CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII LEGISLATURA

DISEGNO DI LEGGE N. 20/A

presentato dalla Giunta regionale
su proposta dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica,
SANNA

di concerto con l'Assessore della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport, PILIA

 il 12 agosto 2004

 Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesistica e la tutela del territorio regionale


RELAZIONE DELLA GIUNTA

Il presente disegno di legge nasce dalla necessità di predisporre un adeguato sistema di tutela, ancorché provvisoria, delle aree già sottoposte alla disciplina dei Piani Territoriali Paesistici annullati per effetto dei pronunciamenti del Capo dello Stato e delle sentenze del TAR Sardegna.

Ma non solo, esso si pone come atto di avvio della nuova pianificazione paesistica in coerenza con i princìpi stabiliti nell'accordo Stato -Regioni dell'aprile del 2001, che ha recepito la Convenzione Europea del Paesaggio, e con i nuovi indirizzi contenuti nel decreto legislativo n. 42/04 che ha razionalizzato l'intera materia del paesaggio e dei beni culturali.

Questo duplice obiettivo viene perseguito in primo luogo mediante la previsione di una misura di salvaguardia per la fascia costiera dei 2000 metri che in parte si richiama al contenuto dell'articolo 10 bis della legge regionale n. 45 del 1989 ed in parte lo supera, specialmente nella parte in cui viene introdotto l'istituto dello Studio di Compatibilità Paesistica Ambientale (SCPA). Tale istituto viene mutuato dalle norme di attuazione dei Piani paesistici e consiste essenzialmente in uno strumento di verifica della compatibilità ambientale e paesistica della pianificazione urbanistica, sia generale che attuativa.

Il secondo obiettivo viene perseguito indicando il contenuto del Piano Paesistico Regionale (PPR) in termini innovativi rispetto a quanto previsto dall'articolo 10 della legge regionale n. 45 del 1989, che sinora rappresentava l'unica norma regionale al riguardo. Il contenuto del PPR viene infatti ricondotto ai contenuti ed agli obiettivi di qualità paesistica indicati nel decreto legislativo n. 42 del 2004.

Le motivazioni che hanno portato all'elaborazione del presente disegno di legge sono note; esse nascono dal fatto che l'esperienza della pianificazione paesistica, che rappresenta il dato più significativo della disciplina urbanistica delineata con la legge regionale n. 45 del 1989 cui sia stata data attuazione, si è rivelata tale da non determinare un assetto stabile e definito della disciplina del territorio regionale sia perché molti Comuni non hanno provveduto ad adeguare i loro Piani Urbanistici Comunali alle prescrizioni dei PTP, sia, soprattutto, perché ben sette di tali PTP sono stati quasi subito annullati con decreto del Presidente della Repubblica del 27 luglio 1998 a seguito di ricorsi presentati da associazioni ambientaliste, altri sei sono travolti dalle sentenze del TAR Sardegna del 6 ottobre 2003; resta, unico superstite, quello del Sinis.

Le misure sin qui adottate, basate sulla previsione di cui all'articolo 10 bis della legge regionale n. 45 del 1989 e sulla reviviscenza dei vincoli ex art. 1 ter della legge n. 431 del 1985, non sono da ritenersi sufficienti e comunque non consentono l'avvio della pianificazione paesistica che è il vero ed unico strumento di cui il territorio ha bisogno per garantire la sostenibilità del suo sviluppo.

Al riguardo si prevede - per accelerare i tempi di predisposizione della nuova disciplina di pianificazione paesistica - di utilizzare anche le elaborazioni recentemente compiute ed in via di compimento da parte delle Amministrazioni provinciali che stanno provvedendo alla predisposizione dei Piani Urbanistici Provinciali in attuazione della legge regionale n. 45 del 1989 e del decreto legislativo n. 267/00 (Testo Unico EE.LL.). 

Il lavoro sin qui compiuto dalle Province - sotto il costante monitoraggio dell'Assessorato regionale dell'urbanistica - si è esteso all'esame delle valenze ambientali, paesistiche e culturali dei territori interessati, per cui le analisi e le elaborazioni compiute possono considerarsi prodromiche anche ai fini della pianificazione paesistica.

Per conseguire l'obiettivo di dotare con immediatezza il territorio regionale di una pianificazione territoriale e paesistica valida ed efficace, pare quindi non solo opportuno ma doveroso utilizzare il lavoro sin qui svolto con molta competenza ed impegno da parte delle amministrazioni provinciali.

In tale modo, altresì, potrà ben dirsi che la pianificazione territoriale risulterà come il frutto di quella collaborazione tanto auspicata tra Regione, Province ed enti locali; infatti gli studi ed i progetti di piano provinciale sono stati - nel corso del loro iter redazionale - portati all'attenzione ed all'esame dei Comuni e delle forze locali mediante apposite conferenze di pianificazione.

Vale sottolineare che le procedure di redazione ed approvazione del PPR restano immutate nella previsione loro data dall'articolo 11 della legge regionale n. 45 del 1989, per cui in materia nulla viene innovato, salve le integrazioni procedurali che discendono dall'attuazione del decreto legislativo n. 42 del 2004, concernenti la partecipazione delle associazioni ambientaliste e degli enti locali.

Si prevede, infatti che il PPR, prima della sua trasmissione al Consiglio, venga sottoposto all'esame della Conferenza Regione - enti locali, ciò al fine di consentire quel confronto ormai necessario dopo la riforma del Titolo V della Costituzione.

Vengono quindi esplicitati il ruolo e la funzione che il Piano Paesistico Regionale deve assumere nel quadro della più complessiva pianificazione e programmazione regionale.

Le misure di salvaguardia comprendono la fascia costiera per una profondità di 2000 metri, al fine di salvaguardare tutti gli areali originariamente disciplinati dai PTP annullati e dove è venuta a cadere ogni qualsivoglia misura di tutela paesistica.

Ed infatti sono esclusi dal vincolo i territori ancora disciplinati dal PTP n. 7 del Sinis e quelli disciplinati dai PUC adottati ed approvati in adeguamento ai previgenti PTP.

In questa maniera si dà un riconoscimento a quei Comuni che si erano prontamente adeguati alle norme d'attuazione dei PTP dotatandosi di un PUC che considera tra le sue caratteristiche strutturali la tutela del paesaggio e dell'ambiente e che, proprio per questo, ridistribuiscono le volumetrie delle zone turistiche, decurtate del 50 per cento rispetto agli indici del decreto Floris.

Le misure di salvaguardia sono estese alle zone umide, ai siti archeologici, alle fasce spondali dei laghi naturali e dei fiumi, ai compendi dunali sciolti, alle montagne oltre i 1200 metri ed alle aree di esondazione dei fiumi. Particolare attenzione viene data alle aree boschive ancorché percorse da incendi.

