CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIII LEGISLATURA

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L'università di Cagliari (in audizione alla Settima commissione rettore e preside di medicina) sottolinea una serie di "bisogni sanitari" non contenuti nel Piano. Prevenzione, diagnosi precoci, chirurgia pediatrica, patologie del fegato e neuropsichiatria infantile tra le emergenze indicate. I forti ritardi dell'azienda mista.

 

Cagliari, 12 ottobre 2006 - Un lungo elenco di bisogni sanitari: l'ha presentato alla Settima commissione (presidente l'on. Pierangelo Masia) il preside della facoltà di medicina dell'università di Cagliari, in audizione insieme al rettore Ristretta. Se è stata sottolineata l'urgenza di avviare l'azienda mista (universitaria e ospedaliera), che riunisce il policlinico universitario e il complesso pediatrico del San Giovanni di Dio (protocollo firmato il 10 ottobre del 2004 che prevedeva l'avvio "non oltre il 30 giugno del 2006"), e che ha trascorso (dal protocollo a oggi) "due anni di sofferenza" (gravissima quella per la carenza di infermieri. Non potendo assumere a tempo indeterminato il policlinico, struttura ad alta specializzazione, "prende chi capita, chi non ha trovato lavoro da altre parti"), ci sono, nel Piano sanitario regionale, una serie di carenze e di "disattenzioni" che il preside di facoltà ha puntigliosamente annotato e riferito, a cominciare dalla prevenzione, una specie di araba fenice della sanità ("da 40 anni se ne parla ma non si fa"). Poiché, in questi anni, la medicina è cambiata da scienza della malattia a scienza della salute, il Piano dovrebbe prevedere misure che favoriscano il mantenimento della salute e, in caso di malattia, le diagnosi precoci. Oggi individuare un tumore allo stadio iniziale (al di sotto dei 5 millimetri) significa poter intervenire con successo. Ci vogliono risorse? Ma ciò che si spende prima, nella prevenzione, ha detto Faa, non si spende nei controlli successivi alle malattie avanzate.
Il piano trascura il fumo, killer numero uno (tumori polmonari).
Bocciato un progetto dell'università, che coinvolgeva medici di base e ospedalieri, sui tumori del colon, killer numero due. Non se ne comprende il motivo.
Ma, soprattutto, il professor Faà ha calcato la mano sulla chirurgia pediatrica; una necessità, ha detto, non solo a tutela della salute dei bambini e delle tranquillità delle famiglie, ma anche per evitare un'altissima mobilità passiva verso altre regioni: duemila casi all'anno, che costano, alla sanità sarda, almeno 6 milioni di euro.
Altri punti da codice rosso, le malattie di fegato (sono 160 mila i sardi portatori di epatite virale. La malattia ha un'incidenza molto più altra: per alcuni tipi quattro volte tanto della media nazionale); la neuropsichiatria infantile (30 mila i ragazzi con affezioni neurologiche; allarmante il dato: tra i 15 e i 25 anni il suicidio è la terza causa di morte). Si tenga conto che i neuropsichiatri per abitante sono, in Sardegna, la metà del Piemonte e che mancano le strutture per gli acuti (pochi i posti letto, concentrati su Sassari). Anche sulla neuroriabilitazione occorre aprire una riflessione più attenta.
Altro aspetto importante (quando si parla di sanità si deve anche pensare agli operatori), quello di una classe medica di età avanzata, dal 1994 senza assunzioni, "che ha saltato una generazione" e pone problemi di turn over.
Il rettore Ristretta ha insistito sull'azienda mista, per la quale, anche per le soluzioni logistiche, ha chiesto "un minimo di elasticità" rispetto alle perentorie indicazioni del protocollo, in particolare se sia produttivo scorporare 300 posti letto dal San Giovanni di Dio, con la prospettiva di creare diseconomia e un complesso molto articolato. (adel)

 

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