CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII LEGISLATURA

DISEGNO DI LEGGE N. 153

presentato dalla Giunta regionale
su proposta dell'Assessore dei lavori pubblici, MANNONI, di concerto con l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione, DADEA
 

il 5 luglio 2005

Disposizioni in materia di risorse idriche e bacini idrografici


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 RELAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE

1. Premesse  

Le risorse idriche, certamente strategiche per il mantenimento degli standard qualitativi e quantitativi delle condizioni sociali ed economiche di una società, rappresentano il fattore limitante per qualsiasi proiezione di sviluppo. Da esse non si può più prescindere per qualsiasi pianificazione seria di sviluppo economico, sia per una esigenza di maggiore disponibilità che per una necessità, ormai incontrovertibile, di conservazione. 

La gestione delle risorse idriche ha assunto, infatti, una serie di valenze, tutte elevate, non più isolabili, ma concatenate una con l'altra. Gestire una risorsa idrica è una operazione di sistema complesso ed integrato, che deve soddisfare una serie di variabili, autonome, ma non indipendenti tra loro.

D'altra parte una completa analisi degli aspetti istituzionali in materia di risorse idriche non può che richiamare il concetto di governo delle acque sotto il profilo dei suoi usi, della loro difesa dagli inquinamenti e della difesa del territorio dalle acque stesse. 

Oggi la disciplina delle acque non è più vista come un tempo nella logica del privilegio degli usi produttivi della risorsa, ma rientra in una visione più complessiva delle politiche ambientali secondo gli indirizzi dei documenti comunitari. 

Infatti l'ordinamento comunitario arricchisce i contenuti della nostra legislazione nazionale, specie quella più recente (vedi Legge 18 maggio 1989, n. 183 "Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo", Legge 5 gennaio 1994, n. 36 "Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo" e decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 "Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole), pur dotata di una visione di ampio respiro sulla base di principi estremamente innovativi, ma potenziandone i contenuti in tema di precauzione, di azione preventiva, di razionalizzazione e recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali e delle risorse, e del principio chi inquina paga. 

Con il presente disegno di legge la Giunta regionale intende dare compiuta attuazione, rendendola attuale, allo spirito ed alla lettera della Legge n. 183 del 1989, recante norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo, colmando un ritardo ormai più che decennale nei confronti delle altre Regioni. 

Contestualmente si da l'avvio concreto all'applicazione di quanto previsto dalla direttiva n. 2000/60/CE della Comunità europea "che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque" e sancisce il principio dell'uso ambientalmente ed economicamente sostenibile della risorsa acqua. In tale materia la Regione Sardegna anticiperebbe, al contrario, le altre regioni, alcune delle quali stanno già elaborando specifici progetti, mentre solo la Lombardia ha formalmente legiferato su alcuni aspetti nel 2003. 

Una razionale gestione delle risorse idriche deve poter assicurare:

a) l'uso multiplo, irriguo, potabile, industriale, idroelettrico, nonché usi non direttamente produttivi, quali il deflusso vitale degli alvei a valle degli invasi, la conservazione delle zone umide e quant'altro occorrente alla conservazione degli ecosistemi naturali; quest'uso è conflittuale, fra i vari settori, ognuno con ratio e logiche diverse, connesse ad esigenze e a "disponibilità a pagare" differenti, da armonizzare e rendere compatibili con la quantità e la qualità delle risorse disponibili;
b) la sostenibilità degli usi della risorsa, nel senso che, acclarato che essa non è illimitata, e peraltro degradabile, occorre agire nel principio che l'attuale stock di risorsa deve essere utilizzato con l'obiettivo primario per il quale, soddisfatti gli usi delle attuali generazioni, bisogna conservarla integra per quelle future;
c) un uso sostenibile sotto l'aspetto finanziario ed economico, razionalizzando tutte le operazioni di gestione: dall'approvvigionamento, all'adduzione, alla distribuzione e alla depurazione, in modo da poter applicare sistemi tariffari che, salvaguardando i costi di gestione, possano approdare a tariffe compatibili con gli usi;
d) un riequilibrio territoriale fra le zone ove l'acqua "si produce" e le zone ove l'acqua "si consuma";
e) una specializzazione strutturale e funzionale dei soggetti gestori, diversificando fasi di gestione tra soggetti conflittuali, ognuno dei quali tende a fare gli interessi del proprio comparto d'uso, disinteressandosi degli altri concorrenti. 

Il comparto potabile, con la Legge n. 36 del 1994, ha avviato a risoluzione il problema, accentrando, per quanto possibile, in ambiti territoriali ottimali l'uso dell'acqua, e i soggetti gestori con cicli gestionali autonomi. Pur tuttavia, tale comparto, quando utilizza acque provenienti da schemi idrici plurimi, deve acquistare risorse da immettere nel proprio ciclo gestionale. 

Non esiste invece una Legge "Galli" per l'uso agricolo o per l'uso industriale, anche se sarebbe auspicabile una più specifica legge per questi settori, che definisca compiti, aspettative, doveri e quanto necessario per una corretta gestione, che eviti sprechi, compensi i costi, rispetti gli usi conflittuali.  

Va comunque sottolineato che, anche nell'ipotesi che si possa dar luogo a leggi di razionalizzazione idrica di ciascun comparto, rimane sempre il problema che ciascuno di essi non può essere assolutamente autonomo, dipendendo, per gran parte dei loro fabbisogni, da risorse approvvigionabili in schemi multipli. Questo, del resto, avrà sempre maggiore frequenza, a mano a mano che le risorse diminuiscono ed aumentano gli usi: le risorse idriche potenziali si presteranno sempre di più ad essere economicamente utilizzabili, con il progresso tecnico, con la maggiore disponibilità a pagare un bene così prezioso. 

La proposta di un corpo organico di norme di legge di riordino dell'uso delle risorse idriche in Sardegna, all'interno del quale definire anche il modello organizzativo della gestione dell'approvvigionamento idrico primario, che interessa le infrastrutture e le fonti di approvvigionamento per gli usi multipli della risorsa, deve tenere conto delle specifiche caratteristiche fisiche ed amministrative della Regione Sardegna e della necessità di adeguare la normativa regionale all'evoluzione legislativa che negli ultimi anni si è avuta in questa materia a livello nazionale e comunitario.  

Il modello del sistema di approvvigionamento primario deve essere coerente con la strutturazione organizzativa del Servizio idrico integrato, conseguente alla recente costituzione dell'Autorità d'ambito, unica per l'intera regione, che rappresenta il concreto avvio della gestione industriale del servizio per usi civili, come previsto dalla Legge n. 36 del 1994 e dalle leggi regionali n. 29 del 1997 e n. 15 del 1999. 

2. Coerenza con le indicazioni programmatiche

Si citano alcuni passi di riferimento dei principali documenti programmatici che guidano l'azione di governo al fine di consentire l'analisi della coerenza del presente disegno di legge con gli indirizzi stabiliti. 

Paragrafo 5. Le istituzioni per lo sviluppo
5.1 Una Regione europea in un sistema integrato delle autonomie 

"Le riforme saranno orientate a ricondurre l'apparato regionale alle dimensioni e alle forme organizzative indispensabili per esercitare le funzioni unitarie di governo del sistema, trasferendo tutte le altre alle autonomie locali. Si procederà alla ristrutturazione delle funzioni (oggi esercitate da assessorati ed enti) sulla base di criteri di unificazione, accorpamento, semplificazione; gli enti non più necessari saranno soppressi e le relative funzioni non trasferite direttamente agli enti locali saranno gestite da apposite agenzie regionali, snelle ed efficienti." 

Paragrafo 3. Infrastrutture immateriali e materiali
3.6 Sistema idrico
 

"L'analisi degli aspetti infrastrutturali e di ricerca dell'equilibrio del bilancio idrico deve essere accompagnata da un importante e urgente intervento che affronti gli aspetti istituzionali, organizzativi e finanziari. Gli indirizzi strategici che devono guidare tale azione possono essere così sintetizzati:

  • Governo pubblico dell'acqua che metta in capo alla Regione la responsabilità delle scelte strategiche in ordine ai diversi usi cui è destinata la risorsa, garantendo l'assunzione di decisioni partecipate e trasparenti.

  • Definizione di un Piano generale di sviluppo che inquadri le idroesigenze nell'ambito degli indirizzi di politica economica e di assetto del territorio.

  • Razionalizzazione e riordino delle competenze, sia dei soggetti gestori del sistema primario multisettoriale che dei soggetti gestori dei segmenti settoriali, mediante una riforma organizzativa degli enti preposti.

  • L'affidamento in tempi rapidi della gestione del servizio idrico integrato (Legge Galli) a Società a totale capitale pubblico, cui spetta il compito di razionalizzare e rendere efficiente il settore. Solo in seguito si valuterà il ruolo che potrà essere affidato al capitale privato.

  • Riordino delle concessioni idriche per uso multisettoriale che assegnino le risorse perseguendo l'interesse pubblico.
    Definizione di una struttura delle tariffe che supporti le azioni di governo delle risorse. 

Un importante fattore che deve accompagnare il processo di riforma e che ne determina anche l'urgenza è costituito dall'entrata in vigore della direttiva del Parlamento Europeo. Questa direttiva istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di "acque" (2000/60/CE) che all'articolo 9 (Tariffazione e recupero dei costi dei servizi idrici) impegna gli Stati membri ad assicurare che entro il 2010 "i diversi settori economici, operando quantomeno una distribuzione fra impieghi a fini domestici, industriali ed agricoli, contribuiscano equamente al completo recupero dei costi dei servizi idrici...". In una regione svantaggiata come la Sardegna ciò porterebbe, nello stato attuale, a dei costi all'utenza non sostenibili. Tuttavia la stessa direttiva prevede che 'al riguardo gli Stati membri possono tener conto delle ripercussioni sociali, ambientali ed economiche derivanti dal recupero nonché delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle regioni in questione'.
La Regione Sardegna deve pertanto al più presto predisporre un 'Piano di Gestione dei bacini idrografici' (articolo 13 della direttiva), individuando nel contempo un'autorità competente alla sua attuazione, da sottoporre all'attenzione dello Stato con riferimento 'all'attuazione di sistemi di tariffazione tali da incentivare il raggiungimento degli obiettivi ambientali della presente direttiva ed in merito al contributo dei vari settori economici al completo recupero dei costi dei servizi idrici' (articolo 9, comma 2).
Tale occasione è fondamentale per attivare una procedura che consenta di coprire parte dei costi dei servizi idrici con la fiscalità generale, in relazione alla necessità di annullare lo svantaggio che, nella situazione attuale, deriverebbe per gli utenti sardi da una rigida applicazione della direttiva.
Tale possibilità di parziale copertura dei costi deve tuttavia essere inserita all'interno di un sistema tariffario che deve essere capace di fornire precisi incentivi a favore della conservazione e del risparmio della risorsa, per contribuire a raggiungere, anche per questa via, una gestione sostenibile della risorsa idrica."
 

Dal Documento di Programmazione Economica e Finanziaria 2005-2007:
Paragrafo 7. Reti e infrastrutture
7.3. Risorse Idriche 

"Un obiettivo concreto è la riforma del settore, imposta del resto dall'entrata in vigore della direttiva n. 2000/60/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque. Essa costituisce il pilastro fondamentale per la promozione dell'uso sostenibile delle risorse idriche nei prossimi decenni.

Gli obiettivi di sviluppo, gestione e utilizzo razionale delle risorse idriche saranno perseguiti con un complesso di misure operative, tra cui:

  • individuare i bacini idrografici presenti nel territorio e assegnarli al distretto idrografico della Sardegna per il quale deve essere individuata un'autorità competente;

  • effettuare l'analisi delle sue caratteristiche, l'esame dell'impatto delle attività umane sulle acque e l'analisi economica dell'utilizzo idrico;

  • predisporre un piano di gestione e un programma operativo che tenga conto dei risultati delle analisi e degli studi preliminari di settore;

  • incentivare gli utenti a usare le risorse idriche in modo efficiente attraverso politiche dei prezzi e garantire che i vari comparti dell'economia diano un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi per l'ambiente e le risorse;

  • introdurre meccanismi di riequilibrio del sistema tariffario in relazione alla sostenibilità delle stesse tariffe per l'utente finale;

  • definire il bilancio idrico e l'analisi dell'economia idrica;

  • procedere alla revisione delle concessioni con carattere sistematico e generalizzato, sia per evitare contenziosi nei confronti di diritti acquisiti connessi con specifici impegni convenzionali, sia per riconsiderare complessivamente gli equilibri tra gli usi;

  • definire basi di dati statistiche aggiornate in modo puntuale e sistematico.

Gli obiettivi e le misure operative indicate possono essere conseguiti attraverso interventi di carattere legislativo, la pianificazione e la definizione delle regole operative, i programmi infrastrutturali. Di particolare importanza è la definizione di un corpo organico di leggi e regolamenti che consenta di rendere efficace l'azione di governo della risorsa acqua da parte dell'Amministrazione Regionale e che stabilisca un adeguato modello organizzativo del servizio di gestione de sistema idrico multisettoriale.
Per quel che riguarda gli strumenti pianificatori, entro il 2004 saranno completati il Piano di tutela delle acque e il Piano stralcio di bacino regionale per l'utilizzo delle risorse idriche ai sensi della Legge n. 183 del 1989, della Legge n. 36 del 1994 e del decreto legislativo n. 152 del 1999.
Tuttavia l'aspetto più rilevante riguarda la necessità di impostare immediatamente i nuovi strumenti pianificatori previsti dalla direttiva n. 2000/60/CE, che prevede la definizione, entro il 2008, del Piano di Gestione del Distretto Idrografico il quale integra in un unico documento pianificatorio gli aspetti qualitativi, quantitativi ed economici della razionale utilizzazione delle risorse idriche, superando così la logica degli studi di settore."  

