. La Conferenza provinciale concorre alla definizione degli indirizzi della programmazione territoriale dell'offerta formativa e dell'organizzazione della rete scolastica, ha funzioni propositive e consultive sulle tematiche inerenti la presente legge e può rappresentare la sede per definire accordi e programmi integrati proposti dai soggetti operanti nel sistema educativo. È convocata dal presidente della provincia, o da un suo delegato, e si riunisce di norma almeno una volta all'anno.
Art. 9
Monitoraggio e valutazione1. La Regione organizza e attua il monitoraggio e la valutazione del raggiungimento degli obiettivi della programmazione regionale e territoriale e dei relativi interventi avvalendosi del Nucleo regionale di valutazione del sistema educativo.
2. Il Nucleo regionale di valutazione del sistema educativo è un organismo tecnico-scientifico indipendente, composto da un nume-ro massimo di tre membri, esterni all'Ammini-strazione regionale, di provata e documentata esperienza nell'ambito delle politiche educative e della valutazione, nell'espletamento dei suoi compiti è coadiuvato da un'apposita struttura tecnica di staff interassessoriale, composta da quattro dipendenti regionali indicati dagli Assessori competenti in materia di istruzione, di formazione professionale e lavoro, di servizi sociali e di programmazione.
3. Il Nucleo regionale di valutazione del sistema educativo è nominato dalla Giunta regionale, previo parere della competente Commissione consiliare, con incarico di durata triennale e ha il compito di:
a) proporre criteri e metodologie di monitoraggio e valutazione delle politiche formative e dei relativi interventi;
b) fornire parametri e indicatori di qualità per la predisposizione e per la valutazione dei risultati del Piano triennale di cui all'articolo 5;
c) collaborare con l'Istituto nazionale di valutazione del sistema dell'istruzione (INVALSI), con l'Istituto regionale per la ricerca educativa (IRRE) e con l'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL);
d) promuovere la cultura e la pratica della va-lutazione e dell'autovalutazione di tutti i soggetti operanti nel sistema;
e) procedere ad ogni altra attività di studio, analisi e valutazione utile a migliorare il sistema;
f) predisporre annualmente, entro il mese di ottobre, una relazione sullo stato del sistema educativo regionale.
4. La Regione svolge, inoltre, una funzione di impulso, indirizzo e coordinamento nei confronti degli enti locali, che provvedono al monitoraggio e alla valutazione nei rispettivi ambiti territoriali secondo metodologie uniformi definite d'intesa con il Nucleo regionale di valutazione del sistema educativo; promuove e sostiene l'uso, da parte delle istituzioni scolastiche e delle agenzie formative accreditate, di metodi di valutazione e autovalutazione, di rilevazione della qualità e l'acquisizione di parametri di valutazione nazionali ed europei.
Art. 10
Sistema informativo1. Allo scopo di raccogliere dati, informazioni, analisi a supporto delle decisioni in ordine alla programmazione e allo sviluppo del sistema educativo regionale, alla comunicazione e promozione dell'offerta formativa, la Giunta regionale, nell'ambito del sistema informativo regionale, istituisce e aggiorna specifici settori tematici, banche dati, repertori e anagrafi interconnesse, dedicate all'istruzione, alla formazione professionale e al lavoro.
2. La Giunta regionale istituisce in particolare, anche attraverso apposite intese con lo Stato, gli enti locali e l'Ufficio scolastico regionale, l'Osservatorio scolastico regionale, quale strumento di supporto alla programmazione degli interventi, al controllo della loro efficacia e alla prevenzione dell'abbandono e della dispersione. L'Osservatorio regionale raccoglie i dati sulle scuole di ogni ordine e grado presenti in Sardegna con relativa consistenza in alunni e classi, sull'andamento scolastico, sulla mobilità territoriale degli studenti, sulle strutture edilizie scolastiche e il loro utilizzo ed ogni altra informazione utile.
3. Per assicurare l'omogeneità della rilevazione e la condivisione delle informazioni, le province, d'intesa con la Regione, i comuni, i Centri di servizio amministrativi (CSA) e i servizi per l'impiego, istituiscono gli Osservatori scolastici provinciali, che rappresentano articolazioni dell'Osservatorio regionale.
4. Nell'Osservatorio scolastico regionale e negli Osservatori scolastici provinciali confluiscono anche i dati e le informazioni relative agli studenti frequentanti le scuole non statali e i corsi di formazione professionale iniziale secondo le modalità e i tempi definiti dalla Giunta regionale d'intesa con le province.
Titolo III
Sistema educativo regionale
Capo I
Educazione e istruzione
Art. 11
Educazione e istruzione1. La Regione promuove l'innalzamento dell'obbligo scolastico fino al diciottesimo anno di età.
2. La Regione e gli enti locali promuovono la qualità dell'educazione e dell'istruzione con l'obiettivo di sostenere nelle scuole di ogni ordine e grado lo sviluppo delle attitudini personali degli studenti, delle loro conoscenze e abilità, comprese quelle di autovalutazione e autoorientamento, dell'acquisizione di strumenti culturali e metodologici di apprendimento volti ad accrescere l'autonoma capacità critica e il senso di responsabilità personale e sociale, nonché la maturazione e l'approfondimento di competenze caratterizzanti il profilo educativo prescelto.
3. La Regione e gli enti locali garantiscono la presenza, la funzionalità e la continuità didattica della scuola, nei diversi gradi e ordini, in tutto il territorio della Sardegna; in particolare promuovono la generalizzazione dei servizi educativi e della scuola statale per l'infanzia, la presenza delle scuole primarie e secondarie specie nei quartieri periferici delle città, nei piccoli centri e nelle aree a rischio di spopolamento e soggette a fenomeni di riduzione demografica.
Art. 12
Rete scolastica1. La Regione, nell'ambito delle proprie competenze, indirizza e coordina la programmazione della rete scolastica regionale, stabilisce i criteri per l'organizzazione, compresi i parametri dimensionali delle istituzioni scolastiche autonome e, nei limiti delle disponibilità, le risorse umane e finanziarie; definisce la suddivisione del territorio regionale in zone coerenti con l'ambito territoriale delle province e funzionali al miglioramento dell'offerta formativa.
2. La Giunta regionale, per attuare la programmazione della rete scolastica regionale, promuove intese con il Ministero dell'istruzione, università e ricerca per pianificare e stabilire:
a) modalità e tempi per la determinazione e l'assegnazione da parte statale delle risorse umane e finanziarie destinate alla Regione autonoma della Sardegna;
b) forme di collaborazione tra l'Amministrazione regionale e la Direzione scolastica regionale ai fini dell'istruttoria, per la programmazione regionale, della rete scolastica e degli adempimenti per l'assegnazione e per la mobilità del personale;
c) modalità di integrazione e di condivisione dei sistemi e dei flussi informativi.
3. Le funzioni di programmazione territoriale dell'organizzazione della rete scolastica, nell'ambito delle rispettive competenze, spettano agli enti locali che provvedono secondo le modalità e i tempi definiti dall'articolo 5 e con particolare attenzione alle aree più periferiche e a rischio di spopolamento.
4. I soggetti della programmazione territoriale dell'organizzazione della rete scolastica sono le province, i comuni, singoli o associati, le istituzioni scolastiche autonome, singole o associate, delle zone di cui al comma 1.
