CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII LEGISLATURA

DISEGNO DI LEGGE N. 173

presentato dalla Giunta regionale su proposta dell'Assessore della difesa dell'ambiente,
DESSÌ 

il 5 ottobre 2005

Disposizioni in materia di pesca


RELAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE

I radicali mutamenti che hanno attraversato tanto l'ordinamento italiano con la riscrittura del titolo V della Costituzione (Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), quanto l'ordinamento comunitario di riferimento, con la riforma della politica comune della pesca e la proposta di revisione dell'attività di pesca nel Mediterraneo, sono alla base dell'azione del Governo regionale volta a tracciare le linee generali di intervento del settore nel breve periodo attraverso l'adozione di specifiche disposizioni normative.

 

Le conseguenze di tali riforme a livello statale e comunitario sono, per il futuro, straordinarie sia per l'esigenza di definire un raccordo istituzionale proficuo, sia soprattutto per il rigore che permea la politica comunitaria che muove con decisione in base a principi di precauzione sul prelievo di risorse estremamente severi.

 

Ciò incide in modo significativo sull'operatività dei pescatori e sull'entità degli aiuti finanziari alle stesse imprese.

 

La materia pesca è ormai, secondo il dettato dell'articolo 117 della Costituzione, di competenza regionale: ciò conferma e accresce il ruolo di una Regione ad autonomia speciale, quale è appunto la Sardegna, con competenza esclusiva nelle acque territoriali e destinataria di ruoli ancora più importanti secondo quanto previsto dal comma 3 dell'articolo 116 della stessa Costituzione.

 

In tale situazione e nella prospettiva di una messa a regime del nuovo quadro istituzionale, il governo della materia deve essere pieno: ciò deve riguardare tutto il sistema delle imprese di pesca orientato alla responsabile gestione delle risorse biologiche del mare, in questo favorita non soltanto dal ruolo istituzionale e dalla consolidata gestione della materia in oltre 50 anni di esercizio della potestà legislativa, ma anche dalla particolare conformazione del territorio dell'Isola che, sotto il profilo di ecosistema, si presenta in termini di unicità ed indipendenza.

 

La riforma della politica comune della pesca incentra ormai, tra gli altri obiettivi, la sua affermazione nei principi di una pesca sostenibile, ovvero di uno sfruttamento rapportato alla disponibilità effettiva delle risorse. Su tale prospettiva si inquadra da un lato la modifica dei regolamenti di aiuto al settore e dall'altro e di conseguenza la recente riforma degli aiuti di Stato entrata in vigore alla fine del 2004.

 

Ancora, e nella prospettiva di breve periodo, occorre tenere conto delle indicazioni del nuovo strumento finanziario d'intervento, il Fondo europeo per la pesca (FEP) per il periodo di programmazione 2007-2013.

 

A ciò consegue una riconsiderazione dello sforzo di pesca (capacità della flotta in termini di tonnellaggio e potenza) che non può non vedere nel ruolo della Regione il centro di riferimento essenziale e imprescindibile quanto meno nelle acque territoriali.

 

Anche la riforma della pesca nel Mediterraneo e la posizione strategica della Sardegna, sempre come unità ecosistemica indipendente dalle posizioni di altre regioni, accresce l'esigenza di affermare il ruolo pieno del governo regionale in materia.

 

Ciò anche, come indicato nel piano di azione comunitario della pesca nel mare Mediterraneo, nella prospettiva della gestione di un'area di giurisdizione esclusiva, da affermare quantomeno, nelle attuali acque territoriali e nella prospettiva, ancora più importante, di un'estensione del limite delle acque territoriali o nella creazione di zone di pesca riservate.

 

Anche alcuni principi dei decreti legislativi n. 153 e n. 154 del 26 maggio 2004, emanati dal Governo in attuazione della legge delega 7 marzo 2003, n. 38, che non intaccano la potestà legislativa della Regione, ma sono da assumere a principi dell'ordinamento, aprono ad una nuova figura dell'imprenditore ittico che allarga ruolo ed operatività dell'impresa di pesca attraverso il riconoscimento della multifunzionalità del settore.