3. L'applicazione della legislazione vigente e della direttiva quadro 2000/60 

La necessità di verificare la compatibilità fra gli usi conflittuali delle risorse idriche sta già alla base del processo istruttorio delle domande di utilizzazione delle acque pubbliche, come definito nel Regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775. Il processo evolutivo delle legislazioni che si sono susseguite nel tempo hanno sempre più configurato il provvedimento concessorio come un atto amministrativo che si inquadra nel processo pianificatorio delle risorse idriche sviluppato dalla pubblica amministrazione, con la progressiva definizione degli interessi pubblici prevalenti. Lo sviluppo di questo percorso è avvenuto attraverso l'emanazione di leggi che hanno specificato la natura e le modalità di identificazione di questi interessi pubblici e dei limiti di uso del patrimonio ambientale (Legge n. 183 del 1989 e decreti attuativi, Legge n 36 del 1994 e decreti attuativi, decreto legislativo n. 152 del 1999 e decreti attuativi), che hanno evidenziato il ruolo dello Stato centrale come soggetto che emana i principi generali, mentre le regioni rappresentano i soggetti attuatori dei principi generali e controllori del processo. Il principio dell'uso ambientalmente ed economicamente sostenibile della risorsa acqua è stato definitivamente assunto come fondamentale anche dalla normativa europea con l'approvazione della direttiva quadro n. 2000/60/CE della Comunità europea. 
Gli elenchi di materie nelle quali la Regione può esercitare la sua competenza legislativa, contenuti negli articoli 3, 4 e 5 dello Statuto, possono considerarsi assorbiti dall'attribuzione a tutte le Regioni, per effetto del nuovo articolo 117 della Costituzione, di una competenza legislativa generale, che si estende ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato e si esercita con i soli limiti del rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali e, per le materie elencate nel terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione, anche nel rispetto dei principi fondamentali determinati con legge dello Stato. L'applicazione anche alla Sardegna di tale schema assicura infatti oggi alla Regione, per tutte le materie elencate negli articoli 3, 4 e 5 dello Statuto e, ovviamente, per tutte le altre materie in tali articoli non considerate, uno spazio di autonomia superiore o almeno pari a quello garantito dallo Statuto speciale. 

In relazione alle competenze in materia di acqua, queste erano già previste dallo Statuto regionale della Sardegna che, all'articolo 3, tra le funzioni della Regione indica la potestà legislativa in materia di "esercizio dei diritti demaniali della Regione sulle acque pubbliche" ( punto l). 

Su questa materia è intervenuto recentemente lo Stato prevedendo al comma 10 dell'articolo 12, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, il trasferimento alle regioni e alle province autonome di questa competenza, introducendo la compatibilità con il deflusso minimo vitale e gli usi prioritari potabili, ma contemporaneamente prorogando tutte le concessioni sino al 31 dicembre 2010, con l'eccezione di quelle intestate all'ENEL Spa che da perenni diventano con durata trentennale a partire dalla data di entrata in vigore del decreto.  

La Regione Sardegna, con l'articolo 16, della legge regionale del 5 settembre 2000, n. 17, ha già stabilito che tutte le concessioni, comprese quelle di grande derivazione idroelettrica, che alla data di entrata in vigore della legge risultavano operanti da più di trenta anni, a prescindere dalla scadenza originaria definita o ridefinita, possono essere esercitate per un ulteriore anno e rideterminate solo in seguito alla verifica, da parte dell'autorità concedente, del bilancio e della priorità degli utilizzi idrici. In conclusione, si può affermare che la gestione del demanio idrico è ormai totalmente di competenza regionale e che è necessario ed urgente emanare una normativa regionale che disciplini le procedure per il rilascio delle concessioni di derivazione di acqua pubblica.  

La necessità di trattare l'uso della risorsa idrica all'interno di un processo pianificatorio territoriale complessivo a livello di bacino idrografico è forse la novità più importante introdotta dalle Legge n. 183 del 1989, che rappresenta il primo inquadramento organico di armonizzazione fra interessi privati e interessi pubblici. Lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo con il quale si esercita l'azione programmatoria da parte dell'Autorità di bacino o da chi ne assorbe le funzioni è il Piano di bacino, che può diventare operativo anche attraverso la redazione di Piani stralcio di settore. L'analisi della Legge n. 183 del 1989 e dei documenti attuativi collegati evidenzia che il Piano di bacino dovrebbe comprendere la gran parte delle informazioni amministrative, tecniche ed economiche che consentano poi di sviluppare il modello organizzativo del sistema multisettoriale. Le leggi approvate successivamente non modificano sostanzialmente questa impostazione, ma la specificano. 

La definizione di bacino ha subito un processo evolutivo nel corso degli ultimi anni, configurandosi come sistema aggregato non solamente per interconnessione dei centri di offerta, ma anche per centri di domanda. Questa definizione è stata recentemente ripresa dalla direttiva n. 2000/60/CE, che ha introdotto il distretto idrografico come elemento aggregante, utilizzando quindi un concetto infrastrutturale e amministrativo piuttosto che esclusivamente fisico e idrologico, quale il bacino idrografico.  

Le problematiche del sistema di approvvigionamento primario hanno trovato solo risposte parziali nell'impianto legislativo che regola l'organizzazione del Servizio idrico integrato (SII), cioè la Legge n. 36 del 1994, che stabilisce la priorità dell'uso civile rispetto agli altri usi. In particolare non trovano sistemazione compiuta:

  • l'organizzazione istituzionale e la definizione delle forme gestionali delle infrastrutture di approvvigionamento primario a servizio di più aree territoriali e/o di altre utenze diverse da quelle civili (multiuso), quali quelle irrigue ed industriali, nonché la definizione della corrispondente tariffa dell'acqua all'ingrosso;

  • le misure infrastrutturali, organizzative e gestionali per la prevenzione dei rischi di deficienza idrica, o black-out idrico, intendendo con questo termine non l'interruzione del servizio indotta da guasti infrastrutturali e/o impiantistici riparabili in tempi determinati, ma la carenza di risorse per periodi prolungati, tali per cui non è possibile farvi fronte con le normali riserve; queste situazioni sono riscontrabili nelle aree geografiche come la Sardegna, dove il rapporto di sostenibilità fra domanda idrica e offerta tende a superare l'unità in alcuni anni e l'interconnessione delle fonti di approvvigionamento contribuisce al raggiungimento dell'equilibrio intertemporale della disponibilità di risorsa, ma spesso costituisce anche un collegamento fra i centri di domanda per usi diversi, con la necessità di riequilibrare le carenze fra utilizzatori con diverse esigenze di continuità, qualità e quantità di fornitura e, nello stesso tempo, con differenti "disponibilità a pagare".

  • Il decreto legislativo n. 152 del 1999, oltre a costituire la normativa base sulla quale si fonda la regolamentazione ambientale di tutto il comparto idrico, riprende e specifica alcune delle tematiche della legge n. 36 del 1994 di competenza delle regioni e che interferiscono con la gestione del sistema di approvvigionamento primario.

Gli strumenti programmatori più importanti che la Regione Sardegna deve adottare o aggiornare, in base anche alle direttive contenute nella Legge n. 36 del 1994 e nel decreto legislativo n. 152 del 1999 e nei loro decreti applicativi, sono il Piano regolatore generale degli acquedotti, il Piano di tutela delle acque, e il Piano stralcio di bacino per l'utilizzazione delle risorse idriche, che descrivono le condizioni attuali e le previsioni future del sistema idrico con destinazione multisettoriale. In questo contesto vanno prontamente definiti alcuni strumenti propedeutici o di accompagnamento alla stesura degli strumenti programmatori, quali la identificazione delle aree a rischio di deficienza idrica e la predisposizione del bilancio idrico, oltre all'implementazione di misure atte al contenimento dei consumi e alla riutilizzazione delle acque reflue depurate.  

La direttiva n. 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, costituisce un rilevante punto di riferimento per valutare il livello già raggiunto in Europa nella soluzione, a livello normativo, delle tematiche della gestione sostenibile delle risorse idriche. Inoltre essa rappresenta una guida per affrontare nella pratica i temi irrisolti o non completamente risolti dalle norme nazionali. La direttiva sottolinea la necessità di :

  • integrare in forma unitaria la gestione delle risorse idriche alla scala del distretto idrografico, tenendo in considerazione nello stesso tempo gli aspetti qualitativi e quantitativi delle acque superficiali e sotterranee, per raggiungere un soddisfacente livello di protezione ambientale;

  • analizzare le caratteristiche fisiche del distretto idrografico e l'impatto delle attività umane che vi insistono;

  • sviluppare l'analisi economica dei differenti usi delle risorse e dei servizi idrici a scala di distretto idrografico, basata sulle previsioni a lungo termine della domanda e dell'offerta. 

Il "distretto idrografico" è l'unità territoriale e amministrativa base per la gestione delle acque sotto tutti i punti di vista ed è definito come un insieme di aree terrestri e marine che comprendono uno o più bacini limitrofi e le rispettive acque sotterranee e marine. Gli articoli 3 e 24 della direttiva n. 2000/60/CE prevedono che gli Stati membri individuino i distretti idrografici e le autorità competenti entro il 22 dicembre 2003 ed entro i successivi sei mesi forniscano un elenco di queste autorità, con allegate le informazioni stabilite nell'allegato I alla direttiva. Anche se l'Italia non ha identificato entro il termine stabilito i distretti idrografici e le autorità competenti, nel caso della Regione Sardegna è evidente che il distretto non può che coincidere con l'intero territorio regionale.  

Le politiche tariffarie, per raggiungere l'obiettivo dell'uso economicamente e ambientalmente sostenibile delle risorse idriche, devono tenere conto dei costi finanziari totali del servizio e delle esternalità ambientali che impattano sulla salute pubblica e sul mantenimento dell'ecosistema e tenere conto altresì del principio "chi inquina paga". I costi totali sono quindi distinguibili in:

  • costi finanziari dei servizi idrici, che comprendono gli oneri legati alla fornitura e alla gestione del servizio, cioè i costi operativi, di manutenzione e i costi del capitale per il rinnovo degli impianti (quota capitale e quota interessi, nonché l'eventuale rendimento del capitale netto);

  • costi ambientali, legati ai danni indotti all'ambiente e a coloro che lo utilizzano (ad esempio a fini ricreativi) dall'uso delle risorse e dalla costruzione delle opere necessarie a questo scopo;

  • costi delle risorse, cioè i costi delle mancate opportunità imposte ad altri utenti (nel presente e nel futuro) in conseguenza dello sfruttamento delle risorse oltre il loro livello di ripristino e ricambio naturale (ad esempio la depauperazione delle falde). 

In linea di principio va perseguito l'obiettivo di far sostenere ad ogni utilizzatore i costi legati al proprio consumo di risorse compresi i costi ambientali e quelli delle risorse. La tariffa deve inoltre essere legata alla quantità di consumo individuale e all'inquinamento prodotto, assumendo un ruolo incentivante ad un uso sostenibile delle risorse idriche. 
Ciascuna nazione entro il 2010 dovrà definire le politiche dei prezzi dell'acqua per incentivare un corretto uso dell'acqua e contribuire al raggiungimento degli obiettivi della direttiva. Entro la stessa data deve essere applicata agli utilizzatori civili, agricoli ed industriali una tariffa che comprenda i costi totali dei servizi idrici, ma gli Stati membri possono prendere in considerazione le ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero dei costi, unitamente alle condizioni geografiche e climatiche delle singole regioni. 

La copertura integrale dei costi del servizio rappresenta quindi un principio guida da perseguire, ma solamente ove possibile. Altri strumenti economici, quali i sussidi a fondo perduto, gli incentivi, l'articolazione tariffaria, i canoni e le tasse sull'uso delle risorse e sugli scarichi inquinanti possono ancora essere applicati, però ove ciò sia giustificato da specifiche condizioni. Tuttavia, l'uso di strumenti economici diversi dalla tariffa di copertura integrale dei costi ha effetti distorcenti sul raggiungimento dell'equilibrio ottimale nell'utilizzazione delle risorse idriche., e di conseguenza le modalità organizzative del servizio vanno valutate anche in funzione della disponibilità di strumenti adatti alla riduzione di questi effetti. 

L'importanza della definizione dell'assetto economico complessivo della gestione della risorsa e dei servizi idrici a livello di distretto idrografico rappresenta probabilmente l'aspetto più innovativo che la direttiva introduce nella legislazione nazionale, in quanto gli altri principi di gestione integrata e sostenibile della risorsa e del raggiungimento, entro 15 anni dall'entrata in vigore della direttiva degli obiettivi di qualità dei corpi idrici, sono in realtà una ulteriore specificazione di quanto già disposto in Italia dalle Leggi n. 183 del 1989 e n. 36 del 1994 e dal decreto legislativo n. 152 del 1999. Invece la definizione nel medio e lungo periodo delle politiche tariffarie è una condizione indispensabile per la organizzazione del sistema di approvvigionamento primario, che è caratterizzato da elevata vita utile delle opere. In ogni caso le forme gestionali vanno identificate tenendo presenti le modifiche che possono intervenire in funzione della progressiva attuazione della direttiva.

4. Le problematiche da affrontare in uno con la riforma del settore idrico in Sardegna

Un progetto di riforma deve individuare con chiarezza la struttura a regime del settore, attribuendo ad ogni funzione responsabilità precise, implementabili e monitorabili.  

Nei processi relativi alla gestione delle risorse idriche questo obiettivo risulta particolarmente importante perché non esiste una netta separazione delle funzioni commerciali e operative dalle funzioni normative e non commerciali e, inoltre, una parte rilevante delle funzioni commerciali è svolta in condizioni di monopolio naturale; di conseguenza i meccanismi di controllo basati sulle regole del mercato non sono efficaci, e devono essere sostituiti da meccanismi di natura ammistrativa o regolamentare. 

E' necessario, quindi, separare le attività commerciali dalle attività di regolamentazione e salvaguardia delle risorse idriche, eliminando comportamenti monopolistici degli operatori o di sovrasfruttamento dell'ambiente. Ogni riforma del settore deve quindi riuscire a tenere separati nell'assetto organizzativo i ruoli di proprietà, regolamentazione, pianificazione e gestione, nel rispetto delle caratteristiche idrologiche ed ambientali del sistema fisico. In questo contesto le funzioni commerciali possono essere di competenza anche di soggetti pubblici, che devono però operare in modo autonomo dal regolatore.  

La ipotizzata struttura del settore deve ridurre al minimo i problemi derivanti da situazioni di monopolio e la soluzione è, in teoria, indipendente dalla decisione politica di erogare il servizio tramite un ente o una società pubblica, o tramite una società concessionaria privata. 