Art. 13
Arricchimento dell'offerta formativa1. La Regione e gli enti locali, anche in concorso con risorse statali ed europee, finanziano interventi per l'arricchimento continuo dell'offerta formativa delle scuole per l'infanzia, primarie e secondarie, finalizzati a migliorare la qualità dei processi di apprendimento e di insegnamento e a prevenire la dispersione e il disagio sociale. In particolare finanziano progetti scolastici per:
a) la realizzazione di integrazioni curricolari ed extracurricolari volte ad individualizzare e innovare i percorsi formativi e renderli più rispondenti alle differenze e ai ritmi di apprendimento di ciascuno;
b) l'innovazione, la sperimentazione e la ricerca pedagogica, didattica e disciplinare, per elevare le competenze degli studenti specie in ambito scientifico, anche attraverso la predisposizioni di materiali didattici;
c) la diffusione e l'utilizzo di tecnologie informatiche e reti di telecomunicazione;
d) l'apprendimento e la conoscenza delle lingue straniere, comprese la seconda e la terza lingua comunitaria come previsto dalle direttive europee;
e) la continuità didattica tra diversi ordini e gradi di scuola;
f) la realizzazione di percorsi integrati mediante l'attivazione di reti tra le scuole, con istituti e associazioni culturali, sportive e del volontariato, con aziende pubbliche e private;
g) la realizzazione di percorsi integrati con i Centri regionali di formazione professionale e con le agenzie formative accreditate;
h) le attività di orientamento di cui all'articolo 14, e di recupero dei debiti formativi.
Art. 14
Orientamento1. Le attività di orientamento sono fina-lizzate a sviluppare le attitudini e le potenzialità individuali, a educare alla scelta a partire dalla comprensione degli interessi e delle inclinazioni degli studenti, nonché a far conoscere le opportunità professionali e occupative, anche attraverso un contatto diretto con il mondo del lavoro.
2. Le attività di orientamento sono destinate ai giovani in uscita dai vari gradi del sistema scolastico e della formazione professionale, ai giovani e agli adulti in cerca di prima o nuova occupazione, alle donne, con particolare attenzione ai problemi di inserimento lavorativo e di conciliazione dei tempi di lavoro e di cura, ai soggetti deboli sul mercato del lavoro, alle persone in situazione di svantaggio fisico, psichico e sociale.
3. La Regione e gli enti locali promuovono il potenziamento delle attività di orientamento e sostengono quelle svolte dalle istituzioni scolastiche autonome, Centri territoriali permanenti per l'istruzione e la formazione in età adulta, università, Centri regionali di formazione professionale, servizi per l'impiego, agenzie formative accreditate sulla base di progetti validati attraverso l'utilizzo di appropriate competenze specialistiche.
4. La Regione e gli enti locali, per prevenire la dispersione e il disagio giovanile e per supportare gli insegnanti, sostengono le scuole secondarie di primo e secondo grado che, attraverso accordi di rete, istituiscono sportelli di ascolto destinati ad offrire ai ragazzi e ai genitori uno spazio di ascolto e di confronto e a favorire l'interrelazione insegnanti-studenti-genitori; gli sportelli di ascolto sono gestiti da un esperto in materia di psicologia dell'educazione e da un gruppo di insegnanti referenti della scuola.
Art. 15
Valorizzazione dell'autonomia delle istituzioni scolastiche1. La Regione, a fondamento della libertà d'insegnamento e del pluralismo culturale, valorizza e sostiene l'autonomia delle istituzioni scolastiche e stabilisce, in concorso con esse, le linee generali, gli indirizzi, i requisiti e le priorità per la definizione della quota curricolare di competenza regionale.
2. La Regione e gli enti locali promuovono l'azione delle istituzioni scolastiche per il pieno e responsabile esercizio dell'autonomia, incentivano la creazione di reti e consorzi tra le autonomie scolastiche e territoriali, promuovono la costituzione di forme di rappresentanza delle istituzioni scolastiche autonome e delle loro componenti, nonché l'associazionismo del territorio e l'associazionismo professionale dei dirigenti scolastici, degli insegnanti e di tutto il personale scolastico.
3. La Regione, anche in concorso con ri-sorse statali ed europee, sostiene interventi qualificati, da realizzarsi in collaborazione con le università, per la formazione e l'aggiornamento di tutto il personale delle istituzioni scolastiche autonome.
4. La Regione contribuisce, altresì, alla concessione di borse di studio per la frequenza della Scuola speciale regionale per la formazione degli insegnanti della scuola secondaria.
Art. 16
Tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e linguistico della Sardegna1. La Regione, nell'ambito del dettato costituzionale, della Carta europea delle lingue regionali e minoritarie, della Legge 15 dicembre 1999, n. 482, e della legge regionale 15 ottobre 1997, n. 26, tutela, valorizza e sostiene, a partire dalla scuola per l'infanzia, la conoscenza del patrimonio culturale, storico, artistico, ambientale e linguistico della Sardegna, nel rispetto delle capacità linguistiche iniziali di ciascuno, operando per un loro graduale ampliamento.
2. A tal fine, la Regione definisce con proprie indicazioni gli obiettivi formativi coerenti con gli aspetti culturali e linguistici della Sardegna, ad integrazione di quelli stabiliti con legge statale, e sostiene i seguenti interventi:
a) formazione e aggiornamento degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, sia su iniziativa delle scuole che in relazione a specifici progetti regionali, da svolgersi in collaborazione con le due università della Sardegna, la Direzione scolastica regionale, l'Istituto regionale per la ricerca educativa (IRRE) e l'associazionismo professionale docente;
b) ricerca, studio, sperimentazione didattica e progettazione curricolare relativa alla quota regionale nel quadro di una gestione unitaria e integrata della formazione;
c) produzione di specifici materiali e sussidi didattici;
d) raccolta, catalogazione, diffusione in rete di quanto realizzato dalle istituzioni scolastiche, dai Centri regionali di formazione professionale e dalle agenzie formative accreditate in riferimento alla cultura materiale e immateriale e alla lingua del popolo sardo.
Art. 17
Interventi a favore dell'infanzia1. La Regione garantisce a tutti i bambini comunque presenti nel territorio regionale, dalla nascita ai sei anni, il diritto ad avere pari opportunità di cura, relazione e gioco, di educazione e istruzione e a sviluppare pienamente le loro potenzialità di apprendimento, autonomia e creatività, in un idoneo contesto affettivo, ludico e cognitivo. I nidi e le scuole per l'infanzia concorrono ai processi di educazione, socializzazione e sviluppo del bambino nel rispetto delle identità individuali, culturali e religiose.
2. A tal fine, la Regione e gli enti locali perseguono la realizzazione di un sistema integrato per l'infanzia a dimensione territoriale e promuovono:
a) la diffusione dei nidi e micronidi d'infanzia anche presso le aziende e la pubblica amministrazione;
b) la diffusione della scuola per l'infanzia, in particolare della scuola pubblica, quale parte integrante del sistema nazionale di educazione e istruzione;
c) il potenziamento dei servizi sociali e ludico-ricreativi per la prima infanzia;
d) la continuità educativa tra nido, scuola per l'infanzia e scuola primaria, anche attraverso la presenza di nidi e scuole per l'infanzia negli stessi edifici, particolarmente nelle aree soggette a fenomeni di spopolamento.