Viene inoltre prevista la facoltà per la Giunta, qualora in sede di redazione del Piano Paesistico Regionale appaiano situazioni di emergenza ambientale, di individuare ulteriori ambiti di tutela anche al di là della fascia costiera dei 2000 metri.

Gli interventi fatti salvi dalle misure di salvaguardia richiamano solo in parte quelli indicati dalla previgente disciplina posta dagli articoli 10 bis e 12 della legge regionale n. 45 del 1989 e considerano quelli previsti dalla strumentazione urbanistica attuativa già in vigore.

Le norme transitorie hanno lo scopo di non vanificare l'attività di pianificazione posta in essere dai Comuni nella redazione dei PUC in adeguamento ai PTP, considerando non solo i casi in cui l'adeguamento si sia perfezionato, ma anche i casi in cui ciò non si sia ancora verificato ovvero i casi in cui la procedura sia stata solo avviata anche senza pervenire ad atti deliberativi di adozione.

Vale altresì sottolineare come le ipotesi di intervento consentite, che interessino in qualche misura gli strumenti urbanistici, debbano essere corredate dallo Studio di Compatibilità Paesistico Ambientale (SCPA) a maggior tutela e salvaguardia dei beni e dei valori tutelati.

Alle prescrizioni di tutela viene infatti affiancata una specifica procedura di salvaguardia imperniata sullo Studio di Compatibilità Paesistico Ambientale da allegarsi sia al PUC che agli strumenti attuativi; tale documento, previsto originariamente dalla normativa d'attuazione dei PTP, diventa strumento fondamentale per la verifica della sostenibilità paesistico-ambientale delle scelte di piano nei confronti del sistema delle risorse storico-culturali, naturalistiche, paesaggistiche ed ambientali.

Tale Studio è finalizzato all'individuazione dei livelli di sostenibilità delle ipotesi di sviluppo e di quelli di compatibilità paesistico-ambientale delle ipotesi localizzative, andando a determinare i parametri qualitativi e quantitativi delle trasformazioni compatibili. Esso non rappresenta solo un semplice allegato preliminare al PUC, ma anche un punto di riferimento per le valutazioni di tipo ambientale e paesaggistico di competenza di altri organi regionali.

È previsto, inoltre, che lo SCPA venga redatto, in forma specifica, anche a corredo degli strumenti urbanistici attuativi, in tal modo completando, a livello di dettaglio, le prescrizioni di tutela paesistico-ambientale contenute nel PUC per le aree soggette al vincolo di cui all'articolo 138 del decreto legislativo n. 490 del 1999. 

ILLUSTRAZIONE DEGLI ARTICOLI

Articolo 1 - Procedure per la redazione ed approvazione del Piano Paesistico Regionale

A differenza della precedente disciplina regionale, il Piano Paesistico Regionale va ad interessare l'intero territorio regionale e diventa così l'unico strumento di pianificazione territoriale cui si deve far riferimento sia per la pianificazione urbanistica locale sia per la tutela, salvaguardia e valorizzazione dei beni paesistici ed ambientali.

Viene inserita una specifica previsione che consente all'Amministrazione regionale di avvalersi, per la redazione del Piano Paesistico Regionale, degli studi e delle elaborazioni sottese ai Piani Urbanistici Provinciali. Le Province hanno infatti proceduto alla elaborazione di approfondite analisi territoriali che hanno interessato anche e soprattutto le componenti paesistiche ed ambientali, individuando quelli che sono i valori meritevoli di tutela e proponendone una loro articolazione.

Tali dati sono stati oggetto di una verifica da parte degli uffici regionali per cui sono immediatamente utilizzabili anche ai fini della pianificazione paesistica regionale.

In tal modo si consegue un obiettivo da più parti auspicato che è quello di dotare la Regione di un unico strumento di pianificazione territoriale in tempi più brevi possibili. 

Il contenuto e le modalità di elaborazione del Piano Paesistico Regionale sono quelli definiti nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) e precisamente nella parte III, titolo I, capo III, cui viene fatto integrale rinvio nel comma 1. 

In tal modo si accede ad una procedura che consente di stabilire gli opportuni accordi con il Ministero per i beni e le attività culturali, per la condivisione delle linee di tutela ed il conseguente riassetto dell'apparato vincolistico attualmente vigente. Vale infatti sottolineare come la nuova disciplina del Codice consente di superare l'obbligo di autorizzazione paesistica in quei territori specificatamente individuati dal Piano Paesistico Regionale.

Articolo 2 - Contenuti e valenza del Piano Paesistico Regionale

Si afferma il principio che il Piano Paesistico Regionale vale per l'intero territorio regionale e costituisce quadro di riferimento e di coordinamento per lo sviluppo sostenibile del territorio.

In ragione di ciò il Piano assume una valenza ampia e comprensiva di tutte le problematiche aventi rilevanza territoriale ed ambientale; da ciò discende il ruolo centrale che il Piano va ad assumere nel quadro della più complessiva pianificazione e programmazione regionale.

Proprio a tal fine si prevede che esso costituisca termine di paragone e di verifica della sostenibilità ambientale di tutti gli atti di programmazione regionale.

Le procedure di aggiornamento del Piano Paesistico Regionale sono semplificate al fine di consentire alla Giunta di intervenire tempestivamente, in modo che il Piano costituisca sempre un documento attuale ed efficace. Non a caso è previsto di supportare l'attuazione del Piano con un sistema di monitoraggio delle trasformazioni territoriali supportato da strumenti informativi territoriali.

Articolo 3 - Misure di salvaguardia

Con l'articolo 3 si introduce una normativa di garanzia e salvaguardia per gli ambiti territoriali costieri a carattere non di provvisorietà quanto di anticipazione di quello che dovrà essere l'ambito di tutela da garantire in sede, poi, di pianificazione paesistica. Ciò significa che gli ambiti così individuati dovranno costituire obbligatorio oggetto della pianificazione paesistica; in tale sede saranno poi concretamente determinate le misure specifiche di tutela e valorizzazione.

La novità che costituisce l'elemento caratterizzante delle misure di salvaguardia è costituita dalla sottoposizione dell'intera fascia costiera dei due chilometri dal mare al regime di tutela. La norma prevede che il vincolo valga per la fascia compresa tra i 300 ed i 2000 metri dal mare per evidenziare come ormai la fascia costiera dei 300 metri costituisca limite irrinunciabile di tutela e valorizzazione paesistica ed ambientale, così come previsto dall'articolo 10 bis della legge regionale n. 45 del 1989.

Ciò sta a significare che il nuovo piano paesistico regionale dovrà obbligatoriamente considerare come sottoposta a massima tutela la fascia costiera dei 300 metri mentre la restante fascia sino ai due chilometri sarà concretamente regolamentata in sede di piano.

Articolo 4 - Interventi ammissibili

Si evidenzia in particolare che dal vincolo di salvaguardia di cui al precedente articolo sono fatti salvi gli interventi edificatori e di trasformazione territoriale interessanti le zone urbanistiche A e B, nonché le zone C, D, F e G, per le parti già interessate da piani attuativi approvati alla data di entrata in vigore della legge.