La concorrenza in questo settore, il cui obiettivo è quello di ridurre i costi per i consumatori, può essere introdotta in modo indiretto, tramite la concorrenza per il mercato. Possono essere seguiti due approcci. Il primo si basa sull'esplicita prescrizione per il monopolista fornitore di servizi idrici di acquistare sul mercato prodotti e servizi offerti in concorrenza, mentre le attività core-business sono in monopolio e affidate ad organismi controllati direttamente dall'Amministrazione regionale. Nel secondo approccio si creano le condizioni per una "concorrenza comparativa", con l'affidamento del servizio a una pluralità di soggetti sottoposti ad una stessa regolamentazione, paragonando le loro performance tecniche ed economiche ed incentivando l'efficienza. Il primo modello è più adatto all'assetto del sistema di approvvigionamento primario, dove per la gestione è difficilmente prevedibile una molteplicità di soggetti e lo strumento concessorio non risulta efficace, in quanto va evitato che la gestione delle fonti di approvvigionamento strategiche diventi soggetta a monopolio privato praticamente perenne. Il secondo modello è applicabile per il controllo delle società di distribuzione, che presentano caratteristiche più facilmente confrontabili sull'intero territorio nazionale. 

In ogni caso il settore idrico presenta forti elementi di monopolio naturale ed esternalità ambientali. Queste caratteristiche generano potenziali conflitti fra gli interessi del pubblico e quelli dei privati, e rendono necessaria l'introduzione di strumenti di regolazione.  

La regolamentazione dell'ambiente e degli aspetti quantitativi e qualitativi delle risorse idriche deve certamente avvenire a livello di bacino idrografico, o meglio di distretto idrografico, che nel caso della Sardegna, come prima detto, coincide con l'intero territorio regionale. Il regolatore ambientale, indipendente dai soggetti gestori, dovrebbe avere i compiti di protezione e valorizzazione delle risorse idriche, essere unico e avere il potere di regolamentare le concessioni idriche e gli scarichi nei corpi idrici. Analogamente la regolamentazione della qualità dell'acqua potabile deve essere affidata ad un soggetto autonomo dalla gestione. 

La necessità di una regolamentazione economica consegue alla divergenza fra gli interessi pubblici e quelli dei soggetti gestori del servizio, siano essi di proprietà pubblica che privata. I principi ispiratori della regolamentazione dovrebbero essere: minimizzazione delle inefficienze; ricerca di una riduzione dei costi diretti ed indiretti; trasparenza e chiarezza dei processi decisionali; certezza nel lungo periodo per tutelare gli investimenti; efficiente allocazione dei rischi fra gestori, consumatori e sistema pubblico; integrazione con la regolamentazione ambientale per conseguire un giusto equilibrio tra qualità e prezzi; definizione di meccanismi chiari di verifica del regolatore. 

5. Il modello organizzativo del sistema idrico per l'approvvigionamento primario

I principali obiettivi da tenere presenti nella predisposizione delle proposte organizzative per la gestione del sistema idrico di approvvigionamento primario in Sardegna sono:

  • assicurare all'utenza un servizio efficiente, gestito in condizioni di redditività e senza oneri indebiti per i gestori a valle (gestori d'ambito, consorzi di bonifica e aree industriali);

  • mantenere un controllo pubblico sulla qualità del servizio reso tramite un'efficiente contrattualistica (contratto di servizio);

  • realizzare tempestivamente rilevanti investimenti, con un limitato apporto di finanziamenti a fondo perduto;

  • utilizzare con efficienza le risorse finanziarie pubbliche (già disponibili e future);

  • beneficiare di un elevato accesso al credito;

  • assicurare un elevato livello qualitativo nelle attività di supporto e di monitoraggio per la Regione. 

Le finalità da perseguire con la riorganizzazione del settore sono separabili in:

  • funzioni di servizi avanzati di supporto decisionale e di programmazione;

  • funzioni di servizi di gestione tecnica e manutenzione di infrastrutture esistenti o da realizzare. 

Fra le prime vanno annoverati certamente gli studi, le analisi e le altre attività dirette a supportare l'organizzazione ed il funzionamento del servizio idrico e la redazione di piani , programmi e studi territoriali e/o di sistema, nonché il monitoraggio dello stato qualitativo e quantitativo della risorsa idrica, la determinazione del bilancio idrico e la predisposizione dei piani di emergenza idrica. Per la loro intrinseca natura sono attività sostanzialmente istituzionali, la cui responsabilità non è demandabile a soggetti privati, dovendo invece ricadere sotto la diretta responsabilità dell'Amministrazione regionale e, operativamente, della prevista Agenzia del distretto idrografico della Sardegna. Gli obiettivi di queste attività vanno determinati a priori e specificati in un programma pluriennale concordato fra Regione Sardegna e soggetto preposto allo scopo, con conseguente contrattualizzazione sui prodotti da fornire, sui tempi di fornitura e sui costi. 

Fra le seconde è annoverabile la gestione, la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere che saranno identificate come componenti del sistema di approvvigionamento idrico primario, cioè tutte le attività che concorrono alla gestione tecnica degli impianti esistenti, in costruzione o che saranno realizzati in futuro, ma sostanzialmente finanziati attraverso la fiscalità generale e per i quali non esistono costi di investimento da ammortizzare. Queste funzioni devono essere svolte da un organismo controllato direttamente dall'Amministrazione regionale, che eserciti le funzioni più importanti quali la gestione e la manutenzione programmata con organizzazione diretta del servizio, mentre per la manutenzione straordinaria e gli interventi di rinnovo farà ricorso ad appalti di servizi e/o lavori secondo le normative nazionali e comunitarie vigenti. Il corrispettivo per il servizio di gestione e manutenzione degli impianti, che corrisponde al costo industriale dell'acqua all'ingrosso, dovrebbe essere determinato sulla base del piano industriale del soggetto gestore, e recuperato attraverso imposizione agli utilizzatori. Il livello tariffario dipende logicamente anche dalla possibilità di copertura, totale o parziale, di questi costi dalla finanza generale nazionale e regionale. In questo contesto sarà necessario anche stabilire un'articolazione tariffaria fra le diverse categorie di utenti.  

Il gestore del servizio di approvvigionamento idrico primario può ricorrere, specialmente nella fase transitoria, per la gestione tecnica degli impianti, ad apposita convenzione con i soggetti che attualmente gestiscono a vario titolo le infrastrutture di interesse multisettoriale. Con questo approccio, che rappresenta in realtà una forma di terziarizzazione più spinta di quella precedentemente descritta e può essere anche adottata come forma organizzativa a regime, è di fondamentale importanza la fase di "contrattualizzazione" del servizio, che si esplicita nella stesura di una o più convenzioni che definiscano in maniera chiara gli obblighi dei soggetti che devono occuparsi della gestione tecnica degli impianti, le modalità di misura delle performance e di intervento sostitutivo in caso di inadeguatezza funzionale dei soggetti sopra menzionati. In ogni caso è compito del gestore pubblico, coordinatore e responsabile del servizio nei confronti della Regione, la preparazione degli strumenti contrattuali (convenzione e disciplinare tecnico), che devono essere approvati dai competenti organi regionali, del controllo dei servizi resi e della proposizione di alternative organizzative per assicurare in ogni caso il servizio agli utenti di valle. La definizione del corrispettivo del servizio deve tenere conto anche della natura dei soggetti convenzionati, e in ogni caso l'affidamento diretto dei servizi tramite convenzione deve rispettare le normative comunitarie. 

Infine fra le altre funzioni, parzialmente di natura commerciale, vanno considerate quelle relative alla definizione dei nuovi interventi di completamento dei sistemi di approvvigionamento anche tramite iniziative di finanza di progetto e la riscossione della tariffa per il servizio di approvvigionamento primario dell'acqua all'ingrosso.

Nello sviluppo delle nuove iniziative il soggetto gestore dell'approvvigionamento idrico primario può assumere il compito di definizione e attivazione, con la stesura dello strumento di programmazione e/o del progetto preliminare e della progettazione definitiva ed esecutiva.

In questo contesto gli enti convenzionati possono fornire servizi di ingegneria qualora utili, o comunque partecipare alle iniziative secondo le forme previste dalla legislazione nazionale e comunitaria, ma senza ricoprire posizioni monopolistiche. Nello sviluppo delle iniziative progettuali in project financing il soggetto coordinatore potrebbe anche assumere un ruolo nella fase di finanziamento dell'opera, sviluppando i rapporti con gli investitori istituzionali (BEI, Cassa depositi e prestiti, infrastrutture Spa., finanziarie regionali) e altre istituzioni finanziarie.

Nella consolidata convinzione che l'acqua in condizioni naturali è in molte aree geografiche un bene economico pregiato e limitato, e che necessita di essere preservato in qualità e quantità per le generazioni future, l'imposizione di un equo contributo al recupero dei costi di produzione dell'acqua all'ingrosso è anche finalizzata a consentire un equo scambio tra risorsa idrica e risorse finanziarie necessarie per la realizzazione di opere utili al mantenimento nel tempo della risorsa stessa. 

E' chiaro che una volta definito questo contributo, sarà possibile dare origine alle cosiddette "politiche dei prezzi dell'acqua", definendo il valore da associare al costo in relazione all'uso della risorsa per fini potabili, irrigui, industriali o idroelettrici. 

Occorrerà quindi stabilire quale sarà l'aliquota di tale costo, che dovrà essere riconosciuta per la gestione degli impianti (spese per personale, energetiche, manutenzione, ecc.), mentre la restante parte, attraverso programmi di investimenti, dovrà essere utilizzata per gli interventi di compensazione ambientale, per la protezione degli invasi, per le azioni di sviluppo nelle aree dove il bene acqua si produce.  

La riscossione del contributo ai costi di produzione dell'acqua all'ingrosso è riservata al soggetto gestore dell'approvvigionamento primario, mentre le attività connesse al suo impiego, detratti i costi finanziari del gestore, rappresentano una funzione particolare, da riservare certamente alla Agenzia del distretto idrografico, in quanto può essere assimilata a quelle di redistribuzione e riequilibrio fra gli usi commerciali e quelli ambientali. 

A titolo assolutamente indicativo si segnala che per l'anno 2005 si è provveduto a tener conto dei principi e criteri sopra indicati per quanto riguarda la definizione dei costi dell'acqua a carico dell'utenza del sistema dell'Ente autonomo del Flumendosa, che è direttamente controllato dalla Regione, trattandosi di un suo ente strumentale. 

Si sono, innanzitutto, definiti gli obiettivi che l'Amministrazione regionale vuole conseguire intervenendo con contributi pubblici:
a) la costituzione e la salvaguardia di riserve idriche strategiche nei serbatoi di regolazione per limitare la vulnerabilità del sistema in presenza di forti oscillazioni climatiche;
b) la salvaguardia del patrimonio storico di infrastrutture idrauliche che costituiscono il sistema di approvvigionamento idrico multisettoriale. 

Definito il quadro dell'intervento pubblico si è poi proceduto al recupero dei restanti costi di produzione, ponendoli a carico delle diverse categorie di utenza con la seguente definizione (Delibera della Giunta regionale 23 maggio 2005, n. 23/6): 

 

Settore Utenza

euro/ metro cubo

Acqua grezza per uso civile

0.1

Acqua irrigua

0.02

Acqua industriale

0.23

 

Si sottolinea che tali valori riguardano esclusivamente i costi di produzione dell'acqua a scopi multisettoriali (captazione, regolazione e grande adduzione), a cui vengono aggiunti i costi di distribuzione settoriale, a cura degli organismi competenti, per definire i costi al singolo utente. 

Si ribadisce, comunque, che tale ripartizione deve essere considerata puramente indicativa in quanto strettamente legata all'assetto organizzativo attuale ed alla situazione specifica dell'area interessata. 

Si ricorda che il presente disegno di legge prevede un'articolazione territoriale dei contributi per il recupero dei costi dei servizi idrici, oltre che un'evoluzione graduale nel tempo anche legata al recupero di efficienza del sistema. 

Si può, tuttavia, evidenziare che il meccanismo, per ora attuato in modo semplificato, ha consentito di intervenire con contributi pubblici per il raggiungimento di obiettivi strategici di interesse generale della società, tenendo conto delle particolari caratteristiche geografiche e climatiche della Sardegna. 

L'approvazione del presente disegno di legge potrà consentire un'applicazione di tale meccanismo in tutta l'isola, sulla base di criteri omogenei e con modalità tali da consentire una razionalizzazione del sistema di approvvigionamento multisettoriale regionale ed una definizione dei costi a carico dell'utenza secondo principi di equità, in relazione agli specifici vantaggi conseguiti dall'utilizzo della risorsa idrica.

6. Descrizione dell'articolato del disegno di legge 

Il Capo I (Disposizioni generali) definisce le finalità della legge (articolo 1), alcune definizioni fondamentali (articolo 2), le funzioni della Regione e l'istituzione dell'Autorità di bacino (articoli 3, 4, 5, 6, 7 e 8) e le disposizioni concernenti l'utilizzazione delle risorse idriche (articolo 9).  

In particolare l'articolo 1, oltre al riconoscimento dell'acqua quale risorsa naturale limitata e del diritto al suo accesso da parte delle generazioni attuali e future nel rispetto della sostenibilità ambientale (comma 1), identifica le funzioni e i compiti che la legge disciplina per il governo delle risorse idriche, in coerenza anche con le previsioni contenute nella direttiva n. 2000/60/CE (comma 2). 

L'articolo 2, ai sensi della Legge n. 183 del 1989 stabilisce che l'intero territorio regionale è delimitato quale unico bacino idrografico di competenza della Regione (comma1). Definisce, inoltre, il sistema idrico multisettoriale, i sistemi idrici settoriali e le categorie di utenza e il sistema di opere idrauliche regionali. 

L'articolo 3 stabilisce le funzioni della Regione e istituisce ai sensi della Legge n. 183 del 1989 l'Autorità di bacino. 

Negli articoli 4, 5 e 6 sono individuati e definiti gli organi dell'Autorità di bacino secondo l'architettura classica di questo organismo, con la precisazione che i compiti della segreteria tecnico-operativa sono assegnati ad un'Agenzia, l'Agenzia regionale del distretto idrografico della Sardegna.

Gli articoli 7 e 8 sono dedicati ai Piani di bacino ed alle connesse misure di salvaguardia. Essi dettano disposizioni generali in ordine a detti strumenti di pianificazione relativamente ai contenuti, al valore ed agli effetti. Dettano inoltre disposizioni in ordine all'iter procedurale di adozione ed approvazione.