3. La Regione, attraverso i comuni, concorre a sostenere la frequenza dei bambini presso le scuole pubbliche dell'infanzia anche mediante contributi annuali per i servizi di trasporto, compresa l'attività di accompagnamento, per i servizi di mensa, per l'acquisto di materiale didattico e ludico, di attrezzature e arredi.
4. La Regione, per favorire l'abbattimen-to delle rette di frequenza in relazione alle condizioni economiche delle famiglie, eroga annualmente, attraverso i comuni, contributi per la gestione delle scuole per l'infanzia non statali e per la manutenzione straordinaria e gli arredi.
5. I nidi e le scuole per l'infanzia non statali sono ammessi al finanziamento, previa convenzione stipulata con i comuni in cui hanno sede e definita sulla base di una procedura di accreditamento predisposta dalla Giunta regionale d'intesa con il Consiglio delle autonomie locali.
6. I nidi e le scuole per l'infanzia non statali per usufruire dei contributi regionali e degli enti locali devono possedere, oltre a quelli previsti dalla legislazione statale vigente, i seguenti requisiti:
a) non avere finalità di lucro;
b) assicurare la pubblicità dei bilanci;
c) rispettare i contratti collettivi nazionali di lavoro per il personale dipendente;
d) accettare le iscrizioni di tutti i bambini senza distinzione di sesso, religione, etnia, gruppo sociale e nazionalità, di apolidi e di bambini svantaggiati, nonché garantire la piena integrazione dei bambini con disabilità;
e) definire la partecipazione degli utenti alle spese di gestione attraverso differenziazione delle quote di iscrizione e delle rette in relazione alle condizioni economiche delle famiglie e secondo parametri indicati dai comuni;
f) adottare tabelle dietetiche che prevedano l'utilizzo di prodotti non contenenti alimenti geneticamente modificati, che utilizzino prevalentemente materie prime prodotte in Sardegna e diano priorità ai prodotti ottenuti con metodi biologici;
g) destinare una quota dell'orario di lavoro del personale, pari ad almeno venti ore annuali, alle attività di aggiornamento, alla programmazione delle attività educative e alla partecipazione delle famiglie.
Art. 18
Interventi per l'integrazione delle persone con disabilità1. La Regione, di concerto con gli enti locali, i soggetti del sistema educativo, le aziende sanitarie locali e le famiglie, promuove interventi diretti a garantire il pieno esercizio del diritto all'educazione, all'istruzione e alla formazione professionale delle persone con disabilità.
2. Tali interventi sono attuati dagli enti locali e, in ottemperanza con quanto previsto dal comma 1 dell'articolo 13 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104, attivati mediante accordi di programma stipulati, nell'ambito delle rispettive competenze, fra enti locali, istituzioni scolastiche autonome, agenzie formative accreditate, aziende sanitarie locali. Sono finalizzati ad una programmazione coordinata dei servizi educativi, scolastici e della formazione professionale con quelli sanitari, sociali, culturali, sportivi e con altri servizi gestiti sul territorio da enti pubblici e privati.
3. La Regione, a garanzia dell'efficacia e del coordinamento degli interventi, istituisce un Fondo unico per l'inclusione scolastica e formativa delle persone con disabilità e in situazione di disagio, la cui gestione è programmata in maniera congiunta dagli Assessori competenti in materia di istruzione, formazione professionale e servizi sociali. Il Fondo unico è finalizzato all'attuazione del Piano educativo individualizzato (PEI), alla fornitura di servizi di trasporto speciale, di materiale didattico e strumentale in rife-rimento alle diverse abilità, nonché a personale aggiuntivo docente e non docente, compreso quello addetto all'assistenza igienico-personale delle persone con disabilità non autonome, e ad ogni altro intervento relativo all'inclusione, compresi quelli previsti dall'articolo 19.
4. Le risorse per l'inclusione scolastica sono ripartite agli enti locali in base alle competenze relative ai diversi ordini di scuola definite dal decreto legislativo n. 112 del 1998.
5. Entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale istituisce la Consulta regionale per l'inclusione scolastica e formativa, quale sede di partecipazione, rappresentanza e ascolto in materia di inclusione scolastica e formativa.
6. La Consulta regionale per l'inclusione scolastica e formativa è composta da:
a) gli Assessori regionali competenti in materia di istruzione, formazione professionale e servizi sociali;
b) due docenti indicati dalle federazioni o coordinamenti di insegnanti di sostegno accreditati presso il Ministero dell'istruzione, università e ricerca e con adeguata rappresentanza regionale;
c) due rappresentanti indicati dalle associazioni di volontariato delle disabilità, operanti sul territorio regionale e con rilevanza na-zionale;
d) due rappresentanti delle agenzie formative accreditate con sede nel territorio regionale da queste indicati;
e) due rappresentanti del Consiglio delle autonomie locali;
partecipano, previa intesa con l'ente di appartenenza, il direttore dell'Ufficio scolastico regionale, o suo delegato, due rappresentanti dei dirigenti scolastici dagli stessi individuati, due rappresentanti dei Gruppi di lavoro interistituzionali provinciali (GLIP) previsti dal comma 1 dell'articolo 15 della Legge n. 104 del 1992, dagli stessi individuati.
7. La Consulta regionale per l'inclusione scolastica e formativa è presieduta dal Presidente della Regione, o da un Assessore da lui delegato, che la convoca e si riunisce, di norma, almeno una volta l'anno.
Art. 19
Interventi per le persone in situazione di disagio1. La Regione e gli enti locali, anche in concorso con risorse statali ed europee e attraverso il Fondo unico di cui al comma 3 dell'articolo 18, sostengono interventi a favore dell'inclusione scolastica e formativa delle persone in situazione di disagio volti a garantire:
a) la continuità scolastica ed educativa fra scuola ed ospedale e fra scuola e struttura sociosanitaria, anche attraverso reti di telecomunicazione;
b) il recupero scolastico o formativo e l'orientamento di minori e adulti sottoposti a misure restrittive;
c) il recupero scolastico e il reinserimento nella formazione professionale di adolescenti con problemi di disagio sociale, psichico o collegato con dipendenze e di adulti inseriti in comunità per tossicodipendenti;
d) il pieno inserimento scolastico e la mediazione culturale per i figli di immigrati e apolidi, nel rispetto delle loro specificità etniche e culturali;
e) il pieno inserimento scolastico degli alunni della scuola primaria in situazione di disagio socio-culturale e psico-attitudinale attraverso figure di supporto agli insegnanti, quali educatori specializzati.
Art. 20
Interventi per il diritto allo studio1. La Regione e gli enti locali, in attuazione delle finalità della presente legge, promuovono servizi e interventi volti a favorire l'esercizio del diritto allo studio da parte dei giovani frequentanti le scuole pubbliche operanti nel territorio regionale, con riferimento alla capacità economica della famiglia.
2. Tali interventi e servizi comprendono, in particolare, l'erogazione di provvidenze e/o di facilitazioni per:
a) fornitura gratuita o semi gratuita dei libri di testo e fornitura di libri di testo e di sussidi didattici in comodato d'uso gratuito, anche tramite un fondo da istituire presso le singole scuole;
b) servizi di accoglienza e di mensa per gli studenti che frequentino attività didattiche pomeridiane;
c) servizi di trasporto e facilitazioni di viaggio;
d) servizi residenziali presso i convitti annessi agli istituti professionali di Stato nonché contributi per acquisto di suppellettili e attrezzature didattiche e scientifiche necessarie al funzionamento e per la gestione di mezzi di trasporto per sopralluoghi didattici e aziendali;
e) servizi residenziali presso i convitti nazionali di Cagliari e Sassari;
f) carta studenti per l'accesso facilitato alle attività e istituti culturali esistenti sul territorio;
g) borse di studio;
h) progetti di scambio interculturale.