Nei restanti ambiti territoriali sono comunque ammesse le sole attività riconducibili alla manutenzione ordinaria, straordinaria, consolidamento statico e restauro conservativo, nonché le attività di carattere agricolo-aziendale che non comportano la realizzazione di manufatti edilizi.

Le aree boscate o a macchia mediterranea, pur non costituendo oggetto di specifica misura di salvaguardia permanente, sono tuttavia soggette ad un particolare regime cautelare nella verifica dell'ammissibilità degli interventi edificatori. Gli interventi in tali aree sono infatti consentiti solo nelle radure ovvero negli spazi liberi da vegetazione e comunque a distanza di almeno cento metri dalle essenze boschive.

Per la definizione e l'individuazione delle aree boschive o a macchia il parametro di riferimento resta costituito dalla Circolare dell'Assessore della pubblica istruzione del 1986.

La norma peraltro consente la programmazione e realizzazione di opere pubbliche previa positiva valutazione da effettuarsi mediante la procedura di cui al successivo articolo, ovvero lo SCPA, che va quindi a costituire presupposto essenziale per la loro realizzazione.

Articolo 5 - Aree assoggettabili a divieto

Ad integrazione delle misure di salvaguardia permanenti la Giunta viene facoltizzata ad individuare ulteriori ambiti territoriali su cui apporre il medesimo regime di tutela. Tali ambiti dovranno essere individuati e puntualmente motivati e supportati dalle analisi e dagli studi effettuati in sede di elaborazione dei PPR.

Ciò significa che le rispettive misure di salvaguardia hanno carattere eventuale, legate al processo di elaborazione e redazione del PPR, per cui, se nel corso degli studi e delle analisi ovvero per altre non prevedibili circostanze, dovessero insorgere casi di emergenza paesistica ed ambientale, la Giunta viene dotata di uno strumento efficace per intervenire tempestivamente.

Articolo 6 - Studio di compatibilità paesistico ambientale

Questo articolo, di contenuto fortemente innovativo, esalta il ruolo attivo dei Comuni nella pianificazione del proprio territorio, anche ai fini della tutela e valorizzazione del complesso di risorse storiche, naturalistiche, paesaggistiche ed ambientali.

Si realizza, in questo modo, una generale politica di ulteriore attenzione e tutela del territorio, affidata ai Comuni che sono chiamati a formulare, per il proprio ambito territoriale e contestualmente alla pianificazione urbanistica, una disciplina paesistica di dettaglio sulla base del fondamentale principio di sostenibilità ambientale delle ipotesi di sviluppo proposte.

Il Comune assume così un ruolo centrale e da protagonista nella pianificazione del proprio sviluppo ed insieme di corresponsabile della disciplina di tutela e di valorizzazione del proprio territorio.

 Sotto questo profilo, gli elementi cardine da porsi all'origine del processo pianificatorio saranno primariamente costituiti:

1) dalla conoscenza dello stato dell'ambiente e della consistenza delle risorse naturalistiche, storico-culturali e paesaggistiche;

2) dalle realistiche previsioni circa lo sviluppo nei vari settori produttivi (servizi, turismo, commercio, industria, artigianato ecc.);

3) dal grado di sostenibilità e compatibilità delle ipotesi pianificatorie rispetto al contesto in termini qualitativi, quantitativi e localizzativi con l'obiettivo primario di esaltare il sistema paesistico-ambientale ed al contempo minimizzare l'impatto delle trasformazioni.

Nel processo di pianificazione comunale così delineato la Giunta regionale verifica:

  • la omogeneità delle metodologie adottate nella elaborazione degli strumenti urbanistici;

  • la coerenza tra le ipotesi di sviluppo assunte ed il procedimento di valutazione della compatibilità e sostenibilità delle stesse in riferimento al sistema paesistico-ambientale (SCPA).

Infatti, lo Studio di Compatibilità Paesistico-Ambientale, così come definito e con i contenuti di cui all'art. 3, rappresenta l'elemento fondamentale di guida e verifica delle ipotesi pianificatorie a tutti i livelli, tanto che viene previsto che esso venga redatto, con un livello di maggior dettaglio, anche a corredo dei piani urbanistici attuativi. In tal caso lo SCPA deve prevedere anche la simulazione dell'impatto paesistico dell'intervento edificatorio che si propone.

 

Proprio per tali caratteristiche di strumento di analisi e di tutela paesistica ed ambientale lo SCPA costituisce base di riferimento per la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), qualora ad essa debbano essere sottoposti gli strumenti urbanistici attuativi; in tal caso l'atto di approvazione della Giunta segue la positiva conclusione della procedura di VIA.

Articolo 7 - Zone F turistiche

In tale disposizione normativa si ribadisce il limite cautelare al dimensionamento delle volumetrie degli insediamenti turistici nelle zone F, confermando, entro le perimetrazioni dei previgenti Piani Paesistici Territoriali, il limite massimo del 50% della volumetria massima consentita per tale zona dal decreto dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica n. 2266/U/83. Si tratta nel suo complesso non solo di una previsione normativa ricadente nell'ambito temporale di applicazione del presente disegno di legge, ma di una conferma metodologica di carattere programmatico più generale.

Articolo 8 - Norme transitorie

 Ferma restando la salvaguardia negli ambiti territoriali definiti all'articolo 2, si è ritenuto, primariamente, di non vanificare l'attività posta in essere dagli enti locali che hanno proceduto a rendere coerenti gli strumenti urbanistici comunali con la disciplina paesistica previgente.

Per i Comuni che, pur avendo adottato il PUC, non hanno completato il processo di adeguamento e per quelli che non hanno ancora adottato il PUC, è prevista la possibilità di programmare iniziative imprenditoriali previa riduzione del 50 per cento delle volumetrie ammissibili ai sensi del D.A. 2266/U-83 privilegiando decisamente le funzioni ricettivo-alberghiere e dei servizi ed inibendo, comunque, le trasformazioni negli ambiti territoriali di cui al comma 1 dell'articolo 2.

 In questa logica, nella fase transitoria, si intende privilegiare la filiera dell'industria turistica e dei servizi ritenuta strategica per lo sviluppo dell'isola, in coerenza peraltro con gli atti di programmazione socio-economica assunti dall'Amministrazione regionale nelle ultime legislature.


RELAZIONE DELLA COMMISSIONE ASSETTO GENERALE DEL TERRITORIO - PIANIFICAZIONE TERRITORIALE REGIONALE - URBANISTICA - VIABILITA' E TRASPORTI - NAVIGAZIONE E PORTI - EDILIZIA - LAVORI PUBBLICI 

composta dai Consiglieri 

PIRISI, Presidente e relatore, SANCIU, Vice Presidente - PORCU, Segretario - CUCCU, Segretario - GIORICO - MANCA - MATTANA - MURGIONI - SABATINI - URAS

pervenuta il 22 ottobre 2004

La Quarta Commissione consiliare permanente ha approvato, nella seduta del 14 ottobre 2004, il testo unificato D.L. 20 - P.L. 24 - P.L. 28/A contenente la " Normativa transitoria di salvaguardia in materia di pianificazione territoriale paesistica".