Il riordino del sistema delle concessioni di acqua pubblica è invece contenuto nell'articolo 9, che prevede l'emanazione di apposite direttive entro un anno dall'entrata in vigore della legge.  

Nel Capo II, agli articoli dal 10 al 22, per le finalità indicate all'articolo 1 e con le funzioni precedentemente definite, viene istituita l'Agenzia (Agenzia regionale del distretto idrografico della Sardegna), dotata di personalità giuridica pubblica e di piena autonomia tecnico-scientifica, regolamentare, organizzativa, gestionale, patrimoniale, contabile e finanziaria, nei limiti stabiliti dalla normativa vigente, sottoposta agli indirizzi ed alla vigilanza della Regione. 

Il modello organizzativo dell'Agenzia, come disciplinato dal disegno di legge, è apparso quello più rispondente e coerente con i processi di cambiamento e di riforma che, negli ultimi anni, hanno interessato la pubblica Amministrazione ed in particolar modo quei settori che operano in campi strategici, quale è quello del governo delle risorse idriche. Si tratta di settori della pubblica Amministrazione che sono chiamati sempre più a svolgere funzioni assai rilevanti, nel rispetto di vincoli posti negli ultimi anni, in modo particolare, dalla normativa comunitaria. Un modello che, per l'esercizio di tali attività, sembra adatto a garantire flessibilità di intervento, intesa come velocità di risposta alle esigenze di cambiamento e agibilità operativa.  

Il raggiungimento degli obiettivi di efficienza e di managerialità che stanno alla base dell'azione amministrativa, ha comportato la necessità di prevedere l'esercizio di funzioni sia tecniche che amministrative, il cui contenuto decisorio è comunque condizionato da informazioni tecniche, in forma organizzativa separata sì dall'amministrazione di riferimento, ma non sottratta al potere di indirizzo politico. 

Per quanto riguarda l'autonomia essa non deve essere vista in modo tradizionale, ma piuttosto inquadrata nell'ambito di un'organizzazione a rete, in cui ciascun soggetto istituzionale entra autonomamente in relazione con altri e in cui domina un'accentuata fluidità dei processi decisionali. Pertanto, pur essendo ad essa conferita la personalità giuridica, non deve essere inquadrata sotto il principio organizzativo della "separazione", ma pur sempre nell'ambito del principio della "distinzione". 

In tale ottica il disegno di legge, dopo aver richiamato quelle che sono le funzioni della Regione, alla luce della normativa nazionale e comunitaria, attribuisce all'Agenzia lo svolgimento delle attività tecnico-operative connesse all'esercizio delle funzioni pubbliche relative allo sviluppo dei programmi e delle misure necessari per conseguire gli obiettivi stabiliti dalla direttiva n. 2000/60/CE. 

Nel rispetto dei principi stabiliti dall'ordinamento, all'Agenzia è attribuita un'ampia autonomia regolamentare ed organizzativa; sono organi dell'Agenzia il direttore generale ed il collegio dei revisori contabili, entrambi nominati dalla Giunta regionale; centrale e rilevante è il ruolo del direttore generale, che adotta gli atti contabili e regolamentari ed al quale compete la gestione del personale.  

I compiti dell'Agenzia sono dettagliatamente specificati nell'articolo 11, e fra questi sono compresi quelli istituzionali di competenza della Regione che vengono indicati dalla Legge n. 36 del 1994, dal decreto legislativo n. 152 del 1999 e dalla direttiva n. 2000/60/CE, oltre, come detto, a svolgere le funzioni di segreteria tecnico operativa dell'Autorità di bacino.  

Inoltre l'Agenzia elabora il Piano di gestione del distretto idrografico, organizza e gestisce l'Osservatorio regionale sulle risorse idriche, elabora il sistema tariffario regionale dell'acqua grezza, definisce gli indirizzi e gli obiettivi del programma di investimenti e controlla il servizio reso dal gestore del sistema idrico multisettoriale. La stessa Agenzia entro sei mesi dalla sua istituzione identifica le opere di interesse multisettoriale che saranno dichiarate di competenza regionale con appositi decreti del Presidente della Regione Sardegna.  

All'articolo 23 sono affrontate le problematiche relative all'informazione, consultazione e partecipazione dell'opinione pubblica. Si stabilisce che l'Agenzia ispira le proprie attività ai principi di cui all'articolo 14 della direttiva n. 2000/60/CE promuovendo la partecipazione attiva di tutte le parti interessate nella predisposizione degli atti di propria competenza.  

La Regione, per assicurare la piena rappresentatività degli interessi presenti sul territorio, istituisce un comitato di consultazione con il compito di garantire e facilitare le politiche di informazione e partecipazione pubblica, favorendo un adeguato coinvolgimento attivo dei portatori di interesse nella formazione degli atti di pianificazione.  

I contenuti e le tempistiche del Piano di gestione del distretto idrografico della Sardegna, sono descritti nell'articolo 24. Il Piano elaborato dall'Agenzia comprende il programma di tutela e uso delle acque. L'articolo 25 istituisce, presso l'Agenzia, l'Osservatorio regionale delle risorse idriche per la raccolta e l'organizzazione delle informazioni dell'intero settore. 

Le modalità per la determinazione dei corrispettivi per il recupero dei costi di produzione dell'acqua all'ingrosso sono stabilite nell'articolo 26, assegnando alla Giunta regionale il compito di stabilire i criteri, sulla base anche di quanto previsto dall'articolo 9 della direttiva n. 2000/60/CE, all'Agenzia quello di elaborare una struttura dei contributi ai costi sostenuti e proporla all'approvazione della Giunta e al soggetto gestore dell'approvvigionamento idrico primario per la riscossione di detti contributi.  

L'articolo 27 stabilisce infine i mezzi finanziari di cui può disporre l'Agenzia. 

Il Capo III (Soggetto gestore dell'approvvigionamento idrico multisettoriale regionale) prevede la trasformazione dell'Ente autonomo del Flumendosa (articolo 28), per gli scopi di cui al successivo articolo 29, in "Flumendosa - Ente delle risorse idriche della Sardegna", di seguito denominato EAF Sardegna, quale ente strumentale della Regione per la gestione del sistema idrico multisettoriale regionale.  

Negli articoli 30, 31 e 32 vengono operate alcune modifiche nella legislazione vigente, riguardante gli enti strumentali della Regione, per adeguarla alla descritta trasformazione. 

L'EAF Sardegna gestisce direttamente le opere e gli impianti ad uso multisettoriale di competenza dell'Ente autonomo del Flumendosa, mentre per le restanti opere ad uso multisettoriale, distribuite nell'intero territorio regionale, l'ente può gestirli anche attraverso convenzioni di gestione con i soggetti pubblici titolari delle gestioni esistenti. In questo caso le attività di gestione dei singoli segmenti del sistema e i relativi corrispettivi sono regolati da una convenzione di gestione (articolo 33) con il soggetto gestore del segmento, mutuata da una convenzione tipo approvata unitamente al relativo disciplinare dalla Giunta regionale. In questa convenzione sono previsti gli obblighi del singolo gestore e le cause per la sua eventuale decadenza dal servizio, con la presa in carico della gestione direttamente da parte dell'EAF Sardegna. 

Nell'articolo 34 sono definite le entrate del soggetto gestore e viene regolata la possibilità da parte della Regione di assegnare all'ente incentivi e contributi per gli investimenti e per la gestione a parziale copertura dei costi, al fine di ridurre l'impatto economico e sociale della totale copertura dei costi di approvvigionamento e per promuovere l'innovazione tecnologica. 

Il Capo IV istituisce le norme per la trasparenza dei costi sostenuti dai soggetti che operano nella gestione delle risorse idriche (articolo 35), al fine di evitare le sussidiazioni incrociate e consentire una chiara contabilità sui costi del servizio idrico, in conformità ai principi contenuti nella direttiva 2000/60/CE. L'ambito soggettivo di applicazione di queste norme è riportato nell'articolo 36, mentre le attività e i comparti con separazione contabile e quelli dei servizi comuni e condivisi sono elencati rispettivamente negli articoli 37 e 38. Il successivo articolo 39 individua le categorie di utenza e l'articolo 40 impone l'organizzazione delle attività del soggetto gestore di servizio idrico come svolte da imprese separate. 

Il Capo V (Norme transitorie e finali), articolo 41, affronta le problematiche relative agli oneri finanziari derivanti dall'entrata in vigore della legge.

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TESTO DEL PROPONENTE

 

CAPO I
Disposizioni Generali

Art. 1
Finalità
 

1. La Regione riconosce l'acqua quale patrimonio da tutelare in quanto risorsa limitata di alto valore ambientale, culturale ed economico; riconosce altresì l'accesso all'acqua quale diritto umano, individuale e collettivo e ne regolamenta l'uso al fine di salvaguardare i diritti e le aspettative delle generazioni future.

2. La presente legge disciplina funzioni e compiti primari per il governo delle risorse idriche sotto il profilo quantitativo e qualitativo, promuovendo e fornendo gli indirizzi per:
a) l'uso responsabile e sostenibile della risorsa idrica, in quanto bene pubblico primario e fattore fondamentale di civiltà e di sviluppo, secondo criteri di solidarietà ed in funzione di obiettivi di salvaguardia dei diritti delle future generazioni e dell'integrità del patrimonio ambientale;
b) le azioni necessarie per tutelare le acque destinate prioritariamente al consumo umano, quindi all'uso agricolo ed infine agli altri usi, garantendo, quale esigenza fondamentale, nei bacini idrografici di competenza, il deflusso necessario alla vita negli alvei per non danneggiare in maniera permanente gli ecosistemi interessati;
c) la gestione dei beni del demanio idrico e la determinazione dei relativi canoni di concessione;
d) l'approvvigionamento primario delle risorse idriche per l'uso civile, irriguo ed industriale;
e) l'organizzazione ed il funzionamento del servizio idrico multisettoriale regionale per la gestione e la manutenzione delle infrastrutture, degli impianti e delle opere, nonché per la conservazione dei beni preposti all'uso ed alla tutela delle acque, secondo principi industriali e criteri di efficienza, di efficacia e di economicità;
f) il miglioramento della qualità delle acque, anche sotto il profilo igienico-sanitario, attraverso la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento;
g) il raggiungimento degli obiettivi di qualità, mediante un approccio combinato per la gestione delle fonti puntuali e diffuse di inquinamento e degli usi delle acque;
h) la salvaguardia dell'approvvigionamento idrico dei soggetti socialmente ed economicamente svantaggiati o residenti in zone territorialmente svantaggiate;
i) la definizione di politiche per il recupero dei costi dei servizi idrici per un uso sostenibile delle risorse ed il recupero del costo della risorsa, del costo ambientale dell'utilizzo e dei costi, industriali e finanziari dei relativi servizi, sulla base dei principi stabiliti dall'articolo 9 della direttiva n. 2000/60/CE del 23 ottobre 2000. Il livello e le modalità del recupero dei costi a carico delle utenze devono tener conto delle conseguenze sociali, ambientali ed economiche del recupero stesso, come pure delle specifiche condizioni geografiche e climatiche della Sardegna.

3. La presente legge disciplina inoltre funzioni e compiti primari per il conseguimento dell'equilibrio idrogeologico del suolo, promuovendo e fornendo gli indirizzi per:
a) la prevenzione del rischio idraulico e di frana garantendo, prioritariamente, la sicurezza delle popolazioni e delle infrastrutture;
b) la difesa e la regolazione dei corsi d'acqua, delle aree limitrofe, delle zone umide e lacustri;
c) la difesa e il consolidamento dei versanti delle aree instabili e dei litorali;
d) la realizzazione, la manutenzione e la gestione delle infrastrutture idrauliche e degli impianti.

 

Art. 2
Definizioni

1. Ai sensi e per gli effetti della lettera a) del comma 1 dell'articolo 10 della Legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo), l'intero territorio regionale è delimitato quale unico bacino idrografico di competenza della Regione e costituisce il distretto idrografico della Sardegna.

2. Il sistema idrico multisettoriale regionale è costituito dall'insieme delle opere di approvvigionamento idrico e di adduzione che, singolarmente o perché parti di un sistema complesso, siano suscettibili di alimentare, direttamente o indirettamente, più aree territoriali o più categorie differenti di utenti, contribuendo ad una perequazione delle quantità e dei costi di approvvigionamento.

3. Le restanti infrastrutture sono pertanto ricomprese nei distinti sistemi idrici, volti agli usi singoli delle diverse categorie di utenza.

4. Ai fini delle presenti norme sono individuate le seguenti categorie di utenza:
a) usi civili;
b) usi industriali;
c) usi agricoli;
d) usi ambientali.

5. Il sistema regionale di opere idrauliche è costituito dall'insieme di opere che concernono le sistemazioni dell'alveo, il contenimento delle acque di fiumi, torrenti ed altri corsi d'acqua naturali e i manufatti per la regolazione dei corsi d'acqua.

 

Art. 3
Funzioni della Regione - Autorità di bacino

1. Spetta alla Regione, in armonia con le norme vigenti:
a) il potere di vigilanza e di sostituzione nei confronti dei soggetti responsabili della redazione e dell'attuazione della pianificazione regionale in materia di risorse idriche, tutela delle acque e difesa del suolo;
b) il coordinamento delle attività attuate ai fini del perseguimento degli obiettivi fissati dalla pianificazione regionale, nel rispetto dei principi generali stabiliti per l'erogazione dei servizi;
c) l'adozione di direttive procedurali e tecniche per l'esercizio delle funzioni spettanti agli altri soggetti e l'individuazione di modalità per la tenuta e la pubblicità delle banche dati;
d) la disciplina degli usi delle acque ed il rilascio delle concessioni di derivazione d'acqua pubblica ;
e) la disciplina del sistema idrico multisettoriale regionale e delle opere che lo costituiscono;
f) la regolazione economica dei servizi idrici e la definizione degli indirizzi per i riversamenti dei corrispettivi per le forniture idriche tra i gestori dei diversi servizi idrici organizzati per le diverse parti del ciclo delle acque ed i diversi usi;
g) la progettazione, realizzazione, gestione e manutenzione di opere idrauliche classificate o classificabili di seconda categoria, anche con il concorso dei consorzi di bonifica attraverso specifici piani di bonifica e dei relativi programmi triennali di attuazione;
h) l'organizzazione ed il funzionamento del servizio di polizia idraulica, di piena e di pronto intervento idraulico.