3. I servizi di cui alle lettere a), b), c), d), e), g) e h) del comma 2 sono gestiti dal comune di residenza dello studente, a meno di accordi diversi fra più comuni interessati; quelli di cui alla lettera f) sono gestiti dalle province; gli utenti concorrono al costo con contributi rapportati alla situazione economica familiare determinata in armonia con quanto previsto dalla normativa vigente in materia di Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) e sulla base di fasce individuate dalla Giunta regionale.
4. I servizi di mensa di cui alla lettera b) del comma 2 e quelli forniti dalle agenzie formative accreditate che svolgano attività formative con contributi regionali e degli enti locali devono adottare tabelle dietetiche che prevedano l'utilizzo di prodotti non contenenti alimenti geneticamente modificati, che utilizzino prevalentemente materie prime prodotte in Sardegna e diano priorità ai prodotti ottenuti con metodi biologici.
5. Per ridurre i disagi del pendolarismo, la Regione, attraverso l'Assessorato competente in materia di trasporti, predispone annualmente entro il mese di luglio, sentiti gli enti locali e le istituzioni scolastiche in apposite conferenze di servizi, piani coordinati per il trasporto scolastico coerenti con gli orari delle attività curricolari ed extracurricolari, e favorisce l'organizzazione dei servizi di scuolabus da parte dei comuni, anche associati tra loro.
Art. 21
Borse di studio1. La Regione istituisce annualmente un Fondo speciale per borse di studio per:
a) la frequenza della scuola pubblica primaria e secondaria di primo e secondo grado, destinate agli studenti residenti nella Regione in disagiate condizioni economiche, da attribuirsi in riferimento alla situazione economica familiare determinata in armonia con quanto previsto dalla normativa vigente in materia di Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) e sulla base di fasce individuate dalla Giunta regionale;
b) solo merito, destinate a giovani residenti nella Regione, frequentanti le scuole pubbliche secondarie di secondo grado fino al completamento del percorso di istruzione, se permangono i requisiti di merito;
c) la frequenza all'estero, non superiore ad un anno scolastico, del quarto anno delle scuole secondarie di secondo grado, destinate a giovani residenti nella Regione, frequentanti la scuola pubblica e vincitori di relativa selezione per merito;
d) la frequenza ai corsi del Collegio del mondo unito di Duino Aurisina, di cui alla legge regionale 14 aprile 1987, n. 13.
2. La Giunta regionale nel Piano triennale di cui all'articolo 5, determina la misura massima e l'ammontare delle borse di studio anche differenziati per ordine e grado di scuola, i criteri di assegnazione, compresi quelli riservati agli studenti con disabilità che, oltre alle condizioni economiche familiari e al merito, tengano conto della situazione psicofisica e sensoriale individuale; a garanzia dell'uniformità di trattamento, stabilisce, inoltre, le modalità attraverso cui i comuni provvedono all'assegnazione.
Art. 22
Scambi interculturali1. La Regione stanzia annualmente contributi a favore delle scuole pubbliche primarie e secondarie per gemellaggi e scambi culturali in ambito nazionale ed internazionale, nonché per itinerari scolastici in ambito regionale mirati alla conoscenza dei beni culturali e paesaggistici della Sardegna, da destinarsi prioritariamente alla partecipazione degli studenti in condizioni economiche disagiate.
Art. 23
Edilizia scolastica1. La realizzazione, localizzazione, ampliamento e destinazione di edifici e locali assegnati o da assegnarsi alle istituzioni scolastiche autonome di ogni ordine e grado sono attuati in modo da garantire nel territorio regionale a tutti gli studenti le migliori condizioni ambientali, formative e di agibilità.
2. Tali edifici e locali devono rispondere a requisiti di funzionalità didattica, edilizia e urbanistica, di qualità architettonica e di localizzazione definiti con atto della Giunta regionale, adottato su proposta degli Assessori competenti in materia di istruzione e di lavori pubblici.
3. Per consentire il miglior utilizzo del patrimonio edilizio scolastico, la Regione e gli enti locali, nei rispettivi ambiti di competenza, promuovono:
a) l'uso comune di spazi, attrezzature, strumenti e servizi da parte di più istituzioni scolastiche;
b) l'utilizzo di edifici e locali scolastici, palestre, impianti e attrezzature, per attività extrascolastiche e culturali, sociali e sportive d'interesse pubblico, compatibilmente con l'espletamento delle attività curricolari e al di fuori dell'orario scolastico;
c) l'utilizzo di edifici scolastici, non più in uso, per attività formative, culturali, sociali e sportive d'interesse pubblico anche mediante l'affidamento temporaneo della loro gestione ad associazioni e agenzie formative accreditate, fatte salve le esigenze prioritarie delle istituzioni scolastiche.
4. Province, comuni e istituzioni scolastiche, ciascuno nel proprio ambito di competenza, definiscono mediante accordi le modalità organizzative, i criteri e gli eventuali oneri per l'utilizzo di cui alle lettere b) e c) del comma 3.
5. La Regione concorre, con proprie risorse e per mezzo degli enti locali competenti, agli interventi di manutenzione straordinaria, adeguamento alle norme di sicurezza, agibilità, igiene, abbattimento delle barriere architettoniche, ampliamento e riadattamento degli edifici scolatici delle scuole pubbliche; gli interventi sono attuati nel rispetto della qualità architettonica, della funzionalità didattica e dell'economicità.
Art. 24
Educazione degli adulti1. L'educazione degli adulti, come in-sieme di attività formative formali e non formali, ha lo scopo di favorire l'apprendimento per tutta la vita, l'ampliamento di conoscenze, abilità e competenze e il rientro nei percorsi di istruzione e formazione professionale. L'educazione degli adulti, quale azione della formazione permanente, si realizza attraverso offerte articolate e diffuse sul territorio regionale nei sistemi dell'istruzione e della formazione professionale, nel lavoro e nell'educazione.
2. La Regione e gli enti locali finanziano progetti mirati:
a) al rientro degli adulti nel sistema dell'istruzione e della formazione professionale, all'estensione delle conoscenze e all'acquisizione di specifiche competenze connesse al lavoro e alla vita sociale; tali progetti sono elaborati anche d'intesa fra istituzioni scolastiche autonome, Centri territoriali permanenti per l'istruzione e la formazione in età adulta, agenzie formative accreditate, asso-ciazioni e soggetti che operano nel campo dell'educazione non formale;
b) al recupero e al reinserimento nel percorso scolastico di coloro che non hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di primo e secondo grado;
c) all'insegnamento della lingua italiana agli stranieri immigrati per favorire il loro inserimento sociale e lavorativo;
i progetti di cui alle lettere b) e c) si realizzano in raccordo con i Centri territoriali permanenti per l'istruzione e la formazione in età adulta e le istituzioni scolastiche autonome.