La Commissione, dopo un'attenta valutazione delle normative proposte, ha affrontato direttamente e costruttivamente la delicatissima questione della disciplina paesaggistica da applicare alla regione al fine di colmare un annoso vuoto normativo di rilevantissima portata, evitare l'insorgere di ulteriori difficoltà e incertezze applicative e adeguarsi alla soppravvenuta normativa nazionale in materia di tutela del paesaggio.

Infatti, la necessità di emanare una normativa in materia di pianificazione territoriale paesistica risale all'agosto del 1998 quando, in accoglimento del ricorso amministrativo straordinario al Presidente della Repubblica, veniva comunicato l'annullamento di sette dei quattordici piani territoriali paesistici vigenti in Sardegna. Tale annullamento, dopo una prima fase coincidente con l'ultimo periodo della XI legislatura dell'Assemblea consiliare caratterizzata da un notevole ma insufficiente impegno per emanare una normativa ad hoc, è stato inopinatamente dimenticato da parte della maggioranza che ha governato la Sardegna nella precedente legislatura.

Tale atteggiamento è da giudicare come incomprensibile se si considera che per oltre quattro anni sono esistite in Sardegna due discipline giuridiche differenti per le zone di rilevanza paesistica e che territori confinanti hanno avuto normative paesistiche differenti.

Tale situazione di diseguaglianza è stata eliminata dalle pronunce del TAR Sardegna che, nell'ottobre del 2003, hanno annullato sei dei sette restanti PTP, invalidando, quindi, tutta la pianificazione paesaggistica regionale e quella comunale adottata e approvata in adeguamento ai PTP. In aggiunta, nel gennaio 2004 è stato emanato il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 contenente il "Codice dei beni culturali e del paesaggio" che - in attuazione della vigente normativa europea - impone alle Regioni, entro il termine massimo di quattro anni dalla sua entrata in vigore e pena un intervento sostitutivo ministeriale, la redazione o l'adeguamento dei piani paesaggistici, di cui vengono puntualmente disciplinati i contenuti, le procedure di adozione e approvazione e la forza cogente nei confronti di tutti gli atti di pianificazione e di tutti gli strumenti urbanistici vigenti.

La Regione è, quindi, chiamata a fronteggiare una delicata situazione caratterizzata da un lato dalla necessità di dotarsi di uno strumento generale di tutela - obbligatorio ai sensi della normativa statale più recente - e dall'altro individuare un preciso percorso normativo che consenta di governare adeguatamente la fase transitoria recuperando, nei limiti consentiti, la pianificazione comunale vigente e quella paesistica regionale precedente.

Quest'ultima, infatti, pur essendo stata annullata in sede amministrativa per carenza di tutela nei confronti delle zone paesisticamente più delicate, ha costituito la prima vera diffusa pianificazione regionale estesa all'intero ambito costiero regionale, frutto di un tentativo forse troppo ambizioso per una regione, probabilmente non del tutto attrezzata - sotto il profilo amministrativo, tecnico e culturale - per conseguire tale risultato; con l'aggiunta che la cronica crisi occupazionale ha certamente ulteriormente condizionato le scelte adottate, spesso frutto di compromessi dettati dalla necessità di assicurare forme di occupazione e sviluppo in aree particolarmente svantaggiate e depresse che si sono concretizzati in scelte paesisticamente contraddittorie ed immotivate.

Il reiterato rinvio di ogni decisione legislativa e amministrativa da parte dei competenti organi regionali, pur nella diffusa consapevolezza che, dopo il parere del Consiglio di Stato emesso in sede di ricorso straordinario presso il Presidente della repubblica, anche i restanti ricorsi amministrativi avrebbero comportato l'annullamento per gli atti impugnati - come si è puntualmente verificato - non può essere considerato frutto di semplice inerzia ma è da ascrivere ad un preciso disegno politico: svuotare di contenuti uno strumento di tutela obbligatorio con una diffusa edificazione costiera governata non da un quadro d'insieme ma rispondente a logiche e scelte esclusivamente locali e parziali capaci di precostituire uno stato di fatto intangibile per la nuova pianificazione paesaggistica.

In tale singolare, difficile e delicato momento si colloca la normativa approvata dalla Commissione che cerca di dare impulso alla normativa paesistico-urbanistica della Regione nel rispetto della normativa vigente e con un taglio che induca a delineare un nuovo modello di sviluppo di più ampio respiro cercando, da un lato di recuperare la pianificazione precedente e dall'altro di consentire gli interventi in itinere paesaggisticamente compatibili.

In tale ottica particolare importanza è attribuita all'aspetto temporale; infatti si cerca di circoscrivere al massimo la fase di predisposizione - anche per singoli ambiti territoriali omogenei - del Piano paesaggistico regionale per consentire la sua più rapida redazione per le aree paesaggisticamente più delicate e conseguire l'adeguamento più veloce possibile della strumentazione comunale sottoordinata. Tale aspetto temporale costituisce, certamente, un severo banco di prova per l'Amministrazione regionale che dovrà ricorrere a tutte le risorse disponibili per centrare tale importante risultato.

L'avverarsi di tale condizione, infatti, ridurrebbe automaticamente l'attenzione che attualmente viene posta sulle misure temporanee di salvaguardia e sugli interventi ammissibili nel periodo transitorio, così come disciplinati dalla normativa approvata in Commissione. Al di là delle singole disposizioni, l'aspetto politicamente rilevante è questo: si è cercato di limitare gli interventi di trasformazione della fascia costiera -intesa nella sua interezza e globalità - al fine di consentire uno studio e una pianificazione reale del territorio, evitando che essa nasca già vecchia, superata dall'attività edificatoria, come già si è verificato per i vecchi piani territoriali paesistici. Questi, infatti, da un lato erano basati su una cartografia antiquata e non veritiera che non ha reso possibile un'individuazione esatta dell'esistente, dall'altro lato prevedevano un novero così esteso di interventi ammissibili e situazioni fatte salve da rendere, spesso, inoperante la disciplina generale, come puntualmente evidenziato nelle pronunce di annullamento dei piani.