 

Questi pochi concetti, senza voler esaurire la complessità e l'importanza di tutte le altre tematiche connesse all'attuazione di questa riforma, inducono, in vista dell'adozione di misure organiche di settore, mediante una opportuna revisione ed un adeguamento della legge regionale 26 marzo 1999 (già approvata dal Consiglio, ma rinviata dal Governo) a riconsiderare la disciplina vigente, alla luce dei principi generali contenuti in tali strumenti ed orientare la Giunta all'adozione di provvedimenti straordinari e urgenti comunque indispensabili a disciplinare la transizione.

 

La fase preparatoria di revisione generale della materia, ivi compreso il decentramento di funzioni agli enti locali, in aderenza ai principi che saranno affermati dalla riscrittura dello Statuto, deve essere in primo luogo preceduta ed accompagnata da una serie di norme necessarie a saldare i due quadri istituzionale e normativo.

 

Con il presente disegno di legge si intende di fatto, al fine di non creare vuoti legislativi e regolamentari, recepire (Capo I), per quanto ancora non normato con legge e regolamento regionale, la vigente legislazione nazionale con particolare riferimento alla disciplina dell'attività, come previsto dalla Legge 14 luglio 1965, n. 963 e dal relativo regolamento di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica n. 1637 del 1968).

 

Specifica rilevanza viene data all'adozione di particolari misure di gestione con la previsione di disposizioni regolamentari di adeguamento da parte dell'Assessorato, ed inoltre, articolo 3, è prevista la predisposizione del Piano regionale della pesca quale strumento operativo e gestionale del settore in raccordo con la programmazione nazionale e comunitaria.

 

Il Capo II costituisce, da un punto di vista gestionale, una svolta importante nell'applicazione del cosiddetto fermo biologico, discendente peraltro dal dettato normativo della legge regionale 22 dicembre 1998, n. 34. Tale norma ha previsto l'articolazione del fermo per aree geografiche omogenee, e prospetta quindi sostanziali novità negli interventi di ripopolamento nella fascia marino-costiera al cui obiettivo è mirata la sospensione dell'attività di pesca.

 

L'articolazione del fermo per aree geografiche si pone, di fatto, come banco di prova per sperimentare la capacità delle marinerie ad attivare un'azione comune (di autoregolamentazione delle attività e degli attrezzi da pesca e di autocontrollo delle attività), in grado di perseguire risultati certi e responsabili nella gestione delle risorse ittiche.

 

Nella prospettiva, di più ampio spettro, della regolamentazione organica dell'attività di pesca la sperimentazione dell'autogestione è assunta a riferimento nell'istituzione di distretti di pesca (ovvero della devoluzione ad appositi organi di gestione dei pescatori associati o imprese di pesca), dei diritti esclusivi di pesca in determinate aree geografiche.

 

Si tratta di una vera e propria apertura istituzionale al ruolo imprenditoriale ed alle responsabilità dei pescatori, principali attori della gestione, anche con riferimento a scelte di fondo (volontarietà ed obbligatorietà del fermo, istituzione di zone di ripopolamento nella fascia marino costiera).

 

Tenuto conto dell'esigenza di utilizzare questo strumento essenziale da un punto di vista biologico e socio-economico si rende necessario conformarlo agli orientamenti comunitari sul regime di aiuti del settore.

 

Il piano di ripopolamento è pertanto connotato e sostenuto, anche ai fini del controllo dei risultati, da rigorose motivazioni scientifiche e si pone come supporto e integrazione del Piano nazionale delle risorse ittiche adottato dal Ministero per le politiche agricole e forestali.

 

La misura degli incentivi è fissata in termini quantitativi secondo quanto previsto dalla legge regionale n. 34 del 1998 e sarà poi definita sulla base delle limitazioni introdotte dalle misure di gestione delle attività di pesca di cui all'articolo 5.

 

Il Capo III integra il sistema degli aiuti alle imprese definito da ultimo con la legge regionale 23 giugno 1998, n. 19.

