CONSIGLIO REGIONALE DELLA
SARDEGNA
XIII LEGISLATURA
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VISITA DELLA DELEGAZIONE DEL GRUPPO PSE
(AGRICOLTURA E PESCA) AL CONSIGLIO REGIONALE
(2 fine)
Per la Sardegna sollecitati interventi speciali, per le condizioni
di insularità. L’intervento del presidente della Giunta: subiamo
l’ingiustizia di non essere rappresentati a Bruxelles. La guerra ai
cormorani e gli euroburocrati.
Cagliari, 12 giugno 2008 - La pesca è uno dei nodi che l’Unione
europea deve sciogliere, nonostante le difficoltà siano evidente. Ha affrontato
il tema il coordinatore del gruppo Pse della Commissione pesca, il tedesco
Kindermann, sottolineando come, mentre nell’Unione cresce il numero delle
adesioni degli Stati membri diminuisce quello delle risorse rendendo sempre più
difficile la politica perequativa, tra i motivi ispiratori del Trattato di Roma.
La pesca “irregolare” ed illegale produce un tonnellaggio doppio di pescato
rispetto alla pesca regolare; mentre le risorse ittiche, in progressiva
diminuzioni, rientrano nella lista rossa delle emergenze europee. Ne soffre
soprattutto la pesca costiera e, in particolare, alcune qualità di pesce (il
tonno rosso) che hanno difficoltà a riprodursi. Merita un accenno particolare il
problema dei cormorani. Se i pescatori devono vivere del pescato – ha detto
Kindermann – è necessario che non debbano contenderlo agli ingordi predatori, il
cui numero è in aumento. Infine il costo del carburante: è un assillo che
rischia di condizionare il settore, ma è improbabile che, politicamente, l’UE
possa intervenire.
Sugli euroburocrati e sui provvedimenti capestro che affossano le produzioni di
nicchia è intervenuta l’on. Caligaris, consigliere regionale socialista, che ha
raccomandato attenzione, in particolare, sulla tutela delle biodiversità.
L’on. Nicola Rassu, vicepresidente del Consiglio, ha chiesto attenzioni
particolari per un’agricoltura che, nonostante i frequenti momenti di
difficoltà, continua ad essere un settore trainante dell’economia sarda,
ricordando come un handicap vistoso sia costituito dall’insularità. Le piccole
imprese agricole sarde, molte a conduzione familiare, non riescono a stare sul
mercato anche per la mancanza di infrastrutture (viabilità, elettrificazione, in
particolare, che si sommano alla montuosità del territorio). Ha citato, l’on.
Rassu, i costi del produzione del latte (un euro a litro) che non sono coperte
dal prezzo di mercato (75 centesimi). Indispensabile, per rilanciare il settore,
prevedere aiuti speciali essendo la Sardegna diversa dalle altre regioni
italiane.
Ma il futuro delle piccole aziende è nella cooperazione, ha risposto il
parlamentare ungherese Tebajdi Csaba. L’associazionismo è una strada
indispensabile. Quanto all’insularità, anche l’Ungheria, che non ha mare, ma è
isolata dalla condizione continentale della terra, soffre di analoghi problemi.
L’Europa moltiplica i problemi, quasi mai esclusivi di un territorio, e fatica
ad armonizzarli. Csaba – che si occupa delle minoranze linguistiche – ha fatto
anche un accenno al sardo. “Mi dicono che l’80 per cento della popolazione parla
il sardo; credo che la lingua vada difesa anche nelle forme giuridiche
necessarie”. In autunno, l’UE si occuperà di nuovo del problema.
Ritornando all’agricoltura, l’on. Alberto Sanna ha sollevato tre questioni: gli
effetti perversi sul mercato della grande distribuzione delle multinazionali che
acquista i prodotti dai paesi poveri non contribuendo ad attenuare i livelli di
povertà e condizionando le produzioni locali dei paesi occidentali che trovano
difficoltà a vendere a prezzi adeguati; l’eccessiva fiscalità della Comunità nel
sanzionare gli aiuti di stato, anche quando insularità e trasporti danneggiano
l’economia insulare; l’inadeguatezza degli interventi che non rimuovo le cause
strutturali che non consentono alle aziende di raggiungere livelli competitivi.