Il tentativo della Commissione, suscettibile certamente di ulteriori miglioramenti ed affinamenti, è quello di ammettere trasformazioni del territorio che non solo siano pienamente legittime ma anche che siano arrivate ad un livello tale di esecuzione che rendano irreversibile, o addirittura dannoso, il blocco delle attività esecutorie o che si inseriscano in ambiti territoriali già modificati e da completare. Tali previsioni non sono determinate da alcun intento punitivo ma, ripetiamolo, dalla necessità di effettuare un fermo immagine sulla situazione attuale che consenta uno studio autenticamente veritiero del territorio, una capacità di analisi fondata su dati effettivi al fine della redazione di un Piano paesaggistico che sappia motivare e giustificare, sotto ogni profilo, le scelte adottate e non assuma la disparità di trattamento come canone decisorio.

Se si concorda su tale obiettivo politico generale sarà certamente più facile trovare un punto di equilibrio tra le varie richieste formulate sull'estensione o meno degli interventi ammissibili o fatti salvi e su ruolo e considerazione da attribuire alla pianificazione urbanistica in itinere, per definizione complessa e faticosa. In tale ottica va intesa la norma che conserva validità ai PUC approvati e consente la salvezza di quelli adottati alla data dell'11 agosto 2004; data, questa, da non assumere come frutto di una valutazione punitiva ma collegata all'inversione di tendenza nella politica e nell'amministrazione della pianificazione urbanistico-paesistica attualmente in corso che si distingue nettamente contrapponendosi al consapevole lassismo ed inattività che ha contraddistinto gli ultimi sei anni di governo regionale in tale materia.

In conclusione, la normativa approvata costituisce un primo tassello di una più generale e complessiva rivisitazione della disciplina giuridica della Regione in materia urbanistica e paesaggistica, essendo, quella attuale, superata e non più rispondente alle esigenze della società e dell'economia della Sardegna.

Il testo della commissione è unificato con le Proposte di legge n. 24 e n. 28.

TESTO DEL PROPONENTE

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TESTO DELLA COMMISSIONE

TITOLO: Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale

Art. 1
Procedure per la redazione e l'approvazione
del Piano Paesistico Regionale (PPR)

1. La Giunta regionale procede all'ado-zione del Piano Paesistico Regionale (PPR) ai sensi e per gli effetti di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, utilizzando, a tal fine, anche gli elaborati progettuali dei Piani Urbanistici Provinciali di cui all'articolo 16 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45, già approvati o in corso di approvazione.

2. Il Piano Paesistico Regionale è approvato secondo le procedure di cui all'articolo 11 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 (Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale), in modo tale che sia garantita, mediante l'istruttoria pubblica di cui all'articolo 18 della legge regionale 22 agosto 1990, n. 40 (Norme sui rapporti fra i cittadini e l'Amministrazione della Regione Sardegna nello svolgimento dell'attività amministrativa), la partecipazione del soggetti interessati e delle associazioni costituite per la tutela degli interessi diffusi, individuate ai sensi dell'articolo 13 della Legge 8 luglio 1986, n. 349.

3. Il Piano Paesistico Regionale, una volta adottato dalla Giunta regionale, è sottoposto all'esame della Conferenza Regione-enti locali.

 

Art. 1
Pianificazione paesaggistica regionale

1. La Giunta regionale, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge, adotta il Piano Paesaggistico Regionale (PPR) principale strumento della pianificazione territoriale regionale ai sensi dell'art. 135 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dall'articolo 10 della Legge 6 luglio 2002, n. 137), al fine di assicurare un'adeguata tutela e valorizzazione del paesaggio.

2. Il PPR costituisce il quadro di riferimento e di coordinamento, per lo sviluppo sostenibile dell'intero territorio regionale, degli atti di programmazione e pianificazione regionale, provinciale e locale ed assume i contenuti di cui all'articolo 143 del decreto legislativo n. 42 del 2004.

3. In sede di prima applicazione della presente legge, il PPR può essere proposto, adottato e approvato per ambiti territoriali omogenei.

Art. 2
Contenuti e valenza
del Piano Paesistico Regionale

1. Il Piano Paesistico Regionale assume i contenuti di cui all'articolo 143 del decreto legislativo n. 42 del 2004.

2. Esso costituisce il quadro di riferimento e di coordinamento, per lo sviluppo sostenibile del territorio, degli atti di programmazione e pianificazione regionale, provinciale e locale.

3. Dopo l'approvazione del Piano Paesistico Regionale, la Giunta provvede al coordinamento ed alla verifica di coerenza degli atti della programmazione e della pianificazione regionale con il Piano stesso.

4. Ove si rendessero necessari un aggiornamento ovvero un'integrazione del Piano Paesistico Regionale, la Giunta regionale vi provvede, così come previsto dal comma 6 dell'articolo 11 della legge regionale n. 45 del 1989.

5. Al fine di conseguire l'aggiornamento periodico del Piano Paesistico Regionale, la Giunta provvede al monitoraggio delle trasformazioni territoriali e della qualità del paesaggio, mediante il supporto di un apposito sistema informativo territoriale regionale.

 

Art. 2
Piano Paesaggistico Regionale - Procedure

1. Per le procedure di redazione della proposta, adozione e approvazione del PPR si applicano le disposizioni di cui all'articolo 11 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 (Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale), così modificato:

"Art. 11 (Piano Paesaggistico Regionale - Procedure)

1. La proposta di PPR è pubblicata, per un periodo di sessanta giorni, all'albo di tutti i comuni interessati. Al fine di assicurare la concertazione istituzionale e la partecipazione di tutti i soggetti interessati e delle associazioni costituite per la tutela degli interessi diffusi, individuate ai sensi dell'articolo 13 della Legge 8 luglio 1986, n. 349, il Presidente della Regione, entro i sessanta giorni di pubblicazione presso i Comuni svolge l'istruttoria pubblica ai sensi dell'articolo 18 della legge regionale 22 agosto 1990, n. 40, nella quale illustra la proposta di Piano.

2. Entro trenta giorni, decorrenti dall'ultimo di deposito, chiunque può presentare osservazioni indirizzate al Presidente della Regione.

3. Trascorso tale termine la Giunta regionale esamina le osservazioni e, sentito il Comitato tecnico regionale per l'urbanisitca, delibera l'adozione del PPR e lo trasmette al Consiglio regionale nonché ai Comuni interessati ai fini della pubblicazione all'albo pretorio per la durata di quindici giorni.

4. La Commissione consiliare competente in materia di urbanistica esprime, entro due mesi, sul piano stesso il proprio parere che viene trasmesso alla Giunta regionale.

5. Acquisito tale parere, la Giunta regionale approva in via definitiva il PPR entro i successivi trenta giorni."

2. Per la redazione della proposta di Piano possono essere utilizzati anche gli elaborati dei Piani urbanistici provinciali di cui all'articolo 16 della legge regionale n. 45 del 1989, già approvati o in corso di approvazione.

3. Dopo l'approvazione del PPR la Giunta provvede al coordinamento ed alla verifica di coerenza degli atti della programmazione e della pianificazione regionale con il Piano stesso.

4. Al fine di conseguire l'aggiornamento periodico del PPR la Giunta provvede al monitoraggio delle trasformazioni territoriali e della qualità del paesaggio.