2. La Regione con la presente legge, in attuazione dei principi e delle finalità della Legge n. 183 del 1989, istituisce un'unica Autorità di bacino per l'insieme dei bacini regionali di cui al comma 1 dell'articolo 2.

3. L' Autorità di bacino regionale opera in conformità agli obiettivi della Legge n. 183 del 1989, ed in particolare, al fine di perseguire l'unitario governo dei bacini idrografici, indirizza, coordina e controlla le attività conoscitive, di pianificazione, di programmazione e di attuazione, aventi per finalità:
a) la conservazione e la difesa del suolo da tutti i fattori negativi di natura fisica e antropica;
b) il mantenimento e la restituzione ai corpi idrici delle caratteristiche qualitative richieste per gli usi programmati;
c) la tutela delle risorse idriche e la loro razionale utilizzazione;
d) la tutela degli ecosistemi, con particolare riferimento alle zone d'interesse naturale, forestale e paesaggistico, e alla promozione di parchi fluviali, ai fini della valorizzazione e del riequilibrio ambientale.

4. Nel perseguimento delle predette finalità l'Autorità di bacino regionale opera in collaborazione con gli enti locali territoriali e gli altri enti pubblici e di diritto pubblico operanti nel bacino idrografico.

 

Art. 4
Organi dell'Autorità di Bacino

1. Sono organi dell' Autorità di Bacino:
a) il Comitato istituzionale;
b) il Comitato tecnico;
c) l'Agenzia regionale del distretto idrografico della Sardegna.

 

Art. 5
Comitato istituzionale

1. Le funzioni del Comitato istituzionale dell'Autorità di bacino sono esercitate dalla Giunta regionale.

2. Il Comitato istituzionale ha i seguenti compiti:
a) definizione di criteri, metodi, tempi e modalità per l'elaborazione del Piano di bacino, in conformità agli indirizzi di cui all'articolo 4 della Legge n. 183 del 1989;
b) elaborazione del Piano di bacino nonché dei programmi d'intervento attuativi del Piano di bacino e degli schemi previsionali e programmatici, di cui all' articolo 31 della Legge n. 183 del 1989;
c) elaborazione del Piano di gestione del distretto idrografico della Sardegna, da svilupparsi con le modalità e i contenuti previsti dall'articolo 13 della direttiva n. 2000/60/CE;
d) proposta di normative omogenee relative a standard, limiti e divieti, inerenti alle finalità di cui all' articolo 1;
e) predisposizione di indirizzi, direttive e criteri per la valutazione degli effetti sull'ambiente degli interventi e delle attività con particolare riferimento alle tecnologie agricole, zootecniche ed industriali;
f) controllo sulla attuazione del Piano di bacino, dei relativi programmi di intervento nonché degli indirizzi e delle direttive di cui alla lettera e).

 

Art. 6
Comitato tecnico

1. Il Comitato tecnico è composto da:
a) il direttore generale dell'Agenzia regionale del distretto idrografico della Sardegna di cui all'articolo 15 con funzioni di Presidente;
b) i direttori generali degli Assessorati regionali dei lavori pubblici e della difesa dell'ambiente;
c) il direttore generale dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Sardegna (ARPAS);
d) quattro esperti designati dalla Giunta regionale due tra i dirigenti o funzionari regionali, appartenenti alle competenti strutture tecniche dell'Assessorato dei lavori pubblici e due dell'Assessorato della difesa dell'ambiente;
e) cinque esperti designati dalla Giunta regionale tra i dirigenti o funzionari regionali appartenenti rispettivamente alle competenti strutture tecniche degli Assessorati dell'agricoltura e riforma agro-pastorale, dell'industria, degli Enti locali, finanze e urbanistica, dell'igiene e sanità e dell' assistenza sociale e della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio;
f) tre esperti di elevato livello scientifico designati dalla Giunta regionale.

2. Alla nomina dei componenti del Comitato tecnico provvede il Presidente della Regione, sulla base delle designazioni dei soggetti competenti. I membri del Comitato, con l'esclusione dei direttori generali degli Assessorati dei lavori pubblici e della difesa dell'ambiente che ne fanno parte di diritto, durano in carica cinque anni.

3. Il Comitato tecnico può essere regolarmente nominato quando siano stati designati almeno due terzi dei componenti.

4. Ai componenti del Comitato tecnico compete, oltre al trattamento di missione ed al rimborso delle spese di viaggio, un gettone di presenza per la partecipazione alle sedute del Comitato stesso pari a quello stabilito per le Autorità di bacino nazionali in base all'articolo 14 della Legge 7 agosto 1990, n.253 (Disposizioni integrative alla legge 18 maggio 1989, n. 183).

5. Il Comitato tecnico per tutti gli adempimenti necessari al funzionamento dell'Autorità di bacino si avvale, in qualità di segreteria tecnico-operativa, dell'Agenzia regionale del distretto idrografico della Sardegna di cui al Capo II.

6. Il Comitato tecnico costituisce il supporto tecnico ed amministrativo del Comitato istituzionale ed in particolare svolge i seguenti compiti:
a) cura l'istruttoria degli atti di competenza del Comitato istituzionale, al quale formula proposte;
b) attua le direttive del Comitato istituzionale.

 

Art. 7
Piani di bacino

1. I Piani di bacino hanno valore di piani territoriali di settore e costituiscono lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme finalizzate alla conservazione, alla difesa, alla valorizzazione e alla corretta utilizzazione del suolo e delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche e ambientali dei territori interessati. Pertanto essi rappresentano il quadro di riferimento a cui devono adeguarsi e riferirsi tutti i provvedimenti autorizzativi e concessori inerenti agli interventi comunque riguardanti ciascun bacino.

2. I Piani di bacino devono confrontarsi e concertarsi con i programmi regionali e sub regionali di sviluppo economico e di uso del suolo e delle acque. Gli stessi hanno i contenuti di cui al comma 3 dell'articolo 17 della Legge n. 183 del 1989 e il carattere vincolante e prescrittivo di cui ai commi 4, 5 e 6 dello stesso articolo 17 della Legge n. 183 del 1989.

3. I Piani di bacino possono essere redatti, adottati e approvati anche per sottobacini o per stralci relativi a settori funzionali, interessanti anche più bacini idrografici e costituenti, in ogni caso, fasi sequenziali e interrelate rispetto ai contenuti di cui al comma 2.

4. Il Piano di bacino generale può emendare e/o modificare singoli piani di sottobacino e piani stralcio.

5. Ai fini dell'adozione e dell'attuazione dei piani e della necessaria coerenza tra pianificazione di bacino e pianificazione territoriale la Regione, con il supporto tecnico operativo del comitato tecnico e dell'Agenzia regionale del distretto idrografico della Sardegna di cui al capo II, convoca una conferenza programmatica articolata per sezioni provinciali alle quali partecipano le province ed i comuni interessati.

6. Il progetto di piano, sia esso generale, relativo ad un singolo bacino idrografico o ad un settore funzionale, è adottato dal Comitato istituzionale con la precisazione dei tempi, dei luoghi e delle modalità per la consultazione della documentazione. Il progetto di piano e la relativa documentazione sono depositati presso le sedi dei Geni civili della Regione e presso le sedi delle province per la consultazione per trenta giorni. Presso ogni sede di consultazione è predisposto un registro sul quale sono annotate le richieste di visione e copia degli atti.

7. Le osservazioni sul progetto di piano possono essere inoltrate all'Autorità di bacino, entro i successivi quarantacinque giorni dalla data di scadenza del periodo di consultazione o essere direttamente annotate sul registro di cui al comma 6. Entro i successivi novanta giorni l'Autorità di bacino, sulla base delle osservazioni pervenute, formula un parere e propone al Comitato istituzionale l'approvazione del progetto di piano, sentito il Comitato tecnico.

8. Il Comitato istituzionale, tenendo conto del parere espresso dalle province territorialmente competenti sulle osservazioni pervenute, approva il piano, che viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e sul Bollettino regionale.

9. Ai sensi del comma 5 dell'articolo 1 bis, del decreto legge 12 ottobre 2000, n. 279 (Interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato e in materia di protezione civile, nonché a favore di zone colpite da calamità naturali), convertito con Legge 11 dicembre 2000, n. 365 (Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, recante interventi urgenti per le aree a rischio idrogeologico molto elevato ed in materia di protezione civile, nonché a favore delle zone della regione Calabria danneggiate dalle calamità idrogeologiche di settembre ed ottobre 2000), le determinazioni assunte in sede di Comitato istituzionale, a seguito di esame nella conferenza programmatica, costituiscono variante agli strumenti urbanistici.

10. Entro un anno dall'approvazione del Piano di bacino la Regione e gli enti locali provvedono ad adeguare i rispettivi strumenti di piano e programmatici alle prescrizioni del piano stesso, ai sensi del comma 4 dell'articolo 17 della Legge n. 183 del 1989.

 

Art. 8
Misure di salvaguardia

1. In attesa dell'approvazione del Piano di bacino, il Comitato istituzionale adotta misure di salvaguardia ai sensi e per gli effetti dell'articolo 17 della Legge n. 183 del 1989, come integrata dal comma 3 dell'articolo 12 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398 (Disposizioni per l'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia), convertito dalla Legge 4 dicembre 1993, N. 493 (Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, recante disposizioni per l'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia).

 

Art. 9
Disposizioni concernenti l'utilizzazione
delle risorse idriche

1. La Regione subentra nella sola titolarità di tutte le concessioni di acqua pubblica, o dei titoli a derivare comunque denominati, in corso, ovvero di tutte le domande di concessione in istruttoria, in capo ad enti pubblici o a partecipazione pubblica, che utilizzino o prevedano l'utilizzo delle infrastrutture, degli impianti ad essa trasferiti ai sensi dell'articolo 6 della Legge 2 maggio 1976, n. 183 (Disciplina dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno per il quinquennio 1976-1980), nonché quelli realizzati con finanziamenti regionali, nazionali e comunitari, purché inseriti nel sistema idrico multisettoriale regionale.

2. Potrà essere assicurata agli attuali utilizzatori la possibilità di prelevare, per gli utilizzi settoriali della risorsa, in qualità di utenti del soggetto gestore di cui all'articolo 28, un quantitativo d'acqua pari a quello utilizzato in conformità al preesistente titolo di derivazione rilasciato o in fase di istruttoria, compatibilmente con le risultanze della procedura di revisione di cui al comma 3.

3. Con l'obiettivo di assicurare l'equilibrio del bilancio idrico nel rispetto delle priorità della Legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche) e tenendo conto delle idroesigenze, delle disponibilità della risorsa, del minimo deflusso vitale, della salvaguardia delle falde e delle destinazioni d'uso compatibili con le relative caratteristiche qualitative e quantitative, l'Agenzia, di cui al capo II, provvede a proporre alla Regione prescrizioni o limitazioni temporali o quantitative di tutti i titoli di utilizzazione di acque pubbliche, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale di concessione.

4. La Regione con apposite direttive disciplina il procedimento di concessione per l'approvvigionamento di acqua pubblica da corpo idrico superficiale naturale o artificiale, o da acque sotterranee e sorgenti sulla base dei criteri e principi di cui al comma 8 dell'articolo 20 della Legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa).

5. Le direttive di cui al comma 4 sono predisposte entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge dall'Assessorato regionale dei lavori pubblici e sono approvate dalla Giunta regionale.

 

Capo II
Agenzia regionale del distretto
idrografico della Sardegna

Art. 10
Istituzione, finalità e natura giuridica
dell'Agenzia regionale del distretto
idrografico della Sardegna

1. Al fine di garantire l'unitarietà della gestione delle attività di pianificazione, programmazione, regolazione nei bacini idrografici della regione viene istituita l'"Agenzia regionale del distretto idrografico della Sardegna" di seguito denominata Agenzia. L'Agenzia opera in stretto raccordo con le altre strutture regionali competenti.

2. L'Agenzia ha la funzione di segreteria tecnico-operativa, di struttura di supporto logistico-funzionale dell'Autorità di bacino e di struttura tecnica per l'applicazione delle norme previste dalla direttiva n. 2000/60/CE. A tal fine svolge compiti istruttori, di supporto tecnico, operativo e progettuale alle funzioni di regolazione e controllo proprie della Regione e realizza una attività di ricerca e sviluppo sulla base di un'autonoma capacità ideativa e progettuale.

3. L'attività dell'Agenzia è funzionale al perseguimento dell'obiettivo regionale di assicurare la difesa del suolo, la tutela delle acque, la fruizione e la gestione del patrimonio idrico per gli usi connessi ad uno sviluppo sostenibile ed è finalizzata a:
a) proteggere e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici e degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici per il fabbisogno idrico;
b) agevolare un utilizzo idrico sostenibile fondato sulla protezione a lungo termine delle risorse idriche sostenibili;
c) mirare alla protezione rafforzata e al miglioramento dell'ambiente acquatico;
d) assicurare la graduale riduzione dell'inquinamento delle acque sotterranee;
e) contribuire a mitigare gli effetti delle inondazioni e delle siccità;
f) contribuire a garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed equo.

4. L'Agenzia ha personalità giuridica di diritto pubblico, autonomia amministrativa, tecnica, contabile e patrimoniale; è costituita con decreto del Presidente della Regione ed è sottoposta agli indirizzi, alla vigilanza ed al controllo della Giunta regionale.

5. L'Agenzia ha sede a Cagliari.

 

Art. 11
Funzioni

1. Per il raggiungimento dei propri fini istituzionali l'Agenzia:
a) promuove la creazione e la diffusione della cultura dell'acqua;
b) sviluppa e sostiene azioni per la gestione integrata quali-quantitativa delle risorse idriche di ciascun bacino idrografico;
c) individua e promuove la ricerca e l'adozione di misure per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento, nonché per la conservazione, il riciclo, il riutilizzo e il risparmio delle risorse idriche;
d) propone alle amministrazioni competenti le misure cautelari e di emergenza che si rendano necessarie per una corretta gestione delle risorse idriche ed in particolare si attiva per la gestione delle crisi idriche;
e) promuove la partecipazione attiva delle categorie interessate, degli utenti e delle loro associazioni alle fasi attuative della presente legge e agli interventi di riqualificazione ambientale e di riorganizzazione del servizio idrico multisettoriale regionale.