 

L'articolo 8 ridefinisce la tipologia degli aiuti che tiene conto di quanto già previsto dalla legge regionale n. 19 del 1998 e dalle modifiche introdotte dal Regolamento comunitario n. 2792 del 1999, e successive integrazioni, sia per quanto riguarda la tipologia degli interventi sia il tasso di contribuzione.

 

In particolare, assume rilevanza come soggetto beneficiario l'imprenditore ittico, figura introdotta dal decreto legislativo n. 154 del 2004 e le attività integrative che connotano la multifunzionalità del settore, quali il pescaturismo e l'ittioturismo.

 

Trattasi di importanti misure, riconducibili nel concetto di diversificazione dell'attività di pesca fatto proprio dalla regolamentazione comunitaria e, da ultimo, nella proposta di Regolamento del Fondo europeo per la pesca (FEP) relativo al periodo di programmazione 2007-2013.

 

In tale prospettiva di sostegno vengono ammessi a finanziamento gli interventi strutturali preposti dagli imprenditori per l'esercizio di tali attività complementari e comunque necessari a diversificare lo sforzo di pesca.

 

Con le disposizioni di cui al Capo IV si intende ridefinire la base giuridica per affrontare la questione di garanzie sociali del comparto dell'economia ittica modificando ed integrando le fattispecie d'intervento del Fondo di solidarietà in materia di pesca.

 

La diminuita disponibilità di risorse pescabili unitamente alla crisi che ancora attanaglia, sotto l'aspetto ambientale, gli ecosistemi della fascia marino costiera, le garanzie e i sacrifici che al mondo della pesca vengono richiesti sia per gli aspetti di conservazione (riserve marine, fauna marina protetta - ma predatrice -, cormorani e delfini comunque condizionanti il sistema produttivo della pesca marittima e lagunare), sia per la sottrazione di aree vaste ad altri usi (servitù militari) unitamente alle conosciute condizioni meteo marine avverse che limitano le giornate di lavoro dei pescatori, impongono evidentemente l'obbligo di affrontare su basi più articolate e rispondenti il complesso delle misure di sostegno attivabili.

 

Per tali prospettive il disegno di legge intende comunque superare l'attuale ambito operativo (interventi di sostegno in presenza di eccezionali eventi calamitosi) sotto un duplice profilo, procedurale e di contenuto.

 

Sotto il primo aspetto occorre passare, superando il vincolo delle previsioni annuali di spesa, all'istituzione di un vero e proprio fondo di solidarietà con dotazione autonoma e gestione specifica, comunque assicurata da procedure di spesa più rispondenti.

 

In secondo luogo, occorre ampliare la fattispecie di intervento.

 

Sono state incluse nell'applicazione del fondo non solo le fattispecie quali eventi di calamità naturale, ma anche i danni arrecati dalla fauna marina protetta (cormorani e delfini) di cui all'articolo 9 della legge regionale 22 luglio 1991, n. 25, ed altri specifici aiuti in caso di morte o invalidità del pescatore per incidente.

 

È inoltre necessario raccordare l'intervento della Regione a quanto previsto dal Fondo nazionale della pesca in attesa che, nelle intese Stato-Regione, sia definita la gestione diretta delle risorse statali della stessa Regione.

 

In tale contesto rientra il possibile trasferimento alla Regione del sistema degli aiuti per le limitazioni imposte dalle servitù militari. In tale modo la misura degli ammortizzatori sociali, per il complesso delle richiamate limitazioni della pesca, deve trovare unitarietà di applicazione in funzione della gestione delle risorse (riduzione delle giornate di pesca).

 

Per quanto riguarda la copertura finanziaria (Capo V) occorre fare riferimento in questa fase alle disponibilità finanziarie previste nel disegno di legge di bilancio approvato dalla Giunta e segnatamente:

- legge regionale n. 19 del 1998

UPB S05.048

Cap. 05184         euro                    500.000

- legge regionale n. 34 del 1998

UPB S05.046

Cap. 05146         euro                 8.000.000

- legge regionale n. 14 del 2000

UPB S05.046

Cap. 05149         euro                    900.000

 

Il finanziamento per la predisposizione del Piano regionale della pesca trova copertura nella disponibilità del Cap. 05187 - UPB S05.048 come già deliberato dalla Giunta regionale il 30 dicembre 2004 (delibera n. 54/23).