5. I Comuni, in adeguamento alle disposizioni e previsioni del PPR, approvano, entro dodici mesi dalla sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione, i propri Piani urbanistici comunali. A tal fine, in sede di specifica norma finanziaria, saranno previste adeguate risorse per il sostegno delle fasi di adeguamento ed approvazione, da parte dei comuni, alla nuova pianificazione paesaggistica regionale.

6. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, il Presidente della Regione espone al Consiglio regionale le linee guida caratterizzanti il lavoro di predisposizione del PPR.

Art. 3
Misure di salvaguardia

1. Fino all'approvazione del Piano Paesistico Regionale e comunque per un periodo non superiore a dodici mesi, salvo quanto già previsto dall'articolo 142 del decreto legislativo n. 42 del 2004, lettere a), b), c), d), f), g) i) ed m), i seguenti ambiti territoriali sono sottoposti a misure di salvaguardia comportanti il divieto di realizzare nuove opere soggette a concessione ed autorizzazione edilizia:

a) fascia costiera dai 300 ai 2.000 metri dal mare;

b) fascia costiera dai 150 ai 500 metri dal mare per le isole minori;

c) compendi sabbiosi e dunali sciolti;

d) aree, esterne ai centri abitati, già individuate dall'Amministrazione regionale con decreto interassessoriale dei lavori pubblici e difesa dell'ambiente n. 548 dell'11 agosto 2000, in attuazione dell'articolo 1, comma 2 e articolo 1 bis della Legge 3 agosto 1998, n. 267, concernente misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico.

2. Dagli ambiti territoriali sopradescritti sono esclusi quelli ricadenti nei Comuni dotati di Piani Urbanistici Comunali di cui ai commi 1 e 2 del successivo articolo 7 ed in quelli ricadenti nei Comuni ricompresi nel Piano Territoriale Paesistico del Sinis (PTP n. 7, approvato con decreto del Presidente della Giunta n. 272 del 3 agosto 1993).

 

Art. 3
Misure di salvaguardia

1. Fino all'approvazione del PPR e comunque per un periodo non superiore a diciotto mesi, salvo quanto già previsto dall'articolo 142 del decreto legislativo n. 42 del 2004, lettere a), b), c), d), f), g), h) i) ed m), i seguenti ambiti territoriali sono sottoposti a misure di salvaguardia comportanti il divieto di realizzare nuove opere soggette a concessione ed autorizzazione edilizia:

a) territori costieri compresi nella fascia dai 300 ai 2.000 metri dalla linea di battigia marina, anche per i terreni elevati sul mare;

b) territori costieri compresi nella fascia dai 150 ai 500 metri dalla linea di battigia marina, anche per i terreni elevati sul mare, per le isole minori;

c) compendi sabbiosi e dunali sciolti;

d) aree, esterne ai centri abitati, già individuate dall'Amministrazione regionale con decreto interassessoriale dei lavori pubblici e difesa dell'ambiente n. 548 dell'11 agosto 2000, in attuazione dell'articolo 1, comma 2, e articolo 1 bis della Legge 3 agosto 1998, n. 267, concernente misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico;

e) le aree ricomprese, ai sensi della direttiva 92/43 CEE, nei siti di interesse comunitario (S.I.C.) e nei proposti siti di interesse comunitario (P.S.I.C.).

2. Da tali ambiti territoriali sono esclusi quelli ricadenti nei Comuni dotati di Piani urbanistici comunali di cui all'articolo 8 ed in quelli ricadenti nei Comuni ricompresi nel Piano Territoriale Paesistico del Sinis (PTP n. 7), approvato con decreto del Presidente della Giunta n. 272 del 3 agosto 1993.

Art. 4
Interventi ammissibili

1. Il divieto di cui all'articolo 3 della presente legge non si applica:

a) per gli interventi edilizi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico, di ristrutturazione e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici storici;
b) per l'esercizio delle attività agro-silvo-pastorali che non alterino lo stato dei luoghi e che non prevedano costruzioni edilizie residenziali;
c) per le opere di forestazione, di taglio e ricon-versione colturale e di bonifica;
d) per le opere di risanamento e consolidamento degli abitati e delle aree interessate a fenomeni franosi, nonché opere di sistemazione idrogeologica, sempre che tali opere siano autorizzate o approvate dagli organi compe-tenti;
e) per gli interventi di iniziativa pubblica finalizzati alla razionalizzazione edilizia ed urbanistica dei preesistenti agglomerati storicamente consolidatisi.

2. L'attività edilizia e relative opere di urbanizzazione nelle aree di cui all'articolo 3, sono consentite nelle zone omogenee, classificate dagli strumenti urbanistici vigenti, A e B. Nelle restanti zone omogenee C, D, E, F, G ed H sono consentiti gli interventi previsti negli strumenti urbanistici attuativi di cui all'articolo 21 della legge regionale n. 45 del 1989 che risultino approvati e convenzionati alla data di entrata in vigore della presente legge.

3. Nelle aree boscate, individuate con circolare dell'Assessorato della pubblica istruzione n. 16210 del 2 luglio 1986, l'edificazione è consentita soltanto nelle radure naturali purché gli interventi, oltre che previsti negli strumenti urbanistici attuativi, consentano una zona di rispetto dal limite del bosco non inferiore ai cento metri.

4. La realizzazione delle opere pubbliche dello Stato, della Regione, delle Province, dei Comuni e degli enti strumentali statali o regionali può essere autorizzata, anche in deroga a quanto previsto dalla presente legge, sulla base di apposito studio di compatibilità paesistico ambientale di cui all'articolo 6.

 

Art. 4
Interventi ammissibili

1. Il divieto di cui all'articolo 3 non si applica:

a) per gli interventi edilizi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico, di ristrutturazione e di restauro che non alterino lo stato dei luoghi, il profilo esteriore, la volumetria degli edifici ed il numero delle unità immobiliari. E', altresì, consentita la realizzazione di eventuali volumi tecnici strettamente funzionali alle opere e, comunque, tali da non alterare lo stato dei luoghi;

b) per l'esercizio delle attività agro-silvo-pastorali che non alterino lo stato dei luoghi e che non prevedano costruzioni edilizie residenziali;

c) per le opere di forestazione, di taglio e riconversione colturale e di bonifica;

d) per le opere di risanamento e consolidamento degli abitati e delle aree interessate a fenomeni franosi, nonché opere di sistemazione idrogeologica, sempre che tali opere siano autorizzate o approvate dagli organi competenti.