2. L'Agenzia cura gli adempimenti dell'Autorità di bacino e, in particolare, del Comitato tecnico, fornendo il supporto tecnico, organizzativo e finanziario per il suo funzionamento e predispone, per l'adozione dei successivi provvedimenti di competenza, inoltrando gli atti al Comitato tecnico:
a) i progetti di Piano di bacino e dei relativi Piani stralcio di cui alla Legge n. 183 del 1989;
b) un'analisi delle caratteristiche del distretto idrografico della Sardegna, con le modalità e i contenuti previsti dall'articolo 5 della direttiva n. 2000/60/CE, per procedere ad un esame dell'impatto delle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sotterranee e per definire un'analisi economica dell'utilizzo idrico;
c) gli elaborati per istituire e aggiornare i registri delle aree protette, con le modalità e i contenuti previsti dall'articolo 6 della direttiva n. 2000/60/CE;
d) il progetto del Piano di gestione del distretto idrografico di cui all'articolo 24;
e) l'aggiornamento del Piano regolatore generale degli acquedotti;
f) gli indirizzi e gli obiettivi per l'elaborazione dei programmi di interventi ed il piano finanziario, relativi al servizio di approvvigionamento idrico multisettoriale regionale, che sarà predisposto dal soggetto gestore di cui all'articolo 28; i programmi ed il piano finanziario saranno approvati dalla Giunta regionale;
g) la carta dei servizi inerente al servizio idrico multisettoriale regionale, esercitando inoltre le attività di verifica e controllo riguardante il raggiungimento dei requisiti e degli standard prefissati nella medesima carta dei servizi;
h) la convenzione di gestione ed il relativo disciplinare regolante le attività del soggetto gestore di cui all'articolo 28;
i) il sistema regionale dei corrispettivi economici per la fornitura dell'acqua grezza all'ingrosso per gli usi multisettoriali di cui all'articolo 26;
l) le attività operative ed istruttorie relative alle funzioni della Regione in materia di servizio idrico integrato a termini della Legge n. 36 del 1994 e delle leggi regionali 17 ottobre 1997, n. 29 (Istituzione del servizio idrico integrato, individuazione e organizzazione degli ambiti territoriali ottimali in attuazione della Legge 5 gennaio 1994, n. 36) e 7 maggio 1999, n. 15 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 17 ottobre 1997, n. 29) e successive modifiche ed integrazioni;
m) i programmi di monitoraggio dello stato di qualità delle acque, con le modalità e i contenuti previsti dall'articolo 8 della direttiva n. 2000/60/CE anche ai fini della determinazione continua del bilancio idrico, ai sensi della Legge n. 36 del 1994 e del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152 (Disposizioni sulla tutela delle acque dall'inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole) e della salvaguardia della sicurezza dei cittadini in condizioni di crisi e successiva emergenza idrica, concordando l'attuazione con l'ARPAS, secondo le modalità di collaborazione previste dalla Giunta regionale, nell'ambito delle funzioni di coordinamento ed indirizzo dell'ARPAS;
n) i pareri sulle domande di concessione idrica di particolare rilevanza;
o) i criteri e gli obblighi per l'installazione e manutenzione dei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi d'acqua pubblica derivata o restituita;
p) specifiche norme sul risparmio idrico con particolare riferimento al settore agricolo.

3. L'Agenzia procede, entro sei mesi dalla sua istituzione, all'identificazione delle opere del sistema idrico multisettoriale regionale di competenza della Regione, ai sensi del comma 2 dell'articolo 2, da affidare al soggetto gestore di cui all'articolo 28. Le opere identificate sono dichiarate di competenza regionale con appositi decreti del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale.

4. L'Agenzia provvede, inoltre, a:
a) organizzare e gestire l'osservatorio regionale sulle risorse idriche di cui all'articolo 25;
b) ulteriori compiti, funzioni ed attività conferiti dalla Regione, dagli enti locali e da altri soggetti pubblici e privati coerenti con le attività di cui ai commi precedenti.

 

Art. 12
Programma delle attività

1. L'Agenzia svolge le proprie attività sulla base di programmi pluriennali e annuali, coerenti con gli indirizzi impartiti dalla Regione. Il programma pluriennale, con valenza triennale, fornisce un quadro previsionale delle tipologie degli interventi, delle risorse necessarie, dei tempi e dei risultati attesi. Il programma annuale indica gli obiettivi, gli interventi, le risorse, nonché il sistema di verifica dei risultati.

2. L'Agenzia, nella predisposizione degli atti di programmazione, è tenuta ad attivare forme di consultazione con gli enti locali.

 

Art. 13
Vigilanza e controllo

1. L'Agenzia è sottoposta alla vigilanza e al controllo della Giunta regionale.

2. Il controllo preventivo viene esercitato dalla Presidenza della Regione ai sensi dell'articolo 4 della legge regionale 15 maggio 1995, n. 14 (Indirizzo, controllo, vigilanza e tutela sugli enti, istituti ed aziende regionali), limitatamente agli atti di cui alle lettere c), e) ed f) del comma 4 dell'articolo 15 della presente legge.

3. Il controllo consiste nell'accertamento della conformità dell'atto alle norme legislative e regolamentari, nonché nella valutazione della coerenza dell'atto con gli obiettivi generali e le priorità strategiche definite dalla Giunta regionale nell'ambito degli strumenti di programmazione e pianificazione regionali.

4. Si estende all'Agenzia il controllo di gestione previsto dall'articolo 10 della legge regionale 13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale e dell'organizzazione degli uffici della Regione).

 

Art. 14
Organi dell'Agenzia

1. Sono organi dell'Agenzia:
a) il direttore generale;
b) il collegio dei revisori.

 

Art. 15
Direttore generale

1. Il direttore generale è nominato con decreto del Presidente della Regione, previa conforme deliberazione della Giunta regionale, su proposta del Presidente della Regione e dura in carica cinque anni, prorogabili una sola volta. In fase di prima attuazione, il direttore generale è nominato entro quarantacinque giorni dall'entrata in vigore della presente legge.

2. Il direttore generale è scelto tra i dirigenti dell'Amministrazione o degli enti regionali di cui al comma 2 dell'articolo 28, della legge regionale n. 31 del 1998, o tra soggetti esterni di cui all'articolo 29 della medesima legge, in possesso di comprovata professionalità ed esperienza acquisita nella direzione di sistemi organizzativi complessi di medie e grandi dimensioni nei tre anni precedenti, il cui rapporto di lavoro non sia stato risolto per demerito o altro fatto imputabile al medesimo soggetto.

3. Il direttore generale ha la rappresentanza legale dell'Agenzia ed è responsabile della realizzazione dei compiti istituzionali dell'Agenzia, in coerenza con gli obiettivi e le priorità strategiche fissati dalla Giunta regionale, nonché della corretta gestione amministrativa, contabile ed economico-finanziaria.

4. Il direttore generale in particolare provvede:
a) all'indirizzo e al coordinamento delle strutture, nonché all'assegnazione alle stesse delle dotazioni finanziarie e strumentali, coerentemente con quanto previsto dal bilancio e dal programma e alla verifica del loro utilizzo;
b) alla nomina, con provvedimento motivato, dei direttori di area di cui all'articolo 19;
c) alla predisposizione e all'approvazione dei bilanci di previsione pluriennali ed annuali, dei programmi pluriennali ed annuali di attività, del conto consuntivo e alla loro trasmissione alla Presidenza per la presentazione alla Giunta regionale entro i termini stabiliti;
d) alla redazione di una relazione sulle attività svolte, i risultati conseguiti e le criticità emerse nell'anno precedente e di un rapporto annuale sullo stato dei servizi idrici, sulle caratteristiche quantitative e qualitative dei corpi idrici e sull'assetto idrogeologico del territorio in Sardegna e alla loro trasmissione al Comitato tecnico di cui all'articolo 6, per la presentazione alla Giunta regionale; tale relazione dovrà essere redatta in collaborazione, per le materie di competenza, con l'ARPAS;
e) alla predisposizione e approvazione del regolamento interno di organizzazione che definisce in particolare:
1) i compiti e le funzioni dell'Agenzia e dei suoi organi;
2) le modalità di funzionamento della struttura; i rapporti con i soggetti esterni; le modalità per garantire i servizi istituzionali alla Regione e agli enti locali;
3) la definizione della pianta organica;
f) alla predisposizione e approvazione del regolamento di contabilità che preveda una contabilità di tipo economico in applicazione della vigente normativa regionale e nazionale;
g) alla stipula di convenzioni con soggetti esterni;
h) ad assicurare l'uniformità dei livelli di qualità dei servizi, effettuando le opportune verifiche.

5. La Giunta regionale, su proposta del Presidente della Regione, previa diffida, nomina un commissario ad acta qualora il direttore generale dell'Agenzia non provveda, nei termini stabiliti e secondo le modalità prescritte dalla presente legge, agli atti di sua competenza.

6. Tutte le determinazioni adottate dal direttore generale dell'Agenzia sono affisse per quindici giorni consecutivi in un apposito albo pretorio istituito nella sede centrale dell'Agenzia. Le determinazioni relative agli atti di cui alle lettere b), c), e) ed f) del comma 4, dopo la loro esecutività, devono essere pubblicate sul Bollettino Ufficiale della Regione e sul sito internet dell'Agenzia.

7. Nei casi di assenza o impedimento del direttore generale le relative funzioni sono svolte dal direttore amministrativo o dal direttore tecnico, su delega del direttore generale o, in mancanza di delega, dal più anziano d'età. Decorsi sei mesi dal verificarsi dell'assenza o dell'impedimento si procede alla sostituzione con la contestuale nomina, con decreto del Presidente della Regione, di un commissario straordinario per la gestione del periodo di vacanza.

8. Nei casi in cui la gestione evidenzi una situazione di grave disavanzo, in caso di grave violazione di leggi o di mancato raggiungimento degli obiettivi, il Presidente della Regione, su conforme deliberazione della Giunta regionale e su proposta dello stesso Presidente, previa contestazione, provvede alla revoca del direttore generale, con conseguente risoluzione del contratto di lavoro, e alla sua sostituzione. Per la gestione del periodo di vacanza si applica la stessa procedura di cui al comma 7. Al direttore generale si applicano le disposizioni di cui al comma 9 dell'articolo 28 della legge regionale n. 31 del 1998.

9. In fase di prima applicazione il direttore generale, entro sei mesi dalla nomina, provvede:
a) ad una ricognizione che permetta di definire gli obiettivi dell'attività e sulla base di questi, la dotazione organica, strumentale e finanziaria dell'Agenzia;
b) alla presentazione alla Giunta regionale, che l'approva entro quindici giorni, di una relazione sui risultati della ricognizione contenente la definizione della dotazione organica;
c) alla nomina dei direttori di cui alla lettera b) del comma 4.

10. Il direttore generale entro i sei mesi successivi alla ricognizione provvede agli adempimenti di cui alle lettere c), e) ed f) del comma 4.

 

Art. 16
Collegio dei revisori dei conti

1. Il collegio dei revisori è composto da tre membri, di cui uno con funzioni di presidente, nominati con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, su proposta dello stesso Presidente, scelti tra i revisori iscritti nel registro dei revisori contabili di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88 (Attuazione della direttiva 84/253/CEE, relativa all'abilitazione delle persone incaricate del controllo di legge dei documenti contabili).

2. I revisori dei conti durano in carica per un periodo di tempo di tre anni, rinnovabili una sola volta e non sono revocabili salvo che per gravi inadempimenti e per violazioni alle norme di legge. Si osservano, in quanto applicabili, le norme in materia di ineleggibilità e di decadenza previste dall'articolo 2399 del codice civile.

3. Con deliberazione della Giunta regionale, su proposta del Presidente della Regione, sono definiti i compiti del collegio dei revisori e i compensi spettanti ai suoi componenti.

4. La prima riunione del collegio dei revisori è convocata dal suo presidente entro trenta giorni dal decreto di nomina dei suoi componenti.

 

Art. 17
Articolazione e organizzazione dell'Agenzia

1. Per l'esercizio delle funzioni e delle attività di cui alla presente legge, l'Agenzia è organizzata in una direzione centrale e in cinque direzioni di area denominate:
a) pianificazione;
b) tutela delle acque;
c) gestione integrata delle risorse idriche;
d) difesa del suolo;
e) area finanziaria e amministrativa.

 

Art. 18
Ufficio di direzione e di staff

1. Per l'espletamento delle funzioni di propria competenza il direttore generale si avvale dell'ufficio di direzione e dell'ufficio di staff.

2. L'ufficio di direzione è costituito dai direttori delle aree tecnico-scientifiche e amministrativa. L'ufficio collabora con il direttore generale alla predisposizione degli atti di cui al comma 4 dell'articolo 15.

3. L'ufficio di staff è costituito dal personale di segreteria e da personale di comprovata esperienza nelle specifiche funzioni di competenza della direzione generale, scelto tra i dipendenti dell'Agenzia. La revoca o la scadenza del mandato del direttore generale comporta la decadenza dello staff.

4. Le funzioni dell'ufficio di staff e di direzione sono disciplinate dal regolamento di organizzazione.

 

Art. 19
Direttori tecnico-scientifici
e direttore amministrativo

1. I direttori tecnico-scientifici e il direttore amministrativo coordinano le attività dell'Agenzia nelle aree di rispettiva competenza.

2. Il direttore generale, con provvedimento motivato, nomina i direttori scegliendoli tra i dirigenti dell'Amministrazione o degli enti regionali, di cui al comma 2 dell'articolo 28 della legge regionale n. 31 del 1998, tra soggetti esterni di cui all'articolo 29 della medesima legge o tra il personale dipendente dell'Agenzia con i seguenti requisiti:
a) direttore tecnico-scientifico: laurea in discipline tecnico-scientifiche e attività di direzione e di responsabilità svolta per almeno tre anni consecutivi presso enti o strutture pubbliche e private di media o grande dimensione, deputate allo svolgimento di attività di prevalente interesse dell'area di riferimento;
b) direttore amministrativo: laurea in discipline giuridiche o economiche e attività di qualificata direzione amministrativa svolta per almeno tre anni consecutivi presso enti o strutture pubbliche e private di media o grande dimensione.

3. Il direttore tecnico-scientifico e il direttore amministrativo durano in carica quanto il direttore generale e possono essere, anche singolarmente, riconfermati.