3. La programmazione dell'offerta formativa per gli adulti, compresa quella relativa alle università della terza età, nel rispetto degli indirizzi regionali e sulla base della rilevazione delle esigenze del territorio, compete alle province, che promuovono a tale scopo la formazione di comitati locali composti da rappresentanze delle autonomie locali, scolastiche, universitarie, dei Centri territoriali permanenti per l'istruzione e la formazione in età adulta, dei Centri regionali di formazione professionale, delle agenzie formative accreditate, degli operatori locali nel campo dell'educazione non formale.
Art. 25
Università della terza età1. La Regione, nell'ambito delle attività volte all'arricchimento del patrimonio culturale e alla partecipazione sociale degli adulti, riconosce alle università della terza età un ruolo rilevante nel campo dell'offerta dell'educazione non formale e promuove il loro raccordo con le università sarde e con i Centri territoriali permanenti per l'istruzione e la formazione in età adulta.
2. La Regione concorre alle spese di funzionamento e di svolgimento delle attività istituzionali delle università della terza età con finanziamenti annuali assegnati alle province che ne definiscono le modalità di erogazione e controllo.
3. Nel Piano triennale di cui all'articolo 5, la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore competente in materia di istruzione, definisce i criteri per il riconoscimento e per l'ammissione ai finanziamenti alle università della terza età.
Art. 26
Direzione regionale dell'istruzione1. Presso l'Assessorato regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport è istituita, ai sensi del comma 1 dell'articolo 12 e del comma 1 dell'articolo 13 della legge regionale 13 novembre 1998, n. 31, la direzione generale dell'istruzione.
2. La direzione generale dell'istruzione si articola in servizi ed ulteriori unità organizzative ai sensi degli articoli 12 e 13 della legge regionale n. 31 del 1998.
Capo II
Istruzione e formazione professionale
Art. 27
Istruzione e formazione professionale1. La Regione e gli enti locali, per favorire l'arricchimento dell'offerta formativa e l'interazione tra apprendimento teorico e applicazione concreta, nonché lo sviluppo della cultura tecnica, scientifica e professionale, sostengono interventi di integrazione fra l'istruzione e la forma-zione professionale, basati sulla valorizzazione degli specifici apporti e competenze e sul reciproco riconoscimento dei crediti. Tali interventi si realizzano nella scuola secondaria di secondo grado, nell'istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS), nei percorsi universitari anche successivi alla laurea e nell'educazione degli adulti.
2. I percorsi integrati nella scuola secondaria di secondo grado sono attuati su iniziativa delle istituzioni scolastiche autonome ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, mediante accordi tra le istituzioni scolastiche autonome e le agenzie di formazione professionale accreditate.
3. Tali accordi si basano su progetti formativi flessibili, anche individualizzati, con attenzione a metodologie didattiche innovative e comprendenti l'accoglienza, l'orientamento, lo svolgimento di tirocini, l'utilizzo di laboratori specializzati e l'uso di nuove tecnologie; recepiscono nelle linee essenziali i progetti didattici di cui al comma 4, e definiscono i responsabili delle attività, le modalità della valutazione dei risultati e del rilascio dei crediti, riconosciuti da entrambi i sistemi.
4. I progetti didattici, definiti d'intesa tra i docenti dell'istruzione e della formazione professionale, devono:
a) essere coerenti con l'indirizzo dell'istituzione scolastica di riferimento;
b) contenere discipline ed attività inerenti sia la formazione culturale generale sia le aree tecniche interessate;
c) indicare gli obiettivi formativi e le competenze necessarie a far conseguire il riconoscimento dei crediti formativi acquisiti nell'istruzione e nella formazione professionale;
d) prevedere altresì interventi di recupero e di reinserimento degli studenti che non portano a termine il percorso intrapreso.
Art. 28
Istruzione e formazione tecnica superiore1. I percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) sono caratterizzati da un'offerta formativa integrata fra università, scuole secondarie di secondo grado, agenzie formative accreditate ed imprese, tra loro associate; sono destinati a giovani e adulti, occupati e inoccupati, in possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado o previo riconoscimento delle competenze acquisite in precedenti percorsi di istruzione, formazione professionale e lavoro, per un periodo complessivo non inferiore a quattro anni e successivi all'assolvimento dell'obbligo scolastico.
2. La Regione, sulla base dei programmi di sviluppo economico, sentito il Comitato regionale per l'IFTS istituito in riferimento agli accordi della Conferenza unificata, individua, d'intesa con il Consiglio delle autonomie locali, i profili professionali di formazione post-secondaria non universitaria. In coerenza con i profili professionali individuati e allo scopo di integrare gli interventi relativi all'istruzione, formazione professionale, lavoro, ricerca scientifica e trasferimento tecnologico, d'intesa con il Ministero dell'istruzione, università e ricerca e nel quadro degli accordi nazionali, promuove l'istituzione dei poli formativi territoriali anche a carattere interregionale e dei poli formativi per l'IFTS riferiti a specifici settori produttivi.
3. La Regione istituisce, per il cofinanziamento necessario all'attuazione dei percorsi di IFTS, un fondo regionale la cui gestione è affidata all'Assessorato competente in materia di istruzione che definisce, anche sulla base degli accordi nazionali, le tipologie dei corsi e le modalità di rilascio delle qualifiche.
4. La definizione degli indirizzi e dei criteri per la certificazione dei crediti, nel rispetto degli standard minimi definiti a livello nazionale, compete al Comitato regionale per l'IFTS, che si riunisce almeno due volte durante il periodo di attuazione dei percorsi.
Art. 29
Libretto formativo del cittadino1. Agli studenti, all'atto della prima i-scrizione presso le istituzioni scolastiche o i corsi di formazione professionale, viene rilasciato il libretto formativo del cittadino che indica i titoli, le qualifiche e le certificazioni conseguite, nonché gli attestati di frequenza a percorsi dell'educazione non formale, le competenze ed i crediti formativi documentati a qualunque titolo acquisiti. Le competenze non formalizzate da titoli sono certificate dalle istituzioni scolastiche ed eventualmente integrate attraverso i Centri territoriali permanenti per l'istruzione e la formazione in età adulta.
2. Il libretto formativo del cittadino viene reso disponibile anche in formato elettronico e interconnesso ai settori tematici dedicati all'istruzione, alla formazione professionale e al lavoro, nell'ambito del sistema informativo di cui all'articolo 10.
3. La Giunta regionale, nell'ambito degli accordi nazionali, definisce le caratteristiche del libretto formativo del cittadino e le modalità di rilascio.
Capo III
Formazione professionale
Art. 30
Formazione professionale1. La formazione professionale, quale strumento per lo sviluppo economico, sociale e di politica attiva del lavoro, è un servizio pubblico che predispone e attua un'offerta diversificata di opportunità formative professionalizzanti, coerente con le politiche di sviluppo dell'Isola e con la Strategia europea per l'occupazione (SEO) e finalizzata a potenziare la coesione sociale e territoriale, a ridurre il divario tra domanda e offerta del mercato del lavoro e diffondere la cultura del fare impresa e del lavoro.
2. La formazione professionale tende ad offrire a ciascuno secondo le proprie aspirazioni, attitudini, conoscenze ed esperienze di lavoro, un innalzamento delle competenze e delle conoscenze professionali, attraverso la qualificazione, la riqualificazione, la specializzazione e la riconversione professionale e si ispira ai criteri dell'occupabilità, dell'adattabilità delle competenze e della motivazione all'imprenditorialità.