2. Negli ambiti territoriali di cui all'articolo 3 è consentita l'attività edilizia e la realizzazione delle relative opere di urbanizzazione nelle zone omogenee A e B dei centri abitati e delle frazioni individuate dai Comuni ai sensi dell'articolo 9 della Legge 24 dicembre 1954, n. 1228, purché delimitate ed indicate come tali nella cartografia degli strumenti urbanistici comunali. Sono, altresì, attuabili gli interventi edilizi ricadenti nelle zone C immediatamente contigue alle zone B di completamento ed intercluse tra le stesse zone B ed altri piani attuativi in tutto o in parte già realizzati. Nelle restanti zone omogenee C, D, F e G possono essere completati gli interventi previsti negli strumenti urbanistici attuativi approvati e convenzionati alla data di entrata in vigore della presente legge, purché i lavori relativi alle opere di urbanizzazione siano attualmente in corso e le stesse siano state realizzate per non meno del 70 per cento del loro valore globale, al netto delle opere di illuminazione e di arredo urbano e, limitatamente alle zone F, siano inoltre rispettati i parametri di cui all'articolo 7. Sono, altresì, consentiti i singoli interventi edilizi per i quali, pur non essendo alla stessa data ancora rilasciata la concessione edilizia, siano stati comunque acquisiti gli eventuali nulla osta e versati gli oneri concessori.

3. Nelle aree boscate, individuate con circolare dell'Assessorato della pubblica istruzione n. 16210 del 2 luglio 1986, l'edificazione è consentita soltanto nelle radure naturali purché gli interventi, oltre che previsti negli strumenti urbanistici attuativi, consentano una zona di rispetto dal limite del bosco non inferiore ai cento metri.

4. La realizzazione delle opere pubbliche dello Stato, della Regione, delle province, dei comuni e degli enti strumentali statali o regionali può essere autorizzata, anche in deroga a quanto previsto dalla presente legge, sulla base di apposito studio di compatibilità paesistico-ambientale di cui all'articolo 6.

Art. 5
Aree assoggettabili a misura di salvaguardi

1. Con decreto del Presidente della Re-gione, su proposta degli Assessori dell'urbanistica e della pubblica istruzione e previa deliberazione della Giunta regionale, sono sottoposte alle misure di salvaguardia, di cui all'articolo 3 della presente legge, quelle aree aventi particolare pregio paesistico ed ambientale, individuate e qualificate come tali in sede di elaborazione del Piano Paesistico Regionale.

2. Il decreto di cui al comma 1, può interessare aree comunque tipizzate dagli strumenti urbanistici vigenti o da piani attuativi comunque approvati.

 

Art. 5
Aree assoggettabili a misura di salvaguardia

1. Con decreto del Presidente della Regione, su proposta degli Assessori dell'urbanistica e della pubblica istruzione e previa deliberazione della Giunta regionale, sono sottoposte alle misure di salvaguardia di cui all'articolo 3 quelle aree aventi particolare pregio paesistico ed ambientale, individuate e qualificate come tali in sede di elaborazione del PPR.

2. Il decreto di cui al comma 1 può interessare aree comunque tipizzate dagli strumenti urbanistici vigenti o da piani attuativi comunque approvati.

Art. 6
Studio di compatibilità paesistico ambientale

1. I piani urbanistici dei comuni, i cui territori ricadono nella fascia costiera dei due chilometri dal mare, devono contenere lo Studio di Compatibilità Paesistico Ambientale quale documento finalizzato a:

a)  supportare le scelte di pianificazione del territorio comunale in relazione al complesso delle risorse paesistico-ambientali;

b)  individuare, per gli ambiti trasformabili, le caratteristiche urbanistico-edilizie dei nuovi insediamenti in relazione ai livelli di compatibilità e sostenibilità delle trasformazioni rispetto allo stato dell'ambiente e dei caratteri paesaggistici;

c)  definire i criteri guida per lo Studio di Compatibilità Paesistico Ambientale da porre a base della elaborazione dei piani attuativi.

2. Lo Studio di Compatibilità Paesistico Ambientale allegato al PUC deve prevedere:

a)  il quadro conoscitivo del territorio comunale derivato dalla rappresentazione ed analisi dei principali tematismi di carattere geologico, geomorfologico, idrologico, vegetazionale,  paesaggistico e storico-culturale;

b)  il quadro conoscitivo relativo alle trasformazioni avvenute circa gli insediamenti e le infrastrutture;

c)  l'individuazione delle risorse paesistico-ambientali di maggior pregio ed interesse ai fini delle esigenze di tutela e valorizzazione;

d)  il quadro territoriale di sintesi delle risorse paesistico-ambientali rappresentato per areali, in cui riconoscere una graduazione di valore delle risorse ed i corrispondenti livelli di trasformazione territoriali possibili con individuazione dei livelli di sostenibilità delle ipotesi di sviluppo e di compatibilità delle localizzazioni;

e)  la determinazione dei parametri qualitativi e quantitativi delle trasformazioni compatibili con lo stato dell'ambiente e della relativa normativa d'attuazione.

3. Lo Studio di Compatibilità Paesistico Ambientale va allegato ai Piani Attuativi dei Comuni di cui al comma 1 e deve prevedere:

a)  l'indicazione degli insediamenti previsti con illustrazione delle possibili alternative di localizzazione e con definizione della soglia massima di accettabilità  in termini volumetrici attraverso l'analisi comparata di accettabilità dei tematismi utilizzati;

b)  la simulazione degli effetti sul paesaggio delle localizzazioni proposte e documentazione fotografica su cui riportare dette simulazioni;

c)  le concrete misure per l'eliminazione dei possibili effetti negativi ovvero per minimizzarne e compensarne l'impatto sull'ambiente e sul paesaggio.

4. Lo Studio di Compatibilità Paesistico Ambientale relativo agli strumenti urbanistici generali viene sottoposto all'esame ed approvazione della Giunta Regionale previo favorevole parere del Comitato Tecnico Regionale dell'Urbanistica.

5. Lo Studio di Compatibilità Paesistico Ambientale allegato ai Piani attuativi rappresenta il quadro di riferimento urbanistico-territoriale e di disciplina paesistica per la procedura della Valutazione di Impatto Ambientale di cui all'articolo 31 della legge regionale 18 gennaio 1999, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - Legge finanziaria 1999). e successive modifiche ed integrazioni.

6. Gli esiti della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, di cui all'articolo 31 della legge regionale n. 1 del 1999, riguardanti i Piani Urbanistici Attuativi, sono trasmessi alle Commissioni provinciali per la tutela del paesaggio, di cui all'art. 33 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 e successive modifiche ed integrazioni ed all'art. 137 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, per il definitivo parere.

 

Art. 6
Studio di compatibilità paesistico-ambientale

1. I piani urbanistici dei comuni, i cui territori ricadono nella fascia costiera dei due chilometri dal mare, devono contenere lo studio di compatibilità paesistico ambientale quale documento finalizzato a:

a) supportare le scelte di pianificazione del territorio comunale in relazione al complesso delle risorse paesistico-ambientali;

b) individuare, per gli ambiti trasformabili, le caratteristiche urbanistico-edilizie dei nuovi insediamenti in relazione ai livelli di compatibilità e sostenibilità delle trasformazioni rispetto allo stato dell'ambiente e dei caratteri paesaggistici;

c) definire i criteri guida per lo studio di compatibilità paesistico-ambientale da porre a base della elaborazione dei piani attuativi.

