CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII LEGISLATURA

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La "conversione" di Soru al metano (progetto avviato dal centrodestra e a lungo contrastato) non basta a ridurre in Sardegna le emissioni per la produzioni di energia. L'opposizione spiega le motivazioni del no al piano regionale.

 

Cagliari, 17 novembre 2006 - Antagonista dichiarato del piano energetico del centrodestra (si vedano le dichiarazioni di legislatura), ora il presidente Soru diventa lo sponsor numero uno del metanodotto con l'Algeria e di un piano "fotocopia", al quale ha aggiunto l'aggettivo "ambientale", non occupandosi, tuttavia, minimamente di un problema che ha scadenze precise (2010, protocollo di Kyoto) e prevede di produrre il 22 per cento dell'energia da fonti rinnovabili ed ecocompatibili. La vittoria "storica" del metanodotto il centrodestra la rivendica per sé essendo state gettate le basi (firma dei primi atti internazionali) nel 2003 dal governo Berlusconi e dalla giunta Pili. Di novità, rispetto ad allora, solo il "contrordine compagni" del presidente Soru; marcia indietro che l'opposizione cerca di decifrare e solleva qualche dubbio sul contenuto degli accordi reclamizzati, ad esempio (on. Diana, An) sui due miliardi di metri cubi di metano che la Sardegna si sarebbe detta pronta ad acquistare nonostante la previsione dei consumi locali sia stimata attorno agli 800 milioni di metri cubi.
La conferenza stampa del centrodestra parte dal piano energico ambientale (Pear), per sottolineare come, soprattutto nella realizzazione delle infrastrutture, Soru non si discosti dal piano precedente (on. Lombardo, Fi). Cambio di rotta improvviso, tuttavia, considerato che una mozione dell'opposizione su tali contenuti (in particolare la necessità di creare in Sardegna un mercato aperto, producendo energia anche da esportare) non aveva trovato il consenso di giunta e maggioranza.
Ma è proprio l'aggettivo "ambientale" che induce l'opposizione a dire di no; in realtà l'unica idea-guida del piano è la salvaguardia del paesaggio (sì all'eolico, ma in zone di degrado industriale, in aree già compromesse. Poco conta - dice l'on. Pisano, Riformatori - se si tratta o meno di zone ventose) non quella dell'ambiente, come si vorrebbe far credere. Il piano non dice come la Sardegna si adeguerà al protocollo di Kyoto, visto che il pregiudizio sull'eolico sembra voler puntare sulle biomasse, che, comunque, sono inquinanti.
La Sardegna che brucia immette in atmosfera percentuali record di ossido di carbonio al punto da classificarci "tra i maggiori azionisti della banda del buco (dell'ozono)", ha detto l'on. Pisano.
Ci sarà più energia disponibile (anche col cavo Sapei), ma non si prevedono reti di distribuzione (indispensabile trasportare l'energia dove occorre) e, per quelle esistenti, basta un temporale a mandarle in tilt. Altro aspetto "insufficiente e incosciente" del Pear. Ci saremo aspettati - aggiunge l'on. Diana - uno sforzo di fantasia della giunta. E forse la fantasia va allertata per spiegare i due miliardi di metri cubi di metano che l'Algeria venderà alla Sardegna, i cui consumi sono sicuramente di gran lunga inferiori. Forse Soru vuol convincere Endesa a riconvertire a metano i due gruppi della termocentrale di Fiume Santo che dovrebbero bruciare carbone (autorizzazione non ancora concessa) oppure sarà un polo privato a gestire il surplus (e in quel polo c'è Galsi, che diventerà imprenditore del metanodotto?). Che cosa c'è dietro l'impegno di acquisto, peraltro ufficializzato dall'ex presidente della Sfirs, Busia?
Il capogruppo di Forza Italia, on. La Spisa, insiste per il Pear punti sul carbone, fonte energetica economica, che in Sardegna ha una cultura favorevole essendo nell'isola l'unico bacino nazionale (Sulcis); scelta indispensabile per "salvare le nostre industrie". Il metano non abbatterà in modo significativo i costi, ma aiuterà a riequilibrare il sistema delle emissioni, sempre che nel piano sia accompagnato da una serie di iniziative a favore delle fonti rinnovabili, in primo luogo con l'eolico, senza ulteriori demonizzazioni, considerato che dal fabbisogno indicato vanno defalcati gli impianti in produzione (in particolare Buddusò e Villaurbana).
Ci sarà un'ulteriore conversione di Soru, "dopo la folgorazione per il metano sulla via di Algeri", che potrebbe aprire scenari commerciali complessi, se è vero - insiste l'on. Diana, ricollegandosi a una interrogazione presentata a riguardo e alla quale non ha mai avuto risposta - che, insieme al gasdotto, potrebbe essere posato, sul fondo del mare, anche un cavo di telecomunicazioni. (adel)