3. La programmazione regionale in ma-teria di formazione professionale assicura il raccordo della formazione professionale con l'istruzione e il mercato del lavoro, con le politiche attive del lavoro e con i servizi per l'impiego così come disciplinati dalla legge regionale n. 20 del 2005 e persegue l'integrazione dei relativi interventi con le politiche del lavoro, di coesione sociale e dei servizi alla persona.
4. La Giunta regionale, nell'ambito del Piano triennale di cui all'articolo 5, definisce, in particolare:
a) gli standard regionali per la formazione professionale;
b) i profili formativi;
c) i criteri e le modalità per il riconoscimento, la valutazione e la certificazione delle competenze e dei crediti, spendibili nei vari sistemi.
5. La Giunta regionale individua, inoltre, annualmente, nel rispetto dell'unitarietà metodologica tra contenuti tecnologici, scientifici e culturali, le tipologie di iniziative formative, distinte per settori economici e comparti produttivi, raggruppate su base provinciale e i criteri per la ripartizione delle risorse finanziarie tra le province, garantendo prioritariamente la formazione iniziale rivolta ai giovani.
6. La formazione professionale viene at-tuata mediante attività di formazione iniziale, superiore e continua così come individuate dall'articolo 39 della legge regionale n. 20 del 2005 e realizzate dai Centri regionali di formazione professionale e dalle agenzie formative accreditate. La Regione e le province assicurano un'offerta formativa articolata sul territorio.
Art. 31
Formazione iniziale1. La formazione iniziale è finalizzata al conseguimento di una qualifica professionale o all'abilitazione professionale utile all'inserimento nel mercato del lavoro e per l'accesso ai livelli successivi della formazione professionale.
2. La formazione iniziale si articola in percorsi di carattere orientativo e professionalizzante rivolti ai giovani di età compresa tra i 16 e i 18 anni e in percorsi di natura professionalizzante rivolti a inoccupati, disoccupati, soggetti svantaggiati ed a rischio di esclusione sociale, in entrambi i percorsi almeno il 35 per cento del monte ore è destinato alla formazione culturale generale.
3. La Regione stabilisce i requisiti di ac-cesso alla formazione professionale iniziale, anche caratterizzandoli in funzione dell'età, che non può essere inferiore ai 16 anni, e dei diversi profili formativi individuati in riferimento alle politiche regionali di sviluppo.
4. I giovani, residenti in Sardegna, frequentanti i corsi di formazione iniziale, usufruiscono delle agevolazioni previste per gli studenti di cui al comma 2 dell'articolo 20; ai giovani disabili viene garantito il sostegno di un docente formatore con funzioni di tutore.
Art. 32
Formazione superiore1. La formazione superiore è finalizzata alla specializzazione professionale, si realizza nei livelli successivi alla formazione iniziale ed è rivolta alle persone in possesso di qualifica professionale, diploma di scuola secondaria di secondo grado o universitario, anche mediante gli interventi di cui all'articolo 28.
2. La formazione superiore si articola in:
a) percorsi volti all'acquisizione di una qualifica di secondo livello o di specializzazione destinati a persone in possesso di qualifica professionale di primo livello;
b) percorsi volti all'acquisizione di una specializzazione post diploma o post laurea.
3. La Regione, anche in collaborazione con le università, promuove percorsi di alta formazione superiore integrata con forte caratterizzazione professionalizzante e può finanziare, sulla base di progetti formativi volti all'acquisi-zione di specifiche esperienze, borse di studio destinate a giovani diplomati e laureati che frequentino percorsi formativi o stage nel territorio dell'Unione europea presso aziende pubbliche o private ad alto contenuto tecnologico o presso amministrazioni pubbliche che abbiano sviluppato iniziative di rilevante interesse regionale.
Art. 33
Formazione continua1. La formazione continua è finalizzata all'adeguamento delle competenze, alla qualificazione, al perfezionamento, alla riqualificazione e alla specializzazione ed è rivolta alle persone a qualsiasi titolo occupate. Può essere richiesta dal lavoratore ovvero essere predisposta dall'azienda, attraverso i piani formativi aziendali ovvero essere programmata sulla base di accordi territoriali concordati con le parti sociali.
2. La Regione e le province, al fine di accrescere la rispondenza e l'efficacia degli interventi, promuovono campagne d'informazione e sensibilizzazione dei lavoratori e degli imprenditori.
3. La Regione promuove il raccordo con i soggetti paritetici gestori dei fondi interprofessionali per la formazione continua e finanzia:
a) progetti presentati dalle aziende per la formazione dei lavoratori che, sulla base di accordi contrattuali, prevedano quote di riduzione dell'orario di lavoro per il periodo formativo;
b) l'erogazione di assegni formativi individuali per gli interventi di formazione richiesti direttamente dai lavoratori.
4. La Regione, anche in collaborazione con le agenzie formative accreditate o con le università, promuove l'attivazione assegni formativi destinati ai lavoratori nell'ambito dei contratti di apprendistato professionalizzante e per l'alta formazione di cui all'articolo 38 della legge regionale n. 20 del 2005.
Art. 34
Formazione nella pubblica amministrazione1. La Regione individua nella formazione del personale della pubblica amministrazione lo strumento con cui ottimizzare l'organizzazione amministrativa e qualificare la capacità professionale degli operatori pubblici, per renderla adeguata alle esigenze economiche e sociali del territorio, all'efficacia e all'efficienza dell'azione amministrativa e migliorare la qualità dei servizi ai cittadini.
2. La Regione e gli enti locali possono stipulare accordi con le università sarde per realizzare percorsi di formazione altamente qualificati rivolti al personale delle amministrazioni pubbliche.
3. La Regione, anche in collaborazione con le università sarde, promuove l'istituzione della Scuola regionale della pubblica amministrazione che può costituire Centro regionale di eccellenza di cui all'articolo 40.
Art. 35
Qualità del servizio1. La Regione persegue l'obiettivo di qualificare il sistema della formazione professionale. A tale scopo la Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare, definisce gli standard di qualità della formazione professionale e ne assicura il controllo, il monitoraggio, la valutazione; in particolare definisce:
a) i requisiti, differenziati per disciplina e per tipologia corsuale, necessari per l'accesso all'insegnamento;
b) i profili formativi e le qualifiche professionali nonché i criteri e le modalità per l'autorizzazione ed il rilascio delle certificazioni di competenza;
c) le linee guida per la valutazione degli apprendimenti e delle competenze acquisite dagli utenti della formazione professionale anche al fine di selezionare le agenzie formative in ragione di un accreditamento per poli specialistici.
2. La Regione persegue il riconoscimento nazionale ed europeo dei titoli, delle qualifiche e delle certificazioni di competenze; individua le equipollenze tra i diversi percorsi formativi e i requisiti richiesti per le certificazioni spendibili in ambito nazionale, impegnandosi, inoltre, a rispettare gli standard europei funzionali alla libera circolazione delle certificazioni all'interno dell'Unione europea.
3. La Regione, nell'ambito delle proprie competenze e della legislazione statale vigente, sostiene le attività di qualificazione del personale della formazione professionale.
Art. 36
Accreditamento regionale1. Le attività di formazione professionale sono informate a requisiti di qualità, efficienza, efficacia ed economicità e sono realizzate dai Centri regionali di formazione professionale e dagli altri soggetti accreditati.