 

 

TESTO DEL PROPONENTE

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TESTO DELLA COMMISSIONE

Capo I
Disposizioni generali

Art. 1
Finalità


1. Le presenti norme disciplinano, ad in-tegrazione di quanto disposto dalla legge regio-nale 7 marzo 1956, n. 37 (Disposizioni relative all'esercizio di funzioni in materia di pesca), in via transitoria, le funzioni amministrative di competenza della Regione in materia di pesca fino all'emanazione di norme organiche di revi-sione della vigente legislazione regionale, avuto riguardo alle disposizioni della Legge Costitu-zionale 18 ottobre 2001, n. 3, ed in armonia con i principi della riforma della politica comune della pesca.

   

Art. 2 
Applicazione della normativa statale in materia di pesca 

1. Per quanto non espressamente disciplinato con legge regionale e da norme regolamentari regionali, si applicano le disposizioni statali in materia di pesca con particolare riferimento alle vigenti disposizioni della Legge 14 luglio 1965, n. 963 (Disciplina della pesca marittima), e successive modifiche ed integrazioni e al relativo regolamento di attuazione approvato con decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n. 1639.  

2. L'Assessore della difesa dell'ambien-te, sentito il comitato tecnico consultivo della pesca, può, con proprio decreto, emanare norme integrative e correttive della suddetta regolamentazione al fine di adeguarla al progresso delle conoscenze scientifiche ed applicazioni tecnologiche e per conformare la stessa alle prescrizioni previste dalla regolamentazione comunitaria.

   

Art. 3
Piano regionale della pesca e dell'acquacoltura 

1. La Regione, in attuazione dei principi e delle finalità ispiratori della presente legge ed al fine di raccordare la programmazione regionale agli obiettivi dei programmi nazionali e comunitari, adotta il Piano regionale triennale della pesca e dell'acquacoltura, in seguito denominato Piano. 

2. Per il raggiungimento delle finalità di cui al comma 1 il Piano è articolato in:

a) una parte generale concernente lo stato del settore pesca e acquacoltura in Sardegna;
 

b) una parte specifica concernente gli obiettivi del comparto;
 

c) una parte economica concernente l'indicazione delle risorse del bilancio e la ripartizione delle stesse tra i diversi settori d'intervento.

 

3. Il Piano deve tenere conto dei sottospecificati obiettivi:

a) perseguire la durabilità delle risorse ittiche per le generazioni presenti e future e la tutela della biodiversità;

b) perseguire lo sviluppo sostenibile e la valorizzazione della produzione della pesca, dell'acquacoltura e delle attività connesse, così come definite dalle pertinenti leggi, anche attraverso la promozione dei piani di gestione delle risorse ittiche e dei programmi di sviluppo dell'acquacoltura adottati dalle associazioni, organizzazioni di produttori e consorzi riconosciuti in conformità con le norme comunitarie;

c) sviluppare le opportunità occupazionali, il ricambio generazionale delle attività economiche e delle tutele sociali anche attraverso l'incentivazione della multifunzionalità, la promozione della cooperazione, dell'associazionismo e delle iniziative in favore dei lavoratori dipendenti;
 

d)tutelare il consumatore in termini di rintracciabilità dei prodotti ittici, valorizzazione della qualità della produzione nazionale e della trasparenza informativa;
 

e) tutelare la concorrenza sui mercati internazionali e la razionalizzazione del mercato interno;
 

f) sviluppare la ricerca scientifica applicata alla pesca e all'acquacoltura secondo i principi della programmazione nazionale della ricerca;
 

g) semplificare le procedure amministrative relative ai rapporti tra imprese ittiche e pubbliche amministrazioni, anche attraverso l'istituzione di organismi per lo svolgimento di servizi al settore;


h) promuovere l'aggiornamento professionale e la divulgazione dei fabbisogni formativi del comparto della pesca e dell'acquacoltura ed i conseguenti interventi di formazione continua e permanente.