2. Lo studio di compatibilità paesistico-ambientale allegato al PUC deve prevedere:

a) il quadro conoscitivo del territorio comunale derivato dalla rappresentazione ed analisi dei principali tematismi di carattere geologico, geomorfologico, idrologico, vegetazionale, paesaggistico e storico-culturale;

b) il quadro conoscitivo relativo alle trasformazioni avvenute circa gli insediamenti e le infrastrutture;

c) l'individuazione delle risorse paesistico-ambientali di maggior pregio ed interesse ai fini delle esigenze di tutela e valorizzazione;

d) il quadro territoriale di sintesi delle risorse paesistico-ambientali rappresentato per areali, in cui riconoscere una graduazione di valore delle risorse ed i corrispondenti livelli di trasformazione territoriali possibili con individuazione dei livelli di sostenibilità delle ipotesi di sviluppo e di compatibilità delle localizzazioni;

e) la determinazione dei parametri qualitativi e quantitativi delle trasformazioni compatibili con lo stato dell'ambiente e della relativa normativa d'attuazione.

3. Lo studio di compatibilità paesistico-ambientale va allegato ai piani attuativi dei comuni di cui al comma 1 e deve prevedere:

a) l'indicazione degli insediamenti previsti con illustrazione delle possibili alternative di localizzazione e con definizione della soglia massima di accettabilità in termini volumetrici attraverso l'analisi comparata di accettabilità dei tematismi utilizzati;

b) la simulazione degli effetti sul paesaggio delle localizzazioni proposte e documentazione fotografica su cui riportare dette simulazioni;

c) le concrete misure per l'eliminazione dei possibili effetti negativi ovvero per minimizzarne e compensarne l'impatto sull'ambiente e sul paesaggio.

4. Lo studio di compatibilità paesistico-ambientale è redatto nel rispetto degli obblighi e delle procedure di cui alla direttiva 2001/42/CE (V.A.S.) concernente la valutazione degli effetti dei piani e dei programmi sull'ambiente.

5. Lo studio di compatibilità paesistico-ambientale relativo agli strumenti urbanistici generali viene sottoposto all'esame ed approvazione della Giunta regionale previo favorevole parere del Comitato tecnico regionale dell'urbanistica.

6. Lo studio di compatibilità paesistico-ambientale allegato ai piani attuativi rappresenta il quadro di riferimento urbanistico-territoriale e di disciplina paesistica per la procedura della valutazione di impatto ambientale di cui all'articolo 31 della legge regionale 18 gennaio 1999, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - Legge finanziaria 1999) e successive modifiche ed integrazioni.

7. Gli esiti della procedura di valutazione di impatto ambientale, di cui all'articolo 31 della legge regionale n. 1 del 1999, riguardanti i piani urbanistici attuativi, sono trasmessi alle Commissioni provinciali per la tutela del paesaggio, di cui all'art. 33 della legge regionale n. 45 del 1989 e successive modifiche ed integrazioni ed all'articolo 137 del decreto legislativo n. 42 del 2004, per il definitivo parere.

Art. 7
Zone F turistiche

1. Il dimensionamento delle volumetrie degli insediamenti turistici ammissibile nelle zone F, come ricomprese nelle aree delimitate dai previgenti Piani Territoriali Paesistici, non deve essere superiore al 50 per cento di quello consentito con l'applicazione dei parametri massimi stabiliti per le zone F dal decreto dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica n. 2266/U/83.

 

Art. 7
Zone F turistiche

1. Il dimensionamento delle volumetrie degli insediamenti turistici ammissibile nelle zone F non deve essere superiore al 50 per cento di quello consentito con l'applicazione dei parametri massimi stabiliti per la suddetta zona dal decreto dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica n. 2266/U del 20 dicembre 1983.

Art. 8
Norme transitorie

1. I Piani Urbanistici Comunali adottati e definitivamente approvati, in adeguamento alla disciplina paesistica vigente prima dell'entrata in vigore della presente legge, conservano la loro validità ed efficacia in termini attuativi e di esecutività, purché non modificati successivamente in difformità, salvo il potere dei Comuni di modificarli secondo le procedure di legge ed in coerenza con le prescrizioni di cui agli articoli 3 e 4.

2. I Comuni che hanno adottato il Piano Urbanistico Comunale, ai sensi del comma 1 dell'articolo 20 della legge regionale n. 45 del 1989, in adeguamento alla disciplina paesistica vigente prima dell'entrata in vigore della presen-te legge, possono, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, procedere alla sua definitiva approvazione, purché venga corredato dello Studio di Compatibilità Paesistica ed Ambientale di cui all'articolo 6. Gli strumenti attuativi, di cui all'articolo 21 della legge regionale n. 45 del 1989 e riguardanti le zone omogenee F (turistiche), non possono essere adottati se non corredati dello Studio di Compatibilità Paesisti-ca ed Ambientale di cui all'articolo 6.

3. Le previsioni edificatorie contenute negli strumenti urbanistici dei Comuni costieri che non hanno adottato il Piano Urbanistico Comunale in adeguamento alla previgente disciplina paesistica, restano subordinate al rispetto delle norme di cui agli articoli 3 e 4 fino all'ado-zione del Piano Paesistico Regionale.

 

Art. 8
Norme transitorie

1. I Piani urbanistici comunali, approvati alla data di pubblicazione della deliberazione della Giunta regionale del 10 agosto 2004, n. 33/1 (Provvedimenti cautelari e d'urgenza per la salvaguardia e la tutela del paesaggio e dell'ambiente della Sardegna), conservano la loro validità ed efficacia in termini attuativi e di esecutività, purché non successivamente modificati.

2. I Comuni che, alla data di pubblicazione della deliberazione della Giunta regionale del n. 33/1 del 2004, hanno adottato il Piano urbanistico comunale ai sensi del comma 1 dell'articolo 20 della legge regionale n. 45 del 1989 possono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, procedere alla sua definitiva approvazione, purché venga corredato dello studio di compatibilità paesistico-ambientale di cui all'articolo 6.

L'adozione degli strumenti attuativi, di cui all'articolo 21 della legge regionale n. 45 del 1989 e riguardanti le zone "F", deve essere corredata dello studio di compatibilità paesistico-ambientale di cui all'articolo 6.

   

Art. 9
Abrogazioni e sostituzioni

1. Sono abrogati gli articoli 10, 12 e 13 della legge regionale n. 45 del 1989.

2. I riferimenti contenuti nella legge regionale n. 45 del 1989 ai Piani territoriali paesistici sono sostituiti dal riferimento al Piano paesaggistico regionale.

   

Art. 10
Entrata in vigore

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione.