CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII LEGISLATURA

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Morì dopo sette giorni di letto di contenzione l’ambulante di Quartu avviato al trattamento sanitario obbligatorio. Sospeso dall’Asl il primario che lo ebbe in cura, in corso il processo. Un caso clamoroso, con diversi livelli di responsabilità. Interpellanza dell’on. Pisu (Prc).

 

Cagliari, 24 aprile 2008 - Il 21 giugno 2006 moriva, nel letto di contenzione del reparto psichiatrico del”SS Trinità”, un ambulante di Quartu, Giuseppe Casu, 60 anni, prelevato dalla pubblica piazza, con dispiegamento di forze dell’ordine, per eseguire un trattamento di TSO (trattamento sanitario obbligato) firmato, su un modulo prestampato e, in parte lasciato in bianco, da una psichiatra del luogo. Dopo una settimana di detenzione fisica, senza l’applicazione dei protocolli sanitari previsti, l’uomo moriva a causa di “trombo embolia polmonare”. Sul caso, che scuote le coscienze ed ha determinato un’inchiesta della Asl con sospensione dal servizio del primario del reparto e rinvio a giudizio (prima udienza, il 17 aprile scorso. Poi, un lungo rinvio), l’on. Pisu ha presentato una interpellanza al presidente Soru e all’assessore della Sanità, illustrata oggi in conferenza stampa.
Un caso che, a parte la drammaticità dell’evento, si tinge di giallo per una serie di circostanze sulle quale il consigliere regionale di Rifondazione sollecita risposte chiare e definitive.
La storia. Giuseppe Casu fa l’ambulante, ma non ha licenza (non ha la terza media). E’, come tanti, un abusivo. Ad un certo punto i vigili urbani inaugurano una stagione di tolleranza zero e gli elevano, due giorni di seguito, una sanzione di cinquemila euro. Cinque più cinque. L’uomo non si scompone (altre ammende, di minore entità, erano state pagate. Per pagare queste ultime dovrebbe lavorare un anno intero). Si riprende la postazione. Intervengono i vigili, lo atterrano e ammanettano. Lo portano via in ambulanza. Col certificato del TSO. Eppure – testimonieranno colleghi di lavoro e passanti – Giuseppe Casu è tranquillo, non va neppure in escandescenze quando i vigili lo afferrano.
In reparto lo legano nel letto di contenzione. Lo lasciano così giorno dopo giorno, non si capisce bene se intervenendo con una terapia farmacologica né con quali risultati. I diritti del malato (ad esempio fargli assumere, di tanto in tanto posizione eretta; consentirgli di muovere gli arti) vengono, a quanto pare, palesemente violati.
Al settimo giorno l’uomo muore. La famiglia chiede aiuto (il signor Casu è un militante politico della Prc) al partito di riferimento, ad amici, a tutti coloro sono in grado di aiutarli a fronteggiare un evento che trascina con sé molti interrogati.
Uno, il più grave, è la mancata comunicazione (prevista per legge) del sindaco al giudice tutelare del TSO. Va fatta entro le 48 al fine di evitare la sussistenza di abusi. C’è una negligenza, di assoluta gravità (il sindaco, tra l’altro, è medico).
Quando si apre l’inchiesta, il giudice chiede i reperti autoptici (sui quali era stata eseguita l’autopsia per stabilire le cause del decesso). Non si trovano. Al giudice ne vengono consegnati altri, di un altro paziente, deceduto per trombo embolia polmonare; ma a causa di tumore.
L’unico atto formale è la sospensione quinquennale del primario, che rinfocola la querelle sui sistema della psichiatria sarda e sul nuovo corso della scuola di Trieste. Ardono le polemiche. La giustizia ordinaria farà il suo corso.
Resta un dubbio – ha detto l’on. Pisu, che in qualità di presidente della Commissione diritti civili aveva affrontato il problema con sollecitudine – che altri cittadini possano correre questo pericolo. Di qui l’urgenza di rivedere non solo i protocolli sanitari e garantirne l’applicazione, ma di accertare altre responsabilità (ad esempio il ritardo della segnalazione al giudice tutelare).
Il caso va bel oltre la pura vicenda clinica.
Alla conferenza stampa sono intervenuti anche Gisella Trincas, presidente dell’Unione della associazioni per la salute mentale e dell’associazione sarda per l’attuazione della riforma psichiatrica; Natascia Casu, figlia dello scomparso, Francesca Ziccheddu, del comitato spontaneo “Verità e giustizia per Francesco Casu”. (adel)