2. L'accreditamento è l'atto attraverso il quale la Regione riconosce la possibilità a soggetti pubblici e privati di svolgere attività formativa nel territorio regionale; ha durata biennale ed è correlato al mantenimento dei requisiti che ne hanno determinato il conseguimento.
3. Il modello di accreditamento, nel rispetto dei livelli essenziali definiti dalla normativa nazionale, determina i requisiti minimi di qualità in relazione alle capacità didattiche, alle funzioni di governo, di gestione del processo e di prodotto, nonché dei luoghi individuati per l'erogazione delle attività formative.
4. Possono richiedere l'accreditamento i soggetti che svolgono attività formative in maniera prevalente e che, indipendentemente dalla loro natura giuridica, si impegnino a svolgerle, qualora utilizzino risorse pubbliche, senza scopo di lucro.
5. La Giunta regionale, nel rispetto dei principi di trasparenza, parità di trattamento e proporzionalità, sentita la competente Commissione consiliare, definisce il modello e la procedura di accreditamento e in particolare:
a) i requisiti necessari riferiti al soggetto e alla sede formativa, le relative modalità di controllo e verifica del mantenimento degli stessi;
b) la procedura di accreditamento, i motivi e le modalità di sospensione e di revoca;
c) le modalità di tenuta e pubblicizzazione dell'elenco dei soggetti accreditati;
d) i requisiti e le modalità per l'accreditamento delle istituzioni scolastiche, delle università, nonché dei Centri regionali di formazione professionale.
6. Tutti i soggetti all'atto della richiesta dell'accreditamento sono tenuti a versare un contributo non inferiore ai 200 euro quale copartecipazione alle spese istruttorie, di controllo e di verifica; tale contributo verrà determinato annualmente con apposito atto della Giunta regionale.
Art. 37
Attività formative autofinanziate1. La Regione, in coerenza con gli indirizzi della programmazione regionale e provinciale dell'offerta formativa, può riconoscere singoli corsi e attività formative autofinanziate organizzate e svolte da enti, istituzioni, imprese o privati, operanti in ambito regionale, a condizio-ne che:
a) il progetto formativo e il piano finanziario siano preventivamente approvati dal competente Assessorato;
b) la Regione sia ammessa al controllo tecnico e didattico delle attività in svolgimento e svolte;
c) siano prestate idonee garanzie fideiussorie in ordine allo svolgimento e alla conclusione del corso e delle attività proposte;
d) l'agenzia formativa sia accreditata.
2. Il riconoscimento di tali iniziative non dà diritto ad alcun contributo da parte della Regione e i compensi della commissione esaminatrice sono in capo al soggetto proponente.
Art. 38
Accertamento delle competenze professionali e certificazione dei percorsi formativi1. La Regione, per garantire il riconoscimento e la certificazione delle competenze acquisite, utilizzabili anche come crediti formativi, promuove accordi con i soggetti del sistema educativo regionale e con le parti sociali per la definizione delle procedure per il riconoscimento, la certificazione e l'individuazione degli ambiti di utilizzazione delle competenze, comprese quelle acquisite nel mondo del lavoro, utilizzabili come crediti per i percorsi formativi e per il riconoscimento delle qualifiche.
2. La Regione, al termine delle attività formative e a seguito dell'accertamento dei risultati conseguiti, mediante commissioni di esame nominate secondo i criteri indicati nel comma 4, rilascia le certificazioni professionali di qualifica o di specializzazione.
3. Le certificazioni sono valide ai fini del collocamento, dell'avviamento al lavoro e dell'inquadramento aziendale; possono costituire, altresì, titolo per l'ammissione ai pubblici concorsi.
4. Con decreto dell'Assessore regionale competente sono stabiliti i criteri, rapportati alle diverse tipologie dei percorsi formativi, per la composizione delle commissioni esaminatrici, ai cui componenti competono i compensi e le in-dennità previste dalla normativa vigente in materia.
Art. 39
Albo regionale dei formatori1. È istituito l'Albo regionale dei formatori comprendente il personale docente della formazione professionale, strutturato per aree disciplinari omogenee e articolato in otto sezioni provinciali e con specifica area riservata ai formatori di sostegno e ai tutor per gli allievi con disabilità.
2. La Giunta regionale stabilisce i requisiti e le modalità per l'iscrizione, la tenuta e l'aggiornamento dell'Albo di cui al comma 1. L'inserimento nell'Albo è condizione per l'insegnamento nel sistema della formazione professionale e non comporta alcun onere a carico dell'Amministrazione regionale.
3. Le agenzie formative accreditate che dispongano nel proprio organico di personale docente e non docente già iscritto all'Albo di cui alla legge regionale 13 giugno 1989, n. 42, o assunto a tempo indeterminato, sono tenute a garantire prioritariamente l'utilizzo dello stesso anche attraverso processi di riconversione o mobilità nel territorio all'interno della stessa agenzia o verso altre agenzie o enti.
4. Le agenzie formative sono tenute a garantire l'applicazione del contratto collettivo di lavoro della formazione professionale; qualora le agenzie formative accreditate e i Centri regionali di formazione professionale non dispongano in organico delle professionalità necessarie per le attività finanziate con risorse pubbliche, utilizzano prioritariamente il personale docente e non docente già iscritto all'Albo della legge regionale n. 42 del 1989 e, in subordine, il personale inserito nell'Albo regionale dei formatori a cui deve essere riconosciuto lo stesso trattamento economico e giuridico previsto dal Contratto collettivo nazionale di lavoro della formazione professionale.
5. Le agenzie formative accreditate e i Centri regionali di formazione professionale per interventi richiedenti personale altamente qualificato o le cui professionalità non siano ricomprese nell'Albo possono, previa autorizzazione, utilizzare personale non iscritto all'Albo regionale dei formatori, nel rispetto di quanto stabilito dalla lettera b) del comma 1 dell'articolo 35.
6. In fase di prima applicazione possono ottenere l'iscrizione i formatori con esperienza documentata e continuativa di almeno cinque anni di insegnamento nell'ambito della formazione professionale; possono ottenere l'iscrizione i docenti abilitati inseriti nelle graduatorie provinciali permanenti dell'istruzione.
Art. 40
Centri regionali di eccellenza1. La Regione promuove la specializza-zione delle agenzie formative per settori e comparti produttivi. A tal fine può riconoscere Centri regionali di eccellenza nella formazione professionale finalizzati al sostegno di professioni strategiche per lo sviluppo di comparti produttivi di interesse regionale e per la salvaguardia del patrimonio storico, artistico e ambientale.
2. Tali Centri possono essere costituiti dai Centri regionali di formazione professionale e dalle Agenzie formative accreditate o loro consorzi, anche tramite accordi e convenzioni con le università, gli enti locali, gli istituti di ricerca scientifica e tecnologica e le imprese; con apposito atto della Giunta regionale sono indicati i requisiti, i criteri e le modalità per il ricono-scimento.
3. La Regione può riservare ai Centri regionali di eccellenza nella formazione professionale riconosciuti specifici interventi formativi.
Art. 41
Distretti formativi1. La Regione promuove la costituzione di reti formative distrettuali in raccordo con tutti i soggetti pubblici e privati operanti nel sistema educativo e del lavoro, allo scopo di razionalizzare e sostenere l'integrazione dell'offerta formativa con le politiche del lavoro, in coerenza con le potenzialità di sviluppo e la vocazione economico-sociale dei territori, anche nell'ottica di sviluppo di filiere produttive.
