CONSIGLIO REGIONALE DELLA
SARDEGNA
XIII LEGISLATURA
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Un attentato alla salute dei sardi il piano sanitario regionale che la giunta vuole fare approvare in Commissione con sedute-fiume sino alle quattro del mattino. L'opposizione protesta: una pioggia di emendamenti della maggioranza, senza confronto, disegnano con molta approssimazione un atto fondamentale della politica regionale.
Cagliari, 22 novembre 2006 - Meglio senza piano
sanitario (rispetto a quello che la maggioranza vorrebbe approvare
a marce forzate, con riunioni della Commissione sino alle quattro
del mattino). I 21 anni di blackout (il vecchio piano è datato
1985) sono, per la sanità sarda, un pericolo minore rispetto ai
contenuti della "edizione Dirindin", che dopo lunghe pause e
impasse (dissidi in maggioranza) ha subito ora un'improvvisa
accelerazione. Il risultato - dice l'opposizione in conferenza
stampa - è uno solo: non si riesce a discutere, ad approfondire
questioni di portata fondamentale per la domanda di salute dei
sardi. Una prova? Arrivano in Commissione emendamenti ad ogni piè
sospinto da parte della maggioranza, alcuni sostitutivi di interi
articoli, è passano senza alcuna riflessione, dice l'on. Vargiu
(Riformatori) e senza alcun confronto col mondo sanitario. Scelte
importanti si prendono in fretta e furia "sul far dell'alba, con
consiglieri che se la dormono beatamente".
Trattandosi di argomenti che attengono alla salute dei sardi - dice
Vargiu - sarebbe necessario ragionare meglio. Si decide del futuro
ospedaliero di Cagliari in modo pesante (chiusura degli ospedali
Santissima Trinità e Marino, trasformazione del Binaghi in centro
vista e centro donna, chiusura dell'Irca di Via dei Grilli, futuro
denso di nuvole per il San Giovanni di Dio) mettendo in dubbio una
rete ospedaliera adeguata. Lo sia o no, è argomento - sostiene
Vargiu - da discutere con l'intera città se non con tutta la
Regione, considerati i livelli d'attrazione della sanità
cagliaritana.
Nubi anche sul Brotzu (la protesta dei primari si commenta da sé);
non una sola riga sui medici precari, gli over 40 con una o due
specializzazioni e contratti ad interim da 1.200 euro mensili, full
optional, che allungano il collo invano in attesa della
stabilizzazione; non un accenno alla vigilanza nelle guardie
mediche, che la giunta, per il solito fatto del risparmio, tende ad
abolire (costano 15 milioni di euro) cacciando il ricordo "di fatti
che sono nella nostra coscienza"; prevista riduzione delle guardie
mediche, secondo logiche "continentali" che non tengono conto della
dispersione della popolazione su un territorio assai vasto (paesi
come Esterzili, uno dei tanti, non avranno alcuna risposta
sanitaria); nessun impegno finanziario con i medici di famiglia,
sui quali dovrebbe spostarsi il peso maggiore della sanità
territoriale per liberare gli ospedali da ricoveri e degenze
inappropriati; caccia alle streghe, infine, in psichiatria, dove il
giudizio espresso sugli psichiatri sardi è poco lusinghiero e ci si
affida a consulenze esterne per fenomeni come quello dei
suicidi.
Il pericolo di escludere dall'offerta di servizi alcune zone
dell'isola è stato ribadito dall'on. Licandro (Forza Italia), che
ha citato il caso Marmilla, dove è prevista la chiusura della metà
delle guardie mediche, col prevedibile risultato di ricorrere al
"118" e ai ricoveri ospedalieri.
Se il risultato politico che la giunta vuole ottenere è quello di
approvare un piano, qualunque esso sia, "come un trofeo da portare
a casa", l'opposizione, "che non ha mai fatto ostruzionismo e
spesso ha consentito alla Commissione di lavorare garantendo il
numero legale, chiede "un diverso rispetto per la salute dei sardi"
e lamenta la continua presenza in Commissione dell'assessore, "che
interviene, chiarisce, determina l'atteggiamento della
maggioranza", un "controllore" che appiattisce i contributi di
molti consiglieri, visibilmente scontenti di come la maggioranza
reciti la parte.
L'on. Amadu (Udc) ha ricordato che gli effetti della politica della
giunta hanno creato forte disagio anche a Sassari, dove non c'è più
dialogo tra università e Asl, con un primato assegnato all'azienda
sanitaria che ha determinato il blocco di molte attività, non
garantendo programmi di ricerca e didattici e creando inevitabili
tensioni. La mancanza di concertazione ha escluso il territorio
dalle decisioni non risolvendo alcuni problemi che sono sotto gli
occhi di tutti.
Anche l'on. Liori lamenta gli effetti della fretta: "non c'è tempo
neppure per leggere il Piano" che non ha "un filo conduttore" e non
esprime, perciò, "una filosofia di fondo". Una insopportabile mole
di emendamenti ("oltre trecento, e siamo solo a metà") in gran
parte della maggioranza, dimostra che la stesura originaria era
fortemente carente. Eppure il Piano - dice l'on. Ladu (Fortza
Paris) - resta una scatola vuota che consente alla giunta di
riempirla come crede, mentre il Consiglio è estraneo alle
scelte.
Ritorna in campo la "premiata ditta Soru", dice Farigu (Nuovo Psi)
richiamando il fatto che sono stati esperti di ben note
organizzazioni di consulenza a scriverlo. Stagione buia, anche sul
piano dei principi, per la sanità, diritto costituzionale che il
governo ha scaricato alla Regione (e Soru ha accettato). Ora la
necessità di un Piano "comunque" spinge a una serie di compromessi
e una pioggia di emendamenti mentre la "commissione è sotto
controllo, presidente compreso, dell'assessore".
Un Piano a gestione schizofrenica, commenta l'on. Contu (Forza
Italia) e, per giunta "con defaillance di risorse", considerato che
l'articolo 102 della Finanziaria nazionale non consente ancora oggi
di fare previsioni di spesa attinenti e la politica dei tagli
rischia di regalare ai sardi una sanità di scarsa qualità e
prestigio. (adel)