Tre argomenti sui quali “la Comunità deve farsi sentire”.
Emanuel Fernandez, portoghese di Madeira, comprende bene il problema delle isole
periferiche, ma pensa che l’Unione europea potrebbe intervenire con una politica
della portualità. Il discorso sul prezzo dei carburanti non sembra alla portata.
Fondamentale invece migliorare la percezione che i cittadini hanno dell’Europa,
perché dalla visione dei problemi dipende l’efficacia delle politiche
comunitarie.
Catherine Neris, francese, isolana ultraperiferica, ha sostenuto che
l’insularità non consente di puntare sulla quantità delle produzioni, ma sulla
qualità. Questa vocazione va assecondata e la Sardegna potrebbe diventare una
delle “vetrine” d’Europa.
Uno dei pericoli da evitare, ha detto Gabor Harangozo, ungherese, è che l’UE
punti sui mercati e a far cresce il Pil degli stati membri, anziché mettere in
atto una politica di pari opportunità dello sviluppo. Il rischio (di cui si
avvertono segnali premonitori)è offerto dalla competizione tra Europa e Usa, una
vera e propria gara, che indebolisce le politiche di riequilibrio.
Il presidente della Regione, Soru, intervenuto a chiusura del dibattito, ha
sottolineato “l’ingiustizia” che non permette alla Sardegna di avere un proprio
rappresentante nel Parlamento europeo. Se i parlamentari del Pse hanno avuto
bisogno di venire in Sardegna per conoscere i problemi, sarebbe più utile, “per
loro e, soprattutto, per noi” che ci sia un sardo a Bruxelles, “che tutti i
giorni ascolti e parli”. Per altri verso il peso dell’Europa si fa sentire: il
piano rurale ha risorse per 1,2 miliardi, il 70 per cento del prodotto lordo
vendibile del settore. E’ un segnale del rapporto che lega l’isola all’Europa.
Il discorso dei costi di produzione cade inevitabilmente sui prezzi. Soru
lamenta il monopolio Tirrenia (la concessione scade il 31 dicembre) che soffoca
la Sardegna e rappresenta “il cattivo superamento dell’insularità”. La
continuità territoriale via mare è uno dei possibili incentivi a sostegno delle
produzioni.
Sulla pesca subiamo – ha detto Soru – un’altra ingiustizia: le licenze sono
contingentate, ma noi, “popolo di mare”, che importiamo il 90 per cento del
pesce consumato, non possiamo pescare, “dobbiamo guardare il mare, ma non
possiamo avvicinarci”. E’ una “crudeltà” che promuove, da un lato, la povertà e
dall’altro, la cultura dell’illegalità. Per altri aspetti (la regolamentazione
dell’attività nelle acque interne), il futuro dipende da noi.
Diverso è il discorso in agricoltura: siamo per la qualità, puntiamo alla
trasformazione sino al prodotto finito; ma poi a chi vendiamo? Alla grande
distribuzione che crea costosissime barriere d0ingresso? Problema di
approfondire, a livello europeo. Resta in piedi la speranza sello sviluppo del
settore, perché l’agricoltura “è una necessità umana” e, perciò, è destinata a
salvarsi. Puntiamo a consumare le nostre produzioni agricole, quelle di casa, “a
km zero”. E puntiamo, come ricchezza, sull’insularità che, con i 2000 km di
coste promuove il turismo.
Riassumendo i lavori, il presidente del Consiglio Spissu ha giudicato molto
utile questa riunione. Sottolinea il legame tra Sardegna ed Europa, destinato a
crescere, a patto che la politica dei vincoli non soffochi le politiche di
crescita e espansione. La Sardegna chiede alla Comunità; ma in cambio offre la
forte carica identitaria, la cultura, le tradizioni e la lingua “di cui andiamo
fieri”. Ci manca una rappresentanza diretta a Bruxelles, “e provo un po’
d’invidia per Madeira e Martinica, che hanno i loro rappresentanti”; ma
l’imminente modifica della legge elettorale potrebbe finalmente renderci
giustizia. (adel)