2. I distretti formativi devono prevedere percorsi integrati di orientamento, istruzione, formazione professionale e inserimento lavorativo.
3. La Giunta regionale, sentite le province e i comuni dei territori interessati, individua i distretti formativi, tenuto conto della programmazione regionale e territoriale e le modalità di finanziamento.
Art. 42
Carta dei diritti e dei doveri degli utenti della formazione professionale1. In riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, e alla normativa vigente in materia di carta dei servizi, la Giunta regionale predispone una Carta regionale dei diritti e dei doveri degli utenti della formazione professionale.
2. La Carta regionale dei diritti e dei doveri degli utenti della formazione professionale definisce, in particolare, i principi fondamentali per la regolamentazione dei rapporti fra corsisti e agenzie formative, le modalità di iscrizione e selezione per l'ammissione ai corsi, i requisiti di accesso alle provvidenze; le agenzie formative adottano proprie carte dei servizi conformandosi ai principi della Carta regionale, pena la revoca dell'accreditamento.
3. A garanzia del rispetto della Carta regionale dei diritti e dei doveri degli utenti della formazione professionale, è nominato con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, il Garante della formazione professionale, scelto tra persone di comprovata competenza ed esperienza nel campo della formazione professionale o della tutela dei diritti; con l'atto di nomina sono stabiliti la durata del mandato, le ipotesi di rinuncia e di decadenza, i compiti, l'indennità.
4. Il Garante della formazione professionale presenta alla Giunta regionale una relazione annuale sullo stato di attuazione della Carta regionale dei diritti e dei doveri degli utenti della formazione professionale.
Titolo IV
Disposizioni transitorie e finali
Art. 43
Decorrenza e abrogazioni1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna.
2. A decorrere dall'entrata in vigore della presente legge sono abrogate le seguenti disposizioni e leggi regionali:
a) legge regionale 19 giugno 1950, n. 14 (Istituzione e arredamento di scuole materne);
b) legge regionale 9 agosto 1950, n. 43 (Concessione di contributo per studi, pubblicazioni e borse di studio a studenti dotati di particolari capacità);
c) legge regionale 10 novembre 1950, n. 57 (Provvedimenti per incrementare l'istituzione preelementare e l'assistenza infantile);
d) legge regionale 20 dicembre 1950, n. 72 (Istituzione ed incremento di scuole materne);
e) articolo 1, articolo 3 e successive modificazioni ed integrazioni, articolo 4, articolo 5, lettere e), f), g) e h) dell'articolo 6, lettere e), f) e g) dell'articolo 7, articolo 9, articolo 10, articolo 11, articolo 12, articolo 13, articolo 14 della legge regionale 25 giugno 1984, n. 31 (Nuove norme sul diritto allo studio e sull'esercizio delle competenze delegate);
f) legge regionale 14 aprile 1987, n. 13 (Istituzione di borse di studio per il Collegio del mondo unito di Duino-Aurisina);
g) legge regionale 22 giugno 1992, n. 12 (Interventi a sostegno della "terza età" in Sardegna) e successive modificazioni e integrazioni;
h) comma 10 ("Trenino verde della Sardegna") dell'articolo 5 della legge regionale 24 aprile 2001, n. 6 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - legge finanziaria 2001);
i) lettera l) del comma 3 dell'articolo 13 ("Borse di studio per la frequenza di scuole medie superiori Associazione sarda Intercultura") e successive modificazioni e integrazioni della legge regionale 29 aprile 2003, n. 3 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - legge finanziaria 2003).
3. Ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e sino alla loro conclusione, continuano ad applicarsi le leggi regionali previgenti, ancorché abrogate dal comma 2.
Art. 44
Norma finanziaria1. Le spese previste per l'attuazione del-la presente legge a carico del bilancio della Regione, e che sono da considerarsi aggiuntive a quelle previste per il diritto allo studio trasferite agli enti locali ai sensi della lettera b) del comma 3 dell'articolo 4 della legge regionale 1 giugno 1993, n. 25, sono valutate in euro 125.516.000 per l'anno 2006, in euro 65.609.000 per l'anno 2007 ed in euro 65.416.000 per l'anno 2008 e successivi; ad esse si fa fronte come segue:
a) quanto ad euro 111.503.000 per l'anno 2006, ad euro 50.763.000 per l'anno 2007 e ad euro 50.253.000 per l'anno 2008 e successivi, con le risorse già destinate agli interventi previsti dalle leggi regionali di cui si dispone l'abrogazione con l'articolo 43;
b) quanto ad euro 14.013.000 per l'anno 2006, ad euro 15.143.000 per l'anno 2007 e ad euro 15.163.000 per l'anno 2008, con le variazioni di cui al comma 2.
2. Agli oneri derivanti dalla applicazione della presente legge si fa fronte, altresì, con le risorse assegnate dallo Stato per le funzioni dallo stesso trasferite o delegate in materia e con risorse regionali che verranno iscritte con decreto dell'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio a termini della vigente normativa.
3. Nel bilancio della Regione per gli an-ni 2006-2008 sono introdotte le seguenti variazioni:
in diminuzione
UPB
Fondo per i nuovi oneri legislativi di parte corrente
2006 euro 13.760.000
2007 euro 15.140.000
2008 euro 15.160.000
mediante pari riduzione della riserva di cui alla voce _________ della tabella A allegata alla legge finanziaria.
in aumento
11- PUBBLICA ISTRUZIONE
UPB S11.015
Interventi per la tutela e valorizzazione della lingua e della cultura sarda - Servizio 02
2006 euro 500.000
2007 euro 500.000
2008 euro 500.000
UPB S11.059
Interventi per il diritto allo studio - spese correnti - Servizio 07
2006 euro 3.700.000
2007 euro 5.080.000
2008 euro 5.100.000
UPB S11.062
Istruzione dell'obbligo e superiore - Servizio 07
2006 euro 2.000.000
2007 euro 2.000.000
2008 euro 2.000.000
UPB NI
Educazione degli adulti - Servizio 07
2006 euro 500.000
2007 euro 800.000
2008 euro 800.000
UPB S11.071
P.O.R. 2000-2006 - Asse 3 - Formazione integrata e universitaria e altri interventi comunitari - Servizio 07
2006 euro 1.000.000
2007 euro 1.000.000
2008 euro 1.000.000
UPB NI
Monitoraggio e valutazione - Servizio 07
2006 euro 60.000
2007 euro 60.000
2008 euro 60.000
UPB NI
Sistema informativo, osservatori scolastici, libretto del cittadino - Servizio 07
2006 euro 400.000
2007 euro 100.000
2008 euro 100.000
UPB NI
Formazione del personale scolastico - Servizio 07
2006 euro 2.000.000
2007 euro 2.000.000
2008 euro 2.000.000
UPB NI
Attività di orientamento - Servizio 07
2006 euro 1.000.000
2007 euro 1.000.000
2008 euro 1.000.000
UPB NI
Fondo unico per l'inclusione scolastica e formativa delle persone con disabilità e in situazione di disagio - Servizio 07
2006 euro 2.600.000
2007 euro 2.600.000
2008 euro 2.600.000
4. Le spese per l'attuazione della presente legge gravano sulle UPB del bilancio della Regione per gli anni 2006-2008 e sulle corrispondenti UPB dei bilanci per gli anni successivi.