   

Capo II 
Misure gestionali 

 Art. 4
Istituzione dei distretti di pesca

1. Al fine di ottenere uno sfruttamento sostenibile delle risorse e per contenere l'impatto della pesca sulla conservazione degli ecosistemi marini per le finalità di cui all'articolo 17 del Regolamento n. 2371/CE del 2002 del Consiglio del 20 dicembre 2002, le attività di pesca nelle acque situate entro le dodici miglia nautiche dalle linee di base soggette alla giurisdizione della Regione sono riservate alle imbarcazioni che tradizionalmente svolgono l'attività in dette acque, fatto salvo il diritto di accesso previsto dallo stesso articolo. 

2. Per il raggiungimento degli obiettivi di cui al comma 1 e in attuazione del disposto della legge regionale n. 37 del 1956 e del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1965, n. 1627 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Sardegna in materia di pesca e saline sul demanio marittimo e nel mare territoriale), l'Assessore della difesa dell'ambienta, con appositi decreti da emanare entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge sulla base dei dati scientifici relativi allo sforzo di pesca in atto e alla consistenza delle risorse biologiche, sentito il comitato tecnico-consultivo regionale della pesca, provvede a suddividere il litorale e le acque territoriali antistanti il territorio della Sardegna in distretti di pesca; la suddivisione è volta:

a) all'ottimale utilizzazione delle risorse attraverso la razionalizzazione dello sforzo di pesca esercitato dalle imprese di pesca iscritte nei compartimenti marittimi della Sardegna;

b) alla razionale utilizzazione degli spazi disponibili a terra per le attività di pesca e acquacoltura;

c) all'eliminazione preventiva di usi conflittuali del mare e del litorale della Sardegna. 

3. I decreti sono corredati ed integrati da apposita cartografia. 

4. I distretti di pesca possono essere modificati con le stesse modalità indicate nei commi precedenti, in concomitanza con la formazione del Piano regionale della pesca di cui all'articolo 3.

   

Art. 5
Interventi per la protezione e la gestione delle risorse acquatiche 

1. Al fine di regolare lo sforzo di pesca sulla base della consistenza delle risorse biologiche del mare, l'Assessore della difesa dell'ambiente, per le finalità di cui al capitolo II del Regolamento n. 2371/CE del 2002, tenuto conto delle indicazioni della ricerca scientifica, adotta un Piano di protezione delle risorse acquatiche per gli anni 2005-2007 attraverso l'adozione di misure volte a migliorare la sostenibilità della pesca marittima anche mediante interruzioni tecniche dell'attività di pesca, limitazione delle catture, limitazione del numero e del tipo dei pescherecci autorizzati ad operare, prescrizioni tecniche sugli attrezzi da pesca, sulle zone di divieto e sulla protezione delle zone "nursery". 

2. Il Piano regionale concorre al perseguimento degli obiettivi del Piano nazionale delle risorse acquatiche per gli anni 2004-2006 adottato dal Ministero per le politiche agricole e forestali, tenuto conto delle peculiarità biologiche del mare della Sardegna e secondo le modalità di attuazione previste nella presente legge.  

3. L'interruzione dell'attività di pesca, che può essere obbligatoria, riguarda le imbarcazioni iscritte nei compartimenti marittimi della Sardegna e che abbiano base operativa nell'isola; essa può riguardare tutti o parte dei distretti di pesca come individuati all'articolo 4. 

4. In dipendenza dell'adozione del Piano di protezione delle risorse acquatiche, sono riconosciute, a favore dei membri dell'equipaggio dei pescherecci interessati alle limitazioni dell'attività di pesca, misure di accompagnamento a carattere sociale, a compensazione del mancato reddito conformemente a quanto previsto dal paragrafo 6 dell'articolo 12 del Regolamento n. 2792/CE del 1999 del Consiglio del 17 dicembre 1999, nella misura prevista dai commi 5 e 6 dell'articolo 1 della legge regionale 22 dicembre 1998, n. 34 (Nuove norme di attuazione sul fermo biologico).  

5. Il Piano di protezione, ove riguardante uno o più distretti, può essere affidato ad appositi organismi di gestione costituiti tra le imprese di pesca. 

6.  Le modalità tecniche di attuazione della misura, ivi compresa l'entità delle compensazioni per le limitazioni dell'attività di pesca, sono adottate con decreto dell'Assessore della difesa dell'ambiente, sentito il comitato tecnico-consultivo regionale della pesca.

   

Capo III
Aiuti agli investimenti delle imprese
di pesca e acquacoltura

 Art. 6
Finalità degli aiuti 

1. Per il perseguimento delle finalità di cui alla legge regionale 23 giugno 1998, n. 19 (Disposizioni per l'attuazione degli interventi finanziari dell'Unione europea in materia di pesca e acquacoltura e disposizioni varie), l'Amministrazione regionale è autorizzata a concedere aiuti per investimenti nelle imprese di pesca e acquacoltura, finalizzati a:

a) ridurre i costi di produzione;
 

b) migliorare e riconvertire la produzione e incrementare la qualità;
 

c) tutelare e migliorare l'ambiente naturale, le condizioni di igiene negli allevamenti ittici;
 

d) promuovere la diversificazione delle attività nelle imprese di pesca e acquacoltura.

   

Art. 7
Beneficiari degli aiuti

1. Possono beneficiare degli aiuti gli imprenditori ittici, come definiti all'articolo 6 del decreto legislativo 26 maggio 2004, n. 154 (Modernizzazione del settore pesca e dell'acqua-coltura, a norma del comma 2 dell'articolo 1 della Legge 7 marzo 2003, n. 38), le imprese, singole o associate, operanti in Sardegna, a condizione che possano comprovare, mediante valutazione delle prospettive:

a) redditività;

b) possesso di conoscenze e competenze professionali adeguate.

   

Art. 8
Investimenti ammessi a finanziamento 

1. Sono ammessi a finanziamento i sottoindicati interventi:

a) ammodernamento pescherecci;


b) acquacoltura;


c) trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura;


d) attrezzature porti da pesca;


e) promozione;


f) interventi sulla piccola pesca costiera;


g) azioni realizzate dagli operatori del settore;


h) misure socio-economiche a sostegno della riconversione e della diversificazione delle attività di pesca.

 

2. Oltre agli interventi di cui al comma 1 sono ammesse a finanziamento le spese relative alle iniziative connesse alla pesca. Si considerano connesse alle attività di pesca, purché non prevalenti rispetto a queste ed effettuate dall'imprenditore ittico mediante l'utilizzo di prodotti provenienti in prevalenza dalla propria attività di pesca, ovvero di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'impresa ittica, le seguenti attività:

a) imbarco di persone non facenti parte dell'equipaggio su navi da pesca a scopo turistico-ricreativo, denominata "pescaturismo";


b) attività di ospitalità, ricreative, didattiche, culturali e di servizi, finalizzate alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e vallivi delle risorse della pesca e dell'acquacoltura, e alla valorizzazione degli aspetti socio-culturali delle imprese ittiche e di acquacoltura, esercitata da imprenditori, singoli o associati, attraverso l'utilizzo della propria abitazione o di struttura nella disponibilità dell'imprenditore stesso, denominata "ittioturismo";


c) prima lavorazione dei prodotti del mare e dell'acquacoltura, la conservazione, la trasformazione, la distribuzione e la commercializzazione, nonché le azioni di promozione e valorizzazione.

 

3. Alle opere ed alle strutture destinate all'ittioturismo si applicano le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 19 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nonché al comma 2 dell'articolo 24 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), relativamente all'utilizzo di opere provvisionali per l'accessibilità ed il superamento delle barriere architettoniche.  

4. L'imbarco di persone di cui alla lettera a) del comma 2, è autorizzato dall'autorità marittima dell'ufficio di iscrizione della nave da pesca secondo le modalità fissate dalle disposizioni vigenti. Le attività di cui alle lettere a) e b) del comma 2 devono essere svolte in un rapporto di connessione e di complementarietà con l'attività di pesca e di acquacoltura che deve essere principale. 

5. Le attività di pescaturismo e di ittioturismo sono disciplinate con apposito decreto dell'Assessore della difesa dell'ambiente, fatte salve le autorizzazioni necessarie per l'agibilità delle imbarcazioni e l'idoneità degli impianti delle infrastrutture da parte dei competenti organi. 

6. Ulteriori investimenti ammessi a finanziamento:

a) acquisto e installazione a bordo di pescherecci di dispositivi elettronici di localizzazione (Blue box) che consentano ad un centro di controllo per la pesca di sorvegliare a distanza le imbarcazioni;


b) acquisto di deterrenti acustici a norma del regolamento n. 812/CE del 2004 del Consiglio del 26 aprile 2004 che stabilisce misure relative alla cattura accidentale di cetacei nell'ambito della pesca;


c) iniziative complementari e di diversificazione dell'attività di pesca e di acquacoltura quali:


1)  la ristrutturazione e la diversificazione delle attività economiche;


2)  la promozione della pluriattività;


3)  la valorizzazione dei prodotti locali;


4)  le piccole infrastrutture legate al pescaturismo e all'ittioturismo;


5)  il sostegno alla cooperazione interregionale e transnazionale;


6)  l'acquisizione delle competenze necessarie per l'elaborazione di strategie di sviluppo locali.

   

Art. 9
Tipo e intensità degli aiuti
 

1. Il contributo pubblico per le azioni di cui all'articolo 8, ricomprese nelle previsioni di intervento del Regolamento n. 2792/CE del 1999 e successive modifiche ed integrazioni, è determinato secondo l'allegato IV dello stesso Regolamento. 

2. Gli interventi previsti al comma 6 dell'articolo 8 sono finanziati nel seguente modo:

a) le azioni di cui alle lettere a) e b) fino al 100 per cento dei costi ammissibili;


b) le azioni di cui alla lettera c) fino al 60 per cento dei costi ammissibili.

   

CAPO IV
Aiuti per danni da calamità naturali o eventi eccezionali

 Art. 10
Fondo di solidarietà regionale della pesca

 

1. È istituito il Fondo di solidarietà regionale della pesca le cui risorse sono destinate alla concessione da parte dell'Assessorato regionale della difesa dell'ambiente, in caso di calamità naturali o di avversità meteomarine ovvero ecologiche di carattere eccezionale, i cui effetti abbiano inciso sulle strutture o abbiano compromesso i bilanci economici delle imprese e delle cooperative della pesca, a titolo di primo intervento, di contributi a copertura del danno, a favore dei pescatori singoli o associati, che abbiano subito gravi danni e si trovino in particolari condizioni di bisogno per la ripresa produttiva delle proprie aziende. 

2. Si considera compromesso un bilancio aziendale qualora il danno provocato incida nella misura del 20 per cento sul fatturato medio delle imprese nei tre anni precedenti l'evento. 

3. È consentito un aiuto fino al 60 per cento per compensare i danni materiali subiti. 

4. Il compito del Fondo è inoltre quello di:

a) contribuire, entro i limiti previsti dalla disciplina comune sugli aiuti di stato in materia di pesca e di acquacoltura, al pagamento dei premi relativi ai contratti di assicurazione, stipulati da imprese di pesca o di acquacoltura, che abbiano per oggetto rischi connessi ad eventi ambientali o atmosferici per:

1) il risarcimento dei danni subiti da strutture aziendali a causa dell'insieme delle avversità atmosferiche;

2) il risarcimento dei danni subiti dalle produzioni a causa dell'insieme delle avversità atmosferiche, in grado di incidere in misura superiore all'ordinario sulla produzione;

3) il risarcimento dei danni subiti da determinate produzioni a causa di eventi atmosferici o ambientali o di inquinamento;

b) concedere indennizzi:

1) ai concessionari della pesca nelle zone umide ed agli acquacoltori per danni provocati alla produzione ittica nelle aree umide e negli impianti di allevamento intensivo dalla fauna selvatica protetta;

2) ai pescatori marittimi per i danni arrecati alle attrezzature retiere dalla fauna marina protetta. 

5. I criteri e le modalità tecniche di attuazione del Fondo sono fissati con decreto dell'Assessore della difesa dell'ambiente, sentito il comitato tecnico consultivo della pesca. 

6. Agli effetti della presente legge, sono equiparati ai pescatori gli acquacoltori in acque marine e salmastre, i molluschicoltori ed i mitilicoltori, nonché i soggetti che esercitano l'attività di acquacoltura di cui alla Legge n. 102 del 1992 (Norme concernenti l'attività di acquacoltura).

7. L'Assessore della difesa dell'ambiente sentiti le Università della Sardegna o gli istituti scientifici operanti nel settore, sulla base di accertamenti disposti ed effettuati in relazione ad indicatori obiettivi di ordine biologico, ambientale ed economico, dichiara entro trenta giorni dalle segnalazioni, l'esistenza di eccezionale calamità naturale o di avversità meteomarina ovvero ecologica e la relativa incidenza degli stessi eventi sulle strutture o sui bilanci economici delle imprese di cui al comma 1. 

8. Qualora i danni subiti a seguito degli eventi calamitosi di cui comma 1 siano in tutto o in parte ripianati con l'erogazione di fondi da parte di altri enti pubblici o compagnie assicuratrici, la corresponsione dei contributi previsti ha luogo solo fino alla concorrenza dell'eventuale differenza.

9. La dotazione del fondo di cui al comma 1, nel limite del 5 per cento delle somme complessive disponibili, può essere destinata dall'Assessorato della difesa dell'ambiente al finanziamento di ricerche scientifiche concernenti l'impatto degli eventi calamitosi sulle attività produttive danneggiate. 

10. Il pagamento dei contributi in favore dei soggetti danneggiati è disposto dall'Assessorato della difesa dell'ambiente anche eventualmente mediante apertura di credito a favore dei comuni nel cui territorio si è verificato l'evento.  

11. Le risorse stanziate nel fondo permangono nello stesso sino al loro completo utilizzo, conseguentemente non trovano applicazione i termini di impegnabilità e di pagamento disposti dalla vigente legge di contabilità.

   

Capo V
Disposizioni varie 

 Art.11
Abrogazione di norme

 

1. All'atto di entrata in vigore della presente legge, sono abrogati:

a) l'articolo 10 della legge regionale 19 luglio 2000, n. 14 (Attuazione del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, sulla tutela delle acque dall'inquinamento, modifica alle leggi regionali 21 settembre 1993, n. 46 e 29 luglio 1998, n. 23 e disposizioni varie);

b) la legge regionale n. 34 del 1998, ad esclusione dei commi 5 e 6 dell'articolo 1.

   

Art. 12
Copertura finanziaria 

1. Agli oneri derivanti dall'applicazione degli articoli 3, 5, 8, 10, valutati in complessivi euro 9.650.000, si fa fronte:

a) per quelli di cui all'articolo 3, determinati in euro 150.000, per l'anno 2005, a valere sulle disponibilità sussistenti in conto dell'UPB S05.048;

b) per quelli di cui all'articolo 5, determinati in euro 8.000.000, per l'anno 2005, a valere sulle risorse già destinate agli interventi di cui alla legge regionale n. 34 del 1998, iscritte in conto dell'UPB S05.046;

c) per quelli di cui all'articolo 8, determinati in euro 500.000,00, per l'anno 2005, a valer sulle risorse già destinate agli interventi di cui alla legge regionale 19 del 1998 ed iscritte in conto dell'UPB S05.048;

d) per quelli di cui all'articolo 10, determinati in euro 900.000, per l'anno 2005, con le risorse stanziate in conto dell'UPB S05.046.

2. Alla determinazione degli oneri per gli anni successivi si provvede con legge finanziaria.

   

Art. 13 
Entrata in vigore 

1. La presente legge è notificata alla Commissione europea e le disposizioni in essa contenute in materia di aiuti di stato entrano in vigore dopo l'approvazione della Commissione stessa.