 

Art. 20
Trattamento economico del direttore generale
e dei direttori di area

1. Al direttore generale, ai direttori tecnico-scientifici e a quello amministrativo si applica, sulla base di contratti individuali di diritto privato di durata quinquennale, il trattamento giuridico ed economico dei dirigenti regionali:
a) direttore generale: retribuzione equiparata a quella di un direttore generale di Assessorato;
b) direttore tecnico-scientifico e amministrativo: retribuzione equiparata a quella di un direttore di servizio di Assessorato;

2. L'incarico comporta un rapporto di lavoro a tempo pieno, non è compatibile con attività professionali ed incarichi elettivi e di vigilanza e, per i pubblici dipendenti, è subordinato al collocamento in aspettativa o fuori ruolo dall'ente di appartenenza, senza assegni per tutto il periodo dell'incarico.

 

Art. 21
Personale e trattamento giuridico ed economico

1. Fino all'adozione dei provvedimenti di inquadramento del personale e di trasferimento dei beni all'Agenzia, conseguenti alla ricognizione di cui alla lettera a) del comma 9 dell'articolo 15, l'Agenzia si avvale per le proprie funzioni, sulla base di apposite convenzioni, di personale dell'Amministrazione o degli enti regionali.

2. Il direttore generale, ultimata la ricognizione di cui al comma 9 dell'articolo 15, definisce la dotazione organica e predispone il regolamento di organizzazione, comprensivo della pianta organica, e lo sottopone all'approvazione della Giunta regionale.

3. Entro due mesi dall'approvazione del regolamento di cui al comma 2, il personale operante nelle strutture della Regione e degli enti strumentali della Regione che svolge, alla data di costituzione dell'Agenzia, attività inerenti alle competenze delle aree funzionali di cui al comma 3 dell'articolo 3, può chiedere di essere assegnato all'Agenzia.

4. Entro i successivi due mesi il direttore generale formula all'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione, che la approva entro quindici giorni, la proposta di mobilità per il personale di cui al comma 3.

5. Alla mobilità del personale di cui al comma 4 si provvede con decreto dell'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione, sentiti gli Assessori competenti.

6. I posti di organico, non coperti dopo l'attivazione dei provvedimenti di mobilità di cui al comma 5, saranno assegnati mediante concorsi pubblici.

7. Al personale dell'Agenzia si applica il trattamento giuridico ed economico previsto dal contratto dei dipendenti regionali; ad esso è conservata la retribuzione individuale di anzianità in godimento nell'ente di provenienza.

8. Il personale dell'Agenzia non può assumere, a favore di soggetti terzi, incarichi professionali di consulenza, progettazione e direzione lavori nelle attività di competenza della Legge n. 183 del 1989; altri incarichi, purché compatibili con le esigenze d'ufficio, possono essere autorizzati dal direttore generale secondo i criteri individuati nel regolamento di organizzazione.

 

Art. 22
Assegnazione di beni

1. A seguito della ricognizione di cui al comma 9 dell'articolo 15 sono assegnati all'Agenzia i beni mobili e immobili, le attrezzature, le strutture e le dotazioni finanziarie riguardanti l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 11:
a) della Regione e degli enti regionali;
b) di altri enti, organismi pubblici e società di capitali se tali beni sono di proprietà della Regione.

2. I beni di cui al comma 1 sono assegnati all'Agenzia con decreto del Presidente della Regione.

3. Entro un anno dall'avvio dell'attività dell'Agenzia, in corrispondenza dell'approvazione del suo primo programma pluriennale e annuale, il Presidente della Regione, sulla base della relazione del direttore generale di cui alla lettera d) del comma 4 dell'articolo 15, può disporre con proprio decreto il trasferimento all'Agenzia di ulteriori risorse e strutture degli enti e organismi di cui al comma 1 del presente articolo.

 

Art. 23
Informazione, consultazione e partecipazione dell'opinione pubblica

1. L'Agenzia ispira le proprie attività ai principi di cui all'articolo 14 della direttiva n. 2000/60/CE promuovendo la partecipazione attiva di tutte le parti interessate nella predisposizione degli atti di propria competenza.

2. Per il diritto di accesso all'informazione ed alla documentazione si applicano le disposizioni di cui alla legislazione vigente in materia, che saranno esplicitamente indicate nel regolamento interno di cui alla lettera e) del comma 4 dell'articolo 15. Lo stesso regolamento deve altresì prevedere la creazione di un ufficio specificamente addetto anche a garantire la disponibilità delle informazioni e della documentazione disponibile in tutte le strutture dell'Agenzia.

3. Ai fini della sensibilizzazione della popolazione, l'Agenzia formula e divulga, anche attraverso organi di informazione, una relazione annuale sullo stato dei bacini idrografici e dei servizi idrici in base ai dati e alle informazioni acquisite durante lo svolgimento delle attività di competenza nell'anno precedente.

4. La Regione, per assicurare la piena rappresentatività degli interessi presenti sul territorio, istituisce un Comitato di consultazione con il compito di garantire e facilitare le politiche di informazione e partecipazione pubblica, favorendo un adeguato coinvolgimento attivo dei portatori di interesse nella formazione degli atti di pianificazione. Il Comitato è composto da:
a) il Presidente della Regione o suo delegato, con funzioni di presidente;
b) i presidenti delle province o loro delegati;
c) il presidente dell'Autorità d'ambito o suo delegato;
d) quattro rappresentanti designati dalla Associazione nazionale comuni italiani in rappresentanza delle amministrazioni comunali;
e) due rappresentanti designati d'intesa tra le principali associazioni di protezione ambientale;
f) due rappresentanti designati d'intesa tra i Consorzi di bonifica della Sardegna;
g) due rappresentanti designati d'intesa tra le principali organizzazioni imprenditoriali del settore agricolo;
h) un rappresentante designato d'intesa tra le principali organizzazioni sindacali;
i) un rappresentante designato d'intesa tra le organizzazioni imprenditoriali del settore artigianale e industriale.

5. In caso di mancata designazione dei componenti di cui alle lettere e), f), g), h) e i) del comma 4, entro trenta giorni dalla data della richiesta, provvede direttamente il Presidente della Regione.

6. In caso di votazione paritaria prevale il voto del presidente.

7. Alle sedute del Comitato partecipa il direttore generale dell'Agenzia. Possono essere altresì invitati i dirigenti dell'Agenzia, nonché i componenti del Comitato tecnico di cui all'articolo 6.

8. I componenti del Comitato di cui alle lettere e), f), g), h) e i) del comma 4 durano in carica cinque anni.

9. Il Comitato si riunisce di norma ogni semestre ed ogni qualvolta ne chieda la convocazione il suo presidente, ovvero un terzo dei suoi componenti.

10. Il Comitato si esprime in merito alle procedure proposte dall'Agenzia in materia di informazione, partecipazione e consultazione pubblica, individuando i punti di forza della partecipazione, gli obiettivi da raggiungere, i benefici in termini di attenuazione e prevenzione dei conflitti.

11. Il Comitato definisce annualmente gli indirizzi relativi alle modalità di consultazione e di raccolta delle osservazioni degli utenti per la elaborazione del piano per il recupero dei costi relativi ai servizi idrici di cui all'articolo 26.

 

Art. 24
Piano di gestione del distretto idrografico
della Sardegna

1. Il Piano di gestione del distretto idrografico, di seguito Piano di gestione, da sviluppare con le modalità e i contenuti previsti dall'articolo 13 della direttiva n. 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque, è lo strumento regionale per la pianificazione della tutela e dell'uso delle acque, con il quale, coerentemente con la pianificazione generale della Regione, anche in qualità di Autorità di bacino, sono individuate le misure e gli interventi necessari ad assicurare la tutela qualitativa e quantitativa dei corpi idrici e il perseguimento delle finalità di cui all'articolo 1, secondo il modello della programmazione integrata e nel rispetto del principio di sussidiarietà.

2. Il piano di gestione è articolato per bacini e sottobacini, problematiche o categorie di acque al fine di affrontare aspetti particolari della gestione idrica. Il piano di gestione, che concorre all'attuazione dei programmi comunitari e nazionali in materia di sviluppo sostenibile, persegue obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione dei corpi idrici attraverso la valutazione e l'intervento congiunto sugli aspetti quantitativi e qualitativi della risorsa idrica.

3. Il piano di gestione è elaborato dall'Agenzia sulla base dei criteri e degli indirizzi stabiliti dalla Regione. Il piano di gestione è sottoposto a revisione ogni tre anni.

4. Il piano di gestione comprende il programma di tutela e uso delle acque con il quale sono individuate le azioni per il raggiungimento degli obiettivi contenuti nell'atto di indirizzo.

5. Il programma di tutela e uso delle acque è integrato dalla valutazione ambientale condotta secondo i contenuti e le procedure di cui agli articoli 4, 5, 6, 7, 8 e 9 della direttiva n. 2001/42/CE.

6. L'Agenzia promuove la partecipazione attiva all'elaborazione, aggiornamento e revisione del piano, da parte delle rappresentanze economiche e sociali e delle associazioni di protezione ambientale interessate, secondo le previsioni di cui all'articolo 14 della direttiva n. 2000/60/CE.

7. Il Piano di gestione costituisce un Piano stralcio di bacino con le caratteristiche e le procedure di approvazione e attuazione di cui all'articolo 7.

 

Art. 25
Osservatorio regionale sulle risorse idriche

1. Presso l'Agenzia è istituito l'osservatorio regionale sulle risorse idriche.

2. La Regione attraverso l'osservatorio regionale sulle risorse idriche, assicura:
a) l'integrazione e la raccolta unitaria delle informazioni relative al sistema delle acque interne, compresi gli ambiti fluviali e lacustri;
b) la condivisione delle informazioni da parte di tutti gli enti competenti in materia, al fine di favorire una gestione coerente e integrata delle risorse idriche;
c) la raccolta omogenea delle informazioni necessarie per l'alimentazione delle banche dati nazionali ed europee;
d) la realizzazione di strumenti informatici di supporto alle decisioni e di monitoraggio in ordine all'impatto degli interventi;
e) la realizzazione di servizi informativi per la diffusione di dati ed elementi conoscitivi del territorio;
f) il raccordo e l'integrazione dei dati e delle informazioni con il Sistema informativo regionale per il monitoraggio ambientale gestito dall'ARPAS.
g) L'Agenzia promuove le opportune intese volte a raggiungere un elevato grado di integrazione delle informazioni in materia di risorse idriche.

 

Art. 26
Piano per il recupero dei costi relativi
ai servizi idrici

1. La Giunta regionale stabilisce annualmente i criteri per l'attuazione del sistema di definizione dei contributi al recupero dei costi dei servizi idrici a carico dei vari settori di impiego dell'acqua all'ingrosso, sulla base di quanto previsto dall'articolo 9 della direttiva n. 2000/60/CE, tenendo conto:
a) dell'esigenza di incentivare la conservazione ed il risparmio della risorsa idrica per conseguire l'obiettivo di una gestione sostenibile;
b) degli investimenti infrastrutturali effettuati e da effettuare, che contribuiscono al miglioramento della produttività, della qualità e dell'organizzazione del servizio idrico di gestione del sistema idrico multisettoriale regionale;
c) dell'obiettivo di unificare i criteri di determinazione dei corrispettivi economici relativi al servizio di approvvigionamento idrico del sistema idrico multisettoriale regionale sull'intero territorio per categorie di utenze omogenee;
d) delle conseguenze sociali, ambientali ed economiche del recupero dei costi per le diverse categorie di utenza;
e) dell'esigenza di graduare nel tempo le eventuali variazioni dei contributi territorialmente vigenti al recupero dei costi.

2. L'Agenzia elabora il Piano per il recupero dei costi relativi ai servizi idrici per l'acqua all'ingrosso, sulla base dei criteri di cui al comma 1 e lo propone all'approvazione della Giunta regionale tramite il Comitato tecnico di cui all'articolo 6, ripartendo i costi tra i diversi settori di utilizzazione suddivisi almeno nelle categorie di utenza di cui al comma 4 dell'articolo 2.

3. I corrispettivi economici per la fornitura dell'acqua all'ingrosso sono riscossi dal soggetto gestore di cui all'articolo 28.

4. Gli organismi competenti della distribuzione delle risorse settoriali, che usufruiscono delle risorse idriche rese disponibili dal sistema idrico multisettoriale regionale, provvedono di conseguenza ad adeguare i rispettivi recuperi economici a carico degli utenti in relazione a quanto stabilito dal Piano di cui al presente articolo.

 

Art. 27
Dotazioni finanziarie

1. Le entrate dell'Agenzia sono costituite da:
a) un contributo annuale di funzionamento attribuito dalla Regione per l'espletamento delle attività dell'Agenzia;
b) finanziamenti per la realizzazione di attività e progetti specifici commissionati all'Agenzia;
c) introiti derivanti dall'effettuazione di prestazioni erogate a favore di altri enti e organismi pubblici;
d) finanziamenti statali e comunitari;
e) ogni altro finanziamento acquisito in conformità alle norme che ne disciplinano l'attività.

2. Il contributo annuale di cui alla lettera a) del comma 1, viene stabilito con legge finanziaria.

3. In sede di prima applicazione si procede alla riduzione degli oneri finanziari iscritti ai pertinenti capitoli del bilancio regionale per le spese delle attività trasferite all'Agenzia.

 

Capo III
Soggetto gestore del sistema idrico
multisettoriale regionale

Art. 28
Soggetto gestore del sistema idrico
multisettoriale regionale

1. Per gli scopi di cui all'articolo 29, dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Ente Autonomo del Flumendosa è trasformato in Flumendosa - Ente delle risorse idriche della Sardegna, di seguito denominato EAF Sardegna, quale ente strumentale della Regione per la gestione del sistema idrico multisettoriale regionale.

2. L'ente provvede alla realizzazione, alla gestione e alla manutenzione delle infrastrutture, degli impianti e delle opere del sistema idrico multisettoriale regionale di cui al comma 2 dell'articolo 2 e affidati in concessione dalla Regione e, a tal fine, utilizza le risorse ed i beni della Regione per lo svolgimento delle attività di cui all'oggetto sociale, nonché quelli già di competenza dell'Ente autonomo del Flumendosa.

3. La titolarità delle reti e delle infrastrutture e la titolarità delle concessioni ad esse inerenti rimane in capo alla Regione, mentre la relativa gestione è attribuita all'EAF Sardegna.

 

Art. 29
Compiti

1. L'attività di EAF Sardegna ha per oggetto:
a) la gestione unitaria del sistema idrico multisettoriale regionale di cui al comma 2 dell'articolo 2;
b) la progettazione, la realizzazione e la gestione degli impianti e delle opere, di cui alla lettera a);
c) la manutenzione ordinaria e straordinaria e la valorizzazione delle infrastrutture, degli impianti e delle opere, di cui alla lettera a);
d) la predisposizione dei programmi di interventi ed il relativo piano finanziario inerenti al servizio di approvvigionamento idrico multisettoriale regionale;
e) la riscossione dei corrispettivi per il recupero dei costi del servizio idrico, per il sistema di approvvigionamento multisettoriale dell'acqua all'ingrosso, dalle utenze idriche settoriali sulla base del Piano di cui all'articolo 26;
f) l'espletamento di ulteriori compiti, funzioni ed attività conferiti dalla Regione, dagli enti locali e da altri soggetti pubblici e privati coerenti con le attività di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) e con riferimento alle attività di realizzazione delle opere pubbliche.

2. Le norme statutarie di EAF Sardegna sono approvate con decreto del Presidente della Regione, previa conforme deliberazione della Giunta regionale, da adottarsi su proposta dell'Assessore regionale dei lavori pubblici sentita la competente Commissione consiliare.

3. Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, l'Amministrazione regionale provvede a modificare lo Statuto dell'ente in relazione alle modifiche introdotte dalla presente legge.

4. L'ente procede, in via prioritaria e preliminare, a costituire l'inventario puntuale degli elementi del sistema idrico multisettoriale regionale individuato dall'Agenzia, ai sensi del comma 3 dell'articolo 11 ed a verificare lo stato delle infrastrutture, degli impianti, delle opere, nonché a certificare la consistenza dei beni e delle risorse patrimoniali di proprietà e assegnati per lo svolgimento del servizio, anche al fine di determinare le necessità finanziarie per gli interventi e la manutenzione straordinaria necessari.

5. L'EAF Sardegna proseguirà nella gestione di tutte le opere e tutti gli impianti ad uso multisettoriale di competenza dell'Ente autonomo del Flumendosa. Le restanti opere ed i restanti impianti del sistema idrico multisettoriale regionale di cui al comma 3 dell'articolo 11, sono affidati all'EAF Sardegna che provvederà a gestirli anche attraverso convenzioni di gestione, di cui all'articolo 33, con i soggetti titolari delle gestioni esistenti.

 

Art. 30
Modifiche alla legge regionale n. 14 del 1995

1. Nella tabella A allegata alla legge regionale n. 14 del 1995, la parte denominata:
"Ente autonomo del Flumendosa (EAF);"
è sostituita dalla seguente:
"Flumendosa - Ente delle risorse idriche della Sardegna (EAF Sardegna);".

 

Art. 31
Modifiche alla legge regionale n. 20 del 1995

1. Nel comma 2 dell'articolo 1 della legge regionale 23 agosto 1995, n. 20 (Semplificazione e razionalizzazione dell'ordinamento degli enti strumentali della Regione e di altri enti pubblici e di diritto pubblico operanti nell'ambito regionale), la parte denominata:
"Ente autonomo del Flumendosa (EAF)"
è sostituita dalla seguente:
"Flumendosa - Ente delle risorse idriche della Sardegna (EAF Sardegna)".

2. L'articolo 24 della medesima legge regionale è così sostituito:
"Art. 24
(EAF Sardegna)
1. Il Consiglio di amministrazione del Flumendosa - Ente delle risorse idriche della Sardegna (EAF Sardegna) è composto da un Presidente e due membri, nominati con decreto del Presidente della Regione, su conforme deliberazione della Giunta regionale, secondo le forme e le procedure di cui all'articolo 3.
2. Uno dei membri è prescelto dalla Giunta regionale in un elenco di almeno tre nomi proposto dall'Associazione nazionale comuni d'Italia;
3. Il secondo membro è prescelto dalla Giunta regionale in un elenco di almeno tre nomi proposto dalle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale."

3. Nella tabella A allegata alla legge regionale n. 20 del 1995, la parte denominata:
"- Ente autonomo del Flumendosa (EAF)"
è sostituita dalla seguente:
"- Flumendosa - Ente delle risorse idriche della Sardegna (EAF Sardegna)".

 

Art. 32
Modifiche alla legge regionale n. 31 del 1998

1. La lettera l) del comma 1 dell'articolo 69 della legge n. 31 del 1998 è così sostituita:
"l) Flumendosa - Ente delle risorse idriche della Sardegna (EAF Sardegna);".

 

Art. 33
Convenzione di gestione

1. Ai sensi del comma 5 dell'articolo 29 l'attività di gestione di singoli segmenti di opere ed impianti del sistema idrico multisettoriale regionale può essere affidata all'attuale soggetto titolare della gestione, previa stipula di apposita convenzione con EAF Sardegna. Al medesimo soggetto può essere affidata anche l'attività della manutenzione ordinaria delle opere e degli impianti.

2. La convenzione di cui al comma 1 è stipulata sulla base di una convenzione tipo e relativo disciplinare approvati dalla Giunta regionale su proposta dell'Assessore regionale dei lavori pubblici.

3. La convenzione di cui al comma 1 determina i servizi che vengono affidati al concessionario, gli obiettivi e gli standard qualitativi e quantitativi che i servizi devono assicurare, le modalità per la loro organizzazione, nonché le modalità di manutenzione delle opere e degli impianti.

4. La convenzione determina il corrispettivo, a copertura degli oneri sostenuti, da assicurare al soggetto gestore del servizio idrico e disciplina le modalità di corresponsione.

 

Art. 34
Entrate del soggetto gestore

1. Le entrate del soggetto gestore sono costituite da:
a) corrispettivo economico per la fornitura dell'acqua all'ingrosso di cui al comma 3 dell'articolo 26;
b) finanziamenti per la realizzazione di attività e progetti specifici commissionati al soggetto gestore;
c) introiti derivanti dall'effettuazione di prestazioni erogate a favore di altri enti e organismi pubblici;
d) finanziamenti statali e comunitari;
e) ogni altro finanziamento acquisito in conformità alle norme che ne disciplinano l'attività.

2. La Regione, sulla base delle risultanze dei Piani di bacino, del Piano di gestione di cui all'articolo 24 o di documenti pianificatori preliminari predisposti dall'Agenzia e in conformità alle previsioni del bilancio pluriennale, può concedere incentivi e contributi al soggetto gestore, a parziale copertura dei costi del servizio idrico multisettoriale, al fine di tener conto delle conseguenze sociali, ambientali ed economiche del recupero dei costi a carico dei soggetti utilizzatori delle risorse idriche, come pure delle specifiche condizioni geografiche e climatiche della Sardegna.

3. La Regione, sulla base degli obiettivi strategici fissati nel piano regionale di sviluppo e dei programmi operativi elaborati dall'Agenzia e in conformità alle previsioni del bilancio pluriennale, può concedere incentivi e contributi a favore dell'ente per l'attività di progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva e di realizzazione di opere infrastrutturali, nonché per ricerche e studi, attinenti alla gestione delle risorse idriche multisettoriali del distretto idrografico della Sardegna.

4. Il rilascio della concessione degli incentivi e contribuiti tiene conto delle seguenti priorità:
a) programmi di investimento e adeguamento degli impianti e delle reti multisettoriali;
b) attivazione di risorse pubbliche con strumenti e tecniche che comportino minori costi per la pubblica amministrazione;
c) attivazione di progetti che tendano al risparmio ed al recupero della qualità idrica;
d) adozione di tecnologie a elevato contenuto innovativo, finalizzate al risparmio idrico.

 

Capo IV
Norme per la trasparenza dei costi sostenuti
dai soggetti che operano nella gestione
delle risorse idriche

Art. 35
Finalità

1. Le presenti norme intendono perseguire la trasparenza dei costi sostenuti dai soggetti gestori dei sistemi di approvvigionamento idrico per le diverse categorie di utenza mediante un appropriato sistema di individuazione e di separazioni, amministrativa e contabile, degli oneri afferenti alle attività svolte per garantire il servizio idrico. Gli oneri del servizio idrico devono essere totalmente distinti dagli oneri afferenti ad altre attività ed altri servizi svolti dai soggetti gestori, comprese le attività connesse alla difesa idraulica del territorio.

2. La separazione amministrativa e contabile persegue l'obiettivo di rendere trasparenti e omogenei i bilanci dei soggetti operanti nel settore della gestione dei sistemi idrici, e di consentire la verifica dei costi delle singole prestazioni assicurando, tra l'altro, la loro corretta disaggregazione ed imputazione per attività svolta, per area geografica e per categoria di utenza.

3. Le presenti norme dettano altresì le regole della corretta imputazione dei costi che i soggetti che operano nel settore della gestione dei sistemi idrici devono applicare anche al fine della promozione dell'efficienza nell'erogazione dei servizi di pubblica utilità, nonché della garanzia di adeguati livelli di qualità dei servizi in condizioni di economicità ed efficacia.

 

Art. 36
Ambito soggettivo di applicazione

1. Le norme del presente capo si applicano ad ogni soggetto, indipendentemente dalla sua forma giuridica, che operi in favore di una pluralità di categorie di utenza di risorse idriche, di cui al comma 4 dell'articolo 2, ovvero che operi nel campo della gestione delle risorse idriche ed in altre e diverse attività.

2. Le norme del presente capo non si applicano a soggetti affidatari della gestione del servizio idrico integrato da parte dell'Autorità d'ambito.

 

Art. 37
Attività e comparti di separazione contabile

1. Con riferimento alle attività nel campo della gestione delle risorse idriche, costituiscono attività e comparti di separazione contabile:

a) l'attività di produzione delle risorse idriche, con i seguenti comparti:

1) opere di presa e derivazione ad acqua fluente;
2) dighe e relativi serbatoi di accumulo;
3) pozzi e sorgenti;
4) impianti non convenzionali;

b) l'attività di adduzione delle risorse idriche, con i seguenti comparti:

1) adduzioni a pelo libero;
2) adduzioni in pressione;
3) impianti di sollevamento.

c) l'attività di trattamento delle risorse idriche, con i seguenti comparti:

1) trattamento delle acque per l'utilizzo;
2) depurazione delle acque per lo scarico;
3) depurazione delle acque per il riuso;

d) l'attività di distribuzione delle risorse idriche, con i seguenti comparti:

1) trasporto, accumulo e consegna;
2) impianti di sollevamento.

e) l'attività di misura delle risorse idriche, con i seguenti comparti:

1) installazione e manutenzione dei misuratori;
2) rilevazione e registrazione dei flussi e dei consumi;

f) l'attività di controllo della qualità delle risorse idriche, con i seguenti comparti:

1) installazione e manutenzione delle apparecchiature di monitoraggio;
2) campionamento;
3) analisi chimico-fisiche e biologiche.

2. Le attività di cui al comma 1 comprendono le operazioni di gestione, esercizio, manutenzione e sviluppo delle opere e degli impianti.

 

Art. 38
Servizi comuni e condivisi

1. Le componenti non attribuibili dal soggetto in modo diretto alle attività di cui all'articolo 37, sono imputate ai servizi comuni.

2. Costituiscono servizi comuni:
a) pianificazione e controllo di gestione, contabilità generale e di gestione, revisione contabile interna ed esterna;
b) gestione finanziaria;
c) funzionamento degli organi legali e societari, inclusi presidenza, direzione generale, segreteria generale e protocollo, servizi legale e fiscale, studi economici, marketing e relazioni esterne;
d) servizi del personale e delle risorse umane;
e) approvvigionamenti, acquisti, trasporti e logistica;
f) ricerca e sviluppo;
g) servizi di ingegneria e di costruzione;
h) servizi immobiliari;
i) servizi informatici;
l) servizi di telecomunicazione;
m) altri servizi non compresi nel presente elenco.

3. Quando i costi di una funzione svolta da un servizio comune sono attribuibili in modo diretto e quantificabile alle attività, il soggetto gestore assegna detti costi direttamente alle attività a cui si riferiscono.

4. Quando i costi di una funzione svolta da un servizio comune non sono attribuibili in modo diretto alle attività, il soggetto gestore assegna detti costi alle attività cui si riferiscono in modo proporzionale ai costi diretti imputati alle diverse attività.

 

Art. 39
Categorie di utenza

1. Quando il costo complessivo di una attività svolta, distinto per comparti e gravato dei costi dei servizi comuni, è attribuibile in modo diretto a una categoria di utenza, il soggetto gestore assegna detto costo direttamente alla categoria a cui si riferisce.

2. Quando il costo di una attività svolta, distinto per comparti e gravato dei costi dei servizi comuni, non è attribuibile in modo diretto a una categoria di utenza, il soggetto gestore ripartisce detto costo fra le categorie di utenze interessate in modo proporzionale al volume annuo di acqua movimentato per ciascuna categoria di utenza.

 

Art. 40
Separazione amministrativa.
Gestione delle attività

1. Ai fini delle norme del presente capo, il soggetto gestore organizza le attività di cui all'articolo 37, come se le stesse attività fossero svolte da imprese separate.

 

Capo V
Norme transitorie e finali

Art. 41
Norma finanziaria

1. Gli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge sono determinati in euro 300.000 per l'anno 2005; alla determinazione degli oneri per gli anni successivi si provvede con legge finanziaria; gli stessi oneri fanno carico alla unità previsionale S01.014 di nuova istituzione del bilancio regionale per l'anno 2005 e alla unità previsionale di base corrispondente dei bilanci per gli anni successivi.

2. Nel bilancio della Regione per l'anno 2005 sono introdotte le seguenti variazioni:

in diminuzione

03 - PROGRAMMAZIONE

UPB S03.006 - Fondo speciale per nuovi oneri legislativi di parte corrente
(Cap. 03030) (art. 30, L.R. 5 maggio 1983, n. 11) - mediante riduzione della riserva di cui alla voce 3) della Tabella A allegata alla legge finanziaria (comma 7 dell'articolo 1 della legge regionale 21 aprile 2005, n. 7)

2005 euro 300.000

in aumento

01- PRESIDENZA
Direzione 01 - Servizio 01

UPB S01.014 - NI Titolo I (01.01) - Agenzia regionale del distretto idrografico della Sardegna

2005 euro 300.000